THE MAGAZINE OF THOUGHTS, DREAMS, IMAGES THAT PASS THROUGH EVERY ART OF DOING, SEEING, DISCOVERING

24 February 2012

Pelle di donna - Identità e bellezza tra arte e scienza, alla Triennale di Milano - di Enrico Mercatali



La bellezza femminile
tra cultura e scienza, moda e arte


Pelle di donna

- Identità e bellezza tra evoluzione scientifica ed estetica -
di   Enrico Mercatali




Sopra il titolo: Yoshie Nishikawa, Bambole (Dolls, 1995 (2009)
fotografia, collezione dell'artista.
Sotto al titolo: Uliano Lucas, Attrice del Theatre du Soleil, 
al trucco prima dello spettacolo durante le Orestiadi di Gibellina, 1993



Presso il Palazzo della Triennale di Milano una delle ultime mostre che vi sono state allestite è dedicata alla donna, e alla sua immagine tanto contesa oggi tra le cure anti-età proposte dalla ricerca in campo chimico e cosmetico e le proposte in continua evoluzione della moda, condizionate dalla cultura, che assegnano alla bellezza valori basati su codici mutevoli in cui interferiscono i modelli comportamentali e di costume imposti dai media e da chi li guida. Essa titola: "Pelle di donna".




Racconta così l'incipit del percorso: "Quale l’opportunità oggi di una mostra sulla pelle che focalizzi l’attenzione sulla donna, una mostra sperimentale, fuori dagli schemi, che rivendichi primariamente la propria natura di mostra d’arte? Questa impresa transdisciplinare mira a proporre una strada possibile, e stimolare risposte molteplici. Astronomia e dermatologia, storia della scienza e storia dell’arte, antropologia e filosofia, psicologia della percezione e storia della cosmesi, del costume e della moda: tutti questi ambiti del sapere si intrecciano in un percorso suddiviso in sei sezioni, o aree tematiche, attraverso le quali esperire l’esperienza della pelle, riflettere su di essa e sul suo futuro."




Salone del negozio Boots, Birmingham New Street, 1928

Gli oltre 120 pezzi esposti, fotografici, cinematografici, artistici, informatici, descrivono due secoli di tentativi fatti per intervenire sul corpo e sul viso delle donne per assegnate ad esse un fascino ed una personalità capaci di bucare la percezione di chi di ad esse s'affianca, o, con la loro immagine, vuole interloquire, magari intervenendo a modificarla, a migliorarla, a perfezionarne l'impatto che ha sulla nostra immaginazione.




Una delle immagini del filmato che apre l'area tematica della mostra, intitolato "Galleria dei mostri", con spezzoni tratti dal cinema dell'orrore, nei quali diviene protagonista la pelle umana espressa in tutte le sue possibili e raccapriccianti deformazioni




Man Ray,  "La robe noire", 1930 - Fotografia



Man Ray, Violon d'Ingres (Kiki), 1924. Nel vetro riflesso il volto di Marylin di Andy Warhol



  
Un particolare della Sezione "Mi metto nella pelle degli altri"


I primi passi nella mostra traslano il visitatore dall'inferno estetico della "Galleria dei Mostri" cinematografici (impersonata dai Frankenstein, dall'Esorcista, ecc.) al Paradiso del Bello (rappresentato da un gesso della candida Venere del Canova, che ne apre le sale tematiche), fatto di oggetti antichi e recenti, da opere d'arte, da ricostruzioni di ambienti che trattano argomenti che vanno dalla cura della pelle al tema delle toilette per signora, dalla nascita dell'igiene privata in casa propria alle antiche farmacie dell'ottocento, dalle profumerie esclusive alle vendite di creme antirughe porta a porta, segni di più recenti forme di democratizzazione dell'idea di bellezza a portata di chiunque.



