Fascination for Ceramics
Gio Ponti Una modernità sospesa
Una sorpresa non è stata il ritrovare alcuni disegni già da molto tempo conosciuti e pubblicati, tratti da alcuni pezzi assai famosi della collezione Richard Ginori, che Gio Ponti realizzò tra gli anni 1923 e il 1930, arrivando alla Mostra allestita nella sala Eventi al Piano terra del Grattacielo Pirelli, di Milano, quanto piuttosto la grande novità di trovarvi una enorme quantità, o meglio una quantità da me veramente imprevista, di oggetti ceramici da lui dipinti, piatti e vasi, non uno solo che presentasse un calo di qualità rispetto agli esempi pur assai conosciuti e perciò a suo tempo selezionati da esperti collezionisti, da editori, da curatori di mostre, da critici d'arte: tutti di altissimo livello iconografico ed artistico.
Dico questo per cercare d'infondere interesse nel lettore non attento agli eventi delle arti minori, ma anche perchè corrisponde a verità l'impressione avuta che il livello eccelso raggiunto da ciascuno dei pezzi messi in mostra sia stato il frutto d'un perfetto connubio d'interesse artistico tra il giovane Maestro e l'azienda Richard Ginori per la quale egli creò queste ceramiche negli anni centrali del secondo decennio del secolo scorso.
Soggetti allegorici e mitologici tratti dal repertorio iconografico classico, ma anche dalle narrazioni popolari in voga in quel periodo, questi oggetti di pregio, per la finezza delle porcellane e dei decori utilizzati, avevano un gran mercato nel periodo compreso tra le due grandi guerre mondiali, ed il loro creatore era allora un architetto che s'avviava già a diventare un nome assai importante nel panorama mondiale, per le prime case da lui costruite, ma soprattutto per le riviste che aveva fondato, d'arredamento e architettura, e che erano pure ritenute non solo in Italia le migliori d'allora in questi campi: Domus (1928), Stle (1941). L'architetto era Gio Ponti.
Ecco che il giovane Ponti, lavorando per una azienda di prestigio, quale già allora Richard Ginori poteva vantarsi d'essere, divulgava, non solo tra le classi agiate che acquistavano simili chicce, ma anche ai lettori tutti delle sue riviste di stile, moda, arti e architettura, la sua maestria multiforme che egli dimostrava d'avere, la quale non solo spaziava dalle arti decorative applicate alle costruzioni e all'arredo di interni, ma anche alle arti minori tra cui il disegno per l' arte della ceramica.
Soggetti allegorici e mitologici tratti dal repertorio iconografico classico, ma anche dalle narrazioni popolari in voga in quel periodo, questi oggetti di pregio, per la finezza delle porcellane e dei decori utilizzati, avevano un gran mercato nel periodo compreso tra le due grandi guerre mondiali, ed il loro creatore era allora un architetto che s'avviava già a diventare un nome assai importante nel panorama mondiale, per le prime case da lui costruite, ma soprattutto per le riviste che aveva fondato, d'arredamento e architettura, e che erano pure ritenute non solo in Italia le migliori d'allora in questi campi: Domus (1928), Stle (1941). L'architetto era Gio Ponti.
Ecco che il giovane Ponti, lavorando per una azienda di prestigio, quale già allora Richard Ginori poteva vantarsi d'essere, divulgava, non solo tra le classi agiate che acquistavano simili chicce, ma anche ai lettori tutti delle sue riviste di stile, moda, arti e architettura, la sua maestria multiforme che egli dimostrava d'avere, la quale non solo spaziava dalle arti decorative applicate alle costruzioni e all'arredo di interni, ma anche alle arti minori tra cui il disegno per l' arte della ceramica.
