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03 May 2011

Novecentismo lacustre a Belgirate - di Enrico Mercatali








Casa Tanzi - Salvi, qui da noi denominata "Casa Novecento Belgiratese"


Un prezioso inserimento di novecentismo razionalista 
accende e diversifica l'architettura del lungolago belgiratese
(che necessiterebbe oggi di un accurato filologico restauro)



Appaiono numerosi, e ben descritti oggi, sulle guide e sui libri dedicati, i tesori architettonici della ridente cittadina di Belgirate, piccola perla della sponda occidentale del Lago Maggiore, a chi vi viene a soggiornare, o più semplicemente vi passa qualche ora in periodo di vacanze.


Veduta di Belgirate da una antica stampa dell'ottocento. Il fronte a lago del costruito appare già completo. Non risulta ancora realizzato, in questa immagine, l'ampliamento dell' odierno imbarcadero. Nessun ampliamento a lago risulta ancora evidente oltre lo stretto tracciato sterrato del Sempione


Tra essi fanno subito spicco la Chiesa Vecchia, in posizione dominante, la Villa Cairoli, e poi Villa Allgeyer, Villa Conelli De Prosperi, e poi ancora la tomba della famiglia Hierschel De Minerbi, la Villa Fontana, Villa Carlotta, e così numerose altre "avventure architettoniche" d'arte e di storia, appartenute, in periodi tra loro anche assai diversi, alla comunità tutta o a privati cittadini che coi belgiratesi hanno condiviso le magnificienze naturali di questo luogo, arricchendolo con le loro umane opere d'ingegno.

Una vera "chicca" però anche fa sommessamente sfoggio di sè, nella cittadina di Balgirate, entro il contesto del suo lungolago, fatto, oltre che di edifici d'un certo rilievo storico-architettonico, contestualizzato da parchi e giardini d'antica origine, dei quali sopra abbiamo fatto cenno, anche di case senza intrinseco valore specifico, se non quello d'essere parte di un nucleo antico e spontaneo di grande suggestione complessiva.

Una chicca, dicevamo, a pochi conosciuta, mai citata in alcun libro dedicato al paese, e da altri perfino, a volte, male intesa, spicca isolata entro quella scenica quinta di lungolago, come dicevamo fatta di case, di ville e di giardini, decantate dagli illustri ospiti del suo passato e dagli storici contemporanei, quale collana di perle che si dischiudono alla vista dei visitatori, dei turisti di passaggio e dei villeggianti che da lunga data ne frequentano le sponde, ma anche e soprattutto dai suoi abitanti, che ne vanno orgogliosi tutti, dal primo all'ultimo, per quell'accento tanto particolare loro dato al sentimento  di appartenenza a quel luogo del mondo tanto speciale, e riconoscibile tra tanti, che fa di loro quasi una lobby, tanto a volte imperscrutabili sono i motivi che ne custodiscono il segreto della motivazione, agli occhi di chi non vi fa parte.

Tanto entusiastico senso d'appartenenza al sito, nelle molteplici citazioni che vengono da tutti, e in tutte le circostanze, avanzate, ma unite da una costante, così, potremmo dire pervicacemente connotata dal sottaciuto riferimento proprio a quella "chicca"della quale noi qui vi vogliamo parlare.



L'austero e solenne atrio di ingresso al piano terra di "Casa del Novecento Belgiratese", della famiglia Salvi, ex Tanzi-Salvi , lascia trasparire l'accentuato interesse del suo progettista per l'intenso illuminamento naturale degli spazi interni (qui reso evidente dall'attraversamento della luce meridiana dei locali del piano terra attraverso le ampie vetrate a tutt'altezza che vi sono state predisposte). L'uso disinvolto degli accostamenti tra i materiali di nuova produzione industriale con elementi di alto artigianato tradizionale è esso stesso espressione dei nuovi linguaggi adottati dalla nuova architettura attorno agli venti e trenta (qui reso particolarmente evidente dall'incastonamento d'una porta in massello di noce lavorato a mano, con stipiti arrotondati in marmo serpentino di forte spessore, entro ampie superfici curvate in formelle di vetrocemento a camera d'aria)