 Henry de Touloise Lautrec,  "Mademoiselle Marcelle Lender" en buste, 1895
Litografia in otto colori su carta telata, Collezione privata


 

Alberto Savinio, "Penelope", 1953 - Olio su tela, collezione privata




Andy Warhol, a sinistra: "Ladies and Gentleman, 1975
Serigrafia, Edizione Gabriele Mazzotta, collezione privata
a destra: Marilyn, 1967, Serigrafia, collezione privata




Nella Sezione "Il Paradiso dell'Igiene, l'inferno della pudicizia" questa fotografia di Sam Shaw "Marylin nella scena del bagno schiuma" sul set di "Quando la moglie è in vacanza", 1955, Collezione privata




 John Kacere, Nudo di schiena, 1978. Olio su tela, Collezione privata


La sezione sull'identità è aperta da un ritratto di Alberto Savinio travestito da donna e quindi chiuso da reperti di tatuaggi provenienti dal Museo del Tatuaggio di Milano. Segue la sezione che affronta il tema del "tatto" ove vengono mostrate, oltre ad alcune opere di Bruno Munari denominate, "Tavole tattili", predisposte a scopo didattico con diversi "ingredienti" le cui superfici provocano differenti effetti nel toccarle, anche rilievi in gesso tridimensionali per non-vedenti riproducenti opere del passato, tra cui il Duca di Montefeltro di Piero della Francesca, voluti dall'Istituto dei Ciechi di Bologna.



Vanessa Beecrofts, Varietà (Variety), 2001 - Fotografia
Cà la Ghironda Modern Art Museum, Ponte di Zola Predosa, Bologna


Schiena di donna utilizzata come tavola di scrittura con ideogrammi, tratto da uno spezzone di film appartenente alla "Galleria dei Mostri", in apertura della mostra "Pelle di donna"


La sezione "Pelle e identità" tratta di interventi sulla pelle sia di trucco che di tatuaggio, ed apre le proprie sale con due frasi di Claude Levi Strauss e Michel Foucault:

“I tatuaggi non sono soltanto ornamenti, né sono soltanto emblemi, segni di nobiltà e gradi nella gerarchia sociale; sono anche messaggi permeati di una finalità spirituale, e lezioni. IL tatuaggio è destinato non soltanto a incidere un disegno nella carne, ma anche nello spirito, tutte le tradizioni e la filosofia della razza. Nel pensiero indigeno, la decorazione è il volto, o piuttosto lo crea. Solo essa gli conferisce il suo essere sociale, la sua dignità umana, il suo significato spirituale” (Claude Levi Strass).

“La maschera, il segno tatuato, il trucco depositano sul corpo tutto un linguaggio, un linguaggio enigmatico, cifrato, segreto, sacro, che chiama su questo stesso corpo la violenza del dio, la potenza sorda del sacro o la vivacità del desiderio” (Michel Foucault).





Oggi, come un tempo, il tatuaggio, nella maggior parte dei casi, per gli uomini è ancora segno di forza, coraggio e disprezzo del dolore fisico, mentre per le donne è simbolo di femminilità e ha ancora una forte valenza erotica. Oggi le donne non si tatuano più per guadagnarsi da vivere, ma per molte di loro tatuarsi è ancora un modo per manifestare indipendenza, autonomia, e la volontà di essere padrone del proprio corpo. Molte donne decidono di tatuarsi per la prima volta in momenti particolarmente difficili della loro vita, dopo un divorzio, dopo aver subito violenze o abusi: un gesto simbolico, un segno della loro capacità di riprendere in mano la propria vita.
 


 Alberto Martini "Vestizione della sposa", 1930



Anonimo, "Manichino di provenienza francese, inizio del XX secolo

Lucio Fontana, "Attesa" (Waiting), 1961
idropittura su tela, collezione privata




Bellezza "a fior di pelle" è tema trattato da numerosi artisti contemporanei, tra cui Vanessa Beecroft con le sue indossatrici nude disposte in ordine sparso sul palco, oppure Andres Serrano, che fotografa la pancia gravida della propria cameriera, o Gligorov, che ha ritratto la propria moglie nuda, interamente cosparsa di una non meglio identificabile materia liquida biancastra, forse un prodotto di bellezza.