Queste divennero per lui, tra l'altro, un lait motiv che lo accompagnò per tutta la vita, diventando perfino oggetto di interesse per chi, di lì a poco, si mise a produrre ceramiche da pavimento e da rivestimento, perfino di facciate di edifici. Egli stessò ne propugnò un uso sempre più vasto in tali settori sino a divenirne emblema stesso di modernità e prestigio, per le enormi possibilità decorative, derivanti dall'uso del colore in varianti praticamente infinite. L'arte della ceramica divenne perciò nei decenni successivi terreno di cimento da parte sia degli industriali che vi seppero vedere un futuro, ma anche da parte di artisti e architetti che ne seppero proporre varianti capaci ancor oggi di stupire per quanto ingegnose ed allettanti a fini applicativi sempre più vasti, così passando da un fatto puramente decorativo in senso stretto, come questo vasellame può dimostrare, a materiale funzionale e decorativo al contempo, dilatando il proprio campo di applicazione a dismisura, come lo stesso Ponti seppe dimostrare.
Ma lo scopo di questa mostra è quello di mostrare qui del Ponti più giovane la doti d'artista, più che di architetto, che invero con queste ultime sono sempre coesistite. Il richiamo ai temi classici è qui un misto di tributo alle mode dell'epoca, ma anche una sintesi del gusto, il quale, specie in chi, come lui, sapeva spaziare liberamente nei diversi campi di applicazione della nozione di arte, stava per portare alla luce quanto già vi era custodito in nuce. Una classicità semplice e lineare, costituita da una sintesi formale estrema e pulita, portata e vocata a quello che oggi definiamo minimalismo, che tra la fine dei '20 e l'inizio dei '30 già veniva espresso dagli anticlassicisti nelle nuove forme che il razionalismo si accingeva a produrre. Daltro canto già all'inizio dei '20 a Vienna c'era chi turbava la quiete dei benpensanti erigendo palazzi totalmente privi di aggiunte decorative (vedi Loos nella Michaeler Haus). Ma in Italia a risultati analoghi si giunse con almeno vent'anni di ritardo, proprio perchè non furono protagonisti gli elementi di rottura, gli eventi provocatori, quanto un più lento rimescolarsi dei due filoni, che Ponti rappresentava perfettamente in se stesso, quello di derivazione classicista, sia pure nella sua estrema sintesi purista, che qui ben vediamo espresso nelle ceramiche Richard Ginori, e quello orientato alle nuove istanze del funzionalismo e della razionalità formale. Questi due distinti elementi giocarono sempre in Ponti come elementi di un dialogo proficuo tra tendenze, senza mai che una di esse potesse sovravanzare l'altra. E questo fattore resterà ben evidente in tutta la sua opera architettonica, specialmente evidente in quella più tarda.
"Classic conversation", "La conversazione classica", white porcelain with blue, grey, black, purple, green brown, orange-yallow decoration 19 cm h., Cerro di Laveno, collezione privata
E' d'altro canto anche evidente che l'evento bellico del secondo conflitto mondiale ha costituto un forte fattore di cesura tra tutto ciò che la precedette e quanto la seguì, nel campo delle arti e dell'architettura, e se alcuni elementi classici ancora ben convivono coi passi che anche Ponti faceva ancora alla fine dei '30, per seguire i richiami che l'evoluzione del gusto ed i nuovi principi dell'architettura facevano provenire dal resto d'Europa, certamente nel dopoguerra questi erano scomparsi del tutto in favore d'una decoratività d'altra maniera, più moderna non solo nell'uso ma anche nel segno, più geometrizzante, più netta, più astratta.
Ora, tornando al tema della mostra, e alla stupefacente produzione pontiana in Richard Ginori, sospesa tra classicismo e modernismo, è questa appunto che, forse assai più d'ogni altra produzione dell'artista architetto, a ben rappresentare questo passaggio di gusto al moderno, attraverso la lenta evoluzione dell'elemento classico, ed alla lettura sobria, essenziale di questo, e a dichiarare anche quanto, in tale lentezza evolutiva, stia proprio l'aspetto che caratterizza l'evoluzione del linguaggio nel nostro Paese, mai perfettamento maturo per la modernità quanto indulgente verso le tradizioni, specie se appartenente ai settori cosiddetti "minori", che sono oggetto d'interesse da parte di categorie di cittadini e di consumatori più propense alle selezioni più guardinghe, meno innovative.
