THE MAGAZINE OF THOUGHTS, DREAMS, IMAGES THAT PASS THROUGH EVERY ART OF DOING, SEEING, DISCOVERING

27 June 2012

Per capire gli spazi che viviamo, più psicologia e feng shui: il doppio approccio oriente-occidente - di Enrico Mercatali e Vanessa Passoni



Una recente realizzazione di spazio domestico a Higashi-Hiroshima in Giappone. L'architetto (Suppose Design Office) ha concepito la casa per una giovane coppia con figli, come un volume frammentato in cellule separate nelle quali le funzioni principali della famiglia vengono rese autonome, ed esaltate nelle loro caratteristiche fondamentali, mediante uno spazio intermedio detto "Doma", in terra battuta, in bilico tra pubblico e privato, tra interno ed esterno. Realizzazione bizzarra, frutto della collaborazione tra la fantasia del progettista e le esigenze espresse dal committente. Le immagini di copertina di ogni articolo della rubrica verranno selezionate da Taccuini, tra le proposte di architettura e arredo contemporaneo, quelle che più sperimentano soluzioni innovative rispetto agli archetipi della tradizione, proponendo novità interessanti.


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Psicologia e Feng-shui

 per Capire gli Spazi che Viviamo 





e saperne meglio valutare gli influssi 
che hanno sui nostri comportamenti, il nostro umore, i nostri pensieri, la nostra salute







Taccuini Internazionali avvia una rubrica dedicata agli ambienti che viviamo, all'architettura dei micro-spazi ambientali nei quali passiamo parte del nostro tempo (interni od esterni, privati o pubblici, abitativi o non abitativi, di lavoro o di svago, commerciali o di cultura).  Di tali luoghi, e delle loro caratteristiche, la nostra idea è di proporne al pubblico una analisi, la più possibile oggettiva e non di tendenza, che ne sappia illustrare le qualità o i punti di debolezza, relativamente all'effetto che hanno su chi li frequenta, anche solo saltuariamente o occasionalmente, o su chi li vive, a lungo o anche solo di sfuggita, o perché li abita o perché in essi lavora, o più semplicemente vi transita.

