Nella Grande Vagina
di Anish Kapoor
di Anish Kapoor
Mega Installazione site-specific del grande artista angolo-indiano
alla Fabbrica del Vapore di Milano
Anish Kapoor all'imboccatura della sua installazione milanese, appena montata.
Dirty Corner è il titolo dell'opera colossale (60 metri di lunghezza x 7 metri di altezza) che Kapoor, uno dei più grandi artisti contemporanei, ha progettato e realizzato specificamente per la sua esposizione dentro all'edificio più ampio della Fabbrica del Vapore, a Milano, e che potrà essere visitato fino all'8 gennaio del 2012. Essa propone la rappresentazione iconica d'un percorso che è stato all'origine stessa della vita di ciascuno di noi, sia all'atto del concepimento, sia al momento stesso della nascita. E' infatti una Grande Vagina che vi vediamo rappresentata, entro la quale il pubblico viene come istintivamente risucchiato, attratto dall'oscurità dei suoi misteri, da un infinito ed incommensurabile interno fatto di memoria primigenia, ed anche di possibile futuro.
Dirty Corner è una installazione "site specific", voluta dal Comune di Milano proprio in occasione della inaugurazione delle opere di restauro da poco terminate dell'intero comparto della "cittadella dell'arte giovane" nella quale il Comune stesso ha inteso trasformare l'intera area della già soprannominata "Fabbrica del Vapore" che, nel cuore di Milano (via Procaccini, angolo Cimitero Monumentale), da tempo vede attivo un utilizzo, sporadico e poco organizzato, a scopo espositivo degli antichi corpi di fabbrica protoindustriale della Ex Carminati e Toselli (fabbrica che fin dal 1936 costruiva vetture tramviarie). In essi, ed in particolare nel più vasto degli edifici, quello che da tempo veniva soprannominato "la Cattedrale", oggi pullulano i laboratori d'arte gestiti da giovani artisti, selezionati in base a un bando pubblico, ove si svolgono attività di sperimentazione culturale e artistica. Nel bel mezzo del gigantesco piazzale centrale, tra le vecchie fabbriche, sorge tra l'altro in sede provvisoria il Nuovo Teatro Ciak, che costituisce una tra le più vivaci realtà culturali cittadine, divenuta nel tempo fucina di talentuosità giovanili dello spettacolo.
Quello della "Cattedrale", che all'interno alla Fabbrica del Vapore (già destinato all'assemblaggio delle vetture tramviarie, quindi dotato di carri-ponte tuttora esistenti che consentivano il sollevamento delle vetture per disporle sui binari) è lo spazio più vasto, capace di raccogliere fino a 2000 persone, è stato scelto per esporvi, in occasione della sua inaugurazione, la più grande installazione che sia mai stata realizzata in un interno, un'opera assai speciale di uno dei maggiori artisti contemporanei, l'ianglo-indiano Anish Kapoor, da tempo portato alla realizzazione di opere gigantesche ovunque nel mondo, capaci di una fortissima attrattiva di pubblico. Qui a Milano vi è stata abbinata anche la mostra di altre sue opere, alla Rotonda di via Besana, che ne illustra l'originale percorso artistico.
Trattasi di un'opera, Dirty Corner, della quale si parla da tempo a Milano, ora finalmente realizzata dall'Assessorato alla Cultura e a quello dello Sport e Tempo Libero del Comune di Milano in collaborazione con la società di produzione artistica MADEINART.
Dirty Corner è opera assai caratteristica e tipica dell'arte di Kapoor, scultore che, come anche abbiamo appreso dall'ottimo filmato a lui dedicato che si può vedere nel corso della visita alla mostra, da almeno 10 anni, utilizza esclusivamente due materiali, l'acciaio e la cera, per confezionare le sue opere.
Egli ha con la scultura una vera e propria affinità elettiva. Egli porta dentro di sè il convincimento che solo attraverso una lenta percezione visiva ed un contatto altrettanto intenso con forme tridimensionali nello spazio possa essere raggiunto uno stato di piena consapevolezza del proprio essere e dello spazio stesso che ci circonda. Diventerebbe perciò un unicum di perfezione assoluta il nostro sentirci parte integrante d'uno spazio costituito da forme tridimensionali che percepiamo come perfettamente appropriate al nostro modo naturale di sentire e di vedere, attraverso una percezione coinvolgente e completa. Ed è la ricerca appunto di Kapoor, attraverso la scultura, di tale perfezione che lo ha portato a sperimentare, nelle numerosissime opere anche pubbliche, spesso di dimensioni gigantesche, la ricerca del "silenzio", ovvero, come spiega l'autore, del raggiungimento d'una armonia interiore assoluta, ove null'altro occorra alla percezione per darci la sensazione d'aver ottenuto una perfetta corripondenza tra noi e il nostro spazio. Un modo altamente filosofico di correlarsi, da parte dell'autore, alla propria opera, in un continuo ricercare i termini di una perfezione che ha già trovato assai convincenti espressioni di partecipazione da parte del pubblico, specie nelle realizzazioni di grande dimensione ed impatto con l'ambiente.
