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02 March 2011

"Il Gran Teatro Francescano" d'Orta - di Enrico Mercatali



"Il Gran Teatro Francescano"
d'Orta

squisito frutto del talento artistico borromaico 
tra Cinque e Seicento




Sacro Monte d'Orta, cappella VII, l'Approvazione della Regola, prima del 1640. Particolare.
Un ambasciatore, statua di Dionigi Bussola
Sopra al titolo:
Sacro Monte d'Orta, cappella XVII, prima del 1600, particolare.
Gruppo statuario di Dionigi Bussola



"I Sacri Monti scandiscono una pia orografia che quasi per intero si sviluppa in un giro breve di laghi e Prealpi, fra Lombardia e Piemonte. Nulla in Europa somiglia a queste scenografiche Bibbie dei Poveri che gli uomini della Controriforma poggiarono, quasi presepi, ai piedi della solenne abside delle Alpi, come una Grande Muraglia del cattolicesimo. Dedicato alla vira di San Francesco, il Sacro Monte di Orta nacque come percorso attrezzato per preghiere e pensieri devoti, ma può esser goduto oggi come pellegrinaggio nella teatralità barocca miracolosamente pietrificata"


Sacro Monte di Orta 
(foto di Enrico Mercatali)


Per accendere nuovo interesse per l'arte piemontese e lombarda tra '500 e '600 tra i visitatori del nostro paese, sempre più numerosi interpreti delle tendenze turistiche internazionali che vedono crescere i flussi verso Nord e vorso i laghi, piuttosto che nella direzione dei litorali della penisola, crediamo interessante l'interpretazione che, dei luoghi sacri dell'intento cattolico della controriforma, ha dato tempo fa la rivista FMR, che dell'esempio eccelso di Orta, e del suo Sacro Monte, ha dato sfoggio di sapienza editoriale e di interesse per questo genere di rappresentazione. 
Noi crediamo che solo centinaia d'anni di critica artistica orientata al Centro (Firenze e Roma) e ad Est (Veneto e Venezia) hanno potuto offuscare le equivalenti, se non talvolta superiori, bellezze artistiche di Milano e di Torino, dei laghi lombardi e delle valli piemontesi, le quali devono oggi riconquistare lo spazio perduto dalle scuole artistiche che, fin dal medioevo, operano in queste regioni, facendo talvolta da ponte tra i flussi di tendenza che hanno unito a più tappe differenti quelle del centro italia con quelli delle fiandre e della mitteleuropa.


Sacro Monte d'Orta, cappella XIII, Umiltà di San Francesco, prima del 1600. Particolare.
Gruppo statuario di Giuseppe Rusnati. 
Sullo sfondo affreschi di Federico Bianchi, Giuovanni Battista e Girolamo Grandi


"Principato ecclesiastico sottoposto all'alto imperio del Ducato di Milano, la Riviera di San Giulio, consistente in poco più di due terzi del lago d'Orta e dei monti contermini, apparteneva dai tempi cupi dell'alto Medioevo al vescovo di Novara, che vi esercitava un blando e paterno dominio. Godendo di una sorta di extraterritorialità all'interno dello stato milanese, godeva anche della costante presenza di bande di malfattori, che trovavano rifugio tra quei boschi e tra gli intrichi della giurisdizione feudale; godeva inoltre di altri malanni tipici dei secoli andati, quali pestilenze, carestie, incursioni estive di lanzi e invernali di lupi, risse a mano armata coi vicini per questioni di dazi e gabelle; ma come tutte le contrade appartate dai rovinosi passaggi della Storia, conduceva una vita tutto sommato serena."


Isola di San Giulio, sul lago d'Orta, vista dal Sacro Monte
(foto di Enrico Mercatali)


"Sovente e volentieri il principe vescovo felicitava di una visita il suo staterello lacustre e silvestre; scampanavano pievi e cappelle, tuonavano archibugi, squillavano pifferi, rullavano tamburi, garrivano stendardi, schioccavano ali angeliche incollate su schiene di adolescenti cinti di bende candide, sparsa di fior la chioma, rombavano cori di pingui chierici al solenne incedere del bucintoro vescovile sulle placide acque del lago, benedette dal loro signore con gran tranciar di crocioni nell'aria, mentre alle sue spalle i famigli gettavano pagnotte alle turbe precariamente ritte su barchette ondeggianti."


Sacro Monte d'Orta
(foto di Enrico Mercatali)


"L'acquatica processione sbarcava all'isola di San Giulio, dove il degno ecclesiastico s'insediava nel vescovil castello, dalle cui torri poteva contemplare l'intero suo dominio; dovunque volgeva lo sguardo, acque, boschi, caslari e campi, tutto ciò che vedeva era suo. Esiguo dominio, rustica signoria; ma datemi un'isoletta lacustre e son disposto anche a fare il vescovo di Novara."