Nasce  proprio dal convincimento che ci siamo fatti che, più che mai oggi, tutto ciò che di fisico si costruisce e si realizza in termini d'ambiente, su tutto ciò che determina attorno a noi degli spazi (delle architetture o dei luoghi) si impronti di forti spinte soggettive e sia spesso determinato da facili adesioni a ciò che è di moda. Ed è proprio questo che ci ha suggerito di proporre un diverso approccio di conoscenza ai nostri lettori, su tali temi. Questa sembra divenuta una necessità, per orientarsi e capire, per distinguere e per farci una ragione di ciò che ci avviluppa e ci contiene, e che certamente ci condiziona. Esigenza tanto più rafforzata da una propensione, che si riaffaccia di questi tempi anche nel dibattito filosofico, ad affrontare con realismo gli aspetti che più riguardano le componenti concrete della nostra vita e ad essere più attenti a quanto possa derivarci di positivo da una maggiore consapevolezza, esattamente come avviene circa ciò che mangiamo, o quanto ingeriamo quando ci curiamo, di quanto incida su di noi tutto quanto fisicamente costituisce e determina l'aspetto dell'ambiente che viviamo.
Un approccio di tal tipo alle tematiche dell'architettura, attinenti ai piccoli o ai meno piccoli spazi che viviamo, pensiamo sia un modo per interessare un maggior numero di persone alla materia che, a volte, oppure spesso, anche se non sempre, vede affrontati tali temi dagli individui in prima persona, ovvero senza il contributo di specialisti o professionisti, mentre per analoghe problematiche, attinenti però l'ambito urbano o territoriale, la questione si fa decisamente un discorso "da iniziati", o comunque materia che richiede necessariamente il contributo di persone che abbiano competenze assai specialistiche. Non che questo impedisca anche a chi specialista non è di interessarsi della conformazione fisica o dell'aspetto dell'ambiente nel quale vive, se trattasi di quartiere, città o territorio, adottando ogni possibile veicolo di cui possa disporre per comunicare o per imporsi all'attenzione di chi, dei relativi cambiamenti nel tempo, se ne rende in qualche responsabile. E' d'altro canto ovvio che l'ambiente nel quale viviamo e col quale abbiamo maggiore contatto debba essere maggiormente da noi controllato, ed è perciò utile che se ne sappia conoscere le leggi che ne governano la struttura e l'aspetto affinché risultino il più possibile a noi congeniali, non solo sotto il profilo della salute fisica, ma anche affinché possano contribuire alla nostra salute mentale, a ben disporre la nostra mente, fornendoci fattori di gradimento od evitandoci stress e senso di oppressione.
Siamo peraltro convinti che pochissima attenzione anche in passato si sia data a tali problemi, se non ovviamente dai maestri  che la storia dell'architettura, non solo moderna, annovera in libri e manuali, i quali attraverso il loro genio, e con una sapienza empiricamente acquisita nel tempo,  hanno dimostrato di  ben dominare le leggi che da millenni regolano ciò che è bello, armonico, appropriato, ed hanno saputo imprimere ai loro spazi quelle qualità che le hanno rese perfette non solo da un punto di vista estetico, ma anche da un punto di vista umano più vasto, fisiologico e psicologico. Oggi ciò che è sotto i nostri occhi solo raramente nasce da tal genere di consapevolezza, e tuttora domina quasi incontrastato, specie quando trattasi di costruire un nuovo grande edificio, il marchio d'una soggettività fine a se stessa, se non addirittura l'egoica sigla dell'autore, al quale poco ha importato, quando ha progettato, ciò che stava attorno, e tanto meno lo spirito profondo e autentico del luogo. Ma solo attraverso un'attenta analisi di esso, e con una conoscenza approfondita dei processi che stanno alla base della sua conformazione, soggetta a leggi e principi generali, che si può contribuire a dare identità e benessere a tutti coloro che lo abitano.
La storia stessa, attraverso cui esso ha acquisito la sua forma, ne sa dare ampie spiegazioni, oltre a numerosi altri fattori che rientrano nella prassi critica abitualmente utilizzata in occidente. Una maggiore e più ampia comprensione ci viene inoltre data dall'approccio conoscitivo, filosofico e tecnico, che proviene dall'Oriente.
Tornando al tema che ci siamo proposti di affrontare proponiamo questo articolo nel quale, con la collaborazione di Vanessa Passoni studiosa di Filosofia Orientale, analizziamo alcuni ambienti casualmente scelti. I due distinti paradigmi della visione occidentale ed orientale, l'approccio a quanto li caratterizza secondo i distinti modi di osservare gli ambienti, i volumi, le aperture, gli schemi spaziali che ne determinano e ne influenzano l'habitat, i materiali ed i colori e tutto quanto contribuisca a influenzare lo spazio abitativo.
Saremmo lieti se i lettori interloquissero su questi argomenti e proponessero a loro volta degli ambienti da analizzare. Pensiamo che l'utilizzo di esempi pratici renda stimolante la comprensione verso una vera e utile conoscenza del reale.
Enrico Mercatali

