- Ivrea, la città-fabbica democratica di Olivetti -
Una meta piemontese che il turismo internazionale deve saper rilanciare
Sopra al titolo: il moderno ampliamento delle Officine ICO, realizzate a Ivrea tra il 1939 e il '42 da Figini e Pollini. Il clima creatosi ad Ivrea in quegli anni era tale che i dipendenti che entrano nella fabbrica sono pervasi da un nuovo sentimento di appartenenza.
Qui sopra: All'uscita della nuova "Valentina" disegnata da Ettore Sottsas, portatile leggera degli anni '60, la campagna promozionale si avvale di nuove e sofisticate tecniche comunicative, basate sì sui gusti del pubblico, ma anche sul diffondersi unanime d'un condiviso bisogno di cultura nuova, che sapeva ribaltare in positivo antiche paure e frustrazioni.
Qui sopra: All'uscita della nuova "Valentina" disegnata da Ettore Sottsas, portatile leggera degli anni '60, la campagna promozionale si avvale di nuove e sofisticate tecniche comunicative, basate sì sui gusti del pubblico, ma anche sul diffondersi unanime d'un condiviso bisogno di cultura nuova, che sapeva ribaltare in positivo antiche paure e frustrazioni.
Il Museo-Ivrea vive da qualche anno ma non sembra così vivo come lo si sarebbe voluto, dato che non molto se ne sente parlare se non si è eporediesi. La stampa è da tempo che ignora o quasi l'argomento e il silenzio totale incombe sulle promozioni turistiche. Chissà poi all'estero com'è la situazione, dato che poco appare dai baedekers, ed ancora meno forse nei periodici dedicati al solo turismo: che non sia più considerata meta turistica degna di nota?... neppure dal turismo cosiddetto culturale?, che non siano faccende di puro specialismo, ancora, che riguardi gli architetti, o giù di lì.
Luigi Figini e Gino Pollini, disegno di un tratto della lunga facciata in acciaio e vetro della nuova
fabbrica Olivetti di Ivrea, su via Jervis, la cui costruzione è stata vviata alla fine degli anni '3o.
La nuova architettura razionalista italiana, ispirata dalle prime esperienze concrete del Bauhaus,
e dalle nuove teorie internazionali dei CIAM (congressi internazionali di architettura moderna),
muove i suoi primi passi proprio ad Ivrea, nutrendosi d'entusiasmo e diffondendo vitale ottimismo.
fabbrica Olivetti di Ivrea, su via Jervis, la cui costruzione è stata vviata alla fine degli anni '3o.
La nuova architettura razionalista italiana, ispirata dalle prime esperienze concrete del Bauhaus,
e dalle nuove teorie internazionali dei CIAM (congressi internazionali di architettura moderna),
muove i suoi primi passi proprio ad Ivrea, nutrendosi d'entusiasmo e diffondendo vitale ottimismo.
Noi di Taccuini Internazionali riteniamo che la situazione, se è così come descrita perchè a noi così appare, non sia davvero lusinghiera, e che occorra fare di più per rendere omaggio al grande sogno democratico olivettiano, e per accrescere interesse di tipo non solo specialistico, ma turistico di larga fascia, attorno alle sue realizzazioni , quelle realizzazioni che fecero di Ivrea, a partire dagli anni '30, una fucina di iniziative che coinvolsero le logiche produttive, gli ambienti di lavoro, le strutture sociali, l'idea stessa di tempo libero, così che il tutto potesse tradursi in una nuova idea di città, in una nuova architettura, ma anche e soprattutto in una nuova idea di società, e in nuovi stili di vita per le classi lavoratrici divenute protagoniste del divenire stesso dei nuovi assetti sociali.
