Dai numerosi schermi al plasma distribuite alle pareti della sale del WI-MU belle immagini si alternavano attorno al tema del vino facendo sfoggio sia di cultura che di stile. Dice questa coppa in cui viene versato vino dal colore rosso rubino intenso:
"Occhi per vedere, un naso per annusare, una lingua per piacevoli assaggi, una bocca per parlare e respirare. Queste sono le risorse della nostra conoscenza" - Ippocrates.
Nella sala delle degustazioni tutte le migliori annate delle oltre 200 aziende che producono Barolo a Barolo vi sono esposte
Ha aperto ufficialmente i suoi battenti a Barolo il Museo del Vino, battezzato "Wi-Mu", con tanto di preventivi e diffusi preannunci pubblicitari, grandi sponsorizzazioni e notevoli attese di ritorni importanti. Domenica 12 settembre 2010 l'invito era: "Entra nel vino"! Finalmente quanto promesso è avvenuto, con popolari e generosi festeggiamenti attorno alle mura del Castello, con le botteghe e le bancharelle colme di prodotti locali, le trattorie e i ristoranti presi d'assalto ed il pubblico che affluiva da ogni parte d'Europa per partecipare, almeno emotivamente, all'evento che si attendeva da tempo: "Quello che non c'era ora c'è".
Saltimbanchi e ballerine, orchestrine e giocolieri, mentre all'interno si dava inizio al rito delle presentazioni, precluso nella prima giornata al pubblico, facevano di tutto affinchè, per le strette stradine del borgo, si gioisse per l'inizio di una nuova era, in quel lembo di terra che aspirava ad essere un piccolo paradiso, per sottolineare quanto attesa e festosa fosse l'occasione, per l'avviarsi di un evento che già da secoli aveva messo radici nella storia e che s'attendeva molto ancora dal futuro, date le qualità straordinarie di quel prodotto della sua terra e della sua cultura, tanto osannato quanto realmente apprezzato in tutto il mondo, che è il Barolo, vino eccellente, tra gli eccellenti d'Italia! Certo esso è uno dei migliori e tra i più acclamati del mondo, ma anche inimitabile davvero, data l'essenza complessa della sua origine, dovuta senza alcun dubbio alla sapienza di coloro che ne conoscono i più intimi segreti, e che ne hanno radicato nei secoli la conoscenza, ed esaltata sulle tavole più nobili che l'hanno accolta e l'hanno saputa valorizzare nel tempo, ma anche dovuta agli aspetti e ai caratteri unici del luogo, quelle colline langhirane così ricche di sole e minerali, di terra molto argillosa tanto sapientemente lavorata, tanto aspra da dissodare quanto dolce al contempo da accudire, il cui particolare clima chiude in un sol cerchio ogni altra possibile positiva sua verità che vi si voglia raccontare.
Quando siamo entrati nel Castello di Barolo, con la "cartella-stampa" in mano pronta da verificare in ogni dettaglio, eravamo già informati del fatto che in quei locali era stato fatto ogni sforzo per circondare il Gran Prodotto con scenografie degne del suo nome, tanto che vi era stato chiamato a mettervi la firma uno dei più grandi nomi che al momento circolano per il mondo in termini di talento ed in fatto di stile, quella dell'architetto svizzero Francois Confino, che già ampia dimostrazione aveva dato del suo sicuro "saper fare" nella Mole Antonelliana di Torino, per gli straordinari quanto inusulai allestimenti del Museo del Cinema, certamente specialissimo anche nell'interpretare quel capolavoro d'architettura che è la Mole d'Antonelli, nata per essere tempio israelitico.
Ma anche in questo Castello di Barolo si incominciava a respirare tanta ricchezza di storia e di storie in modo nuovo, e l'essere tra quelle mura, in quei colori, nella delicatezza di quei pochi ma sapienti tocchi di stile, ci ha dato subito la sensazione che l'evento stesse ben riuscendo, che l'obbiettivo stava per essere centrato, che l'eleganza e la sobrietà che vi regnavano fossero la vera sigla di tutta l'organizzazione, e che "a castello" non fossero più gli aspetti rumorosi e popolari della sagra, della festa collettiva, a dominare, ma che in esso vi si stava consumendo ora un rito più intimo, una cerimonia più contenuta e di interiore concentrazione.
