Museo dell'Automobile - Torino
l'Automobile secondo Francois Confino
Sopra al titolo: Una delle tante istallazioni speciali che l'architetto svizzero Francois Confino ha voluto introdurre lungo i percorsi della mostra, al fine di catturare l'attenzione del pubblico attorno alle tematiche che hanno fatto dell'auto la grande protagonista della società nel '900. In esse vi sono indagati non solo gli aspetti tecnici, storico-tecnologici e scientifici, ma anche quelli psicologici e sociali che hanno caratterizzato l'evoluzione del benessere diffuso nelle società di massa. In questi vi è indagato il ruolo primario svolto dall'automobile, che, da prodotto squisitamente destinato alle elites si è trasformato in prodotto per tutti, coi conseguenti risvolti economico-sociali dovuti anche alle enormi trasformazioni subite dalle città a causa dell'aumentato uso dell'automobile. In questa foto una istallazione nella quale piccoli modellini di auto galleggiano nel cielo della Citè Radieuse, la parigina utopia di Le Corbusier. L'architetto svizzero-francese era un cultore dell'auto di massa, tanto che nel museo stesso vi è esposto il modellino d'una autovettura da lui progettata, assai simile a quella che divenne in seguito da Citroen, la 2 CV. Nel frattempo egli adattava le nuove città al nuovo utilizzo dell'auto di massa (progetti per Algeri). Ma la vera utopia la stiamo vivendo noi oggi: che stiamo pensando di abolire del tutto l'uso delle auto nelle città. La motorizzazione di massa sta evolvendosi ancora in una motorizzazione di elite?
Un museo, questo di Torino dedicato al suo maggior prodotto, al prodotto che della città ha fatto una grande città, quello che l'ha resa famosa nel mondo, quel prodotto che si è distinto talvolta per essere un prodotto eccellente, e che ha fatto la storia del nostro Paese, trasformandola, da storia di uomini e donne, in una storia di automobilisti e automobiliste, tanto che, a tutt'oggi, quasi ogni cittadino possiede un'auto, anche se del futuro ancora poco si sà perchè tutti i giochi sono tuttora aperti. Il Museo prospetta nuove tipologie e nuove strategie di sopravvivenza dell'oggetto che espone, ma esso è anche incentrato sul tema principale che ne costruisce in parte i limiti: "l'Automobile e il Novecento", quasi a dire che questo è il secolo dell'auto. Poco di essa c'è prima, e forse ancora poco di essa ci sarà dopo.
Come appare oggi il fronte del Museo dell'Automobile, dopo la recente ristrutturazione che lo ha visto chiuso per alcuni anni. L'originario slancio architettonico dell'edificio è stato rispettato e migliorato in alcuni suoi dettagli. Esso fa ancora bella mostra di sè sul lungofiume Po, in una cdelle aree maggiormente verdi di Torino. Le sistemazioni esterne sono state adeguate e migliorate attribuendo alla struttura l'antico fascino che ancora oggi ci si aspetta da un museo dell'automobile in una delle capitali mondiali dell'auto. Le ristrutturazioni maggiori sono visibili sulla facciata laterale (vedi foto sotto) e nelle corti interne.
E' un Museo di storia e del costume, questo Museo dell'Automibile, e non ha più nulla di quello passato, ove una semplice sfilata d'autovetture di varie marche e nazionalità, disposte in ordine cronologico, sapevano interessare i molti amanti dell'auto soprattutto da un punto di vista di tecnaca della evoluzione motoristica e stilistica. Questo Museo nasce invece con intenti assai più ampi e, guardando nell'ampio ventaglio delle moderne tecniche museali, riesce a mettere in mostra un intero secolo, e le sue propaggini antiche e contemporanee, guardato dal punto di vista dell'uomo, ovvero del soggetto che sa inventare l'automobile, sa usarla in totale sintonia coi propri multiformi interessi, ma sa anche vederne i difetti e difendersene, quando necessario. Un uso perciò, quello che vi viene esposto in modo più distaccato ma più sciantifico, assai più equilibrato oggi, avendo di fronte una storia forse completa ed una capacità di giudizio, forse meno passionale ed estatica, ma sicuramente più responsabile di quella che, nel secolo scorso, ancora, di quel museo, ne frequentava le sale.
