Ora il Tesoro dei Borromeo è aperto a tutti
nella nuova ala del Palazzo all'Isola Bella
Il grande evento è documentato da un libro presentato oggi alla Braidense di Milano
Bona e Gilberto Borromeo, gli eredi della casata più illustre di Milano, con possedimenti di prestigio sul Lago Maggiore, tra cui le perle del lago, le isole al centro del Golfo che prende il loro nome, da anni curano con passione e dedizione e arricchiscono la famosa collezione di dipinti che ebbe origine da quando Vitaliano VI, alla fine del Seicento, inaugurò il grande palazzo sull'isola Bella con i suoi spettacolari giardini all'italiana.
Sono ancora loro, i rappresentanti odierni della casata, che hanno preso la decisione di aprire ora al pubblico una ala del palazzo che finora era rimasta in uso esclusivo dei membri della famiglia e dei loro ospiti, nella quale ha massimo spicco una vera e propria pinacoteca, ovvero una collezione di oltre 120 opere, composta da dipinti di elevatissimo pregio artistico, i quali, da oltre tre secoli, venivano raccolti con interesse autentico dai proprietari del palazzo, con l'intento di creare ammirazione e stupore da parte degli illustri invitati, principi, ambasciatori, dignitari d'ogni paese e provenienza che per ragioni politiche o diplomatiche erano a palazzo.
Sono ancora loro, i rappresentanti odierni della casata, che hanno preso la decisione di aprire ora al pubblico una ala del palazzo che finora era rimasta in uso esclusivo dei membri della famiglia e dei loro ospiti, nella quale ha massimo spicco una vera e propria pinacoteca, ovvero una collezione di oltre 120 opere, composta da dipinti di elevatissimo pregio artistico, i quali, da oltre tre secoli, venivano raccolti con interesse autentico dai proprietari del palazzo, con l'intento di creare ammirazione e stupore da parte degli illustri invitati, principi, ambasciatori, dignitari d'ogni paese e provenienza che per ragioni politiche o diplomatiche erano a palazzo.
Oggi la vista di questo patrimonio diventa piacere di tutti i già numerosi visitatori del palazzo e dell'isola, che noi ci auguriamo diventino ancor più numerosi per via dell'ingigantirsi di una offerta turistica e culturale già così tanto apprezzata prima, per la magnificienza architettonica dei giardini dell'isola e del palazzo, che oggi sicuramente potrà meritare ulteriore attenzione da parte di tutto il pubblico, e degli amanti della pittura in particolare.
La copertina del volume che illustra e nalizza tutte le opere dell Quadreria borromaica all'Isola Bella, opera di Alessandro Morandotti e Mauro Natale
Contemporaneamente all'apertura della nuova ala e delle sale che contengono la preziosa quadreria è uscito nelle librerie il volume che ne illustra l'intera collezione, col titolo: "Collezione Borromeo - La Galleria dei Quadri dell'Isola Bella", dedicato allo studio dell'intero patrimonio, tesoro e simbolo stesso della casata, volume curato da Alessandro Morandotti, storico dell'arte, e da Mauro Natale. "La cosa interessante", spiega Morandotti nel presentare ogi stesso il volume alla Biblioteca Braidense di Milano, "è che la quadreria è l'unica collezione lombarda pervenuta sino a noi nel suo assetto originario", e ciò spiega la gelosa passione con la quale ogni membro della famiglia nel corso dei secoli vi abbia dedicato, arricchendola continuamente e mai smembrandola, il che l'ha fatta giungere fino a noi intatta.
L'arco temporale dei tre secoli che rappresentano, dell'intera quadreria, i nomi degli artisti più in voga nei laboratori artistici succedutisi dal XVI al XIX secolo, vanta nomi quali il Giampietrino, allievo di Leonardo, con la sua "Didone" (olio su tavola del 1520), il Procaccini, del quale vi è rappresentata la Trasfigurazione (olio su tela del 1588-89), il De Conti, altro Leonardesco, presente con un ritratto di giovane cavaliere del 1505-10), il Boltraffio, qui con un ritratto di dama in grigio (olio su tavola del 1498-1500). E poi Bergognone, Daniele Crespi, Paris Bordone, il Langetti, lo Schedoni, fino a Ludovico Carracci. Opere come queste, di questi artisti, restituiscono uno spaccato dell'arte e del costume nell'Italia settentrionale nei secoli nei quali la famiglia Borromeo era all'apice della sua potenza nel mondo allora conosciuto, e che esercitava la sua influenza nella politica europea dell'epoca anche attraverso le magnificienze che era stata capace di collezionare nel tempo, come ai quei tempi usavano fare i grandi della terra, regnanti, sovrani o principi che fossero, non solo per abbellire le loro dimore, ma anche per attrarvi l'interesse dei loro pari.