Francesco Merletti, Maddalena, 2000 - Olio e smalto su tela, collezione privata

22 February 2012

Milano Dencity Lab - Case basse ad altà densità. Mostra all'Urban Center di Milano - di Enrico Mercatali



 Mentre le archistars
griffano ogni grande occasione urbana internazionale, 
l'Urban Social Housing 
ricomincia la sua marcia dal basso


ovvero


Verso una nuova stagione di modernità:
abitazioni di alta qualità
a prezzi accessibili
per ogni abitante della grande metropoli


di  Enrico Mercatali






Quando gli architetti italiani, ma non solo italiani, negli anni che precedettero l'ultima guerra, ed anche in quelli successivi, lungo tutti gli anni '50 e '60, si occupavano di cose assai più serie di quanto non accada oggi, nelle città ci si poteva imbattere in bellissimi quartieri popolari, anche presso le aree centrali delle grandi concentrazioni metropolitane, nati col preciso scopo di calmierare i mercati immobiliari ed  offrire a tutti i cittadini, utilizzando fondi pubblici, abitazioni civili a prezzi accessibili.
Erano tempi assai più virtuosi di quelli che viviamo ora, o meglio, che abbiamo vissuto fino ad ora.
E' da qualche mese che sembra cambiato qualcosa, non certo in ciò che si vede concretamente girovagando per le città, dove pessimi esempi di scempio urbano, ancora cantierato in quanto non finito, degradano la vista e la vita di chi vi abita, o che più semplicemente vi transita, traendone più sconforto che gioia.




Ed in effetti il cambiamento, che si avverte nei discorsi più virtuosi che si sentono fare nei dibattiti televisivi e tra la gente, dopo che abbiamo letto e già avvertito concretamente sulla nostra pelle, delle crisi economiche che attanagliano gli stati ed i loro sistemi bancari, si vede ora  perfino nella produzione di una nuova progettualità. E' il caso di questa interessantissima mostra nella quale per caso siamo capitati, ospitata all'Urban Center del Comune di Milano, ove la Galleria Vittorio Emanuele sfocia in Piazza della Scala.







Certo in questo cambiamento molto è contata la sostituzione del vecchio con il nuovo Sindaco , e della vecchia con la nuova Giunta, in questa città che da sempre soffre di incapacità programmatoria e pianificatoria, trovandosi preda continua di questo o quel governo che, generalmente, conoscendo l'inerzia generale di tali settori, approfitta dei pochi anni a disposizione per stravolgere quanto  è stato  fatto prima e per lasciare un proprio segno il più possibile indelebile. el tessuto vivo della città, poco importa se davvero necessario, oppure addirittura negativo. E' contato assai, tale cambiamento, almeno nell'atternuare le follie perpetrate dal governo Moratti della città, se non per cambiare totalmente rotta. 




La mostra del cui grande significato in questo articolo vogliamo dare testimonianza, ha significato molto in tutto ciò. Prendendo tre aree campione lungo una direttrice che dal centro di Milano conduce alla periferia della città, lungo il Naviglio Grande, gli studenti, guidati da docenti a contratto, si sono cimentati nello studio di sistemi residenziali che utilizzano la casa bassa, al fine di assicurare una migliore qualità urbana.  Senza qui entrare nel merito dei principi base utilizzati nella definizione costruttiva dei singoli edifici e dei comparti urbani che ne costituiscono l'essenza qualitativa che vi veniva proposta, ci è parso un ottimo sintomo di cambiamento il fatto stesso che tali materiali, una volta prodotti e poi segregati in qualche aula universitaria, potessero essere invece più proficuamente utilizzati finalizzandoli ad una mostra tanto visibile ed utile, ma perfino prestigiosa, e adatta ad innescare dibattiti virtuosi tra la gente, per dibentare auspicabilmente materia per amministratori della cosa pubblica. 