Nonostante ciò le ceramiche Ginori ebbero enorme successo, proprio per l'art direction pontiana, ed un salto di qualità propose all'intero settore. Dobbiamo ricordare altri due settori dell'attività artistica dell'epoca che si avvalsero d'una interpretazione altrettanto attenta al dettato del mondo classico nel linguaggio formale tendente alla modernità. E non è un caso che siano entrambi settori di punta nel quadro mediatico d'allora: i cartoons, quale settore speciale e innovativo dell'arte della pellicola, e l'advertising, e la cartellonistica pubblicitaria. Tutta la produzione di quegli anni in tali due settori ricalca il gusto che abbiamo descritto, appartenente ad una linea mediana che attraversa orizzontalmente il lento passaggio dal dettato classicista, specie evidente nella figura umana e nella stilizzazione e simbolizzazione dell'architettura, alla sintesi semplificatoria e telvolta riduttivista della forma moderna, quella proposta dall'arte della pittura e della scultura nel passaggio tra la fine del secolo precedente e il primo decennio del ventesimo.
"La conversazione classica che Gio Ponti ha disegnato per il grande
vaso chiuso per Richard Ginori è quasi un programma. E' l'ideale di
città. Il suo bel piano di marmi contesti s'allontana nell'orizzonte tra
respiri calmi di misurate proporzioni; è più di una conversazione
classica, una infinita conversazione di cose e di spiriti ne spiega ed
intesse l'ideale ritmo. Nella conversazione classica ogni figura è al
suo posto, ogni gesto è controllato, ogni scena è rinchiusa. Son pure
persone vive questi putti con la serpe, l'emafrodita, il filosofo
seduto, il disegnatore, il nummario, il polipo della fontana,
l'architetto; e pure sono così regolati come pedine di scacchiera, che
s'infilano a piombo come statue. E' un curioso gioco. Sembra che le
figure s'impietrino, e invece la città si muova nell'obliquo scorcio. Il
programma teorico si dichiara in forma di fiaba". Così il critico
d'arte Raffaello Giolli scrive sulla rivista "Problemi d'arte attuale" a
commento della Biennale di Monza del 1927."
"Egli svela", continua
Dario Matteoni, curatore della mostra al Pirellone, "o meglio ancora
promuove, l'ispirazione nerrativa che pervade la produzione di ceramiche
che di lì a poco Gio Ponti avrebbe reso tanto cospicua per la
Richard-Ginori, la storica manifattura per la quale il giovane
architetto nel 1923 avrebbe assunto la direzione artistica." Continua
poi Matteoni, indagando a fondo lo spirito del tempo e lo stato
dell'arte in quello scorcio d'anni, "E' assai probabile che la
successiva immagine della scacchiera, nella quale Ponti obbliga i suoi
personaggi, rachiusi, o forse sospesi, come pedine in uno spazio di
misurate proporzioni, eppure vivi e desiderosi di dare corso alle
proprie intime pulsioni, rimandi, nella lettura proposta da Giolli, al
romanzo di Massimo Bontempelli "La scacchiera davanti allo specchio,
pubblicata nel 1922.
E' un infinito conversare quello che attraversa programmaticamente, ma anche materialmente, lo scenario di una città immaginata, definita da regole e ritmi di assoluta classicità. I tanti peronaggi, intercalati da oggetti che alludono alla classicità, quali colonne, obelischi, vasi, emergono dalla continuità di una pavimentazione rigorosamente scompartita e disseminata di segni anch'essi tratti dall'antico."
Milano, giugno 2011
Enrico Mercatali
A Milano, Grattacielo Pirelli, dal 6 maggio fino al 31 luglio (dal martedì al venerdì ore 15-19, sabato e domenica 10-19).
jj
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