THE MAGAZINE OF THOUGHTS, DREAMS, IMAGES THAT PASS THROUGH EVERY ART OF DOING, SEEING, DISCOVERING

14 July 2013

Cercare mulini del passato per trovare il futuro (una storia piemontese)




Quando, cercando i vecchi mulini tra risaie 
e vigneti, possono avverarsi grandi sogni


"Andar per mulini ricercando il passato"
può suscitare idee molto remunerative 



di Eliana Frontini e Enrico Mercatali





Il vecchio mulino di Granozzo, nel territorio novarese a sud del Lago Maggiore, appartenuto un tempo a Dante Graziosi   (in una fotografia di Eliana Frontini)


 
Nello stesso giorno in cui Taccuini Internazionali ha deciso di pubblicare questo articolo di Eliana Frontini (giornalista e artista novarese) sui mulini dell'area a Sud del Lago Maggiore, in quella che è divenuta la più grande area europea di produzione risicola, la Stampa pubblicava un articolo anch'esso dedicato ad un mulino storico: quello che Aldo sognava sin da quando era bambino, e che ora Aldo ha comprato facendolo diventare oggetto e simbolo di una delle più floride aziende di produzioni biologiche del Piemonte e d'Italia. Quando Aldo Bongiovanni chiese al padre di aiutarlo a comprare il mulino il padre gli disse che era matto, ma la madre lo aiutò a comprarlo. Ora, come descrive Gabriele Martini nel suo articolo apparso su La Stampa, egli governa una azienda, la Bongiovanni e C., che ha fatto nel 2012 un fatturato di un milione e ottocentomila euro, incrementando del 40% quello dell'anno precedente. Un risultato un ascesa costante derivato dalla vendita diretta, e non solo all'ingrosso, ad una clientela sempre più esigente. Ogni giorno, dalla ditta, partono più di 100, 120 scatoloni colmi di cento tipi diversi di farina, semole, cereali, legumi, muesli, cous cous. Ed inoltre impastatrici, kit per le birre, essicatori, ecc.  "Si accontenta una clientela", dice Aldo, "di nicchia; il celiaco, il vegetariano, il vegano". Il suo Mulino, a Villanova di Mondovì, posto proprio dove le colline diventano pianura. L'ultima idea di Aldo è stata quella di produrre direttamente, col mulino, energia elettrica, azzerando ogni bolletta, ed anzi incassando, vendendo energia, grazie ad una turbina a pannelli solari.



Il vecchio mulino di Landiona, nell'area di pianura a sud del Lago Maggiore 
(fotografia di Eliana Frontini) 


L'idea di imbrigliare la forza dell'acqua  per azionare macchinari ed utensili risale a tempi remoti e così pure la sua applicazione pratica, i mulini, utilizzata per almeno 2000 anni, fino all'era industriale.
Nella nostra zona (quella delle pianure novaresi, a Sud del Lago Maggiore) sono davvero molti i mulini che hanno segnato un ruolo fondamentale per il mondo contadino: era centro di aggregazione ed il mugnaio ricopriva un'importante funzione nell'economia del territorio. Un  secolo fa il mugnaio viveva nel mulino con tutta la famiglia. Sotto lo stesso tetto, e al riparo delle stesse solide mura di pietra, c'erano sia la sua abitazione che la stanza in cui venivano macinati i cereali. Il suo lavoro richiedeva parecchia forza fisica: basti pensare a tutti i sacchi di farina che doveva sollevare e trasportare durante la sua vita!Con il passar del tempo questo mestiere andò un po' alla volta scomparendo: I mulini vennero modermizzati e ai meccanismi mossi dall'acqua subentrarono i motori elettrici. Alcuni mugnai tentarono di difendere il loro tradizionale modo di vivere e in Pianura padana alcuni mulini ad acqua contin uarono a funzionare fino a dopo la seconda guerra mondiale. Quelli industriali odierni non hanno il fascino dei loro predecessori. utilizzano macchinari moderni, spesso computerizzati. In genere le macine sono state sostituite con laminatoi con cilindri d'acciaio.