Giusto dopo l'ingresso al piano alto della Mostra, Confino ci fa entrare, per aprire la sezione del Museo "l'Automobile e il Novecento", in un garage dei primi del secolo, in cemento armato (materiale da costruzione da pochissimo in uso q quell'epoca, entro il quale si allineano modelli d'auto che oggi appaiono ai nostri occhi quantomeno bizzarri. Essi sono ancora tutte carrozze, alle quali, in un modo o nell'altro, sono stati aggiunti il motore, il volante, e poco altro a differenziarle dalle veterane trainate dal cavallo. E' certamente una delle sezioni di maggiore interesse, per chi desideri approfondire non solo gli aspetti legati alla tecnica che evolve rapidamente, espressa nelle infinite varianti d'una sperimentazione in forte crescita, ma anche legati, per così dire, al "design", ovvero ai modi di attribuire senso formale a quelle scelte tecniche, sia di tipo funzionale che di tipo "iconico"
Fiat 12/16 HP Italia 1902, biposto sportivo
Posto di guida completo di pulsanti e spie acqua e olio "dal vivo"
Chi non ama la storia dell'automobile? Chi non viene incuriosito almeno da quel rapido evolvere di modelli che, in pochi anni, vedono delinearsi il passaggio tra il mondo a cavalli, fatto di carrozze già belle molleggiate e protette dalle intermperie, ben arredate all'interno con comodi divanetti e tendine, ed il mondo a motore, misurato anch'esso coi cavalli, ma che con questi animali non hanno più nulla a che vedere. Ora i rumori sono d'altro tipo, e così gli odori. Ora rombamo i motori, non ancora ben silenziati come oggi, e irrompono forti gli olezzi di benzina e d'olio. Ora la velocità aumenta a vista d'occhio e già 80 Km/h sembra cosa di fantasia, mentre invece è già realtà.
Il Museo torinese è ora diventato un bel museo, oltre che per l'immagine che dà al visitatore, moderna e divertente, anche per le sue sezioni d'approfondimento, che corrispondono ai piani dell'edificio:
Si parte dal piano alto con "l'Automobile e il Novecento", un'avventura dentro alla storia, "fatta di sogni e di passioni, di tecnologia e futuro, la storia dell'Automobile". Qui ciascuno può lasciarsi attrarre dai modelli più strani e speciali, dotati di congegni allora ai limiti della fantascianza, e di interni raffinatissimi per cura del dettaglio e per i materiali usati. Molti sembrano pezzi unici, tanto sono perfettamente lavorati, mentre invece sono frutto di lavorazioni a catena, già realizzati secondo criteri produttivi da grandi numeri. Si passa quindi al piano intermedio con "l'Uomo e l'Automobile", nel quale vengono indagati i rapporti che vanno istaurandosi, nella civiltà di massa, tra l'uomo e l'automobile, nonchè le tipologie che servono a ciascuno per identificarsi nella propria auto, e per rappresentarsi socialmente con essa, sul lavoro, nel tempo libero, negli approcci amorosi. Il piano terra, da ultimo, tratta di design, ovvero indaga il rapporto che l'auto ha con il design, ovvero gli elaborati criteri di progettazione, non tanto del motore, quanto soprattutto della forma, in quell'evolversi innovativo, creativo, e sempre diverso che fa dell'auto un sogno, una idea, un progetto personale, una proiezione per la propria vita familiare o sociale o di status.
Si parte dal piano alto con "l'Automobile e il Novecento", un'avventura dentro alla storia, "fatta di sogni e di passioni, di tecnologia e futuro, la storia dell'Automobile". Qui ciascuno può lasciarsi attrarre dai modelli più strani e speciali, dotati di congegni allora ai limiti della fantascianza, e di interni raffinatissimi per cura del dettaglio e per i materiali usati. Molti sembrano pezzi unici, tanto sono perfettamente lavorati, mentre invece sono frutto di lavorazioni a catena, già realizzati secondo criteri produttivi da grandi numeri. Si passa quindi al piano intermedio con "l'Uomo e l'Automobile", nel quale vengono indagati i rapporti che vanno istaurandosi, nella civiltà di massa, tra l'uomo e l'automobile, nonchè le tipologie che servono a ciascuno per identificarsi nella propria auto, e per rappresentarsi socialmente con essa, sul lavoro, nel tempo libero, negli approcci amorosi. Il piano terra, da ultimo, tratta di design, ovvero indaga il rapporto che l'auto ha con il design, ovvero gli elaborati criteri di progettazione, non tanto del motore, quanto soprattutto della forma, in quell'evolversi innovativo, creativo, e sempre diverso che fa dell'auto un sogno, una idea, un progetto personale, una proiezione per la propria vita familiare o sociale o di status.