Sacro Monte d'Orta, cappella XVI. Il ritorno ad Assisi, prima del 1660. Particolare.
Gruppo statuario di Dionigi Bussola


Abbiamo virgolettato, riportando in neretto, il testo di Gianni Guadalupi per il n. 81 di FMR (6/90) che molto degnamente chiosa il superbo servizio fotografico di Roberto Ponzani, intitolato "Il Gran Teatro Francescano", dedicato al Sacro Monte di Orta, dedicato al Santo Francesco. E' un  bellissimo testo, questo,  del quale vi proponiamo con piacere qualche passaggio, capace di inoltrarci nelle atmosfere intense di quell'epoca, così lontane da noi, che però ancora possono essere respirate in questo angolo di mondo che è il lago d'Orta, con l'isola di San Giulio, il Sacro Monte ed il paesaggio circostante che tutto li contiene e che con essi determina un unicum, autonomo e perfettamente iscrivibile in un contesto visivo così specifico e tipico, denso di segni storici anche perchè così poco attaccato dai quelli della modernità. 


Sacro Monte d'Orta, il monastero di San Francesco
(foto di Enrico Mercatali)


Ecco perchè questo testo ci è apparso tanto evocativo e capace d'introdurci nella storia di quelle contrade, le cui testimonianze oggi, quali queste che riportiamo in queste pagine, destano in noi ancora tanta emozione, soprattutto per via dell'alta qualità artistica che le contraddistingue, pittorica e  scultorea assieme, in un connubio teatrale barocco, la cui popolare finalità di preghiera in questi paraggi non è certamente da meno di quella ricca e solenne che viene espressa dall'aulica arte del papato romano, o dalle raffinate e colte corti medicee, orsiniane o farnesiane dell'italia centrale.


Sacro Monte d'Orta, cappella XIII. Umiltà di San Francesco, prima del 1660. Particolare.
Gruppo statuario di Giuseppe Rusnati. 
Sullo sfondo affreschi di Federico Bianchi, Giavanni Battista e Gerolamo Grandi


"L'agreste bellezza di quell'anfibio possedimento deve aver esaltato più di una mente episcopale: tra i finestroni del gran palagio ortese campeggiano ancora, benchè sbiadite assai, poppute allegorie settecentesche dei due stati ecclesiastici d'Italia: Roma e Orta.
La mano di Dio, che doveva lasciare la sua santa presa solo col turbine napoleonico, s'era posata su queste plaghe sul finire del IV secolo, con l'arrivo di due fratelli misionari dall'Ellade, i fujturi santi Giulio e Giuliano. Dediti a una evangelizzazione edilizia, costellarono di chiese Verbano, Vergante, Cusio e Ossola."


Sacro Monte d'Orta
(foto di Enrico Mercatali)


"Operavan miracoli di succinta praticità. Aggiogavano lupi ai carri di pietrame, solcavano acque infide stendendovi semplicemente il mantello; facevan sgorgare fonti dalle rocce con il rapido tocco d'un bastone; sa lanciavan piccioni e cazzuole da una vetta all'altra; provocavano morie di ortaggi nei campi dei rivieraschi ostili, sostenevano dragomachie con serpi e vivere, satanassi e orchere, spazzandone intere isole."


Sacro Monte d'Orta, cappella XVII, prima del 1600, particolare.
Gruppo statuario di Dionigi Bussola


"Tanta operosità s'ebbe la devozione degli uomini e la riconoscenza divina: da allora, e per secoli, attorno al campanile della chiesa fondata da San Giulio sull'isola che da lui prese nome apparvero, durante i mionaciosi temporali notturni, baluginanti fiammelle a protezione del suo sepolcro dalla furia degli elementi. Cosparsi di tante tracce di santità e già meta di fervidi pellegrinaggi, quei luoghi parvero, sul finire del Cinquecento, assai adatti ad accogliere un caposaldo di quella Maginot della Fede, di quella Grande Muraglia del cattolicesimo che lungo l'arco delle Alpi Lepontine s'andava costituendo per bloccare con rinnovati slanci di fervore popolare le infiltrazioni della temibile peste protestante, già manifestetasi nell'Ossola."