Pur essendovi molti ospiti che ne affollavano le sale si riusciva ad intuire che l'allestimento del Museo era stato concepito per concentrare l'attenzione del suo pubblico sull'unicum del tema che vi era narrato, visto attraverso le differenti angolazioni che l'hanno reso tale, secondo un approccio totalmente sensoriale e completamente personale, un modo intimo di pregustarne per intero la simbolicità prima ancora che la sua più banale realtà d'essere alimento, sia pur regale.
Tutto di quegli allestimenti lì vi si faceva convergere, le storiche fatiche della lavorazione (documentate da apparati fotografici storici bellissimi), gli strumenti sempre più affinati di produzione, i caratteri fisici dei luoghi e degli utensili della tradizione, l'ambiente culturale della sua valorizzazione, il sottile ma univoco discrimine che ha saputo determinare di esso l'essere una eccellenza, i mercati che lo hanno reso famoso nel mondo.
Il piano nobile del Castello conserva e rappresenta gli arredi della famiglia Falletti di Barolo. Le figure del Marchese Carlo Tancredi Falletti e della moglie Juliette Colbert vi sono rappresentate ed ambientate per sottolinearne il ruolo fondamentale che hanno avuto nella creazione del vino di Barolo. Ma in esso vi sono rappresentate anche le figure di Silvio Pellico e del Conte Camillo Benso di Cavour, protagonisti dell'epopea risorgimentale italiana, i cui passi in queste sale hanno risuonato, così come quelle di Carlo Alberto e di Vittorio Emanuele II, mentre il vino tutt'attorno e in esso vi si produceva, già sapientamente.
"Queste presenze sono fondamentali in queste stanze perchè la nascita del Barolo è un capitolo dello stesso racconto, popolato da quegli stessi protagonisti". Così recitano alcune didascalie che in esse vi si leggono.
La sala di accesso al Museo è affollata di sagome a grandezza naturale della tanta gente che le fotografie storiche tratte dai cassetti polverosi del castello ritraevano. Ciascuna di esse parla con la voce di gente di paese, e racconta le storie che sà... per esempio che "a castello" si stava preparando un gran banchetto per ospiti illustri, e vi si mesceva vino di Barolo.
Ed eccoci dunque dinnanzi alla tavola imbandita per davvero per quel gran banchetto, con le stoviglie d'epoca, ed un allestimento in grande stile. Ecco gli ospiti d'onore, che oltre al Conte Camillo Benso di Cavour, erano il generale Francesco Staglieno e l'enologo francese Louis Oudart, Juliette Colbert e i tanti personaggi della corte di Carlo Alberto, ospiti illustri al castello di Racconigi, ai quali Juliette aveva inviato in omaggio le famose "carrà" di vino Barolo, le famose 325 botti che venivano inviate dalla Marchesa di Barolo (una per ogni giorno dell'anno ad esclusione dei quaranta giorni di Quaresima, trainate dai buoi sino alla corte di Torino, tra lo stupore dei cittadini).
Nel percorso del Museo vi è raccontato anche il periodo in cui il Castello divenne sede del Collegio Barolo. Il visitatore è invitato ad accomodarvisi in classe, con tanto di arredi originali, per assistere alla lezione del maestro "virtuale", che ci insegna gli antichi segreti e ci spiega ciò che ancora di quel vino noi non sapevamo.
Le degustazioni finali ci permettono di avvicinarci, in cantina, non più virtualmente a quel vino, ma assai sensorialmente, provandone in prima persona gli aromi ed i profumi, gustarne il colore dal vivo, assaporandone per intero tutta la frangranza.
L'approccio discreto alla Tenuta Carretta di Piobesi d'Alba e a Bruno Giacosa di Neive ci ha donato piaceri davvero alti di degustazione. Abbiamo assaggiato tra l'altro un "Barolo chinato" che non avevamo mai prima d'ora incontrato.
Peccato che fossimo da soli, in questa festa, perchè una simile occasione imponeva d'essere ben accompagnati, per renderla davvero gioiosa e più completa.
Una meta in più, da oggi, per i turisti già così diversi, e predisposti, della nostra area dei grandi laghi del Nord-Ovest d'Italia, e delle escursioni pedemontane e montane, tra cui spesso alligna il desiderio del vino, dell'approccio sussiegoso ma intenso alle sue colline ricche di rigogli storici e naturali, ma soprattutto pronte a dare alle vie del gusto l'accento migliore, quello che segna più d'ogni altro, il senso stesso da dare alla vita.
