"Castellaccio" di Lesa
Lago Maggiore
Cenni storici. Caratteri del sito.
Proposte per la conservazione e l'eventuale utilizzo
Tra Arona e Stresa le coste del Lago Maggiore sono oggi caratterizzate da una maggiore frequenza di piccole insenature e dalle relative spiagge. Particolarmente ampia è quella che si trova alla foce del fiume Erno, nei pressi di Solcio (Lesa). Essa è incorporata nella penisola pianeggiante che da millenni, proprio dove l'estuario del breve ma generoso fiume si allarga creando terreno alluvionale, ospita ampi campi coltivabili e profumati frutteti.
Da millenni questa è una piana (una delle pochissime presso l'alveo del lago) che possiede queste caratteristiche peculiari, le quali hanno determinato l'economia del luogo, e da millenni essa presenta anche, presso i suoi ambiti rivieraschi, oltre alla grande spiaggia presso l'estuario, anche altre spiaggette, le cui dimensioni in larghezza sono variabili in funzione dell'escursione altimetrica del lago, causata a sua volta da numerosi fattori tra cui la piovosità e la necessità d'acqua che l'agricoltura a valle nella pianura padana richiede.
Da millenni questa è una piana (una delle pochissime presso l'alveo del lago) che possiede queste caratteristiche peculiari, le quali hanno determinato l'economia del luogo, e da millenni essa presenta anche, presso i suoi ambiti rivieraschi, oltre alla grande spiaggia presso l'estuario, anche altre spiaggette, le cui dimensioni in larghezza sono variabili in funzione dell'escursione altimetrica del lago, causata a sua volta da numerosi fattori tra cui la piovosità e la necessità d'acqua che l'agricoltura a valle nella pianura padana richiede.
Presso una delle spiagge della penisola si ergono, appariscenti per dimensione planimetrica anche se occultate dal verde rampicante spontaneo che le invadono, le mura perimetrali di un castello d'antiche origini, che, dai reperti che al suo interno vi sono stati rinvenuti, parrebbero altomedioevali. Le mura che oggi possiamo ancora vedere non risalgono a quel periodo così lontano, ma ad un'epoca tardo rinascimentale, che vide la ricostruzione a scopo non tanto e non più soltanto militare-difensivo, ma soprattutto amministrativo, essendo strategica la zona, a quei tempi, per ottenere gabelle daziali e per riscuotere, dai numerosi natanti che solcavano allora le acque del lago tra le acque svizzere e quelle del Ducato di Milano, preziose tasse.
I traffici commerciali su acqua erano allora asasi più sviluppati di quelli di oggi, e le mercanzie pesanti transitavano sul lago come fosse esso un grande fiume che dalle alpi portava nel cuore della grande città, adottando percorsi allora modernissimi, in parte naturali ed in parte artificiali, già dotati di sistemi di chiusa all'avanguardia per renderli rapidi ed efficienti. Fu Leonardo da Vinci che vi sovrintese, ai Navigli che fecero di Milano una delle più efficienti città commerciali di quei tempi, sia nei progetti che nelle direzioni lavori, sotto Lodovico il Moro, per accrescere la mobilità, specie delle merci pesanti, in ingresso quotidiano in Milano.
"Qualcosa di simile alle nostre odierne autostrade", era quell'insieme di passaggi d'acqua capaci di coprire centinaia di chilometri (fugace ed efficace intuizione del Prof. Arch. Guido Canella, grande conoscitore del Lago Maggiore e della sua storia), ma con l'ostacolo del dazio lesiano, che comportava oneri e tempi morti. Sembra che fosse strategico quel sito, per le Casse del grande ed esteso Ducato, tanto che vi perdurò nelle sue funzioni fino alla sua fine.
Il Castellaccio aveva quindi questa funzione. Non sappiamo come funzionassero esattamernte le operazioni di verifica delle merci e le relative oblazioni, forse mediante accesso diretto nelle sue mura, come fosse un arsenale, forse mediante l'attracco esterno lungo le mura che avevano in acqua le loro fondamenta, e se non proprio nell'acqua, come oggi accade solo un paio di volte all'anno, certamente sul filo del bagnasciuga. Certo è però che qui i natanti vi si soffermavano a lungo, facendo perfino supporre che vi fossero numerose attività di supporto e servizio per approvigiionarsi di cibo e materiali necessari alle riparazioni più urgenti dei navigli.
I traffici commerciali su acqua erano allora asasi più sviluppati di quelli di oggi, e le mercanzie pesanti transitavano sul lago come fosse esso un grande fiume che dalle alpi portava nel cuore della grande città, adottando percorsi allora modernissimi, in parte naturali ed in parte artificiali, già dotati di sistemi di chiusa all'avanguardia per renderli rapidi ed efficienti. Fu Leonardo da Vinci che vi sovrintese, ai Navigli che fecero di Milano una delle più efficienti città commerciali di quei tempi, sia nei progetti che nelle direzioni lavori, sotto Lodovico il Moro, per accrescere la mobilità, specie delle merci pesanti, in ingresso quotidiano in Milano.