La raccolta si articola oggi in ambienti di varie dimensioni: arrivati in testa allo scalone del piano nobile,
ci si addentra in due camerini fitti di dipinti significativi (tra i
quali due Vedute di Roma di Gaspard van Wittel, un Ritorno del "Figliol Prodigo" di Alessandro Turchi e "Una Famiglia di poveri" di Giacomo
Ceruti). Anche nello spazio ridotto di queste stanze i dipinti sono
sistemati sulle pareti a mosaico, secondo un criterio decorativo comune
alle dimore aristocratiche di epoca barocca.
Da qui si accede alla immensa "Galleria dei quadri", cuore pulsante del collezionismo della famiglia Borromeo tra la fine del Seicento e oggi, datta anche Sala Berthier, dal nome del generale napoleonico che, nell'agosto del 1797, vi dormì dentro all'alcova posta sul lato corto, così che dal letto vi si potessero ammirare tutti i quadri in essa collocati.
Da qui si accede alla immensa "Galleria dei quadri", cuore pulsante del collezionismo della famiglia Borromeo tra la fine del Seicento e oggi, datta anche Sala Berthier, dal nome del generale napoleonico che, nell'agosto del 1797, vi dormì dentro all'alcova posta sul lato corto, così che dal letto vi si potessero ammirare tutti i quadri in essa collocati.
La "Galleria" è una tipologia architettonica molto
diffusissima tra il Cinquecento e il Seicento in Europa, adatta alla civile
conversazione ("Le Gallerie sono luoghi di trattenersi le persone
nobili, e ricche, e passeggiare al coperto", scrive l'architetto
Vincenzo Scamozzi nella sua Idea dell'architettura edita a Venezia nel
1615), ma soprattutto tradizionalmente destinata alla raccolta di
quadri, sculture e oggetti d'arte. Conosciamo in molte parti d'Italia
esempi illustri di questi ambienti dalla pianta sviluppata in senso
longitudinale, ma la Galleria Borromeo dell'Isola Bella costituisce
l'unica traccia superstite e intatta dell'antica fortuna di simili
ambienti nel territorio dell'odierna Lombardia.
Gli antichi inventari di casa ce la descrivono con nomi diversi. Alla
fine del Seicento viene indicata come "Galleria dei quadri vecchi",
perché vi si conservavano anche opere di maestri attivi nel Cinquecento o
nel primo Seicento, mentre sempre a cavallo fra Seicento e Settecento
viene anche definita "Galleria dell'alcova", in virtù dell'originaria e
insolita 'appendice' architettonica: una alcova aperta sulla Galleria,
ma da essa separata attraverso il diaframma di una monumentale 'cornice'
di gusto barocco, segnata dalla presenza di due lesene di marmo
sormontate da una complessa 'armatura' decorativa in legno scolpito,
dipinto e dorato con al centro lo stemma della famiglia. Il particolare fa capire quanto elevata fosse la considerazione che la famiglia aveva della quadreria, al punto da renderla disponibile agli illustri ospiti perfino durante la notte, in funzione così solo ed esclusivamente rappresentativa ed iconica.
A partire dalla
fine dell'Ottocento, la galleria dei quadri venne anche detta "Galleria
del generale Berthier" o "Galleria Berthier", in ricordo del soggiorno
all'Isola, al seguito di Napoleone e della moglie Joséphine, del
generale francese Louis-Alexandre Berthier (1753-1815).
Le pareti della Galleria accolgono circa 130
dipinti disposti ad occupare, con studiato horror vacui, ogni minimo
spazio delle superficie muraria, letteralmente tappezzata da un mosaico
di quadri, secondo quanto era tipico nell'allestimento delle quadrerie
del Seicento e del Settecento. L'assetto odierno documenta l'ultimo
ordinamento della Galleria, databile ai primi decenni del Novecento, ma
gli studi in corso di Alessandro Morandotti e Mauro Natale permetteranno
di seguire nel tempo, a partire dall'inaugurazione di quest'ambiente
avvenuta poco prima della morte di Vitaliano VI Borromeo (1690), gli
ingressi e le uscite di numerosi quadri, ancora oggi presenti in
Galleria o invece dispersi in altre zone del Palazzo, in ragione dei
cambiamenti di gusto dei vari membri della famiglia.
Il numero dei dipinti esposti rimase costante nel
tempo, ma l'originaria predominanza della pittura barocca dell'Italia
settentrionale, e in modo specifico lombarda, venne col tempo
modificata, soprattutto in seguito al cambiamento di gusto in età
neoclassica promosse di Giberto V Borromeo (1751-1837); appartengono
alla più antica fase tardo-barocca le ricche cornici intagliate e dorate
che punteggiano le pareti della stanza, parte integrante del progetto
decorativo della Galleria.