Bella è Belgirate soprattutto per quella sua quinta speciale di case, di ville, di giardini e di monumenti, che già in parte abbiamo sopra enumerato, che dal lago fa risalto per particolare piacevolazza ed amenità d'ambiente, riflesso nelle acque del Verbano ed incorniciato dalle colline verdeggianti che vi fanno da sfondo, punteggiate dagli innumerevoli segni di un ordine dettato dal tempo e da un sapere ordinatore privo ancora di eccessi e scompostezze, purtroppo già presenti altrove, sulle sponde del lago, ed in misura perfino preoccupante. Si, assai bella appare, Belgirate, assieme a Lesa ed anche a Solcio e poi a Meina, sul percorso cha da Arona conduce a Stresa,  per il risalto delle sue ospitali ville, a partire da quella appartenuta alla famiglia Cairoli, nota in Italia per il suo fervente patriottistico apporto alle cause più alte della nostra nazione, per arrivare a quella dell'editore Treves, che tanta cultura vi introdusse nel crogiuolo di saperi che le illustri personalità da lui ospitate seppero assorbirvi e poi lasciarvi, entro il contesto di quell'architettura minore, che ne costituisce il principale nucleo antico, che non per questo è meno nobile, nel suo assieme fatto di muri variamente colorati, di stretti vicoli che li scandiscono, di tetti, verande, balconi e logge, ma anche nel risalto dell'intero abitato, all'interno del quadro onnicomprensivo della collina, che tutto raccoglie entro una immagine altamente unitaria, tuttora ben leggibile perchè ricca di valori formali, paesistici e ambientali di qualità elevate e di adeguato stato di conservazione.





Osservando con più attenzione in questo "affresco", fanno mostra di sè, qua e là, episodi anche assai particolari e interessanti, quali, tra i numerosissimi giardini fioriti, le piante speciali ivi acclimatate dai lontani lidi di provenienza, i siti monumentali delle chiese, quella parrocchiale dalla posizione così particolare, che offre il fianco allo sguardo dal lago e quella "Chiesa Vecchia", in analoga giacitura, d'antichi muri romanici costituita, con l'episodio, alle sue spalle, strepitoso in qualità e bellezza, d'una tomba appartenuta e voluta dalla famiglia Hierschel De Minerbi, che pure a lungo ha soggiornato a Belgirate, tanto da costituire un episodio a sè stante, distaccata dal nucleo cimiteriale, avendo essa preferito porre il proprio fronte principale, anzichè all'interno del recinto di culto, all'esterno di esso, sulla pubblica strada prospettante il lago, forse per meglio mostrare un poco orgogliosamente la propria eccezionalità estetica e le proprie qualità artistiche di superlativo profilo.



Questo scorcio evidenzia quanto fortemente sentito, e quindi caratterizzante, fosse per l'architettura moderna, specialmente nella versione importata in Italia dai maestri del movimento moderno, il dialogo per forti contrasti con l'architettura del passato (qui particolarmente evidente nel rapporto con l'ex hotel Sempione, a sinistra, e con villa Cairoli, a destra, ottocentesco il primo e tardosettecentesca la seconda). Questo rapporto lo abbiamo definito "dialogo", nonostante che esso appaia più come un rifiuto di esso, proprio perchè la nuova architettura del secolo XX, di cui questa casa rappresenta un eccellente esempio, trae la propria forza proprio dal confronto con gli oggetti che la affiancano. A volte essa, ma assai più raramente, trae forza espressiva anche dalla natura incontaminata che ne costituisce il quadro ambientale più estremo entro il quale si inserisce (vedi Casa Malaparte a Capri, di Adalberto Libera, appartenente al medesimo periodo e alla medesima impronta stilistica di questa casa novecentista  belgiratese


