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16 July 2010

La "questione dello stile". Seminario alla Fondazione Europea del Disegno , presieduta da Valerio Adami, Meina 16-18 luglio 2010

Nella foto: Valerio Adami e Michel Onfray all'inizio del Seminario


Nella foto una delle palazzine immerse nel verde di fronte al lago, sede della Fondazione Adami a Meina (No). A sinistra un'opera di Paladino intitolata a Beuys


Pare che "il più grande filosofo francese contemporaneo", come Maurizio Ferraris ha definito Michel Onfray prima di dargli la parola dopo aver introdotto il Seminario di quest'anno, stia prendendo confidenza con il nostro territorio, dato che siamo andati a sentirlo parlare solo dopo qualche mese dall'ultima volta che l'abbiamo incontrato, nel settembre del 2009 a Cittadellarte, assieme a Pistoletto, nell'ambito di un'altro incontro in occasione della pubblicazione in Italia del suo ultimo libro (o uno degli ultimi, dato che ne ha scritti ormai più di cinquanta) "La cura dei piaceri". E anche in quell'occasione, come in quella di oggi, prima giornata dedicata al tema dello stile nel disegno, erano stati toccati e approfonditi temi riguardanti l'arte, non ultimo degli interessi multiformi del filosofo, ma certamente uno dei più frequentati in questi ultimi anni, naturalmente non esaurendo in sè stesse le argomentazioni attorno alle quali muovere per affrontare temi utili alla contemporaneità del vivere, ma andando oltre ogni possibile interpretazione filosofica, per dare ragione alle tesi di fondo, non solo del suo autore, ma anche del seminario di oggi, attorno all'esigenza di riscoprire il reale, in un mondo, quale il nostro che viviamo, sempre più illusoriamente tale, dominato come mai prima d'ora dalle sofisticate tecnologie massmediatiche.

Sopra: Un momento del dibattito, 16 luglio 2010. Meina (No)


Filosoficamente ciò si traduce, secondo Ferraris, nella trasformazione di ciò che il postmodernismo ci aveva promesso in termini di emancipazione nel cosiddetto "populismo mediatico, ove la fuga dal reale si materializza nell'unica realtà possibile, che corrisponde a ciò che altri hanno deciso per noi, nella rappresentazione di ciò che accade segnata da un unicum che non ci appartiene, perchè dato da altri. Per Onfray tutto ciò, ovvero questo mondo dato dall'esterno appartenente ad altri, deve ritornare in noi. E' perciò compito del nostro agire intellettuale, ed ancor più ontologico, riappropriarci di esso, cercando di uscire fuori dal regime filosofico platonico nel quale siamo immersi, essenzialista e non realista. In questo regime ogni reale viene vissuto come una sorta di impoverimento dell'Idea, l'idea che è la sola cosa vera. Perciò ciò che viviamo di reale, il nostro corpo, con le sue pulsioni, le sue passioni, coi suoi desideri, con la sessulaità, l'edonismo, il piacere, il godimento, viene vissuto da ciascuno comje cosa declassata al rango di cosa inferiore... Oggi, nell'era dei media sofisticati, nell'era della televisione, dell'i-pad, del touch screen, accolti come uniche vere realtà che ci circondano di continuo, non cè altro reale possibile se non lo schermo di questi piccoli e potenti aggeggi che ci mostrano la realtà che non è più nostra, e che viviamo come unica possibile, oltre ogni nostra idea di fisicità, di materialità che parta da noi.

Foto sopra: modera il Seminario, le relazioni e il dibattito Massimi Ferraris, ordinario di filosofia teoretica presso la facoltà di Lettere e filosofia dell'Università di Torino. Direttore della rivista di estetica del centro interuniversitario di Ontologia Teoretica e Applicata.

La risposta che Ferraris abbozza a tale visione è che se Nietzsche ha detto: "Accontentati del mondo dato", egli ha anche concluso che nel terreno vago dell'idea, del concetto (che sembra emergere dalla smaterializzazione massmediatica), spesso non ci sono fatti ma soltanto le interpretazioni di essi. Se si interpreta la realtà che oggi viviamo, ad esempio in Italia, egli afferma, pare che il corpo, con la sua carne, i suoi desideri, le passioni, l'edonismo, i desideri, il piacere, siano tutte cose al centro del potere, e non siano davvero sostituite dall'Idea, da un'idea capace di rimuoverli. A tale obbiezione Onfray risponde che i due distinti modi di usare il corpo, e l'edonismo che ad esso si accompagna, che caratterizzano le due diverse ed opposte possibilità che vi sono date, che sono: la prima quella di mercificare il loro modo consumistico di goderne, attraverso appunto la veicolazione coi mass media delle loro immagini immateriali, che indice al consumo e alla religione consumistica che ne propogna l'uso, attraverso le leggi che ad essa si accompagna, del potere, della richezza, dell'essere in quanto esibirsi, nella moda, nella macchina, nel telefonino ultimo modello, ecc. La seconda, celebrata dall'epicureismo che invitava gli uomini a godere del "puro piacere d'esistere", quella dell'uso libertario del corpo che celebra l'essere che si sbarazza delle vanità, denaro, onori, potere, ecc., nonchè da ciò che da essi discende, sofferenze, legami, obblighi e timori.Amore della morte e amore della vita sono agli estremi di queste distinte concezioni. Filosofia forse troppo semplicistica, questa per Ferraris, che riconosce dignità ai corpi atletici e perfomanti o ai telefonini capaci di essere anche istruttivi, oltre che mezzi capaci di renderci schiavi. Una realtà decisamente più complessa, egli sostiene, di quella che distingue, alla maniera di Onfray, in modo troppo netto e manicheo tanatofilia da biofilia.