Approfittiamo perciò di questo esempio, già di per sè virtuoso quanto a metodo di lavoro ed indicazione d'un possibile suo divenire, per segnalarne l'immensa novità, auspicando che si riprendano con più frequenza tali esercizi d'informazione, ma soprattutto se ne ampliino i conseguenti dibattiti fino a far saltare fuori la vera novità: quella di ricominciare a costruire la città come piattaforma democratica nella quale abbiano diritto di cittadinanza i cittadini stessi, e non soltanto i potentati, i grandi gruppi finanziari, le grandi aziende, le grandi istituzioni, che dei ciottadini si interessano solo come terreno da far germinare a puri fini aziendali, o peggio, personali.




Una città più simile a quelle del Nord Europa, vorremmo avere, ove i modelli  insediativi e costruttivi sono opposti a quelli che hanno prevalso nei nostri territori: più orizzontalità e meno verticalità, più edilizia sociale e meno concentrazioni d'interessi forti, più vivibilità, più salubrità, più verde, minori scempi privi di finalità sociali, meno inquinamento, minor speculazione sui valori immobiliari e sui terreni.
Occorrerà tornare ad immaginare la città come fosse un'opera d'arte e non solo un banco di prova ove si esercitino i diritti del più forte. Occorre recuperare un ruolo disciplinare agli architetti urbanisti che vogliano fare della loro professione un campo dove contino le idee, e le capacità di dare loro un peso, una dignità, una forza d'urto nella società, ed una concreta realizzazione. Bisognerà tornare ad essere moderni non solo nella forma, ma soprattutto nella dialettica delle idee, nella forza delle passioni, nel risultato d'una lotta per far sì che esse si impongano e fioriscano.




Danimarca, il complesso residenziale 'The Wave' di Henning Larsen. Sul waterfront del piccolo centro danese di Vejle, il complesso residenziale "The Wave", già vincitore dei Leaf Awards 2010, è stato premiato con un Civic Trust Award.


Le aree di progetto di Milano DenCity Lab (Milano, via Conca del Naviglio, Ripa di Porta Ticinese, Ronchetto sul Naviglio)



Occorre tornare a pensare come pensavano i Quaroni, i De Carlo, i Samonà, i Nizzoli,  gli Scarpa, più che come pensano ora i Piano, i Botta, i Nouvel, le Hadid, i Koolhaas: progetti per le comunità reali e non per gli anonimi individui che riescono a spendere per una casa 10, 20 o 30 mila euro al metro quadrato. solo per accapparrarsi rendite di posizione. Occorrono architetti urbanisti che operino nel tessuto delle città come facevano gli Oud, i Berlage, i Taut, i Behrens i quali sapevano dare forma al nesso esistente tra la città storica esistente e quella progettata per le giovani generazioni e quelle a venire, immaginando ruoli non speculativi dell'oggetto urbano, anzi escludendo del tutto questi ultimi dalle logiche costruttive della città come luogo di tutti. Occorre dare formazione a tali nuovi professionsiti ed al contempo porre nuove basi per fare programmi di riuso e di sviluppo urbano capaci d'attuare ancora oggi un tale genere d'impegno. Occorre correggere infine gli errori compiuti nel recente passato per ridare proporzioni più umane ai brani di città recentemente violentati con interventi non ad essa appropriati, e totalmente avulsi dalla loro storia.





Siamo stanchi di discutere sull'estetica di singoli edifici, di sperimentare disquisizioni critiche attorno alle valenze di certe forme architettoniche come fossero mere sculture od oggetti artistici nel paesaggio,  piuttosto che affrontare invece il tema dei principi insediativi basilari, capaci di sostenere gli aspetti fisiologici, psicologici e sociali delle persone e delle comunità di cittadini.

Vogliamo ritornare a discutere di site planning piuttosto che di criteri estetici applicati al singolo grattacielo, alla singola ennesima icona da proporre allo skyline delle città. Nel progetto della città o di una sua parte desideriamo sperimentare nuove idee dell'abitare in cui il vero monumento sia il benessere di chi vi risiede ed il soddisfacimento dei suoi bisogni primari, prima d'ogni altra questione. Vorremmo che il sogno d'una architettura "a misura d'uomo" tornasse ad essere questione appetibile non solo alle persone, ed al pubblico dell'architettura, ma anche agli architetti che non sanno vedere oggi in esso più alcuna allure.