L'allestitore del museo, l'architetto svizzero Francois Confino, si diverte, nelle diverse sale, a creare ambientazioni capaci d'evocare fantasie, sogni, atti a sollecitare il pubblico ad immedesimarsi in quel processo di captazione personale nel quale l'automobile è soggetto, più che oggetto, mentre l'individio con essa diventa oggetto, in preda ad un esasperato scambio di ruoli che vede spesso l'individuo soccombere in ciò che l'auto ha per lui deciso. Così l'auto diventa la rappresentazione di un concetto, dentro il quale l'individuo passa al setaccio proprie pulsioni, evoca proprie fantasie erotiche, diffonde al gruppo sociale di appartenenza una certa immagine di sè che la vettura sappia rappresentare, e certamente incentivare, prodicendo più benessere psichico che fisico. La velocità è certamente una delle passioni più forti, in quell'epoca di progressi motoristici, ed essa diventa spunto per scrittori e artisti perfino d'un manifesto, quello dei futuristi, per farne un'apologia spassionata e totalizzante. Il siluro è la forma più adatta al bolide ruggente già capace di farci vedere il paesaggio circostante cambiare rapido come nelle sequenze dei primi filmati d'epoca. Il vento spinge sui volti con una forza fino ad allora inesplorata, costringendo gli aujtisti ad indossare abbigliamenti speciali. Tutto è in movimento, l'auto che corre sulle strade sterrate provocando polveroni, le persone che su di essa sobbalzano ad ogni asperità della superficie stradale, il paesaggio che fugge all'indietro senza sosta, scialli e sciarpe al vento in quadri dinamici e vorticosi, al punto da diventare, come è accaduto ad Isadora Duncan, imprevedibili pericolosissime strumenti di morte.
Dalle auto sperimentali, fatte per battere i record di velocità, alle auto da passeggio, per muoversi in campagna od in città, biposto o quadriposto, con porticine doppie laterali o singole posteriori, fino alle grandi ammiraglie del lusso anni venti e trenta, ove marchi prestigiosi ancora oggi fanno la loro comparsa negli ambienti dell'aristocrazia o dell'alta borghesia industriale. Compaiono accanto a loro anche le stelle del cinema. Hollywood alimenta il suo mito anche utilizzando queste automobili, accanto gli attori più in voga, sia dentro che fuori la pellicola. Celebre, perchè esposta anche a Gardone Riviera, la Isotta Fraschini appartenuta a Gabriele D'Annunzio, simile a quella qui esposta a Torino accanto alla Rolls Royce. Il marchio Italiano è già in grande auge perchè la capacità dei nuovi costruttori italiani non è da meno, certamente, di quella degli altri grandi paesi europei.
"Il lusso". Tra le istanze iconiche vi è quella dedicata a quanto allora, come oggi del resto, doveva far vedere ben esposte tutte le caratteristiche che sapessero contraddistinguere chi possedeva questi gioielli da chi era destinato solo a guardarli ad occhi aperti. Le foto sopra sono parte di una sezione che l'allestitore ha destinato a tal tema, così riempiendola di gigantografie d'attrici di quell'epoca. Famose le immagini di Eleonora Duse, o di Isadora Duncann sedute sulle autovetture da sogno che costellarono le locandine e i manifesti delle rispettive carriere. Esse anticipavano l'abbinamento tra i volti e i corpi delle dive con le più fascinose forme delle autoveture da sogno, divenuto poi un leit-motiv delle promozioni effettuate dall'industria automobilistica. Le Isotta Fraschini e le Rolls Royce sopra riprodotte erano auto già assai perfezionate nella tescnica, dotate di motori potenti a 6 o 8 cilindri che potevano raggiungere velocità per quel tempo vertiginose (160-170 Km/h). Esse in più erano vere e proprie opere d'arte, curatissime nel dettagli, che facevano certamente sognare chiunque
Questo modello Fiat degli anni '20, non certo lussuoso, ma ancora destinato a pochi, dato che l'automobilismo di massa non era ancora arivato in quegli anni, è stato qui giustamente abbinato alla gigantografia famosissima dei 5 fondatori del Futurismo (da sinistra F.T.Marinetti, U.Boccioni, Russolo, C.Carrà) che avevano fatto dell'automobile l'oggetto veloce per eccellenza, e della velocità uno dei principali miti del progresso e della tecnica. Quell'automobile era già accessibile alle classi medio alte. Essa veniva magnificata come prodotto di grande fascino, portatore di "valori", oltre che di "funzioni" nuove.
Tra gli anni '40 e '50 l'auto si veste sportiva. Le case fanno a gara inoltre a dare eleganza allo sport. Si fanno strada i concetti di aerodinamica. Le carrozzerie diventano curve e sinuose. Esse sembrano sexy, perfino. L'amore per l'auto è un amore grande e appassionato. Velocità, bellezza, eleganza, snellezza, tutto sembra contribuire ad ingigantire un mito che già aveva fatto strada in passato. Ora tutto è orientato al futuro, un futuro di sogni se non realizzabili, almeno apparentemente vicini. Alfa Romeo 6C 2500 Sport del 1939 - Carrozzeria berlinetta sport Castagna Milano, 6 cilindri (sopra) e Cisitalia 202 Pininfarina 1947 (sotto), due nomi, due certezze: il primo destinato a diventare un mito di massa, il secondo il mito della bellezza automobilistica assoluta. E a parlare nel mondo è la lingua italiana!!