La nuova Corporate Identity Olivetti, (Xanti Schawinsky , Giovanni Pintori, Marcello Nizzoli, Renzo Zorzi, Walter Ballmer, Giovanni Ferioli), ha tovato, a partire dagli anni 50 il supporto di una grafica e una cartellonistica pubblicitaria capace di una vera innovazione del gusto che ha reso il prodotto Olivetti identificabile per la prima volta come prodotto dalle qualità tecnologiche elevate appetibile ed accessibile alle grandi masse. In questo manifesto esso diventa un oggetto-regalo.
Oggi tutto ciò appare talmente lontano, nel tempo e nello spazio, e digerito dalla storia, che sembra impossibile come un capitolo tanto importante, non solo della cultura industriale, sociale ed economica, del nostro paese, ma anche e fondamentalmente artistico, a livello planetario, abbia potuto essere tanto trascurato negli ultimi anni, così da non risultare oggi più così appetibile quale meta turistica italiana di primaria importanza, come invece dovrebbe essere (soprattutto da quando non sono più solo le bellezze dell'antichità o della storia dell'arte propriamente detta, a determinare i percorsi del turismo internazionale).
Un ritratto di Adriano Olivetti davanti ai nuovi ampliamenti della ICO, costruita sui nuovi valori della città-fabbrica democratica, da lui stesso propugnati e diffusi attraverso le pagine della rivista Comunità, da lui stesso fondata nel 1952, diretta da Renzo Zorzi
"Mamivrea" si autodefinisce "Museo virtuale" in quanto esso non è fatto di opere appese ai muri di una istituzione museale o di una galleria d'arte, ma è la città stessa che si fa museo di sè stessa, composta come è in gran parte da edifici che sono divenuti parte integrante della storia dell'architettura moderna nel mondo, e simbolo stesso di un'epoca, quella che Adriano Olivetti ha fortemente marchiato della sua forte personalità di imprenditore illuminato, esperto in tema di urbanistica, architettura e design, e propugnatore di una "etica della fabbrica" che portasse in primo piano le tematiche sociali come parte integrante di un nuovo modo di produrre.
Ivrea, l'ala più vecchia delle officine ICO (Ingegner Camillo Olivetti, padre di Adriano, fondatore dell'azienda eporediese)
Fu un periodo, quello nel quale Adriano, continuando l'opera del padre, mise mano in prima persona alla sua grande "utopia della realtà", nel quale si avviarono ad Ivrea le produzioni di avanguardia nel campo della strumentazione per l'ufficio, con le calcolatrici e le macchine per scrivere che riempirono i mercati di tutto il mondo, capaci di unire, in prodotti unici nel loro genere, l'eccellenza tecnologica alle qualità estetiche, nate dalla collaborazione, che fu tra le prime in tutti i mercati mondiali, tra tecnici e designers di fama mondiali.
Una dei primi manifesti pubblicitari della Olivetti, all'epoca delle officine ICO (Ing Camillo Olivetti), 1896
Fu appunto in quell'angolo di mondo che era Ivrea ove nacque il design moderno, e dove si sperimentarono i più innovativi criteri della nuova urbanistica, basata sui principi sanciti dai CIAM (Congressi Internazionali di Architettura Moderna), e dove si trovò campo fertile per la sperimentazione delle teorie della moderna sociologia olivettiana. Fu quello anche il campo nel quale si avviarono gli esperimenti più efficaci nel campo della comunicazione e della promozione, secondo tecniche fino a quel momento mai sperimentate in modo tanto concentrato e ricco di contrubuti autorevolissimi.
La Divisumma MC 24 del 1956, privata della sua scocca. E' stata la calcolatrice elettromeccanica più venduta nel mondo. La calcolatrice elettromeccanica scrivente Divisumma 24 è il risultato di uno straordinario e complesso insieme di meccanismi cinematici. Progettata da Natale Capellaro con design di Marcello Nizzoli e prodotta dal 1956, la Divisumma era all'avanguardia tecnologica per i suoi tempi; ebbe uno straordinario successo commerciale in Italia e sui mercati internazionali. L'innovazione tecnologica e l'eccellenza del prodotto consente di praticare prezzi molto remunerativi: nel 1957 la Divisumma è venduta a 325.000 lire, quando l'acquisto di una FIAT 500 costava 465.000. Per la Olivetti la macchina, rimasta sul mercato per circa 15 anni, si rivela una vera miniera di redditività: il margine lordo, infatti, almeno nei primi tempi si avvicina al 90%. (Fonte: archivio storico Olivetti)
La rivista Comunità, edita dalle Edizioni di Comunità, fondate da Adriano Olivetti nel 1946, fu il banco di prova per i più illustri nomi dell'epoca in campo sociologico, economico, didattico, artistico, urbanistico, architettonico, grafico, progettuale, storiografico, nello sperimentare le nuove teorie.