"Qualcosa di simile alle nostre odierne autostrade", era quell'insieme di passaggi d'acqua capaci di coprire centinaia di chilometri (fugace ed efficace intuizione del Prof. Arch. Guido Canella, grande conoscitore del Lago Maggiore e della sua storia), ma con l'ostacolo del dazio lesiano, che comportava oneri e tempi morti. Sembra che fosse strategico quel sito, per le Casse del grande ed esteso Ducato, tanto che vi perdurò nelle sue funzioni fino alla sua fine.
Il Castellaccio aveva quindi questa funzione. Non sappiamo come funzionassero esattamernte le operazioni di verifica delle merci e le relative oblazioni, forse mediante accesso diretto nelle sue mura, come fosse un arsenale, forse mediante l'attracco esterno lungo le mura che avevano in acqua le loro fondamenta, e se non proprio nell'acqua, come oggi accade solo un paio di volte all'anno, certamente sul filo del bagnasciuga. Certo è però che qui i natanti vi si soffermavano a lungo, facendo perfino supporre che vi fossero numerose attività di supporto e servizio per approvigiionarsi di cibo e materiali necessari alle riparazioni più urgenti dei navigli.
Ancora oggi le mura del castello sono solide e ben visibili. In un paio di tratti sono ancora presenti bifore e finestre. All'interno, forse costituite dalle rovine dei muri sia perimetrali che interni, cumuli di pietrame ne riempiono gran parte dei volumi, così da determinare un terrapieno sul quale alberi ed arbusti vegetano spontaneamente da secoli. Numerose sono state anche di recente le operazioni di pulizia superficiale esterna, senza però raggiungere apprezzabili risultati, in quanto le ricrescita è talmente rapida da riportare la situazione allo statu quo ante, ricoprendo così interamente ogni struttura, al punto che molti oggi neppure si accorgono più della presenza del Castello, nonostante le sue dimensioni siano tutt'altro che minute.
Oggi vi regna un senso di totale abbandono che non è a nostro avviso giustificato nè dalla presenza di vestigia tanto significative, se non sul piano architettonico, certamente almeno su quello storico, nè per quanto esse potrebbero dare in termini di resa turistica.
Sotto entrambi i profili Lesa e la Comunità dei tre Comuni di Belgirate Lesa e Meina potrebbero trarre vantaggi da una valorizzazione del Castellaccio.
Non sappiamo se vi sono state in passato proposte a tal riguardo. Noi crediamo se ne debba almeno incominciare a parlare per porre le basi d'una sensibilizzazione attorno ai suoi temi specifici, e per garantire anche che non vi siano possibili speculazioni che, con rapta manus, possano costituire precedenti difficili poi da gestire sul piano amministrativo.
Riteniamo necessario, intanto, che il Castellaccio sia struttura visibile sia esternamente che internamente; che venga perciò tenuta pulita dal verde rampicante che la invade rapidamente e inesorabilmente. La sua visibilità farà così in modo da costituire concreta effige d'un monumento in rovina, già in sè fattore di puro interesse simbolico e fattore strategico d'attrazione, anzichè essere, credo oggi, un fattore valido solo a livello toponomastico (la "via al castello" è ciò che più concretamente appare di esso, dato che l'ammasso di verde è tale, ancora e sempre, che neppure una sagoma al di sotto di esso oggi può essere immaginata).
Alla pulizia fisica credo si debba aggiungere solo un poco di pulizia formale, che faccia ragione d'un civile assetto d'assieme dato che di struttura monumentale trattasi, di fatto, e che di essa possa esserne fatto sfoggio, da parte degli enti preposti alla sua valorizzazione turistica non solo locale, senza alcuna sovrastruttura che ne infici l'attuale aspetto "romantico" ad alta vocazione paesaggistica.
Sarà sufficiente porre allo studio una livellazione interna drenante ed autopulente (per tutto quanto attenga alla crescita spontanea di vegetazione indesiderata), che richieda il minimo possibile in termini di manutenzione, così da collocarvi al massimo qualche panchina, e magari, per le ore serali, una discreta ma efficace illuminazione scenografica, sia dal lago che da terra, sostanzialmente basata sul fotovoltaico.
Crediamo, noi di Taccuini Internazionali, che in tal modo (pertanto con una spesa davvero assai modesta, anzi modestissima se suddivisa tra ente locale e contribuzioni superiori) il Castellaccio possa ricominciare a vivere, per sè stesso, come fattore visibile e quindi punto di focalizzazione visiva importante come avviene per le altre strutture lacuali d'altrettanto peso, ma anche per far vivere di maggiore pregio contestuale l'intera area dell'Erno.
Un progetto di "valorizzazione" assai soft, pertanto, che sappia mantenere, ed anzi rafforzare, l'intima essenza di un luogo, oggi vivibile come lo furono talune rovine romane all'epoca del Piranesi o del Pannini, che, crediamo, richieda, quale modo migliore d'essere vissuto, quello d'essere interpretato quale struttura ricca di interesse evocativo e storico, più che in termini squisitamente architettonici o artistici.