Feng-Shui - L'Ambiente nella Scuola di Pensiero Yin-Yang

E’ capitato a tutti di entrare in stanze bellissime che però provocano un senso di disagio fisico. Il Feng-Shui è la disciplina orientale che studia questi disagi e vi pone rimedio fin dalle fondamenta scegliendo il terreno adatto per edificare  case, templi, edifici pubblici e Imperiali. A ogni tipologia d’abitazione un apporto corretto di Energia Qi, a ogni rango un preciso habitat naturale confacente.
Nell’usare i criteri del Feng-Shui per analizzare una costruzione occidentale è inoltre necessario tenere conto che le condizioni climatiche orientali sono diverse e che anche il nostro modo di concepire l’edilizia è differente.  Alcuni materiali accessibili in occidente non lo sono così facilmente in oriente e viceversa. Ad habitat di un tipo materiali più pratici ma meno stabili per permettere un’eventuale spostamento, ad altri scelte più solide fatte per durare nel tempo. Ma il Feng-Shui risponde comunque a regole di base universali, regole che osservano il moto delle stagioni, della luce e dell’oscurità, delle forme che compongono una stanza e dell’effetto che questa avrà sulla vitalità del Qi Universale e Personale.
Il Qi Universale è l’energia che viene spontaneamente creata nell’Universo e di cui ogni uomo è sia generato che generatore, un’energia che scorre in tutto il pianeta e che non possiamo evitare in nessun modo. Essa entra nelle nostre case, passa per le strade, gira fra i monti e i grandi mari, e raccoglie, portandola poi con sé, l’informazione di tutto ciò che incontra. Alcuni luoghi hanno conformazioni che ne controllano il flusso, vuoi per architettura e/o stato geografico, ma in altri luoghi scorre più velocemente e con più energia di movimento. A partire dal clima fino allo stato psico-fisico del singolo essere umano, tutto converge nel Qi e tutto ne deriva.
Il Qi Personale è invece quello prodotto dalla collaborazione del corpo con la mente. Maggiore è l'armonia che riusciamo a raggiungere durante questo lavoro introspettivo, migliore è l'energia che produciamo e maggiore è l'efficienza sia mentale che fisica di cui possiamo disporre.
L'idea nasce dalla contrapposizione delle due forze chiamate Yin e Yang. Due differenti poli che manifestano qualità uguali e speculari e che per loro natura sono inscindibili. Solo la presenza di Yin permette l’esistenza di Yang e viceversa, perché a consentire la loro reciproca manifestazione è proprio l’energia creata dal loro perenne cercarsi e ripudiarsi. Come due calamite che contemporaneamente si attraggono e si respingono. E' grazie a questo movimento incessante che segue la manifestazione più o meno preponderante di una delle due polarità.
Una casa con caratteristiche strutturali troppo Yang, e un Qi molto forte che circola, prosciuga per sovraeccitazione le energie del Qi Personale dei suoi abitanti contribuendo a creare uno stato di tensione psicologica mentre, una casa contraddistinta da caratteristiche troppo Yin e un Qi debole, contribuisce al sorgere di patologie fisiche legate a stati di depressione per l'eccessivo ristagno. La differenza fra i vari stati dell’interazione di Yin e Yang permette di consigliarne alcuni per talune attività piuttosto che per altre. Una camera da letto deve avere di base caratteristiche Yin, che permettano il giusto controllo e apporto di Yang in entrata, per poter essere davvero un luogo in cui si rigenera completamente il corpo e la mente. A insufficienze strutturali può quindi essere necessario ricorrere alla valutazione dell'ambiente in modo che le forme e i colori dell'arredo siano in grado di riequilibrare i rapporti fra Qi Universale e Qi Personale.
I migliori maestri orientali di Feng-Shui entrano nelle case analizzando su sé stessi l’effetto che percepiscono dal Qi presente. Se è troppo forte, se è stagnante, se è mite. L’osservazione e la percezione fisica dei diversi luoghi li porterà a trovare soluzioni per convogliarlo nel modo migliore.
Una forma rotonda, piuttosto che triangolare, aumenterà l’attività di Yin piuttosto che di Yang. Il saper scegliere forme e misure, la gestione di luci e ombre, crea una notevole differenza di confort laddove gli spazi sono gestiti con questi criteri. 

In queste veloci analisi cercheremo di cogliere il senso di movimento e gli effetti che il Qi provoca all’interno degli ambienti qui proposti.