WI-MU WINE MUSEUM, AL CASTELLO FALETTI DI BAROLO:
" QUELLO CHE NON C'ERA ADESSO C'E' "
" QUELLO CHE NON C'ERA ADESSO C'E' "
Ha aperto ufficialmente i suoi battenti a Barolo il Museo del Vino, battezzato "Wi-Mu", con tanto di preventivi e diffusi preannunci pubblicitari, grandi sponsorizzazioni e notevoli attese di ritorni importanti. Domenica 12 settembre 2010 l'invito era: "Entra nel vino"! Finalmente quanto promesso è avvenuto, con popolari e generosi festeggiamenti attorno alle mura del Castello, con le botteghe e le bancharelle colme di prodotti locali, le trattorie e i ristoranti presi d'assalto ed il pubblico che affluiva da ogni parte d'Europa per partecipare, almeno emotivamente, all'evento che si attendeva da tempo: "Quello che non c'era ora c'è".
Saltimbanchi e ballerine, orchestrine e giocolieri, mentre all'interno si dava inizio al rito delle presentazioni, precluso nella prima giornata al pubblico, facevano di tutto affinchè, per le strette stradine del borgo, si gioisse per l'inizio di una nuova era, in quel lembo di terra che aspirava ad essere un piccolo paradiso, per sottolineare quanto attesa e festosa fosse l'occasione, per l'avviarsi di un evento che già da secoli aveva messo radici nella storia e che s'attendeva molto ancora dal futuro, date le qualità straordinarie di quel prodotto della sua terra e della sua cultura, tanto osannato quanto realmente apprezzato in tutto il mondo, che è il Barolo, vino eccellente, tra gli eccellenti d'Italia! Certo esso è uno dei migliori e tra i più acclamati del mondo, ma anche inimitabile davvero, data l'essenza complessa della sua origine, dovuta senza alcun dubbio alla sapienza di coloro che ne conoscono i più intimi segreti, e che ne hanno radicato nei secoli la conoscenza, ed esaltata sulle tavole più nobili che l'hanno accolta e l'hanno saputa valorizzare nel tempo, ma anche dovuta agli aspetti e ai caratteri unici del luogo, quelle colline langhirane così ricche di sole e minerali, di terra molto argillosa tanto sapientemente lavorata, tanto aspra da dissodare quanto dolce al contempo da accudire, il cui particolare clima chiude in un sol cerchio ogni altra possibile positiva sua verità che vi si voglia raccontare.
Quando siamo entrati nel Castello di Barolo, con la "cartella-stampa" in mano pronta da verificare in ogni dettaglio, eravamo già informati del fatto che in quei locali era stato fatto ogni sforzo per circondare il Gran Prodotto con scenografie degne del suo nome, tanto che vi era stato chiamato a mettervi la firma uno dei più grandi nomi che al momento circolano per il mondo in termini di talento ed in fatto di stile, quella dell'architetto svizzero Francois Confino, che già ampia dimostrazione aveva dato del suo sicuro "saper fare" nella Mole Antonelliana di Torino, per gli straordinari quanto inusulai allestimenti del Museo del Cinema, certamente specialissimo anche nell'interpretare quel capolavoro d'architettura che è la Mole d'Antonelli, nata per essere tempio israelitico.
Ma anche in questo Castello di Barolo si incominciava a respirare tanta ricchezza di storia e di storie in modo nuovo, e l'essere tra quelle mura, in quei colori, nella delicatezza di quei pochi ma sapienti tocchi di stile, ci ha dato subito la sensazione che l'evento stesse ben riuscendo, che l'obbiettivo stava per essere centrato, che l'eleganza e la sobrietà che vi regnavano fossero la vera sigla di tutta l'organizzazione, e che "a castello" non fossero più gli aspetti rumorosi e popolari della sagra, della festa collettiva, a dominare, ma che in esso vi si stava consumendo ora un rito più intimo, una cerimonia più contenuta e di interiore concentrazione.
Pur essendovi molti ospiti che ne affollavano le sale si riusciva ad intuire che l'allestimento del Museo era stato concepito per concentrare l'attenzione del suo pubblico sull'unicum del tema che vi era narrato, visto attraverso le differenti angolazioni che l'hanno reso tale, secondo un approccio totalmente sensoriale e completamente personale, un modo intimo di pregustarne per intero la simbolicità prima ancora che la sua più banale realtà d'essere alimento, sia pur regale.
