THE MAGAZINE OF THOUGHTS, DREAMS, IMAGES THAT PASS THROUGH EVERY ART OF DOING, SEEING, DISCOVERING

25 June 2011

Il turismo lacustre si raffina, arricchendosi di nuovi gioielli


Ora il Tesoro dei Borromeo è aperto a tutti
nella nuova ala del Palazzo all'Isola Bella 
Il grande evento è documentato da un libro presentato oggi alla Braidense di Milano




Bona e Gilberto Borromeo, gli eredi della casata più illustre di Milano, con possedimenti di prestigio sul Lago Maggiore, tra cui le perle del lago, le isole al centro del Golfo che prende il loro nome, da  anni curano con passione e dedizione e arricchiscono la famosa collezione di dipinti che ebbe origine da quando Vitaliano VI, alla fine del Seicento, inaugurò il grande palazzo sull'isola Bella con i suoi spettacolari giardini all'italiana.
Sono ancora loro, i rappresentanti odierni della casata, che hanno preso la decisione di aprire ora al pubblico una ala del palazzo che finora era rimasta in uso esclusivo dei membri della famiglia e dei loro ospiti, nella quale ha massimo spicco una vera e propria pinacoteca, ovvero una collezione di oltre 120 opere, composta da dipinti di elevatissimo pregio artistico, i quali, da oltre tre secoli, venivano raccolti con interesse autentico dai proprietari del palazzo, con l'intento di creare ammirazione e stupore da parte degli illustri invitati, principi, ambasciatori, dignitari d'ogni paese e provenienza che per ragioni politiche o diplomatiche erano a palazzo.




Oggi la vista di questo patrimonio diventa piacere di tutti i già numerosi visitatori del palazzo e dell'isola, che noi ci auguriamo diventino ancor più numerosi per via dell'ingigantirsi di una offerta turistica e culturale già così tanto apprezzata prima, per la magnificienza architettonica dei giardini dell'isola e del palazzo, che oggi sicuramente potrà meritare ulteriore attenzione da parte di tutto il pubblico, e degli amanti della pittura in particolare.



La copertina del volume che illustra e nalizza tutte le opere dell Quadreria borromaica all'Isola Bella, opera di Alessandro Morandotti e Mauro Natale



Contemporaneamente all'apertura della nuova ala e delle sale che contengono la preziosa quadreria è uscito nelle librerie il volume che ne illustra l'intera collezione, col titolo: "Collezione Borromeo - La Galleria dei Quadri dell'Isola Bella", dedicato allo studio dell'intero patrimonio, tesoro e simbolo stesso della casata, volume curato da Alessandro Morandotti, storico dell'arte, e da Mauro Natale. "La cosa interessante", spiega Morandotti nel presentare ogi stesso il volume alla Biblioteca Braidense di Milano, "è che la quadreria è l'unica collezione lombarda pervenuta sino a noi nel suo assetto originario", e ciò spiega la gelosa passione con la quale ogni membro della famiglia nel corso dei secoli vi abbia dedicato, arricchendola continuamente e mai smembrandola, il che l'ha fatta giungere fino a noi intatta.




L'arco temporale dei tre secoli che rappresentano, dell'intera quadreria, i nomi degli artisti più in voga nei laboratori artistici succedutisi dal XVI al XIX secolo, vanta nomi quali il Giampietrino, allievo di Leonardo, con la sua "Didone" (olio su tavola del 1520), il Procaccini, del quale vi è rappresentata la Trasfigurazione (olio su tela del 1588-89), il De Conti, altro Leonardesco, presente con un ritratto di giovane cavaliere del 1505-10), il Boltraffio, qui con un ritratto di dama in grigio (olio su tavola del 1498-1500). E poi Bergognone, Daniele Crespi, Paris Bordone, il Langetti, lo Schedoni, fino a Ludovico Carracci. Opere come queste, di questi artisti, restituiscono uno spaccato dell'arte e del costume nell'Italia settentrionale nei secoli nei quali la famiglia Borromeo era all'apice della sua potenza nel mondo allora conosciuto, e che esercitava la sua influenza nella politica europea dell'epoca anche attraverso le magnificienze che era stata capace di collezionare nel tempo, come ai quei tempi usavano fare i grandi della terra, regnanti, sovrani o principi che fossero, non solo per abbellire le loro dimore, ma anche per attrarvi l'interesse dei loro pari.