Vanessa Passoni

La rubrica, che avrà il titolo sintetico "Capire gli spazi che viviamo", continuerà su questo magazine con articoli che esporranno fotograficamente ambienti di diverso tipo, cui seguiranno le nostre osservazioni analitiche relative alla configurazione dei relativi spazi, ai materiali di cui sono composti, ai riferimenti iconici che vi campeggiano o che vi sono sottintesi, all'energia che tutti questi ed altri fattori sprigionano assecondando più o meno i nostri bisogni, oppure ad essi contrapponendosi così determinando stati depressivi o patologie vere e proprie.
Facciamo seguire alcune immagini relative ad altrettanti ambienti che proporremo all'attenzione dei nostri lettori nei prossimi articoli:


Tra le immagini qui sopra selezionate per le analisi di Taccuini inserite nel prossimo articolo vi sono rappresentati ambienti anonimi, presi dalle pagine di riviste specializzate di settore (interni, design, arredamento, ville e giardini) ed ambienti iper-pubblicati firmati dai più grandi maestri dell'architettura, che sono entrati a far parte della storia. Noi qui non ne indichiamo gli autori, lasciando alle vostre conoscenze e capacità il saperli distinguere. Nelle osservazioni che vi proporremo, e nella particolare lettura che Enrico Mercatali e Vanessa Passoni faranno, nelle prossime pagine su questo magazine, potranno a volte risultare perfino più positivi, ai fini che ci siamo proposti in questa rubrica, ambienti anonimi e casualmente selezionati dalle riviste specializzate, che non quelli che sono stati ammessi, dalla grande critica internazionale, ad entrate a far parte della storia dell'architettura.
Enrico Mercatali e Vanessa Passoni
MIlano, 27 giugno 2012 

24 June 2012

Taccuini Internazionali Programming - The Piano Shard starts her life on July 4th

Taccuini Internazionali Programming


The Piano Shard starts her life on July 4th 2012



Gli ultimi pannelli della più alta torre di Londra e d'Europa stanno per essere montati. Il 4 di luglio il grattacielo di Renzo Piano verrà inaugurato, e già oggi tutte le maggiore testate giornalistiche mondiali sono in allerta per il grande evento. La torre ("Scheggia", come l'ha definita il suo stesso autore) è alta 306 metri, e conta 87 piani, tra uffici, abitazioni, hotel. Vi sarà in cima una "camera con vista" dedicata ai turisti che vogliono abbracciare, con un solo sguardo a 360°, la capitale inglese.


Un articolo di Taccuini Internazionali, dal 4 luglio, giorno dell'inaugurazione del grattacielo di Renzo Piano a Londra, vi parlerà delle opere dell'architetto italiano in Italia:  un omaggio alla figura e all'opera del maggiore architetto vivente e all'alta qualità italiana che ancora una volta si mostra al mondo. Le poche realizzazioni dell'architetto nel suo paese, pur di notevole interesse e qualità, mostrano quanto sia difficile per un architetto operare nel nostro Paese, sia pure quando possiede così grandi capacità, e quanto ancora l'Italia debba fare per mettersi al passo con il resto d'Europa quanto ad approntamento di sistemi di selezione dei propri talenti in materia di opere pubbliche, e di propositività e diffusività  culturale della propria produzione contemporanea.






Enrico Mercatali
Lesa, 24 giugno 2012

19 June 2012

Il Giappone che cambia, nei reportages di Mario De Biasi degli anni '70 per "Epoca"




Il Giappone che cambiava
nei reportages degli anni 70
di Mario De Biasi per "Epoca"





Alla Galleria 70 di Milano (corso di Porta Nuova 36/38, dal 9 Maggio al 28 Luglio 2012)  il fotografo Mario De Biasi espone alcune delle fotografie da lui scattate negli anni 70 nel corso di una serie di quattro reportages effettuati in Giappone tra l'inizio degli anni '60 e l'inizio degli '80, nel momento in cui forse più si avvertiva il passaggio della società nipponica delle forti e millenarie tradizioni ai costumi più occidentalizzati. Il titolo della mostra evidenzia esattamente il compito che fu affidato dalla rivista Epoca al giovane fotografo di allora: quello di registrare per immagini il cambiamento in fieri. Ecco da dove nacquero alcune immagini divenute famose di quel periodo e di quei suoi viaggi, quali quella del Rokkabilly che si guarda nello specchio degli occhiali da sole, quella della giovane cittadina di Tokio in minigonna mentre telefona davanti ai manifesti con le donne in kimono, quella della disinvolta ragazzina che si fa ritrarre nuda davanti alla sua vasca da bagno, quella all'interno di un moderno hotel con ospiti racchiusi entro mini-loculi.