Nessuno, però, se così andassero le cose, potrebbe mai dire di no, ad eventuali altri e superiori usi temporanei, di tipo culturale in senso lato, che in futuro vi si volessero proporre, mai tali però da creare spaesamento e snaturamento di quei caratteri che oggi vediamo in ombra, ma potenziali, tali però, se ben coltivati, da riportare in alto un bel monumento sia pure in rovina, ed in auge l'effige di esso nel quadro territoriale dell'Alto e Basso Vergante, tra Arona e Stresa, fatto anche d'altri gioielli, quali il Castello Visconteo di Massino e la Chiesa di San Sebastiano nella stessa Lesa.
Vorremmo che il Castellaccio sopravvivesse nella memoria del luogo come luogo fisico, più che come pura traccia d'un passato ormai cancellato. Esso fu parte integrante del grande antico progetto, divenuto realtà, che fece del lago una fondamentale componente della mobilità tra Svizzara e Pianura Padana, che fece ricche le nostre regioni tra medioevo ed età dei lumi. Esso farà ancora parte, sia pure a livello simbolico, della rinascita di tale progetto, ora ancora allo studio, ma prossimo ad essere ancora realtà.
(E' in preparazione su Taccuini un articolo sulla Nuovo Sistema Idroviario tra Svizzera e Venezia, con porto di interscambio ad Arona-Lago Maggiore).
Lesa, 18 agosto 2011
Enrico Mercatali
Riteniamo necessario, intanto, che il Castellaccio sia struttura visibile sia esternamente che internamente; che venga perciò tenuta pulita dal verde rampicante che la invade rapidamente e inesorabilmente. La sua visibilità farà così in modo da costituire concreta effige d'un monumento in rovina, già in sè fattore di puro interesse simbolico e fattore strategico d'attrazione, anzichè essere, credo oggi, un fattore valido solo a livello toponomastico (la "via al castello" è ciò che più concretamente appare di esso, dato che l'ammasso di verde è tale, ancora e sempre, che neppure una sagoma al di sotto di esso oggi può essere immaginata).
Alla pulizia fisica credo si debba aggiungere solo un poco di pulizia formale, che faccia ragione d'un civile assetto d'assieme dato che di struttura monumentale trattasi, di fatto, e che di essa possa esserne fatto sfoggio, da parte degli enti preposti alla sua valorizzazione turistica non solo locale, senza alcuna sovrastruttura che ne infici l'attuale aspetto "romantico" ad alta vocazione paesaggistica.
Sarà sufficiente porre allo studio una livellazione interna drenante ed autopulente (per tutto quanto attenga alla crescita spontanea di vegetazione indesiderata), che richieda il minimo possibile in termini di manutenzione, così da collocarvi al massimo qualche panchina, e magari, per le ore serali, una discreta ma efficace illuminazione scenografica, sia dal lago che da terra, sostanzialmente basata sul fotovoltaico.
Crediamo, noi di Taccuini Internazionali, che in tal modo (pertanto con una spesa davvero assai modesta, anzi modestissima se suddivisa tra ente locale e contribuzioni superiori) il Castellaccio possa ricominciare a vivere, per sè stesso, come fattore visibile e quindi punto di focalizzazione visiva importante come avviene per le altre strutture lacuali d'altrettanto peso, ma anche per far vivere di maggiore pregio contestuale l'intera area dell'Erno.
Un progetto di "valorizzazione" assai soft, pertanto, che sappia mantenere, ed anzi rafforzare, l'intima essenza di un luogo, oggi vivibile come lo furono talune rovine romane all'epoca del Piranesi o del Pannini, che, crediamo, richieda, quale modo migliore d'essere vissuto, quello d'essere interpretato quale struttura ricca di interesse evocativo e storico, più che in termini squisitamente architettonici o artistici.
Nessuno, però, se così andassero le cose, potrebbe mai dire di no, ad eventuali altri e superiori usi temporanei, di tipo culturale in senso lato, che in futuro vi si volessero proporre, mai tali però da creare spaesamento e snaturamento di quei caratteri che oggi vediamo in ombra, ma potenziali, tali però, se ben coltivati, da riportare in alto un bel monumento sia pure in rovina, ed in auge l'effige di esso nel quadro territoriale dell'Alto e Basso Vergante, tra Arona e Stresa, fatto anche d'altri gioielli, quali il Castello Visconteo di Massino e la Chiesa di San Sebastiano nella stessa Lesa.
Vorremmo che il Castellaccio sopravvivesse nella memoria del luogo come luogo fisico, più che come pura traccia d'un passato ormai cancellato. Esso fu parte integrante del grande antico progetto, divenuto realtà, che fece del lago una fondamentale componente della mobilità tra Svizzara e Pianura Padana, che fece ricche le nostre regioni tra medioevo ed età dei lumi. Esso farà ancora parte, sia pure a livello simbolico, della rinascita di tale progetto, ora ancora allo studio, ma prossimo ad essere ancora realtà.
(E' in preparazione su Taccuini un articolo sulla Nuovo Sistema Idroviario tra Svizzera e Venezia, con porto di interscambio ad Arona-Lago Maggiore).
Lesa, 18 agosto 2011
Enrico Mercatali
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