....
Continua (Articolo completo in archivio)




L'atmosfera rustica dei vecchi mulini ancora esistenti però continua ad attirare chi ama i luoghi tranquilli e poetici, nonchè i turisti ai quali piace conoscere la storia e la cultura. A volte queste strutture sono inserite in progetti di restauro e valorizzazione di tipo ecomuseale. In questo articolo proporremo un itinerario particolare, volto alla riscoperta di questi edifici che tanta parte hanno avuto nello sviluppo del nostro territorio. Oggi, visitando un mulino restaurato, possiamo immaginare come era la vita del mugnaio che lo abitava cent'anni fa. Sentiamo lo sciabordio dell'acqua che fa girare la ruota del mulino e il cigolio e il rumore ritmico delle ruote dentate. E anche quando ci allontaniamo da essi ci sembra di sentirli ancora: sono suoni piacevoli che continuano a parlarci del passato. Questo itinerario non ha la presunzione d'essere esaustivo, nè di proporsi come censimento dei mulini dell'area a sud dei laghi piemontesi, che sono parecchie decine, molti inglobati in proprietà private. Noi qui proponiamo la visita dei maggiori, prediligendo quelli meglio conservati o aperti al pubblico.
Iniziamo il nostro itinerario dalla Badia di Dulzago, una frazione di circa 14 abitanti de3l Comune di Bellinzago.



Sorge a 4 km a sud-ovest del paese, sulle prime pendici delle colline moreniche della vallata del Terdoppio, al limitare della pianura risicola novarese. La zona è ricca di acque e fontanili, careatteristica forse da cui anticamente nacque la denominazione "dulcis acquae".
La badia era un complesso assolutamente autonomo: vi era la chiesa, la residenza del parroco e dei suoi canonici, le case dei contadini, la scuola e, naturalmente, il mulino per la farina, ancora oggi esistente.
Meta di numerose visite è poi il Mulino Vecchio di Bellinzago, ancora perfettamente funzionante, in quanto ricostruito più volte negli anni. Dal 1925 fu proprietà della famiglia Ambrosetti, mugnai da molte generazioni, che mantennero in funzione il mulino per più di cinquant'anni. Nel 1985 è stato acquistato dall'Ente Parco Naturale della Valle del Ticino (chiedere orai di visita al: 0321 517706/07).
A Borgomanero vi è il Mulino di San marco (info Museo della Civiltà Agricola Locale "Come eravamo", tel. 0322 844836), alimentato dalle acque della Roggia Molinara, che a sua volta prende acqua dal torrente Agogna. Il mulino è stato edificato nel centro del paese e la sue radici affondano nell'anno 1540, anno in cui la famiglia Giromini lo prese in affitto. Contratto che durò più di 300 anni, finchè nel 1919 i fratelli Antonioli lo acquistarono. E' stato in funzione fino al 1996. L'ultimo discendente della famiglia Antonioli mantiene a tutt'oggi in ottimo stato gli ingranaggi del mulino ed è disponibile a mostrarlo, previa prenotazione, a chi lo desidera.



Il vecchio mulino di Villanova di Mondovì, acquistato e riattato da Aldo Bongiovanni per creare impresa. Oggi, tra i numerosissimi prodotti biologici che passano dalle sue macinazioni, esso produce anche energia elettrica oltre il suo fabbisogno.


Anche a Maggiate Superiore, nei pressi di gattico, in via Molinetto,  c'è un mulino che risale al 1600, ed è di proprietà della famiglia Agazzini dalla fine del 1800. La ruota in ferro, del 1906, gira incessantemente grazie alle acque del torrente geola. Ancor oggi l'ultimo discendente, quasi novantenne, lo mantiene in attività e lo fa visitare agli interessati (info 0322 838783).
Un capitolo a sè meritano i mulini del territorio di Cureggio. Nel paese e nei suoi dintorni nel 1200 esistevano ben quattordici mulini di monopolio esclusivo dei canonici dell'isola di San Giulio. La storia di questi mulini è costellata di lotte feudali, incentrate soprattutto sul fatto che i signorotti del luogo non accettavano di buon grado la supremazia dei canonici.  Per esempio, nel secolo XII , un signore del luogo aveva deciso di aprirsi una roggia non autorizzata per costruirvi sulle sue acque un mulino e, per farlo, aveva ucciso un mugnaio dipendente dei canonici di san Giulio, portando in dono... una mela renetta, simbolo di discordia e di fecondità. Di quegli antichissimi mulini ne restano ancora visibili quello di Congera, il Mulino della Roggia, il Mulino Torrione (ora sotto la giurisdizione di Borgomanero), i due Mulini di Bergallo e quello della Resiga, al di là dell'Agogna, i due Mulini di Marzalesco e quelli di Maggiora (Mulino del Sasso e Mulino di Mezzo).



