MICHELE DE LUCCHI SCULTORE
A VILLA SORANZO DI VARALLO POMBIA
MICHELE DE LUCCHI PRESENTA LE SUE RECENTISSIME PALAFITTE
Partendo da un'ispirazione nata nel Parco dei Lagoni l'architetto milanese, trapiantatosi ad Angera con la sua residenza
e il suo laboratorio privato, ha incominciato a reinventare l'abitazione dell'uomo a partire dalle forme più semplici,
utilizzando il legno quale malleabile materiale primordiale che lo lega strettamente all'ambiente naturale nel quale vive.
La mostra "Costruzioni della terra e dell'acqua", dal 5 novembre al 5 dicembre 2010, è stata ideata da Michele De Lucchi, realizzata dallo staff della Pinacoteca "Cesare Belossi" ed organizzata dall'Arch. Rancan e dall'esperta d'arte Moregola.e il suo laboratorio privato, ha incominciato a reinventare l'abitazione dell'uomo a partire dalle forme più semplici,
utilizzando il legno quale malleabile materiale primordiale che lo lega strettamente all'ambiente naturale nel quale vive.
Nella bella Villa Soranzo di Varallo Pombia l'architetto Michele De Lucchi mette in mostra le sue ultime creazioni, realizzate negli spazi privati della sua abitazione di Angera nei momenti di tempo libero, ovvero al di fuori dagli impegni professionali che lo hanno legato in passato e che lo legano oggi all'impegno di grande costruttore di oggetti urbani alla grande scala, nei recenti impegni georgiani a contatto con il suo presidente col quale ha stretto una solida amicizia.
Sono, queste creazioni entro il "Chioso" (il nome che ha dato al suo ritiro d'Angera), il luogo ove emerge forse maggiormente la sua vena più autentica e spontanea di creatore di forme e di spazi, e il momento più poetico che vive plasmando personalmente la materia che lì vi abbonda, il legno. Quasi tutto il suo lavoro, compreso quello professionale, tende a dimostrare che il suo talento propende per le forme nello spazio, più che per le forme dello spazio, ovvero che egli predilige la scultura allo spazio interno dell'architettura, che egli pensa l'architettura in termini eminentemente di scultura, sia che stia trattando un grande edificio, un ponte, un oggetto di design oppure una piccola casa. Non è un caso che perfino nell'allestimento della grande mostra tutt'ora in corso a Venezia, sulla figura del Piranesi, emerge potente una grande "torre", assai simile concettualmente alle piccole palafitte qui registrate a Varallo Pombia, nella quale vengono proiettate interessantissimi filmati che riproducono digitalmente gli spazi piranesiani a partire dai disegni sull'antica Roma.
Nel clima da bottega che si respira entro gli ambienti del suo studio d'Angera, nella cornice naturale entro la quale i semplici ma ampi spazi si collocano nei momenti di maggiore sua tranquillità, tra un lavoro importante e l'altro che lo impegna la sua condizione di archistar (titolo dal quale forse preferirebbe rifuggire), Michele De Lucchi ripercorre ed affina processi creativi primigeni, richiamandosi alle forme primordiali della semplice capanna, della palafitta, del puro rifugio dalle avversità naturali più estreme, disegnandone gli schemi basilari in più varianti, in primo luogo, per poi passare alla loro realizzazione diretta, in modelli di piccola scala, lavorando il legno col cesello, ma anche con la motosega, partendo dal pezzi più grezzi per arrivare , ma solo a volte, alla levigatura perfetta dei dettagli, passando dagli incastri tra le parti alla semplice giustapposizione legata con i perni, essi stessi fatti dello stesso materiale.A volte invece il pezzo di legno è così grande da poterne eseguire, direttamente in esso, il modello d'un intero grattacielo, nella scala più appropriata per dare ad esso una funzione simulativa. Altre volte, invece, preferisce procedere, pezzo per pezzo, alla realizzazione di una struttura fatta di parti, per mostrarne il tipo costruttivo, più che l'ordine morfologico. In taluni casi ne lascia ruvida la superficie, come se ciò potesse simulare materiali anche moderni, quali i rivestimenti in lastre di rame o di zinco-titanio.
Altre volte ne leviga a tal punto la superficie da far simulare nella maquette un gran palazzo in scala, oppure un vaso a grandezza naturale o un altro oggetto di design, una scultura fine a se stessa.
Questo gioco di scale, tanto importante quando il problema architettonico diventa un fatto tecnico, non assume più alcuna importanza quando invece, come in questo caso, il vero scopo è quello di sperimentare nuovi linguaggi, quello di ricercare effetti plastici, di provare forme di poesia, di inventare nuove emozioni estetiche.
Ho visto oggi la piccola e bellissima mostra di Varallo Pombia, che desidero recensire, e documentare fotograficamente, per dimostrare che non occorrono grandisimi mezzi o capitali per ottenere qualità ed interesse. E visito solo pochi giorni dopo un'altra mostra da De Lucchi ideata ed allestita: la grande mostra su Piranesi, realizzata in concomitanza con la Biennale Architettura presso la Fondazione Cini a Venezia, all'isola di San Giorgio. Due mostre opposte per concezione e per i mezzi messi in campo, ma analoghe per qualità ed interesse, entrambe assolutamente perfette nella concezione d'assieme che è stata loro assegnata in relazione al rapporto tra involucro e contenuto.
La prima è una piccolissima mostra di piccole e piccolissime sculture e disegni, realizzati da poco del suo autore. La seconda è già stata definita da molti critici quale la miglior mostra che mai sia stata fatta sull'opera del Piranesi.
Varallo Pombia, ottobre 2010
Enrico Mercatali
(Tutte le fotografie sono di Enrico Mercatali, con la sola esclusione di quelle scattate ad Angera)