Sacro Monte d'Orta
(foto di Enrico Mercatali)


"Una catena mdei Sacri Monti santificò santificò l'orografia prealpina; da varallo a Varese, da Crea a Ghiffa, gli uomini della controriforma poggiarono come presepi, ai piedi della solenne abside delle Alpi, scenografiche Bibbie dei Poveri, tridimensionali a maggior gloria di Dio. Fu nel 1583 che la comunità di Orta concepì, probabilmente sull'esempio della vicina e già venerata Varallo, il progetto di edificare un monastero e una serie di cappelle sul monte sovrastante il paese, penisoletta protersa sul lago, in uno smagliante exploit di teatralità paesistica subalpina. Cinque anni dopo, in visita sull'isola antistante, l'Abate novarese Amico Canobio, ricco, pio, colto, mecenatesco, già funzionario alla corte papale di Pio IV, ne venne a conoscenza, se ne entusismò, ne divenne il deus ex machina."

Sacro Monte d'Orta, cappella XX, Canonizzazione di San Francesco, 1600 e anni successivi, particolare.
Gruppo statuario di Dionigi Bussola. Sullo sfondo affreschi di Antonio Busca.
(foto di Enrico Mercatali)


Motivi, tutti questi che abbiamo elencato più sopra per i visitatori delle nostre contrade, ed anche quelli che aleggiano nel testo che vi stiamo riportando dalla prestigiosa rivista di Franco Maria Ricci della quale possediamo una intera raccolta, per cui vale davvero la pena di soffermarsi più a lungo nelle aree dei laghi piemontesi e lombardi, per visitarne gli ingenti e preziosi tesori d'arte e cultura di cui sono costituiti i quadri ambientali dei loro stupendi paesaggi, e di cui sono colme le vestigia monumentali che ne costruiscono l'immenso patrimonio.
Vale la pena di aggirarsi per alcuni giorni, se non addirittura dedicarvi una intera vacanza, in tali magnifici e tranquilli siti prealpini, piuttosto che fiondarsi subito nelle certo pur tanto belle regioni del centro italia o del sud. Queste ultime hanno tempo addietro un po' primeggiato, dato che i Bernard Berenson, i Lionello Venturi, i Federico Zeri, i Giulio Carlo  Argan, hanno concentrato, nella prima metà del secolo scorso, i loro interessi, dando minore importanza ad altrettanto meritevoli lidi, con altrettanti e grandissimi artisti, i quali vi lasciavano le loro generose ed alte testimonianze d'arte, in regioni d'Italia che venivano scoperte poi, e valutate con altrettantanto entusiasmo critico e d'analisi.


Sacro Monte d'Orta
(foto di Enrico Mercatali)


"Propose come monaci i Cappuccini, come tema del costruendo Sacro Monte la vita di San Francesco; raccolse finanziamenti tra i signori locali e novaresi, tra cui il vescovo Bescapè; ci mise del suo. I lavori del convento poterono iniziare nel 1590; e l'anno seguente si mise mano alla prima cappella. L'ordine dei Cappuccini inviò sul luogo come architetto padre Cleto da Castelletto Ticino, nato nel 1556, allievo di Pellegrino Tibaldi, detto il Pellegrini. Scelta felice: il frate, oltre al senso dell'architettura aveva quello della natura. Non spianò la selva; vi inseì armoniosamente le cappelle, creando un percorso che teneva conto di ogni scorcio paesaggistico, delle bellezze naturali del lago e dei monti. Adattò i materiali poveri dell'edilizia locale al gusto manierista; recuperò e fuse echi del Quattrocento valsesiano, moduli bramanteschi, forme rinascimentali lombarde. Padre Cleto lavorò a Orta, pur occupandosi di altri cantieri francescani sparsi per la lombardia, per venticinque anni; andò poi a morire il 6 febbraio 1619, nel convento di Cerro Maggiore..."



Sacro Monte d'Orta, cappella XX, Canonizzazione di San Francesco, 1600 e anni successivi, particolare.
Gruppo statuario di Dionigi Bussola. Sullo sfondo affreschi di Antonio Busca.


"... Padre Cleto progettò anche il pozzo e sistemò loa strada di accesso. Per riempire di statue e adornare di affreschi quegli agresti e un po' fiabeschi edifici si ricorse al più vicino cantiere dove già erano all'opera tanti ingegni che si occupavano di un progetto analogo: il Sacro Monte di Varallo. Dalla Valsesia vennero dunque a Orta scultori quali il Bussola e il prestinari, pittori quali il Morazzone e i Fiammenghini. Si costruì una fornace per cuocere le statue sul posto, con una terra speciale fatta venire dal Varesotto. Pietà e oblazioni permisero di condurre avanti la grande opera, anche se non di completarla: delle 36 cappelle previste ne furono realizzate 20..."