Tutto di quegli allestimenti lì vi si faceva convergere, le storiche fatiche della lavorazione (documentate da apparati fotografici storici bellissimi), gli strumenti sempre più affinati di produzione, i caratteri fisici dei luoghi e degli utensili della tradizione, l'ambiente culturale della sua valorizzazione, il sottile ma univoco discrimine che ha saputo determinare di esso l'essere una eccellenza, i mercati che lo hanno reso famoso nel mondo.
Una parziale veduta da alcune finestre della grande sala di rappresentanza al piano nobile del castello. Il restauro vi ha conservato a vista le belle volte in mattone e vi ha messo un pavimento in doghe di rovere
Il piano nobile del Castello conserva e rappresenta gli arredi della famiglia Falletti di Barolo. Le figure del Marchese Carlo Tancredi Falletti e della moglie Juliette Colbert vi sono rappresentate ed ambientate per sottolinearne il ruolo fondamentale che hanno avuto nella creazione del vino di Barolo. Ma in esso vi sono rappresentate anche le figure di Silvio Pellico e del Conte Camillo Benso di Cavour, protagonisti dell'epopea risorgimentale italiana, i cui passi in queste sale hanno risuonato, così come quelle di Carlo Alberto e di Vittorio Emanuele II, mentre il vino tutt'attorno e in esso vi si produceva, già sapientamente.
"Queste presenze sono fondamentali in queste stanze perchè la nascita del Barolo è un capitolo dello stesso racconto, popolato da quegli stessi protagonisti". Così recitano alcune didascalie che in esse vi si leggono.
La sala di accesso al Museo è affollata di sagome a grandezza naturale della tanta gente che le fotografie storiche tratte dai cassetti polverosi del castello ritraevano. Ciascuna di esse parla con la voce di gente di paese, e racconta le storie che sà... per esempio che "a castello" si stava preparando un gran banchetto per ospiti illustri, e vi si mesceva vino di Barolo.
Ed eccoci dunque dinnanzi alla tavola imbandita per davvero per quel gran banchetto, con le stoviglie d'epoca, ed un allestimento in grande stile. Ecco gli ospiti d'onore, che oltre al Conte Camillo Benso di Cavour, erano il generale Francesco Staglieno e l'enologo francese Louis Oudart, Juliette Colbert e i tanti personaggi della corte di Carlo Alberto, ospiti illustri al castello di Racconigi, ai quali Juliette aveva inviato in omaggio le famose "carrà" di vino Barolo, le famose 325 botti che venivano inviate dalla Marchesa di Barolo (una per ogni giorno dell'anno ad esclusione dei quaranta giorni di Quaresima, trainate dai buoi sino alla corte di Torino, tra lo stupore dei cittadini).
Nel percorso del Museo vi è raccontato anche il periodo in cui il Castello divenne sede del Collegio Barolo. Il visitatore è invitato ad accomodarvisi in classe, con tanto di arredi originali, per assistere alla lezione del maestro "virtuale", che ci insegna gli antichi segreti e ci spiega ciò che ancora di quel vino noi non sapevamo.
Le degustazioni finali ci permettono di avvicinarci, in cantina, non più virtualmente a quel vino, ma assai sensorialmente, provandone in prima persona gli aromi ed i profumi, gustarne il colore dal vivo, assaporandone per intero tutta la frangranza.
La sala oggi predisposta per i ricevimenti e per la rappresentanza, al piano nobile del castello. La veduta dalle sue finestre è uno dei migliori biglietti da visita per un luogo come questo: dolci colline e ordinati vigneti; ordinati vigneti e dolci colline a perdita d'occhio.
L'approccio discreto alla Tenuta Carretta di Piobesi d'Alba e a Bruno Giacosa di Neive ci ha donato piaceri davvero alti di degustazione. Abbiamo assaggiato tra l'altro un "Barolo chinato" che non avevamo mai prima d'ora incontrato.
Peccato che fossimo da soli, in questa festa, perchè una simile occasione imponeva d'essere ben accompagnati, per renderla davvero gioiosa e più completa.
Una meta in più, da oggi, per i turisti già così diversi, e predisposti, della nostra area dei grandi laghi del Nord-Ovest d'Italia, e delle escursioni pedemontane e montane, tra cui spesso alligna il desiderio del vino, dell'approccio sussiegoso ma intenso alle sue colline ricche di rigogli storici e naturali, ma soprattutto pronte a dare alle vie del gusto l'accento migliore, quello che segna più d'ogni altro, il senso stesso da dare alla vita.
Ed ecco il momento tanto atteso! "Cin Cin" !
Barolo, 12 settembre 2010
Enrico Mercatali
(foto di Enrico Mercatali)
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