 Kyoto, "Il quartiere delle Geishe" - 1980



La mostra, le cui 28 fotografie vintage che sono esposte sono state selezionate dal Japan Camera Industry Institute di Tokyo, rappresenta in modo elegante ed equilibrato il sottile filo conduttore di un cambiamento che nella società del Sol Levante è in atto tuttora e che è iniziato nell'immediato dopoguerra. Esse, tutte si può dire, dimostrano quanto l'equilibrio raggiunto tra le incessati e forti tradizioni e le istante di una gioventù che da molte di queste si vuole liberare, sia fatto di delicatissimi fattori, tutti rappresentati nelle abitudini socio economiche delle persone e nelle loro azioni quotidiane






"La ballerina degli anni 70"





"Kapsula Hotel" -1970

mm



Mario De Biasi, una immagine dell'anziano fotografo di Epoca, autore della mostra, noto fotografo dell'Italia del dopoguerra, della ripresa economica del nostro paese, del nuovo cinema italiano, di alcuni tra gli attori più famosi di quel cinema




Un repertorio di immagini famose
scattate da Mario De Biasi





Enrico Mercatali
Milano, 16 giugno 2012

10 June 2012

Grande mostra sugli anni 70 a Milano - Cultura e arte dal 1969 al 1980 - di Enrico Mercatali





Addio Anni 70
Cultura e Arte a Milano 1969 -1980




Sopra al titolo: uno degli artisti che stavano emergendo alla fine dei Sessanta in America era Allan Kaprow. Lo ritroviamo a Milano in quel periodo, nelle manifestazioni organizzate  dalle   autorità cittadine, in collaborazione con il consolato milanese degli States, e coi maggiori galleristi milanesi che avevano fatto della città una delle mete più attrattive del mondo in fatto d'arte, una delle quali è stata una performance per le strade del Quartiere Comasina. Qui nella foto: Allan Kaprow his Environment “Yard,” 1967 Pasadena edition with participants. Photo copyright Julian Wasser. AFC Associate Editor Karen Archey’s latest piece at Art in America Online discusses the opening of Hauser & amp; Wirth’s first gallery in New York City. The teaser below.
Sotto al titolo: "Il corpo è tuo", da Re Nudo (rivista nata e prosperata negli anni '70, tipico prodotto editoriale di quegli anni a grande diffusione trasversale tra generazioni di giovani "contestatori" ed i loro maestri "intellettuali di sinistra"), qui in una immagine di anni più recenti, "Il ciclonudista".





I settanta, il decennio in mostra a Milano "Addio anni 70 - Arte a Milano 1969 - 1980",  sono stati anni veramente diversi, nuovi e difficili, complessi da viversi e da riviversi oggi, in quanto contraddittori, a volte fin troppo espliciti, ricchi di verità gridate ma anche a volte poco soddisfacenti per i risultati ottenuti. Questa di Milano è una mostra davvero densa di contenuti, piuttosto dispersiva, ma inevitabilmente tale per la grande varietà di cose da dire, da raccontare, da mostrare, certo spesso non si carta patinata, e quindi scomoda da affrontare, alternativa in tutto nel particolare ma infine priva di un suo genere o filo conduttore. Milano e la sua attuale amministrazione hanno voluto regalare questa storia alla città che ne ha principalmente condotto la principale trama, facendola gratuita alla visione dei concittadini, coerentemente con gli assunti che l'hanno legata a quella storia per molti dei suoi tratti e facendola anche ampia il più possibile. Putroppo però incompleta, come del resto non poteva che essere, data la mole dei temi da trattare, dei personaggi da raccontare, delle cose da dire e delle opere da mostrare. Numerosi infatti i buchi, e i vuoti non colmati.