Ivrea, gli stabilimenti Olivetti in una cartolina storica, ove è rappresentata la via Jervis, con le nuove officine di Figini e Pollini del 1939-42. Numerose Fiat "Topolino" e "Giardinetta" già presenziano sui marciapiedi, delineando l'immagine consumistica che la modernità stava assumendo anche agli occhi di una classe lavoratrice che, fino a quel momento, non aveva neppure potuto pensare di potervi appartenere. Il prodotto Olivetti, in questo scenario, assumeva le medesime valenze.
In campo sociale Adriano fu sempre ispirato all'idea di rendere il benessere dei suoi dipendenti parte integrante delle nuove filosofie applicate alla fabbrica. Fu tale il suo impegno che nel 1956 Adriano Olivetti ridusse ufficialmente l'orario di lavoro dei suoi dipendenti dalle 48 ore alle 45 ore settimanali, cosa che oggi fa addirittura rabbrividire confrontando la situazione socioeconomicha e politica che stiamo vivendo con quella di allora. E tale risultato fu una delle componenti del benessere generale che la fabbrica voleva offire alla città, che quasi per intero era impiegata all'Olivetti, assieme ai grandi benefici di cui i cittadini potevano godere, anche fuori dall'orario di lavoro.
Olivetti Studio 42, del 1935, disegnata da Xanti Schawinsky con Figini e Pollini. Essa fu la prima vera e propria portatile della storia
Era quella una fucina di idee che si incrociavano sulle pagine della rivista mensile e che si misuravano su un campo reale di messa a punto che era appunto Ivrea con le sue fabbriche, con i suoi uffici, con le sue nuove scuole, con i suoi nuovi centri sociali, con le sue strutture per lo svago ed il tempo libero, con i suoi nuovi quartieri residenziali nati attorno alle esigenze biunivoche della grande fabbrica e delle classi lavoratrici in via di emancipazione.
Manifesto pubblicitario della Lettera 22, disegnata da Marcello Nizzoli nel 1950. Essa divenne famosa perchè fu lo strumento di lavoro di Indro Montanelli (grande giornalista e scrittore italiano, 1930-2006). Il manifesto è di Giovanni Pintori.
Del museo virtuale si parla ad Ivrea da quando, nel 1996, l'amministrazione cittadina ha incaricato alcuni studiosi di procedere alla messa a punto di un progetto che vedesse divenire reale la volontà di far rinascere l'interesse per le opere che avevano fatto di Ivrea, a partire dagli anni '30, un luogo unico al mondo. Solo nel 2000 si potè ufficialmente dare avvio a tale iniziativa mediante l'attività dell'associazione Archland, destinataria del compito di catalogare le opere, progettarne il museo, curarne la comunicazione e gestirne i servizi, per vedere poi nascere il Museo Virtuale dell'Architettura Moderna di Ivrea nel 2001 (Mamivrea.it). Nel 2007 si sono raggiunti 3000 visitatori al mese, superando la soglia di 90 visite al giorno.