Dirty Corner è opera assai caratteristica e tipica dell'arte di Kapoor, scultore che, come anche abbiamo appreso dall'ottimo filmato a lui dedicato che si può vedere nel corso della visita alla mostra, da almeno 10 anni, utilizza esclusivamente due materiali, l'acciaio e la cera, per confezionare le sue opere.
Egli ha con la scultura una vera e propria affinità elettiva. Egli porta dentro di sè il convincimento che solo attraverso una lenta percezione visiva ed un contatto altrettanto intenso con forme tridimensionali nello spazio possa essere raggiunto uno stato di piena consapevolezza del proprio essere e dello spazio stesso che ci circonda. Diventerebbe perciò un unicum di perfezione assoluta il nostro sentirci parte integrante d'uno spazio costituito da forme tridimensionali che percepiamo come perfettamente appropriate al nostro modo naturale di sentire e di vedere, attraverso una percezione coinvolgente e completa. Ed è la ricerca appunto di Kapoor, attraverso la scultura, di tale perfezione che lo ha portato a sperimentare, nelle numerosissime opere anche pubbliche, spesso di dimensioni gigantesche, la ricerca del "silenzio", ovvero, come spiega l'autore, del raggiungimento d'una armonia interiore assoluta, ove null'altro occorra alla percezione per darci la sensazione d'aver ottenuto una perfetta corripondenza tra noi e il nostro spazio. Un modo altamente filosofico di correlarsi, da parte dell'autore, alla propria opera, in un continuo ricercare i termini di una perfezione che ha già trovato assai convincenti espressioni di partecipazione da parte del pubblico, specie nelle realizzazioni di grande dimensione ed impatto con l'ambiente.
La sua ricerca perciò si è sempre rivolta al tentativo di ottenere, attraverso la scultura, unica arte possibile in tal senso, l'armonia più completa tra una forma tridimensionalmente percepibile e lo spazio che la contiene e la avvolge, così che, quasi, verrebbe da dire, non dovessero darsi altre possibilità formali in quello spazio se non quel frutto ottenuto da questo indagare continuo e quasi ossessivo attorno al nocciolo ideale dal quale l'esperienza ha avuto inizio.
Trattasi quasi sempre, spiega Kapoor nell'intervista che ha rilasciato per il filmato presente alla mostra, di forme astratte, assolute e pure, nelle quali il colore assume una importanza ostentatamente basilare (la sua ricerca si incentra sui gialli intensi, sui rossi - l'ormai famoso Rosso Kapoor - e le superfici perfettamente riflettenti), nelle quali anche la materia e la predisposizione d'una particolare superficie, o pelle, assume la sua importanza primaria. Trattasi di forme dotate di una spiccata tensione o propensione alla sensualità, alla fluidità, alla morbidezza avvolgente, e alla percezione di essa in termini non solo visivi, ma anche e soprattutto tattili, essendo esse attrattive all'accarezzamento, e al godimento che da esso può esservi tratto, come spesso dimostra lo stesso artista, che indaga le superfici da egli stesso create, mentre muove su di esse la mano, per assaggiarle, per assaporarne le sensazioni tattili, come si vede nel filmato, mentra ne certifica estasiato il risultato ottenuto, alla fine del lungo lavoro effettuato non solo da parte sua, ma anche delle numerose maestranze che con lui collaborano nello studio.
In effetti, pur essendo ogni sua opera assai diversa dalle altre per forma, colore, materiale utilizzato, efinitura, occorre riconoscere la grande capacità di Kapoor di "integrarla" in modo sorprendente allo spazio che la contiene, in modo che vi appaia come "naturalmente" in esso disposta, sia esso un interno, come nel caso della nostra mostra milanese, oppure viceversa d'uno spazio esterno, come quella grande, sterminata piazza del Millenium Park di Chicago nella quale domina al centro una sorta di grande sella iperbolica continua, dalle forme ricurve e avvolgenti, in acciaio reso perfettamente specchiante in ogni sua parte, al di sotto della quale si muove la folla dei passanti, che la tocca e nella quale vi si specchia, stupefatta per la perfezione d'un momento tanto particolare ed intenso che in quel sito vi si è vissuto come perfettamente inserito. E' quasi il ritorno, questo d'oggi, allo stupore che sapeva destare la grande statuaria rinascimentale nell'astante, che vi scopriva il senso della perfezione, d'una armonia irripetibile che sapeva fare grande l'Artista Maestro che ne era l'autore. Sì, oggi, credo trattasi proprio di questo, ovvero d'un ritorno (che accomuna alcuni tra i più grandi artisti contemporanei, tra cui certo dobbiamo annoverare anche Anish Kapoor, specie quando lavorano nella sfera pubblica) ad una squisita comunicazione con il loro pubblico, e perfino con le folle (come avveniva per esempio nel Cinquecento fiorentino in un momento topico come fu quello della traslazione pubblica del Davide michelangiolesco in piazza della Signoria).