Tutto si riassume nei Settanta sotto il segno del rapporto tra personale e politico. Anzi il motto  "personale è politico" si fa strada nel fermento rivoluzionario che trasforma eventi sporadici come fossero traguardi definitivi. Cassa di risonanza è il nuovo rapporto tra università e fabbrica, e di questo tutta la citta ne viene investita. La grande festa organizzata al Parco Lambro, memore dei grandi raduni americani od inglesi, in realtà fallisce. Ma di tali fermenti giovanili ogni ambito culturale, compresi quelli istituzionali, ne diventa tramite. Così ne diventano cassa di risonanza La Triennale, il Piccolo Teatro, almeno in parte, l'Università nel suo complesso. Molti poeti e letterati, uomini di cultura, galleristi e critici ne diventano i cantori, o quanto meno, gli accreditati speakers: Italo Calvino e Umberto Eco, Nanni Balestrini e Vittorio Gregotti, Arturo Schwarz e Guido Le Noci. L'editoria alternativa si fa spazio così come anche librerie alternative che diventano centri di lettura, di ritrovo e propaganda. Primo Moroni (qui sopra nella foto gialla ne è un esempio con la sua "Calusca" e, prima ancora, con il suo Club di via San Maurilio, ove si organizzava teatro sperimentale, letture collettive e dibattiti, gite fuori porta). Gli artisti, che partecipavano attivamente all'organizzazione culturale di quegli anni, davano testimonianza diretta con opere non sempre d'alto livello culturale. Qui sopra alcuni esempi: Nanni Balestrini e Daniel Spoerri (di quest'ultimo, e del suo Nouveau Realism, nella mostra vi è stata allestita una enorme sala piena di "tavoli a fine pasto").


Più che di opere d'arte infatti, pur trattandosi di una mostra d'arte milanese che già nel titolo si precisa in argomento e cronologia,  di argomenti vi si narra, e dei personaggi di fama che ne hanno fatto parte o in veste di artisti autori delle opere, o di galleristi che ne hanno lanciato il nome, o di critici e o filosofi e o storici che ne hanno parlato, o di figure dello spettacolo, della moda, del teatro, della musica, del costume che ne hanno fatto da sfondo nei più svariati modi. E' un intreccio di fili, infatti, che formano la matassa della mostra, ovvero quel coacervo di cose accadute e ricordate dalla stampa dell'epoca, oppure divenute note perchè riprese dai maggiori fotografi che di quel periodo sono riusciti a farne un palcoscenico di grande ineteresse e complessità. le opere quindi non costituiscono nella mostra che le punta d'un iceberg assai più ampio che vi sta sotto e attorno, e che a volte, diventa più interessante perfino delle opere, più necessario alla ricostruzione storica, più accattivante materia di racconto.





Vasti spazi della mostra sono stati dedicati agli artisti qui sopra rappresentati: Pino Spagnulo, Emilio Tadini, Alik Cavaliere, Valerio Adami, Enrico Castellani e Fausto Melotti. Di Spagnulo, Cavaliere e Melotti vi sono stati posti alcuni pezzi entro le sale reali d'arredo piermariniano, così che potessero trovare adeguato contrasto con i relativi lussuosi arredamenti. Le opere scelte non sono certo le loro migliori. Ma soprattutto non ritenuamo che essi possano considerarsi gli esponenti di maggiore rappresentatività degli anni Settanta. Altri artisti lo sono assai di più nella descrizione complessiva che la mostra intende dare, specialmente legando le opere al contesto socio-economico e politico. Ma certamente le loro opere hanno il pregio dell'opposto, ovvero esse sanno rappresentare forse più di altre il distacco che vi fu tra certi movimenti d'arte e di cultura ed il lavoro più silenzioso, ma altrettanto cospicuo in risultati, di altri. Nel complesso tali opere mostrano esattamente (e forse questo stava a cuore ai curatori Francesco Bonami e Paola Nicolin) quanto contraddittorio sia stato l'intero decennio, non lineare, ricco di scosse, ma anche di più tranquillo costrutto, specie a livello internazionale. Non fu un caso il fatto che la città di Milano visse il decennio dei Settanta come l'ultimo nel quale essa primeggiava nel mondo per arte e per cultura, prima di un suo smorzarsi sino a divenire poca cosa rispetto a fenomeni diversi e meno apparscenti, a volte perfino più provinciali e chiusi.