Ma, come dicevamo più sopra, in questo rigoglioso, caleidoscopico campionario di bellezze complessive e di qualità anche tanto particolari, spicca qualcos'altro, assai meno storicamente riconosciuto qui in paese fino ai giorni nostri, così da staccarsi figurativamente dal contesto delle più diffuse "pittoresche qualità del costruito lacustre", tanto che perfino il più illustre propugnatore italiano dell' "architettura della ragione", il novello Palladio della architettonica nostrana "modernità", il novarese di nascita Vittorio Gregotti, non si sognerebbe minimanente non solo di scalfire, ma di non sottoporre a severe tutele alla sua integrità totale, per una conservazione attiva, e quasi militante, dei suoi caratteri peculiari, come ebbe a dichiarare una volta, in uno dei suoi più recenti libri, a proposito di "paesaggio dei laghi". E' quest'ultimo un elemento teoretico assai interessante quanto a porre ben precisi limiti alla "modernizzazione" dei territori paesaggisticamente sensibili del nostro territorio, pur avviando una disamina dei casi in cui ciò è avvenuto alle origini del moderno in tali contesti, destinando ad essi una funzione altamente catalizzatrice di tutta la fenomenica dello stesso "paesaggismo", nel quadro delle più avanzate teorie a riguardo della gestione del territorio, esterna alle grandi concentrazioni urbane, a vocazione prevalentemente turistica. Ed è più che mai per questo che in altri pur non lontani contesti, quali ad esempio quello comasco, considererebbero sacrilego ormai non considerare fondanti le ragioni di quello stesso paesaggio proprio per il contributo essenziale che il moderno, nelle sue prime forme dissacratorie, ha saputo dare di esso, interpretandone l'essenza (vedi ad esempio i comaschi lasciti di Cesare Cattaneo, e prima ancora, sulla scia di Sant'Elia, i contributi di Giuseppe Terragni. ma perchè non ricordare, sul nostro stesso lago, i dirompenti segni lasciati da Luigi Vietti in Palazzo Flaim, ad Intra, o della "casa sul panorama", nella nativa Cannobio. Ma perchè non citare infine il più illuminante tra gli esempi, quello fornitoci dalla casa Malaparte a Capo Massullo in Capri, di fronte ai faraglioni, per la matita di Adalberto Libera. Quasi che forze misteriose in quegli anni volessero promuovere atti dissacranti proprio nei luoghi ove maggiore sembrava l'esigenza d'incontaminarne il fascino. In realtà, prima che nascessero e si imponessero le forze erosive della speculazione edilizia, a partire del boom economico del dopoguerra, mai esistette pericolo nella "dissacrazione" dei contesti, ad opera della nuova architettura, rispetto a quella che l'aveva preceduta, insita essa stessa nel fare medesimo dell'architettura per essere tale (Brunelleschi dissacrò Firenze, Palladio dissacrò Venezia, così come fu certo una dissacrazione quella che Lorenzo Maitani operò sulla medievale città di Siena quando diede le basi all'imponente nuova sua cattedrale).

La moderna storiografia ha da lunga pezza ritenuto essenziale il riconoscimento del grandissimo  contributo costituito da quei pochi ma altamente significativi esempi architettonici che gli albori del moderno ci hanno tramandato, proprio in funzione della forte dinamica dialettica che essi hanno saputo innescare nell'essersi posti in modo tanto dirompente nei pregressi contesti, peraltro falsamente ritenuti omogenei dai più. Ed è pertanto corretta  la visione di chi, pur apprezzandone il forte messaggio di modernità linguistica da essi a suo tempo lanciato, ritenne in seguito di doverne congelare il loro moltiplicarsi, così evitando (come già alla fine degli anni '50 si incomincia a decretare) che essi potessero dilagare, a discapito dei contesti ma anche dei loro stessi messaggi, così come in seguito effettivamente avvenne, per diversi e molteplici altri motivi, incominciandosi a porre un freno all'espansione incontrollata d'ogni edificazione che non fosse strettamente sottoposta a tutela d'un oculato spirito pianificatorio.



Casa Tanzi-Salvi, qui soprannominata "Casa del Novecento Belgiratese", appare in una foto che ne evidenzia parzialmente il contesto e ne mostra i caratteri peculiari, tipici della catalogazione lecorbusiana del 1923 ("Vers une architecture") dei 5 elementi cui ogni edificio dell'epoca doveva attenersi per dirsi moderno (copertura piana e praticabile, finestre a nastro, pianta libera, distacco del corpo principale dell'edificio dal terreno mediante uso di pilotis, facciata libera). Tutti elementi programmaticamente presenti nella belgiratese Casa Tanzi-Salvi, oggi Salvi, peraltro capace di applicare gli stessi in modo creativo, che tenesse conto del miglior orientamento possibile entro i vincoli d'allineamento al fronte strada, e della richiesta del committente di captare quanta più luce possibile, e quanto più panorama possibile, per mezzo d'una finestratura del fronte a lago che davvero non avrebbe potuto darsi più ampia di quanto non fosse stato fatto, per quell'epoca. Un edificio, pertanto, che potremmo definire canonico, nei dettami internazionalmente allora più accreditati, del novecentismo che, da locale, si fa rapidamente internazionale, i cui esempi italiani più illustri non sono certo da meno di quelli provenienti da oltralpe.