Di Figini, Pollini e Fiocchi questo è il terzo ampliamento delle officine Olivetti, del 1949, caratterizzato dai frangisole in cemento
In cosa consiste la collezione del Museo? Essa è costituita prevalentemente dagli edifici dell'architettura moderna e razionalista creata da Adriano Olivetti con gli architetti Figini e Pollini. Ma prima di queste la vecchia fabbrica che fece Camillo Olivetti nel 1896. Dall'architettura razionalista le parti più significative sono: il primo ampliamento delle vecchie officine ICO (Ingegner Camillo Olivetti), realizzate da Figini e Pollini tra il 1934 e il '39. Tra il '39 e il '42 il secondo ampliamento, caratterizzato dalla lunga facciata completamente vetrata su via Jervis, anch'esso di Figini e Pollini. Tra il '47 e il '49 il terzo ampliamento ne completò la lunga facciata su via Jervis (Figini e Pollini) e ne aggiunse una parte interna (architetto Fiocchi).
Una foto della corte interna del Nuovo Centro dei Servizi Sociali su via Jervis, realizzato da Figini e Pollini nel 1959. Sullo sfondo si vedono le officine del Primo Ampliamento del '39-'41. Questo edificio denota già la nuova tendenza brutalista del cemento a vista.
Dal '57 al '62 la nuova ICO, e il nuovo corpo di collegamento completarono gli interventi su progetto di Figini e Pollini, mentre i nuovi interventi furono avviati dall'architetto Vittoria, col Centro Sudi ed esperienze, con la nuova centrale termoelettrica. Poi nel 1959 Figini e Pollini fecero il nuovo centro sociale e nel 1961 Gardella fece la mensa.
Ignazio Gardella, la nuova mensa Olivetti, realizzata nel 1961. Completate le officine, l'asilo nido ed il nuovo Centro Sociale, Ivrea incomincia a dotarsi, per iniziativa di Adriano Olivetti, di nuove strutture, quale questa mensa, di uffici, e di numerosi quartieri residenziali e commerciali finalizzati a rendere completa in ogni sua parte la città-fabbrica, secondo i più avanzati modelli teorici. Ivrea diviene in pochi anni banco di sperimentazione di nuove politiche territoriali mostrandosi al mondo quale modello planetario
Oltre all'area della grande fabbrica, a Borgo Olivetti, nel 1941, sorsero l'asilo nido, e nel '42 i primi alloggi, per mano ancora di Figini e Pollini. Dal 1942 al 1974 venne realizzato il quartiere di Castellamonte, con numerosi nuclei di alloggi sperimentali, per la mano di Figini e Pollini, di Nizzoli e Oliveri e di Gabeti e Isola, tutti sommi architetti italiani che ebbero incarico direttamente da Adriano Olivetti. Tra il 1964 e l'88 vennero realizzati i principali edifici per uffici, per mano degli architetti Bernasconi, Fiocchi, Nizzoli e Valle.
Centro di Servizi Sociali e Residenziali Est (divenuto poi Hotel La Serra) degli architetti veneziani Iginio Cappai e Pietro Mainardis. L'edificio, che per molti motivi può ricondurci al Beauburg parigino di Renzo Piano, è stato eseguito ad Ivrea circa 10 anni prima.
Dal 2008 ad oggi si sono date avvio, al Mamivrea (http://www.mamivrea.it/collezione/cronologia.html), alle sezioni riguardanti il design Olivetti ed i prodotti della comunicazione grafica e pubblicitaria.
A coronamento dell'attività che Adriano Olivetti svolse, nel 1957, la General Menagement Association di New York gli assegna uno speciale premio per "l'azione di avanguardia nel campo della direzione aziendale internazionale".
Considerato da tutti un capolavoro, il negozio che Adriano Olivetti ha personalmente voluto a Venezia, in Piazza San Marco, dalle mani di Carlo Scarpa. Dopo decenni di abbandono, oggi il negozio è stato restaurato e dato in gestione al FAI che lo aprirà al pubblico
La Olivetti arrivò ad avere più di 36.000 dipendenti, di cui metà all'estero.
Ivrea, 5 febbraio 2011
Enrico Mercatali
Il negozio della Olivetti di Venezia è riaperto per farsi ammirare, ed è fantastico.
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