Diventa arte, ed aspressione d'arte, specialmente nei Settanta,  anche la pura carta stampata, la cui grafica diventa essenziale e comunicativa, con le sue illustrazioni, le sue vignette, la sua satira continua. Diventa espressione d'arte l'estrema povertà del prodotto editoriale, che non doveva contraddire il contenuto fortemente proletarizato, tendente ad essere espressione d'una politica di massa, e di una intellettualità totalmente asservita agli interessi delle classi lavoratrici. L'arte pura non sempre ne raccoglie i frutti, o ne sà esprimere i principi e gli ideali. Nasce l'arte povera, che spesso è povera negli stessi materiali che usa ma che non sempre rimane tale in quanto linguaggio povero e alla portata di tutti i palati. Emerge infatti anche un'arte, sì al limite della povertà dei mezzi, ed essenziale nel suoi tratti e nella scarsità linguistica adottata, ma anche assai colta e raffinata, al limite anche elitaria. Accanto ai Christo, ai Kounellis, ai Beuys emergono, specie a Milano, i nomi di Castellani, i Melotti, i Tadini, i Mari, i Mulas che non possono dirsi proprio proletari...




Allan Kaprow, attivissimo creatore americano di happenings d'arte, fotografato a Milano da Maria Mulas alla fine degli anni 60, in un prato del quartiere Comasina, assieme a Ida e Luciano Mercatali che per lui hanno organizzato per l'happening "Print-out", di cui alla locandina nelle mani dell'autore. L' "azione" di Kaprow prevedeva: "Guidando delle macchine in un prato aperto fino a che queste traccino una strada"- "Dipingendo la strada di bianco fino a venga cancellata" - "Segnando una strada asfaltata con una linea bianca" - Guidando delle macchine sulla linea fino a che venga cancellata".






Nel novero dei grandi fatti che dettero rilievo internazionale alla città nei Settanta la mostra ricorda, e qui noi pure segnaliamo con immagini, personaggi di spicco che le dettero lustro e dei quali ogni momento si parlava, e non solo nei salotti. Tra questi John Cage, del quale ricordiamo un famoso "concerto" che diede personalmente al Teatro Lirico, durante il quale non fu udita una sola nota musicale, ma solo lunghi ed estenuanti silenzi da parte sua, solo sul palco, ed in seguito le urla di un pubblico in preda alle più diverse reazioni, compresa quella di lanciargli addosso ogni genere di oggetto e di insulti: Inoltre la coppia Ettore Sottsass e Fernanda Pivano, che, da quell'epoca in poi, proseguirono separatamente le reciproche attività d'impronta creativa internazionalmente apprezzata. Poi ancora Ugo Mulas, del quale, morto prematuramente, la mostra espone le famosissime "Verifiche", ultimo contributo del fotografo alla grande produzione artistica mondiale (qui autoritrattosi nella foto con la moglie Nini). Poi Joseph Beuys, Forse "talento del secolo", che ebbe un rapporto speciale con Milano, forse suo approdo naturale per il legame che ebbe con Lucrezia Di Domizio Durini, critico d'arte e grande collezionista nell'immenso open space di via Mecenate, assieme alla quale fece assurgere il piccolo borgo di Bolognano a fama internazionale, compiendovi le performance e costruendovi le istallazioni che più lo resero famoso nel mondo, tra cui "Piantagione Paradise". 





