THE MAGAZINE OF THOUGHTS, DREAMS, IMAGES THAT PASS THROUGH EVERY ART OF DOING, SEEING, DISCOVERING

25 September 2012




Vincenzo Gemito

in mostra a Milano al GAM di via Palestro


Sopra e sotto al titolo: di Vincenzo Gemito "Il pescatorello", la sua scultura forse più famosa, in due foto di repertorio, la prima di fine ottocento e la seconda anni '50, che ne mostra la collocazione nel fulcro dei giardini botanici di Villa Taranto a Verbania.


Qui sotto una fotografia - ritratto dello scultore napoletano (1852 - 1929).



Verranno riaperti al pubblico in questi giorni di fine settembre i depositi dalla GAM milanese di via Palestro: oltre 900 sculture d'ogni dimensione e materiale, prevalentemente appartenenti al periodo a cavallo tra i secoli XIX e XX. Un'affascinante tuffo nell'arte discreta e un po' sognante del tardo romanticismo lombardo e della scapigliatura sarà perciò, in un labirinto di temi e sentimenti oggi un po' consunti, ma certamente più che mai necessari per riscoprire un passato pieno di fascino e mistero.



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(l'articolo, di Enrico Mercatali, continua. Clicca qui sotto.





Un artista, Gemito, che poco ha fatto parlare di sè, e quasi un po' dimenticato, nonostante la bellezza delle sue opere, e la grande dimestichezza con le tecniche dell'immediatezza: le sue opere migliori, le più fresche e le più sentite sono proprio gli schizzi a penna o a matita, gli studi pittorici appena abbozzati, le sculture realizzate in cera o creta. Egli non amava il marmo, proprio perchè ostiche in lui le tecniche del sottrarre e del levigare pian piano; la sua arte era immediata, come del resto la stessa accademia insegnava nell'ambito dei movimenti pittorici e scultorei in voga in quel periodo. Ma proprio per questo la sua esperta e sicura mano sapevano dare risultati sorprendenti quando si trattava di "cogliere l'attimo", e di fare l' "istantanea" ante litteram dei soggetti fuggevoli da lui preferiti, quale il "Pescatorello", la "Cantatrice", il "Malatiello", l"Adolescente", il "Fanciullo del popolo che offre acqua ai passanti", il "Bimbo che legge".




Sopra: V. Gemito, 1886 - Testa di Anna Gemito
V. Gemito, 1926 - Ritratto di Raffaele Viviani





V. Gemito, Il "Giocatore di carte", Il "Pescatorello" (secondo esemplare)



V. Gemito, Busto di Verdi (conservato presso la Casa-ricovero dei musicisti a Milano)


"Nel giovanotto campano rivive l'anima di uno statuario ateniese" ebbe a dire di lui Gabriele d'Annunzio, mentre Alberto Savinio, avendone avuta la meddesima impressione quando ne vide le opere, commentò: "E' il delegato della Grecia del V secolo presso la Napoli dell'ottocento". Entrambi i commenti avvertivano nella sua scultura qualcosa di profondamente classico, nonostante si stesse parlando di un'età fortemente connotata dai più romanci accenti. Certamente egli fu un grande ammiratore dello stile classico, ma ebbe anche da abbeverarsi, lavorando per i Borbone, della più pittoresca umanità popolare che i vicoli partenopei sapevano offrire agli occhi d'una interpretazione realistica dei suoi soggetti. Lo stesso ritratto che lo fece famoso al suo tempo che fece per Giuseppe Verdi, oggi esposto nella sede della Casa di Riposo per Musicisti a Milano, denunciava questo mix di austera reverenza per l'aura della pagana immortalità e di virtuoso realismo che ne costituiva la personalissima e fortunata cifra.




 Autoritratto (terracotta)




"L'acquaiolo" (bronzo)


Furono forse i tratti della follia, che lo videro fuoriuscito da un orfanotrofio e poi fuggitivo da un manicomio, ad avergli donato quel guizzo che lo sapeva contraddistinguere, mentre aggiornava poi il suo istinto d'artista, aggiungendovi qualità ed esperienza, nei più elevati salotti del potere d'allora (i Savoia ed i Borbone) o nelle più appassionanti amicizie (quale quella che intrattenne con Mariano Fortuny, sia a Portici che a Parigi).

Enrico Mercatali,
Lesa, 25 settembre 2012

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