In un grumo d'immagine tante icone torinesi ed italiane in una sola istallazione: la FIAT 500, prima maniera, collocata sul pavimento luminoso che riproduce la città di Torino vista dall'alto, troneggia sullo sfondo delle Alpi, davanti ad un cielo stellato, sul quale spicca luminosa la Mole, la grande guglia dell'Antonelli, simbolo di Torino dopo l'Arco Alpino e prima dell'auto più piccola e più diffusa del nostro Paese
Al piano secondo del Museo spiccano, oltre ai modelli che hanno fatto grane il design italiano dell'auto, quello dei cosiddetti "stilisti", anche quelli che, sia pure in tono minore, hanno fatto grande l'economia del "boom", dominati dalle "utilitarie", ovvero le auto il cui prezzo poteva essere reso accessibile a tutti, che, con lunghe possibili rateazioni, ne diventavano posessori. Perfino i ragazzi, i quali, con l'auto, raggiungevano livelli di indipendanza mai raggiunti prima. La Fiat 600, La Multipla, La Fiat 500, le francesi 2CV e Renault 4, dominarono il mercato dalla fine degli anni '50 all'inizio dei '70 in un vortice di varianti, tutte concepite per una vita all'aria aperta, pronte a sopportare pic-nic di viaggiatori anche più numerosi di quanto consentito dai codici della strada. Auto leggere e di facile manutenzione, auto economiche e di lunga durevolezza.
In queste due foto soprastanti la 2CV e la Multipla FIAT 600 rappresentate da allestimenti assai esplicativi. La prima capace di mostrare come il modello potesse essere totalmente compreso dentro al "look" della moda hippy, estesasi rapidamente in tutti i paesi dell'occidente più giovane. Nel secondo esempio vi è rappresentato l'uso totalmente casual ed estemporaneo che ne potevano fare le famiglie numerose o i gruppi di amici vogliosi solo di fuggire dalle periferie urbane per raggiungere laghi e monti nelle domeniche di tempo sereno. L'auto serve proprio a vivere bene, a stare meglio, fin tanto che non giungesse anche il momento nel quale la motorizzazione di massa trasformò le strade in incubi da traffico tanto intenso da arrestare il gioioso processo evolutivo che fin lì s'era generato.
Trabant 601, del 1964 di produzione della Germania dell'Est, messa fuori commercio dopo l'unificazione delle Germanie per l'eccessivo inquinamento provocato dalla vettura
Grande effetto la sala delle "vecchie formula uno", nella quale, oltre ad una assordante riproduzione del rumore provocato dalla gara automobilistica in corso, un filmato con l'immagine di un cavaliere in movimento assai rapido all'indietro fa apparire le auto, anzichè ferme, come fossero lanciate in una corsa ad elevata velocità.
La Jaguar Tipe E, coupe e spider biposto degli anni '60-'70 è qui presentata in versione "flirt", con tanto di filmati che alternano sequenze di calorosi baci all'interno di una seduttiva bocca. La tipologia dell'auto infatti si presta alla perfezione quale strumento d'approccio erotico, e, in particolare questa vettura della mitica casa inglese del Leopardo, rappresenta il top che il mercato abbia saputo sfornare a tale scopo (famosa quella appartenuta al cantante Little Tony). Così come questa vettura era uscita ad imitazione di altrettanto favolose antenate, quali la MG Midget o la Morgan, a sua volta ebbe imitazioni assai meno costose, per analoghi usi, quali La Duetto Alfa Romeo o la Triumph Spitfire TR6, prodotte verso la fine degli anni '60 per tutti gli anni '70 ed '80.
Modelli recenti e prototipi d'avanguardia per design e per eco-compatibilità sono presentati al piano primo e al piano terra. Qui sopra desta un certo interesse vedere l'enorme quantità di componenti di cui dispone la più piccola vettura esistente, l'odierna FIAT 500, modello che ancora va a ruba per la sua capacità di ricordare il mitico passato di libertà ed autonomia che aveva saputo dare ai giovani, ma che ora anche abbina soluzioni innovative sia nella meccanica che nelle dotazioni per il comfort
Museo Nazionale dell'Automobile di Torino
Corso Unità d'Italia, 40 - 10126 Torinoinfo@museoauto.it
www.museoauto.it
Orari apertura:
Lunedì 10,00 -14,00Martedì 14,00 -19,00
Mercoledì 10,00 -19,00
Giovedì 10,00 -19,00
venerdì 10,00 - 21,00
Sabato 10,00 -21,00
Domenica 10,00 - 19,00
Lesa, ottobre 2011
Enrico Mercatali
(foto di E. Mercatali)
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