Vorremmo tornare a dare impulso ad una architettura del territorio che smetta d'essere parte integrante d'un apparato mediatico che dia lustro al mercato immobiliare e che dia incentivi forti all'idea di mercato globale dentro a cui incasellare le diverse tipologie di consumatori, ma ritorni in grande auge invece  l'idea d'un sogno umano, capace di rimettere al centro della città il tema del benessere, del piacere di vivere, della felicità, della salubrità, della sicurezza, della protezione, dell'identificazione, della socialità, della cultura, dell'istruzione, a partire dalla cellula nella quale ben si svolga il privato di ciascuno, nel contesto e nei contesti in cui esso meglio s'innesta, integrandosi e consolidandosi nell'immagine moderna della città storica.


Enrico Mercatali
Milano, 20 febbraio 2012

15 February 2012

Design d'autore. Originali e veri falsi. Una legislazione incerta allarga il mercato ma impoverisce la qualità dei prodotti - di Enrico Mercatali



Design d'autore. Originali e veri falsi. 
Una legislazione incerta impoverisce la qualità 
dei prodotti Made in Italy, ma ne allarga contemporaneamente il mercato



Sopra al titolo: Un laboratorio di Friz Hansen nel quale, negli anni '50 e '60, venivano prodotte le poltrone "Egg" di Arne Jacobsen.
Sotto al titolo: Un tornio di "Officine Alessi" accanto al quale noti designers dell'azienda indossano tute da operaio. Riconosciamo da sainistra: Alberto Alessi, Achille Castiglioni, Enzo Mari, Aldo Rossi e Alessandro Mendini




Occorre garantire il diritto d'autore ed il diritto al design 
agli estimatori d'ogni ceto o categoria sociale
così come volevano i primi grandi maestri



La legislazione vigente, complessa e poco chiara, a detta dei grandi produttori cui ancora sono legati i diritti produttivi, impoverisce la qualità del prodotto, ed a volte ne mina pure i reali caratteri originari dettati dal progetto dell'autore, ma ne allarga il mercato in quanto a fare concorrenza ai grandi e prestigiosi marchi italiani del design, quali Cassina, Zanotta, BeB Italia, ecc., che sono capaci di sviluppare qualità ai più alti livelli oggi pensabili, sono altrettante ed ancor più numerose piccole aziende italiane che si sono insinuate nel mercato copiandone i prodotti. Non si tratta quindi del classico accesso sui mercati europei delle produzioni a basso costo asiatiche, cinesi o coreane o tailandesi, in questo caso, ma di ditte anche piccolissime che, attratti da una sempre consistente domanda di design, specie per gli oggetti che portano impressa sulla loro immagine firme di grande prestigio, tipo Le Corbusier, o Mies, o Eames, ne immettono sul mercato, per le grandi distribuzioni, modesti cloni, scarsi a volte non solo della fedeltà dei dettagli, ma anche nell'uso stesso dei materiali originali. Altre volte ancora trattasi di oneste ed abbastanza fedeli riproduzioni, difficili da definire incongrue o addirittura disoneste, che hanno invece il compito di calmierare il mercato e soddisfare le esigenze di una clientela interessata ma anche non abbiente, offrendo prodotti capaci di competere, se non nell'ottima qualità esecutiva, almeno nella buona riproduzione del progetto originale ad un prezzo vantaggioso ed accessibile.




Qui sopra: una carrellata di immagini di prodotti di design, a partire dal modernariato fino agli anni odierni. In esse le ambientazioni descrivono non solo i prodotti in quanto tali, ma anche il loro disporsi negli ambienti, sottolineando il gusto di chi li ha disposti ed i comportamenti conseguenti al loro diventare parte integrante della vita di tutti i giorni di ciascuno di noi. Dai più "normali" ai più bizzarri gli oggetti colloquiano con chi li usa e con l'ambiente nel quale viviamo, parlando un proprio linguaggio autonomo che non solo fa riferimento alla loro funzione, ma anche all'immaginario che evocano in chi li ha fatti deventare parte della scena personale della propria vita.