Trattasi questa volta di un lungo tunnel, nel quale il pubblico è invitato ad entrare ed a percorrerne il lungo tratto interno alla struttura tubolare in acciaio Corten che lo contiene, fino all'estremo senso di smarrimento che ciascuno avverte a causa del buio pesto che vi regna all'interno appena percorso un piccolo tratto che lo separa dall'imboccatura. Qui l'esperienza estetica assume una rilevanza sensoriale particolarmente molteplice ed estrema, risolvendosi a tratti, per alcuni, in un vero senso di decontestualizzazione e di paura perchè non se ne vede più una via d'uscita.
Assai spesso l'artista ricorre a forme organiche assai sensuali dall'aspetto avvolgente ed assai levigato, che invogliano ad essere guardate a lungo e poi toccate. Spesso gli capita di rappresentare l'imbocco d'una vagina e di descriverne l'ancestrale attrazione da essa suscitata in chiunque di essa abbia saputo trovare la strada d'un ricordo, e d'un benessere innato ad essa dovuto, dei liquidi che in essa transitati abbiano fecondato la vita, del liquido nel quale prima d'emergere alla vita ciascuno ve ne abbia sperimentato le piacevolezze primigenie d'un contatto con se stesso e con il corpo della propria madre. Percorso psicoanalitico quindi, questo, ricercato da Kapoor, per far compiere ai suoi visitatori in una dimensione non più solo visiva, ma olistica, l'esperienza di tutto ciò che sensualmente ci attragga, attraverso l'atto sessuale, il quale si trasforma, egli spiega, in molte culture, anche simbolo religioso. Ma a noi pare che nulla vi sia da spiegare in quanto appare del tutto evidente, specie quando entri in quell'antro scuro (quasi fosse questa la caverna degli istinti primordiali di cui parla Eugenio Scalfari nel suo "Scuote l'anima mia Eros") e, mentre percorri con difficoltà il lungo percorso fino al punto più interno, ti pare proprio d'essere uno di quegli spermatozoi particolarmenti arditi che ce la fanno, anche se a fatica, ad arrivare alla metà.
In questa foto, e in quella sotto, l'imboccatura del lungo tunnel visto dall'interno, a pochi metri da esso. Dopo esservi entrati per una ventina di metri, l'imboccatura sparisce completamente lasciando al buio completo chi vi si è avventurato all'interno
L'installazione consiste nella presenza, entro la navata centrale della "Cattedrale", di un enorme tubo in acciaio Corten, realizzato in più sezioni, sia in lunghezza che in altezza, finito all'esterno con una superficie rugginosa, dall'imboccatura a tromba, ben divaricata ed invogliante così da captare l'interesse del pubblico ad entrarvi, per iniziarne il percorso intriso di sensazioni, previste dall'artista, tra cui il senso di smarrimento, e perfino di panico per taluni, che nascerebbe dal sentimento claustrofobico che la pura oscurità produce mentre si è anche immersi nella folla. A metà del tubo, all'esterno, l'artista ha previsto che un nastro trasportatore scarichi continuamente del materiale sabbioso di colore scuro, in modo lento e silenzioso, fin tanto che, dopo mesi, questo dovrebbe averne completamente ricoperto l'intero tratto in lunghezza.
Le due foto sopra: "Cloud Gate" al Millennium Park di Chicago. In quella qui sopra Anish Kapoor vi si riflette in mezzo alla folla. Qui sotto "C-curve (2007), opera le cui immagini sono esposte alla Rotonda di via Besana, con la quale l'artista vuole creare un forte effetto di spaesamento. Sotto, in perfetto "rosso Kapoor", "My Land Homeland (2003), installazione in continuo divenire, in cera rossa, esposta alla Roltonda della Besana. Il colore rosso utilizzato per l’installazione milanese, ad esempio, fa
riferimento al sangue e alle viscere e dunque alla condizione umana, ma
in qualche modo anche alla storia dell’arte.
Anish Kapoor a Milano Rotonda della Besana – via Enrico Besana 12
31 maggio - 9 ottobre 2011
Fabbrica del Vapore – via Procaccini 4 31 maggio – 8 gennaio 2012
Orari Lunedì: ore 14.30-19.30
da martedì a domenica: ore 9.30-19.30 giovedì e sabato: ore 9.30-22.30 (ultimo ingresso un'ora prima della chiusura) Biglietti 6 euro per ciascuna sede espositiva 10 euro per entrambe le sedi.
Milano, 16 giugno 2011
Enrico Mercatali
(foto alla Fabbrica del Vapore, tranne l'ultima, di Enrico Mercatali)
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