 Aldo Bongiovanni, patron della Ditta Bongiovanni e C., di Villanova di Mondovì, creatore di una solida attività economica di bio-agricoltura, dopo aver vagheggiato l'idea di rimettere in funzione un vecchio mulino dell'area piemontese nella quale è nato e tuttora vive

Oltre che macinare il grano questi mulini servivano anche per segare il legname e pestare la canapa.
Il Cavaglio dpAgogna in via Martiri, lungo la roggia Molinara, di fronte al Municipio, vi è il mulino, che anch'esso sfrutta le acque della Molinara. Il documento più antico che ne parla è del 1592. Dal 1640 diventa proprietà dei gesuiti, in quanto i proprietari, i fratelli Casella, morirono senza eredi, per poi passare ai Conti Arese. I primi lavori di ristrutturazione datano 1928, ed il mulino rimase in funzione fino agli anni '60 per la macinazione della biada e del mais. Non è visitabile ed è visibile solo dall'esterno.
Interessante il Mulino di Piazza di Fara Novarese (info 339 4448115). Situato proprio sulla piazza principale del paese, serviva le necessità di tutti i rresidenti per le diverse macinazioni. Non solo del grano, infatti, si trattava, ma anche della colza, del ravizzone (simile alla colza), delle noci, che venivano macinati per estrarre l'olio, il quale veniva usato sia come condimento e sia per alimentare le lampade. Inoltre vi si macinava la canapa, un tempo coltivata sul nostro territorio. L'edificio che ospita il mulino è uno dei più ampi in queste contrade e, dal censimento del 1877, sappiamo che era composto da diverse stanze, stalle, casseri. Dopo essere passato tra le mani di più proprietari venne acquistato dal Comune di fara nel 1997, che dal 2004 lo concede in uso alla locale Società Operaia del Mutuo Soccorso. Ora ospita eventi culturali.
Due sono i mulini dell'abitato di Landiona, il primo fa parte della Bl Avenir Black, ma il meglio conservato, grazie a una operazione di recupero ambientale operata dai proprietari del risporante attiguo, è il "Mulino della Villa", che si avvale delle acque della Rogia Molinara, ed è uno dei più antichi della provincia. Infatti della sua esistenza si parla già nel 1420, in una pergamena ancora consultabile. All'interno del mulino (ora anche struttura agrituristica) è allestita una sala didattica con mappe storiche del paese e foto d'epoca (per visita: 0321 828123, 340 3844705).
Se andate a Casalvolone, dal centro del paese potete agevolmente trovare una freccia che vi indica l'inquietante "Mulino della Morte". Cosa vi accadde per meritare un nome così sinistro? Un fatto di cronaca, effettivamente, vi ebbe luogo anche se le autorità del tempo cercaroino di insabbiare il caso, per non spaventare la popolazione. In questo mulino viveva, poco dopo la fine della seconda guerra mondiale, una famiglia di veneti, padre, madre e cinque fratelli. Una mattina nel mulino vcennero trovati quattro cadaveri orribilmente mutilati, ed un quinto cadavere con le sole mutande indosso, era legato alla ruota del mulino, che era stata messa infunzione. Mancava un fratello, del quale non si seppe più nulla. La popolazione naturalmente ne parlò per anni, supponendo addirittura un caso di licantropia. ma nulla fu scoperto e così dopo anni il caso venne archiviato.
Concludiamo il nostro itinerario nei pressi di Galliate, e precisamente al Mulino di Vulpiate. Risalente al 1300 e completamente ristrutturato, si trova nel Parco Naturale della valle del Ticino, ed è divantata una fiorente azienda agricola, che mantiene l'antica struttura in armonia con l'ambiente circostante. Tra le sue attività un allevamento di chiocciole a ciclo biologico naturale all'aperto, di animali da cortile, produzione di miele e suoi derivati, pensione per cavalli anziani.
A due passi da Novara, a Granozzo, ecco il mulino attorno al quale Dante Graziosi costruì una sua residenza: ora è parte del complesso di Novarello, il centro sportivo del Novara calcio.

Eliana Frontini
(con introduzione di Enrico Mercatali)
Novara, 13 luglio 2013 
(l'articolo "Andar per mulini alla ricerca del passato", di Eliana Frontini, è anche apparso su Nuovo Sestante, numero 69, luglio 2013)

No comments:

Post a Comment