Complice in tutto ciò una legislazione italiana lacunosa ed incerta, che lascia ampie maglie entro alle  quali sembra che agevolmente passino tutti coloro i quali da anni già si avvalgono di tali metodi per scantonare i principi di base che regolano i diritti d'autore in questa materia. Occorre infatti sapere che Cassina, azienda milanese leader mondiale nella produzione di oggetti di arredamento firmati dai maggiori architetti dell'architettura, riuniti nella collezione denominata appunto "Cassina I Maestri", gode tuttora di diritti di produzione su numerosissime firme mondiali del design. In Italia e in Europa tali diritti prevedono la tutela dell'azienda per tutta la durata della vita del designer, o dell'ultimo dei suoi coautori, e poi per i successivi 70 anni che seguono la sua scomparsa.
Nonostante ciò esistono anche altri articoli della nostra normativa, da tempo approvati dal legislatore, che consentono il diritto di copia, a determinate condizioni, per tutti coloro che, appartenenti a diverso titolo, alle potenti lobby presenti in Parlamento che tutelano gli interessi delle miriadi di piccole aziende mobiliere che popolano le aree indistriali ed artigianali del nostro Paese. In tale situazione oggi siamo, e dobbiamo registrare che, ancora recentemente, tali "privilegi" hanno ottenuto proroga parlamentare per altri 5 anni.





Sopra: una carrellata degli oggetti originali e certificati più famosi della collezione di Casabella-Lago Maggiore. Questi ed altri oggetti della collezione arredano gli ambienti della casa diventando parte integrante d'un piccolo museo il quale non manca mai di suscitare l'interesse dei suoi ospiti, e l'apprezzamento, del tutto logico ma particolare, che nasce dall'evidente contrasto tra il loro  disegno intrinsecamente vivace e moderno ed i caratteri liberty dell'architettura che li contiene.


Noi crediamo che, come in ogni altro campo della nostra produzione artigianale ed industriale, il campo del lusso vada agevolato, specie per quanto attiene gli aspetti commerciali, distributivi e fiscali, così da rendere attive e vive le nostrte produzioni, capaci di diffondersi il più posibile nel mondo, e particolarmente ove si tratti di valorizzare le peculiari qualità delle capacità italiane in tali campi, ma crediamo anche che il design vada sostenuto, forse ancor più, nell'ambito delle fasce medie e medio-alte dei suoi mercati. Sono queste le fasce che tradizionalmente hanno determinato l'interesse divulgativo e diffusivo dei grandi autori del design, divenuti Grandi Maestri perchè per primi hanno percorso le strade della massificazione delle qualità architettoniche e complementari, per le ragioni etiche che ad esse vi erano implicate. Perchè infatti produrre con l'industria ciò che avrebbe potuto essere realizzato, a certi costi, anche artigianalmente? Come avviene per la scarpa d'alta qualità, per la moda d'alta gamma, per il prodotto industriale altamente qualificato anche con interventi "a mano", anche il design industriale, ed i prodotti per l'arredamento d'alto profilo, hanno bisogno oggi di muoversi liberamente ed agevolmente nel mercato, che certo non è deficitario. Ciò non toglie che vadano garantiti anche i necessari spazi a chi, con materiali forse meno nobili e affinati, con produzioni meno attente al dettaglio, e soprattutto con minori spese di promozione, si muova nel mercato con l'intento di diffondere la bellezza dell'arredo moderno alle fasce medie, così come oggi fanno anche i noti marchi della grande distribuzione nordeurope che si sono proposti di diffondere le qualità d'un buon disegno, ancorchè non firmato dai big dell'architettura, ad un target ancor più basso, capace di apprezzare bassi prezzi coniugati ad alti contenuti di progetto.


Enrico Mercatali
Casabella-Lesa, 13 febbraio 2012