Risalta perciò a Belgirate, entro tutto quanto citato in queste debite premesse, ed in mezzo alle case del vernacolo spontaneo, ed alle ville aristocratiche o borghesi che tra la fine del settecento e la metà dell'ottocento hanno punteggiato soprattutto le sponde del lago costituendone l'immagine più caratteristica del suo  fronte, di giardini fioriti e parchi lussureggianti, quali quelli di Villa Carlotta e di Villa Treves, che ne rappresentano le punte di diamante in fatto di secolarità di molte delle loro essenza, di chiese e monumenti assolutamente splendidi ed originali i cui caratteri principali vengono esaltati proprio dall'essere divenuti parti integranti dell'intero contesto, un altro elemento a tutto ciò solo apparentemente estraneo, ma che non lo è affatto, essendo tutto quanto l'affresco intriso di storia la più varia, a partire (come molti locali fanno giustamente notare) dalle più remote epoche preistoriche (vedi qua e là sparsi sulle pietre del territorio i segni appartenuti a presenze non ancora  catalogabili storicamente).

Allora, quale è tale elemento?

Ciò che pur risaltando assai per qualità intrinseche e per la particolare tipologia edilizia che la contraddistingue, nel contesto dell'assieme fin qui descritto, ma che pochi vedono, e soprattutto pochi sanno leggere per vederne in modo corretto le qualitative peculiarità, è Casa Salvi (prima Tanzi-Salvi), quella che qui chiameremo per nostra comodità con l'appellativo di  "Casa  del Novecento Belgiratese", anch'essa prospettante sulla strada del Sempione, posta tra l'ex hotel Sempione (Piceni-Martelli) e Villa Janetti, con i relativi giardini, e tra essi ben incastonata ed inquadrata.





So che alcuni abitanti di Belgirate non dedicano parole affettuose a tale costruzione, vedendo in questo oggetto architettonico quasi un sopruso a danno delle qualità organiche del contesto paesaggistico, un'onta, quasi (quella che più sopra abbiamo chiamato dissacrazione), per l'assetto complessivo di una immagine unitaria che il Paese saprebbe offrire di sè all'abitante, ma anche al viaggiatore, senza di essa... Quella casa sembra voler disturbare, per alcuni, il sereno svolgersi d'un quadro di certezze estetiche acquisite come immutabili oggi, mentre invece il contesto che vediamo è la summa d'una sapienza secolare che ha saputo imprimere di sè il proprio segno pur amalgamandolo entro un quadro che appare piacevolissimo oggi pur essendo fatto di tante piccole e meno piccole diversità, culturalmente e concettualmente differenti alla radice, per genere, per tipo e per epoca di realizzazione, nel cui concerto va assolutamente messa anche la voce di questo piccolo, ma tut'altro che insignificante, intervento eseguito tra la fine degli anni '30 e l'inizio dei '40.




Riteniamo di poter affermare, con onestà intellettuale, che l'edificio in questione costituisce un esempio in grado di competere, in qualità formali e bellezza intrinseca dei volumi, con i migliori esempi europei di tale genere, espressione di firme prestigiose della cultura architettonica internazionale che, a partire dalla fine degli anni '20, fino alla fine dei'40, hanno dato piena definizione dello stile moderno internazionalista, ovvero quello che, per essere totalmente superato, ma ancora in modo assai discutibile e criticamente incerto, bisognerà aspettare il modesto fenomeno "postmodernista" anni '70  e l'avvento del "decostruttivismo" di fine anni '90.

"Casa del Novecento Belgiratese":

essa è un tipico esempio di villa suburbana degli anni '30 in forme di moderno novecentismo, dalle radici razionaliste così autenticamente espresse nella copertura praticabile per mezzo delle sue cornici lineari in silouette col cielo, dall'uso delle finestre a nastro (dotate di moderno meccanismo a tapparella, qui purtroppo sostituite dalle scolorite in materiale plastico), dalla presenza del corpo principale del primo piano sostenuto da pilastri al piano terreno, nonchè dall'uso di ampie pareti illuminanti al piano terra costituite da formelle in vetrocemento disposte in andamento curvo che marcano fortemente sia la pianta che la facciata, "libere", secondo i più tipici dettami lecorbusiani di "Vers une architecture" del 1923.

Per entrare poi nel dettaglio, che sa fare d'ogni esempio specifico un unicum, ersso è espresso nella giustapposizione di forme e materiali pregiati di cui è costituito, ai materiali nuovi privi di valore intrinseco (intonaci di calce, uso strutturale del cemento armato, ecc.) nonchè alla specifica forma suggerita dalla giacitura e dal fronte che solo per una parte della facciata risulta arretrato rispetto al filo strada, che ne caratterizza l'inusitata irregolarità (quasi una licenza poetica), così determinante il conseguente appena accennato risvolto angolare delle finestre, e le stesse balconate in vetro, e sottostante loggia, particolari tanto unici quanto caratteristici di questa bella e quasi stupefacente costruzione in stile razionalista, così coerente, nel confronto tra il disegno complessivo e quello attribuito al singolo dettaglio, nel quadro dei suoi riferimenti linguistici più accreditati dalla "storiografia del moderno". Il dettaglio va particolarmente apprezzato al piano terra, in quella corposa e sagomata cornice della porta principale di ingresso, in marmo serpentino levigato a lucido, e della porta stessa, in noce massiccio, ben incorniciata dalla superba vetrata a tutta altezza del piano, rigonfia verso il lago quasi fosse uno spinnaker in forte tensione, atta ad accogliere la forte luce del mattino, riverberata dal lago, fino al nocciolo stesso del corpo di fabbrica.