La raccolta si articola oggi in ambienti di varie dimensioni: arrivati in testa allo scalone del piano nobile, ci si addentra in due camerini fitti di dipinti significativi (tra i quali due Vedute di Roma di Gaspard van Wittel, un Ritorno del "Figliol Prodigo" di Alessandro Turchi e "Una Famiglia di poveri" di Giacomo Ceruti). Anche nello spazio ridotto di queste stanze i dipinti sono sistemati sulle pareti a mosaico, secondo un criterio decorativo comune alle dimore aristocratiche di epoca barocca.
Da qui si accede alla immensa "Galleria dei quadri", cuore pulsante del collezionismo della famiglia Borromeo tra la fine del Seicento e oggi, datta anche Sala Berthier, dal nome del generale napoleonico che, nell'agosto del 1797, vi dormì dentro all'alcova posta sul lato corto, così che dal letto vi si potessero ammirare tutti i quadri in essa collocati.






La "Galleria" è una tipologia architettonica molto diffusissima tra il Cinquecento e il Seicento in Europa, adatta alla civile conversazione ("Le Gallerie sono luoghi di trattenersi le persone nobili, e ricche, e passeggiare al coperto", scrive l'architetto Vincenzo Scamozzi nella sua Idea dell'architettura edita a Venezia nel 1615), ma soprattutto tradizionalmente destinata alla raccolta di quadri, sculture e oggetti d'arte. Conosciamo in molte parti d'Italia esempi illustri di questi ambienti dalla pianta sviluppata in senso longitudinale, ma la Galleria Borromeo dell'Isola Bella costituisce l'unica traccia superstite e intatta dell'antica fortuna di simili ambienti nel territorio dell'odierna Lombardia.








Gli antichi inventari di casa ce la descrivono con nomi diversi. Alla fine del Seicento viene indicata come "Galleria dei quadri vecchi", perché vi si conservavano anche opere di maestri attivi nel Cinquecento o nel primo Seicento, mentre sempre a cavallo fra Seicento e Settecento viene anche definita "Galleria dell'alcova", in virtù dell'originaria e insolita 'appendice' architettonica: una alcova aperta sulla Galleria, ma da essa separata attraverso il diaframma di una monumentale 'cornice' di gusto barocco, segnata dalla presenza di due lesene di marmo sormontate da una complessa 'armatura' decorativa in legno scolpito, dipinto e dorato con al centro lo stemma della famiglia. Il particolare fa capire quanto elevata fosse la considerazione che la famiglia aveva della quadreria, al punto da renderla disponibile agli illustri ospiti perfino durante la notte, in funzione così solo ed esclusivamente rappresentativa ed iconica.





A partire dalla fine dell'Ottocento, la galleria dei quadri venne anche detta "Galleria del generale Berthier" o "Galleria Berthier", in ricordo del soggiorno all'Isola, al seguito di Napoleone e della moglie Joséphine, del generale francese Louis-Alexandre Berthier (1753-1815).






Le pareti della Galleria accolgono circa 130 dipinti disposti ad occupare, con studiato horror vacui, ogni minimo spazio delle superficie muraria, letteralmente tappezzata da un mosaico di quadri, secondo quanto era tipico nell'allestimento delle quadrerie del Seicento e del Settecento. L'assetto odierno documenta l'ultimo ordinamento della Galleria, databile ai primi decenni del Novecento, ma gli studi in corso di Alessandro Morandotti e Mauro Natale permetteranno di seguire nel tempo, a partire dall'inaugurazione di quest'ambiente avvenuta poco prima della morte di Vitaliano VI Borromeo (1690), gli ingressi e le uscite di numerosi quadri, ancora oggi presenti in Galleria o invece dispersi in altre zone del Palazzo, in ragione dei cambiamenti di gusto dei vari membri della famiglia. 