La Galleria include capolavori, opere d'arte di primo piano e , secondo una prassi ricorrente in altre collezioni nobiliari dell'epoca, alcune copie da grandi maestri del passato che documentano il successo duraturo degli artisti più illustri (Raffaello, Correggio, Guido Reni)
La Galleria include capolavori, opere d'arte di primo piano e , secondo una prassi ricorrente in altre collezioni nobiliari dell'epoca, alcune copie da grandi maestri del passato che documentano il successo duraturo degli artisti più illustri (Raffaello, Correggio, Guido Reni)
La Galleria dei quadri dell'Isola Bella è
fondamentale per studiare la pittura lombarda del Rinascimento, dalle
opere di alcuni strenui difensori della tradizione artistica locale come
Ambrogio da Fossano, detto il Bergognone, e quelle della compagine dei
pittori leonardeschi. Tra i dipinti che possono essere annoverati in
questo ambito, si ricorderanno i due Ritratti di Giovan Antonio
Boltraffio, il più dotato seguace milanese di Leonardo, o le seducenti
eroine di Giampietrino, Didone e Sofonisba, degne di essere esposte
idealmente, per il suadente accostamento alla maniera internazionale,
tra le opere possedute dal re di Francia Francesco I nel castello di
Fontainebleau.
La pittura veneta del Cinquecento è documentata
dall'opera da un di allievo di Tiziano, il trevigiano Paris Bordon
(1500-1571), attivo nella Milano di Carlo V (dove è documentato tra il
1548 e il 1551). Bordon venne apprezzato dai collezionisti locali anche
dopo la morte, come è documentato tra l'altro dalle vicende della
raccolta Borromeo, nella quale diversi erano i dipinti assegnati al
pittore fin dall'inaugurazione del cantiere dell'Isola Bella alla fine
del Seicento.
In Galleria, tra le numerose opere che gli sono
tradizionalmente attribuite, si riscontra la qualità di originale nella
Sacra Famiglia con Santa Elisabetta, San Zaccaria e San Giovannino,
un'opera di squillanti colori (tra aranci, rossi e viola) ammirata anche
da Bernard Berenson in una sua breve visita all'Isola nel 1904.
Dominano le pareti lunghe della Galleria due tele colossali di Camillo Procaccino provenienti da chiese milanesi; sono attorniate da altre opere dei maestri del Seicento lombardo come Giulio Cesare Procaccini, Daniele Crespi, Giovanni Battista Discepoli (lo Zoppo di Lugano), Carlo Francesco Nuvolone o di autori riscoperti anche grazie alla riapertura della Galleria, quale si deve considerare Carlo Cornara (1608-1676), l'autore del Mosé che calpesta la corona del faraone (superstite e coloratissimo capolavoro del barocco lombardo fin dall'origine nella Galleria), ci introducono idealmente alla cosiddetta Sala del trono, una delle sale più spettacolari di tutto il Palazzo, vero e proprio museo dell'arte barocca lombarda.
Dominano le pareti lunghe della Galleria due tele colossali di Camillo Procaccino provenienti da chiese milanesi; sono attorniate da altre opere dei maestri del Seicento lombardo come Giulio Cesare Procaccini, Daniele Crespi, Giovanni Battista Discepoli (lo Zoppo di Lugano), Carlo Francesco Nuvolone o di autori riscoperti anche grazie alla riapertura della Galleria, quale si deve considerare Carlo Cornara (1608-1676), l'autore del Mosé che calpesta la corona del faraone (superstite e coloratissimo capolavoro del barocco lombardo fin dall'origine nella Galleria), ci introducono idealmente alla cosiddetta Sala del trono, una delle sale più spettacolari di tutto il Palazzo, vero e proprio museo dell'arte barocca lombarda.
A noi, che siamo interessati all'arte, e che al contempo coltiviamo le buone pratiche turistiche, la notizia di questo avvenimento pare fantastico, per le conseguenze che avrà sicuramente sul turismo del nostro territorio, ed italiano in generale, ma anche e soprattutto sulla selezione, in questo, d'un turismo più qualificato e attento non solo al mangiar bene e al dormir meglio, ma anche propenso agli approfondimenti che non dovranno restare soltanto degli addetti ai lavori, ma più diffusivi e generalizzati, specialmente se ogni operatore saprà fare bene e fare squadra con l'obbiettivo, che deve essere unico, di far progredire il nostro paese.
Stresa, 22 giugno 2011
Enrico Mercatali
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