Putroppo non ci è mai capitata l'occasione di vedere aperta tale porta per chiedere a chi vi abita d'essere ospitato per una visita all'interno, che certamente desterebbe speciali sorprese, particolarmente legate all'uso della luce interna proveniente da Ovest al di sotto dell'atrio, come già si intuisce sbirciando dalla strada entro il bagliore appena accennato dai blocchi di vetro-cemento accanto alla porta di ingresso, ma certamente anche dall'uso dei materiali interni e dal dettaglio decorativo.

Dobbiamo certamente dire, a chi di tale esempio architettonico stenta a riconoscere l'alto significato storico e linguistico che propone, entro il quadro dell'evoluzione del linguaggio architettonico che dal XX secolo giunge sino ad oggi, che casa Tanzi-Salvi deve essere invece considerato un motivo di ulteriore orgoglio per Belgirate, e per i Belgiratesi, i quali dovrebbero, in concorso con gli attuali proprietari, pensare alla sua valorizzazione ai fini anche turistici, coltivati dalla collettività, questi ultimi, anche nel qualro di quel cosiddetto "turismo architettonico" che oggi è tanto in auge negli altri paesi europei, quanto ancora troppo poco nel nostro paese, nonostante le numerosissime possibilità che anche in tale campo noi italiani fortunatamente possediamo.


Cesare Cattaneo, casa d'affitto a Cernobbio, 1938-40. Esempio assai pubblicato di architettura dell'internazionalismo modernista d'area comasca, non particolarmente dissimile dall'esempio belgiratese se non per l'attento restauro che vi è stato recentemente praticato. Qui emergono con particolare vigore gli elementi di cornice a piani alti della terrazza, che ne divengono protagonisti, e che ricordano la stranota casa Rustici di Lingeri e Terragni a Milano



Adalberto Libera, Casa Malaparte a Capo Massullo, Capri, 1940. Come si può notare dalla fotografia della casa forse più fotografata di tutto il modernismo architettonico (vi fu girato perfino un film da Luis Bunuel, "La Via Lattea"), non può costituire scandalo una simile localizzazione, la quale anzi esalta il risultato d'assieme dell'intervento architettonico. Scandaloso sarebbe stato il moltiplicarsi di tale effetto (come purtroppo in taluni casi è avvenuto lungo alcuni tratti meravigliosi delle coste italiane), per l'avvento del fenomeno, storicamente prima mai esistito, della urbanizzazione incontrollata del territorio od opera delle emergenti "società di massa"


P.S.:
Taccuini Internazionali, come già è accaduto in passato in occasione di convegni o di pubblicazioni all'uopo indirizzati, si farà certamente promotore di iniziative atte a divulgare del moderno ogni elemento che meglio lo illustri e lo  caratterizzi, e che, nello specifico ambito dei nostri laghi, possa produrne, come già da tempo in parte fa, specifiche pubblicazioni che ne aumentino la conoscenza e ne mettano in relazione tra loro i singoli siti. Motivo di orgoglio sarà, per il nostro magazine, la formazione di specifici ambiti museali virtuali a valenza territoriale (sull'esempio di quanto fatto ad esempio a Ivrea, o di quanto già in altre occasioni da noi proposto, relativamente ad un possibile "Museo Aldo Rossi" che potrebbe avere sede ideale proprio in un edificio da egli stesso costruito: il Tecnoparco di Fondotoce). Tutto ciò  potrebbe sfociare perfino nella creazione di un regesto di opere sull'intero territorio dei laghi, corredato da specifiche documentazioni cartacee, e da un calendario di possibili visite guidate.

Non a caso un filo ideale lega le origini del Moderno con l'esperienza eporediese, e questa all' "l'architettura razionale" di Rossi (Triennale Milano 1973) ed ai suoi ultimi interventi realizzati proprio sul Lago Maggiore.

Belgirate, 3 maggio 2011
Enrico Mercatali




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