Sacro Monte d'Orta, cappella XIII, Umiltà di San Francesco, prima del 1600. Particolare.
Gruppo statuario di Giuseppe Rusnati. 
Sullo sfondo affreschi di Federico Bianchi, Giuovanni Battista e Girolamo Grandi



Oggi la grande arte dell'architettura, della pittura e della scultura lombarda e piemontese attraversa i secoli e da prova della sua grandezza non solo a critici ancor più indagatori ed attenti, quanto forse più di moderna formazione, nonchè ad un pubblico che comincia ad apprezzarne il valore, scoprendone le tipicità e i caratteri, talvolta ottenuti anche senza sfoggio di materiali pregiati, l'intelligente uso combinato di maestrie diverse entro lavori di squadra assai complessi: basti ricordare l'esempio delle grandi regge sabaude con i loro giardini da non fare invidia al Re Sole, le alte ed impressionanti cupole antonelliane, nonchè tutta la produzione minore che ne caratterizza l'intelligenza lungimirante e già moderna, i paradisi botanici delle isole lacustri del Cusio e del Verbano coi relativi palazzi principeschi ed i giardini all'italiana. Ricordiamo poi gli ambienti, forse poco sfarzosi, ma colti  e fecondi, che sono stati la culla dei saperi leonardeschi e di tutta la scia che dal Maestro di Vinci conduce a Caravaggio, che coinvolge stuoli di arti e mestieri diffusisi in tutta Europa, ed anche oltre. basti poi soffermarsi alle origini delle avanguardie milanesi che hanno dato vita ai tutti i futurismi ed al moderno razionalista nell'architettura, ricollegandosi agli episodi francesi, per diffondere il suo verbo nel mondo.


Sacro Monte d'Orta
(foto di Enrico Mercatali)


"... L'impresa ortese, concepita e realizzata quasi completamente in quella fase storica  del Ducato di Milano che potremmo chiamare borromaica, ai tempi cioè di San Carlo e del nipote Federico Borromeo, padroni per conto loro di tutto un altro lago adiacente e più grande, il verbano, si inserisce naturalmente nella titanica opera di sacralizzazione del paesaggio portata avanti dai due arcivescovi milanesi nella loro diocesi e in quelle confinanti.: immense croci incoronano le sommità dei monti e dei colli più alti, chiese e cappelle sorgono sulle eminenze, agli incroci delle vie principali, nei punti maggiormente visibili; tabernacoli dipinti costellano i sentieri, cortesi San Cristofori e benevoli Madonne additano compiacenti il giusto cammino all'incerto passeggero nei boschi e sui valichi, benedicono l'acque infide dei guadi, vegliano sui ponti, dominano strade, sostengono rupi precipiti, blandiscono fiumi minacciosi. Il reticolo dei cammini che si intrecciano serpeggiando per monti e valli delle Prealpi lombarde si trasforma in un labirinto cattolico popolato di soccorrevoli immagini pronte a rinsaldare a ogni passo la fede del viandante sottoposto dovunque vada alla protezione superna mediata da una santa effige dipinta o scolpita. Capoluoghi di questa geografia controriformistica sono i grandi santuari, la Madonna del Boden, la Madonna del Sasso, il San Carlone di Arona, Colosso della cristianità; e i Sacri Monti vi si inseriscono come edificanti teatrini in cui le pie greggi convergono ad ammirare la massinscena pietrificata dei migliori copioni di quella religione quanto mai drammatica che è il cattolicesimo: Passioni! Martìri! Ascensioni! Resurrezioni! Stimmate! Piaghe! Tentazioni! Peccati!, originali e comuni! Miracoli, sesquipedali e funambolici! Al Gran Teatro d'Orta va in scena la vita di San Francesco, in venti atti con un centinaio di attori maggiori e minori, comparsate d'angioli, diavoli, lebbrosi e papi, la partecipazione straodinaria del Sultano d'Egitto e notevoli effetti speciali quali il volo del santo su un carro di fuoco..."


Sacro Monte d'Orta, cappella XIII, Umiltà di San Francesco, prima del 1600. Particolare.
Gruppo statuario di Giuseppe Rusnati. 



Con l'obbiettivo di giungere un giorno a recensire per Taccuini Internazionali un quadro più ampio dell'intero "paesaggio sacralizzato" dei laghi lombardi e piemontesi, con la finalità d'orientarvi quanto più ampie scie di turismo internazionale, lasciamo intanto la testimonianza di quello che, a nostro parere, possiede più qualità attrattive complessive per l'interesse del turista colto ma non specialista, ovvero del Sacro Monte di Orta, qui recensito.

Enrico Mercatali
(dedico ad Alba F.)
Orta San Giulio, 2 marzo 2011

(sono stati riportati in grassetto  alcuni passi tratti dall'articolo d'analogo titolo apparso su FMR n. 81 6/90 a firma di Gianni Guadalupi. Le fotografie sono di Roberto Ponzani, se non realizzate dall'autore del presente articolo, redatto a scopo promozionale di FMR e del turismo locale)

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