Qui sotto abbiamo fotografato l'opera che rappresenta la mostra, scelta dai curatori per il suo manifesto e la sua promozione, ricca di ambiguità ed ironia, poetica ed ingegneristica al contempo: Alfa Castaldi, "La machine à manger les huitres", Milano.





Carla Cerati, foto dal libro "Nudi" edito nel 2007. La sua principale attività di fotografa risale agli anni 70, e nella mostra vi sono esposti alcuni suoi "nudi",  stampati in grande dimensione originale. Il nudo più sopra è stato scelto per la copertina del libro di Francesco Piccolo "La separazione del maschio", per Einaudi




Una grande parete della mostra ospita l'immenso olio di Arduino Cantafora, dal titolo "La città analoga", già esposto nell'atrio del Grattacielo Pirelli, che, assieme, a "La città analoga" di Aldo Rossi, 1976, serigrafia su carta, proposta per la prima volta alla galleria Antonia Jannone, propone una particolare lettura della città: Milano viene scansita e visualizzata secondo i parametri aldorossiani di "L'architettura della città", in cui si fanno simulacri della storia urbana i suoi più significativi monumenti che ne hanno determinato l'immagine e la forma, tra i quali compaiono pariteticamente il Lazzaretto e le case popolari del Quartiere Gallaratese.





Quando Christo venne a Milano per la prima volta divenne assiduo frequentatore di Guido Le Noci e della sua galleria Apollinaire, una delle emergenti negli anni 70 nella "città con più gallerie d'arte al mondo", propensa verso le avanguardie più estreme. Vi conobbe i vertici dell'intellighenzia critica cittadina, famosi galleristi ed altri artisti. Anche Pierre Restany, con lui frequentò in quel periodo la città, mettendo a segno numerosi interventi sulle riviste d'arte e di architettura più autorevoli di allora. Uno dei progetti di quel periodo dell'artista riguardò proprio il centro cittadino, con la famosa impacchettatura del monumento a Vittorio Emanuele II, in piazza del Duomo, per il quale riportiamo qui un bozzetto presentato alla mostra "Addio anni 70"




MM



Sospesi tra lo sguardo del testimone e il “senno di poi” del curatore, la mostra coinvolge direttamente anche alcuni protagonisti del tempo, come per esempio Nanni Balestrini, Gianni Emilio Simonetti, Sergio Dangelo con Arturo Schwarz e Daniel Spoerri con Gino Di Maggio, chiamati a curare alcune delle sale della mostra sulla base di esperienze che hanno vissuto in quel periodo.
In questo senso si muove anche il progetto editoriale concepito come integrazione della mostra, di uguale importanza e rilievo nella economia del racconto. Il libro che accompagna l’esposizione, realizzato da Mousse, è infatti un’antologia di testi e immagini d’epoca, selezionati e ristampati per l’occasione. Si tratta di documenti introvabili, provenienti da archivi, gallerie, fondazioni e biblioteche, utile punto di partenza per chiunque fosse interessato ad ulteriori sviluppi e analisi della storia artistica milanese.


 




Apre e chiude il percorso una reading room, progettata grazie alla collaborazione di Artek e Domus e realizzata con tavoli e sedie di Enzo Mari, legate all’esperienza dell’Autoprogettazione che egli presentò per la prima volta alla Galleria Milano nel 1974. Nella sala saranno visibili anche le interviste a critici e protagonisti del decennio realizzate appositamente per la mostra insieme alla documentazione editoriale d’epoca. Completa l’esposizione una sezione dedicata al libro d’artista e alle riviste indipendenti, allestita, dal 22 giugno 2012, nella sala degli Archivi Gianferrari del Museo del 900 a cura di Giorgio Maffei.
Da mercoledì 30 maggio la mostra è aperta gratuitamente al pubblico: un segno di coerenza coi contenuti espositivi e con gli impegni presi coi cittadini da parte della Giunta milanese.


Enrico Mercatali
Milano, 7 giugno 2012