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11 April 2014

Cuore di Champagne - Vita idilliaca tra le colline dei vigneti di Francia. Un esempio da imitare in Italia




Cuore di Champagne 
Vita idilliaca tra le colline dei vigneti di Francia. 
Un esempio da imitare



Un turista francese, sbarcato in terra di laghi piemontesi 
ci ha introdotto al suo mondo

L'ospite di Casabella-Lago Maggiore parla del luogo dove vive e lavora, "Les Riceys", in Champagne, documentandolo con fotografie d'autore



L'incanto dei luoghi è tale, da indurci a un confronto 
(purtroppo perdente) con il nostro paese



Sopra e sotto: Il paesaggio di "Les Riceys", in Champagne


Noi, che pure viviamo in una zona eccezionale d'Italia, per bellezze del paesaggio e per ricchezze storico-artistiche del suo territorio, quali il Piemonte della sponda occidentale del Lago Maggiore, siamo rimasti incantati soltanto mettendoci a sfogliare il libro dal quale sono state tratte queste foto. Il libro ci è stato regalato da una bella coppia di francesi di mezza età,  ancora giovani sia nell'aspetto che nello spirito, che sono stati ospiti questa estate nel Bed and Breakfast "Casabella", nella piana di Lesa presso il lago, per trascorrervi una vacanza di una settimana. La gentilezza dei due ospiti si è rivelata al primo loro apparire sulla porta di casa: essi infatti portavano con sè, per farne dono a chi li stava accogliendo, e prima ancora di "testare" la nostra ospitalità, una bella confezione di bottiglie di ottimo Champagne.  Non male, vero?






Si è scoperto subito dopo che il produttore di quello Champagne era proprio colui che ce l'aveva appena regalato. L'incontro fu molto piacevole con entrambi i due francesi della regione dello  Champagne anche perchè la durata della loro permanenza sul nostro lago era tale da consentirci un approccio più che puramente occasionale, date anche le doti di simpatia e vitale ottimismo che i due coniugi sapevano diffondere attorno a loro. Il loro regalo fu accolto come un ottima premessa da chi stava offrendo loro un alloggio per una settimana, e un ottimo segno di scambio putroippo poco corroborato vicendevolmente dalla scarsa conoscenza delle rispettive lingue parlate. Il segno fu poi ricambiato con  continue vicendevoli gentilezze capaci di aprire a un dialogo che sarebbe certo durato oltre la settimana corrispondente alla prenotazione.




Sopra e sotto: "Les Riceys",  in Champagne


Ed una buona base d'amicizia fu subito così impostata.
L'assaggio del vino avuto in dono era assolutamente d'obbligo entro un contesto di comune interesse alla conversazione, soprattutto tesa ad agevolare una maggiore conoscenza reciproca, che non fosse quella puramente formale che doveva convenirsi nelle reciproche condizioni d'ospiti ospitanti ed ospitati. Arrivò il momento in cui l'assaggio fu programmato, e fu così che esso, tra spuntini vari d'accompagnamento alla bevanda che erano stati preparati, aprì finalmente le porte della Champagne a noi italiani piemontesi, e quelle del Lago Maggiore a loro francesi, con tanto di sfoggio d'interessi comuni e di argomenti vari che fecero si che di lì a poco ci fummo simpatici a vicenda, diventando buoni amici.





Le prime descrizioni furono quelle legate al vino ed agli aspetti salienti della sua produzione, di cui l'ospite era esperto conoscitore, lavorando egli proprio in quel settore. D'altro canto poco altro, credo, potrebbe fare chiunque si trovasse a vivere in un paese, quale quello che ci fu descritto (e che qui documentiamo in fotografia), ove tutto sembra fatto apposta e solamente per dare gusto al vino e bellezza agli occhi e allo spirito di chi vi abita o soggiorna.
I racconti di quella zona di Champagne, coadiuvati da fotografie, facevano intuire proprio quanto amassero quei luoghi i suaoi abitanti vinicoltori, quanto vissuta e profondamente sentita fosse la sua storia, quanta passione vi era in loro nel descriverne le caratteristiche, le qualità, le vicende antiche e contemporanee nelle quali essi vi si identificavano totalmente.




Il centro di "Les Riceys", in Champagne


Fu promesso l'invio di un libro, per documentarne le bellezze e per permettere di constatare quanto fossero corrispondenti al vero le descrizioni fatte, circa le bellezze di quei siti e la bontà dei suoi prodotti, che la terra, e il lavoro dei suoi abitanti, non mancavano mai di presentare, puntualmente, ad ogni alternanza di stagione.
Come queste foto possono anche da sole dimostrare, nella dolcezza collinare di questo territorio, emergono i caratteri salienti d'un paesaggio perfettamente costruito dall'uomo nel corso dei secoli. Tutto sembra a perfetta misura umana così che forse meglio non si sarebbe potuto fare, neppure a posteriori, per migliorarlo. I centri abitati sembra si siano fermati al medioevo tanto la loro dimensione appare perfetta per attraversarli a piedi da un punto all'altro. Il loro assetto complessivo sembra corrispondere alle più canoniche descrizioni dell'urbanesimo medievale con tanto di Cattedrale gotica al centro e bassi tetti tutt'attorno dilatati a macchia d'olio sino alle intersezioni delle vie maestre con la campagna circostante. I quadri ambientali appaiono idilliaci, pronti ad essere dipinti da maestri d'arte del paesaggio, dalla cui morfologia emergono alternate le macchie boschive più scure e quelle testurizzate dai filari della vigna, in chiaro. Nette ma sinuose le tracce delle strade principali, che seguono fiumi e avvallamenti, mentre le interpoderali frastagliano leggermente le diverse campiture interstriziali dando all'insieme quell'aspetto tanto fortemente antropizzato, ma totalmente rispettoso della natura.