Il numero dei dipinti esposti rimase costante nel tempo, ma l'originaria predominanza della pittura barocca dell'Italia settentrionale, e in modo specifico lombarda, venne col tempo modificata, soprattutto in seguito al cambiamento di gusto in età neoclassica promosse di Giberto V Borromeo (1751-1837); appartengono alla più antica fase tardo-barocca le ricche cornici intagliate e dorate che punteggiano le pareti della stanza, parte integrante del progetto decorativo della Galleria.
La Galleria include capolavori, opere d'arte di primo piano e , secondo una prassi ricorrente in altre collezioni nobiliari dell'epoca, alcune copie da grandi maestri del passato che documentano il successo duraturo degli artisti più illustri (Raffaello, Correggio, Guido Reni)






La Galleria dei quadri dell'Isola Bella è fondamentale per studiare la pittura lombarda del Rinascimento, dalle opere di alcuni strenui difensori della tradizione artistica locale come Ambrogio da Fossano, detto il Bergognone, e quelle della compagine dei pittori leonardeschi. Tra i dipinti che possono essere annoverati in questo ambito, si ricorderanno i due Ritratti di Giovan Antonio Boltraffio, il più dotato seguace milanese di Leonardo, o le seducenti eroine di Giampietrino, Didone e Sofonisba, degne di essere esposte idealmente, per il suadente accostamento alla maniera internazionale, tra le opere possedute dal re di Francia Francesco I nel castello di Fontainebleau.





La pittura veneta del Cinquecento è documentata dall'opera da un di allievo di Tiziano, il trevigiano Paris Bordon (1500-1571), attivo nella Milano di Carlo V (dove è documentato tra il 1548 e il 1551). Bordon venne apprezzato dai collezionisti locali anche dopo la morte, come è documentato tra l'altro dalle vicende della raccolta Borromeo, nella quale diversi erano i dipinti assegnati al pittore fin dall'inaugurazione del cantiere dell'Isola Bella alla fine del Seicento. 
In Galleria, tra le numerose opere che gli sono tradizionalmente attribuite, si riscontra la qualità di originale nella Sacra Famiglia con Santa Elisabetta, San Zaccaria e San Giovannino, un'opera di squillanti colori (tra aranci, rossi e viola) ammirata anche da Bernard Berenson in una sua breve visita all'Isola nel 1904.
Dominano le pareti lunghe della Galleria due tele colossali di Camillo Procaccino provenienti da chiese milanesi; sono attorniate da altre opere dei maestri del Seicento lombardo come Giulio Cesare Procaccini, Daniele Crespi, Giovanni Battista Discepoli (lo Zoppo di Lugano), Carlo Francesco Nuvolone o di autori riscoperti anche grazie alla riapertura della Galleria, quale si deve considerare Carlo Cornara (1608-1676), l'autore del Mosé che calpesta la corona del faraone (superstite e coloratissimo capolavoro del barocco lombardo fin dall'origine nella Galleria), ci introducono idealmente alla cosiddetta Sala del trono, una delle sale più spettacolari di tutto il Palazzo, vero e proprio museo dell'arte barocca lombarda.

A noi, che siamo interessati all'arte, e che al contempo coltiviamo le buone pratiche turistiche, la notizia di questo avvenimento pare fantastico, per le conseguenze che avrà sicuramente sul turismo del nostro territorio, ed italiano in generale, ma anche e soprattutto sulla selezione, in questo, d'un turismo più qualificato e attento non solo al mangiar bene e al dormir meglio, ma anche propenso agli approfondimenti che non dovranno restare soltanto degli addetti ai lavori, ma più diffusivi e generalizzati, specialmente se ogni operatore saprà fare bene e fare squadra con l'obbiettivo, che deve essere unico, di far progredire il nostro paese.


Stresa, 22 giugno 2011
Enrico Mercatali

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