Appaiono poi, qua e là, emergenze tutte particolari che mai stonano però nei quadri complessivi, tanto esse debbono essere state frutto di valutazioni attente e mai casuali da parte della comunità. Crediamo che un territorio siffatto, come appare in queste prime foto, non sia mai frutto d'uno spontaneo divenire, bensì d'attenta progettazione in salvaguardia della sua immagine storica. Ma crediamo anche che tale progettazione non sia frutto di pochi illuminati tecnici del ramo, bensì d'una legislazione che ha radici lontane, attentamente ma flessibilmente applicata da chi ne approva e ne tramanda il dettato, secondo una sensibilità tutta propria alla comunità intera che la preserva e l'arricchisce, dopo averla fatta sua, per attribuirle nuovi compiti mano a mano che lo sviluppo avanza, le tecniche progrediscono e l'ambiente evolve.





La cosa che maggiormente ci ha colpito, di questi luoghi, così come l'esperienza dei numerosi altri da noi visti in altre zone di Francia, è la coerenza del lascito collettivo, come fosse fattore d'una forma che si nutre d'un volere collettivo, che nessuno possa scalfire per imprimervi un segno alternativo. Qui nessuna modernità potrebbe darsi, per il semplice fatto che tale risultato è esso stesso un risultato di assoluta modernità. Qui la modernità non è palesata in forme esteriori, ma sottesa e lievitante nelle regole, nelle tecniche, nella coerente gestione, ben dosata ed applicata. La modernità la si respira nella perfezione dei risultati, quando questi li si confronti con situazioni altrimenti sperimentate e non altrettanto riuscite di questo periodo in cui troppo spesso non vi sono state analoghe capacità di controllo, di regolazione, di buona amministrazione.




Girovagando per la campagna francese troppo spesso ci domandiamoi, noi italiani, come sia stato possibile in quel paese raggiungere quasi ovunque così eccelsi risultati, nella conduzione della gestione territoriale al di fuori delle grandi città, quando invece nel nostro paese accede che sia queste solamente eccezioni, rare e sporadiche eccezioni ad una regola che invece è inversa, tutt'affatto segnata da incuria, approssimazione, errori, ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti.




Una risposta a questa domanda, per essere sufficientemente esaustiva, richiederebbe una soverchia dose di tecnicalità ed una analisi storica che ci porterebbe assai lontano. Ci basta qui documentare quello che potremmo definire un momento di "poesia urbanistica",  che si sa tradurre in poesia  paesaggistica trattandosi di un paesaggio tutt'altro che naturale in senso stretto. In queste foto, che documentano l'aspetto di una delle tantissime cittadine del paesaggio rurale francese, qui di "Les Riceys" in Champagne, emerge una realtà in cui ogni aspetto è naturalmente inserito in un contesto riccamente vegetale, ma questo è frutto di una complessa elaborazione antropica che ne ha saputo esaltare la bellezza, coniugando questa al lavoro della terra, alla ricerca del miglior risultato dei suoi prodotti, alla migliore convenienza nel rapporto tra i campi del lavoro, le reti dei trasporti, e i nuclei abitativi, di storica derivazione entro moderni criteri di conservazione.




Anche in Italia abbiamo quadri ambientali altrettanto meravigliosi, ma purtroppo essi non costituiscono la regola, bensì l'eccezione. E non a caso questi luoghi sono meta di pellegrinaggi fin troppo pesanti di mal sopportati estimatori. A differenza di quelli francesi, di cui qui abbiamo saggiato un esempio, i nostri sono spesso e volentieri luoghi affollati con le conseguenze che dietro di sè portano gli eccessi.



Sopra e sotto: dettagli architettonici di nel centro di "Les Riceys", in Champagne


Abbiamo voluto riportare l'esempio di questa cittadina di una delle regioni più famose ed acclamate di Francia per il suo vino, per dare un contributo di stimolo, non solo agli amministratori di questo nostro Paese, ma anche e soprasttutto ai suoi cittadini, i quali non sempre si rendono conto di essere in uno dei più bei paesi del mondo, e non sempre sanno che, se le cose da noi non vanno come dovrebbero, spesso dipende proprio da loro, da ciascuno di loro, i cui comportamenti potrebbero essere diversi e spesso migliori, in tutto ciò che ha a che vedere con la buona conduzione della amministrazione di un territorio, con tutto quanto li circonda, i cui effetti potrebbero contribuire grandemente a migliorare.







Cantine a filari di vite a "Les Riceys", in Champagne

Enrico Mercatali
Lesa, 24 settembre 2011
Foto tratte dal libro "Les Riceys - en Champagne, terre d'exception", di Michel Jolyot, prefazione di Jean-Paul Kauffmann
Aggiornato e completato in aprile 2014

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