Onfray, pur riconoscendo al telefonino (di cui vorrebbe indagarne una ontologia ed una fenomenologia) la dignità dell'essere utile, vorrebbe che l'uomo tecnologico dovrebbe dotarsi di una prudenziale saggezza, che invece gli sfugge totalmente, quando non sa dire se sia egli capace di sfuggire alla tecnologia o se sia invece l'uomo a obberire ad essa.Il dibattito diventa molto interessante quando si pone il tema della morte, e si discute se l'uomo oggi sia capace di affrontarne il tema in modo consapevole. Si sostiene infatti che proprio la tecnologia e l'assenza di senso della realtà allontanano l'uomo dalla consapevolezza della morte, e dalla conseguente sua capacità di arrivare ad essa in modo dignitoso, facendo i conti con essa. Il culto della vita ad ogni costo e condizione, di una vita senza memoria, rende scettici rispetto agli eventi ultimi di essa, una sorta di "immortalità per censo" che diventa vera e propria mummificazione.
Per Onfray questa immortalità nasce da un sogno che radica sè stesso nell'idea dell'al di là, di una vita eterna nella quale non esiste più nè il tempo, nè la sofferenza, nè l'invecchiamento, nè l'entropia. Tutto ciò nasce da una filosofia appartenente alla scolastica, che ha smesso di occuparsi dell'esistenza, la quale invece permeava il programma della filosofia antica. A quella perciò, il filosofo del Trattato di Ateologia, indende rifarsi per rifondare un moderno impianto filosofico che corrisponda alle esigenze dell'uomo di oggi, lontana assai dalla "saggezza" di talune riviste femminili... Egli ha per questo fondato l'Università popolare di Caen, per cercare di superare le mistificazioni che per secoli la filosofia ufficiale universitaria ha fatto del pensiero esistenziale, totalmente misconosciuto e travestito. Ferraris modera tali giudizi con una sorta di programmatico antiestremismo, dicendo che certe riviste femminili, in fondo, sono assai meglio di certe riviste per soli uomini. Egli ricorda poi ad Onfray quanto l'Università italiana sia oggi più che mai osteggiata proprio dal populismo al potere. Condivide invece con lui il giudizio severo nei confronti di una filosofia che, rinnegando la realtà, rinuncia ad essere stumento di liberazione.

Dopo aver fatto queste prime considerazioni personali, riportiamo, di seguito, il sunto dell'intervista che il quotidiano Repubblica ha fatto ai due filosofi, riportandone, come in un botta e risposta, i loro personali punti di vista circa l'argomento trattato nel corso del Seminario di Meina alla Fondazione Adami.
In tal modo possiamo, dalle loro stesse, talvolta divergenti, talvolta consonanti parole, avere un'idea dello stato del dibattito su questo tema:

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Maurizio FERRARIS: «La nostra generazione è diventata adulta (filosoficamente) in un mondo in cui le promesse di emancipazione del postmoderno si sono trasformate nel populismo mediatico. E ciò che lega le teorie dei postmoderni alle pratiche dei populisti è il principio secondo cui non c´è un reale "là fuori", ma solo un gioco di interpretazioni».

MICHEL ONFRAY
: «Metti il dito nella piaga. Nietzsche diceva: "Accontentati del mondo dato". Questo "mondo dato" è in gran parte perduto, e nel mio lavoro cerco di ritornare a quel mondo perché intellettualmente, per non dire ontologicamente, viviamo in un regime filosofico platonico ed essenzialista. Il reale non è: viene presentato come un impoverimento, una diminuzione dell´Idea che è la sola cosa vera. Donde il declassamento del mondo di qui – il corpo, la carne, i desideri, le passioni, le pulsioni, la sessualità, l´edonismo, il godimento, la sensualità, il piacere ecc. Questo congedo dal reale culmina con la televisione, in cui "reale" viene ad essere il virtuale, la cui epifania ha luogo grazie a un oggetto, lo schermo – della televisione, del computer, del telefonino, dell´i-pad. L´immaterialità di questo falso reale diventa la sola e unica realtà, e lo spettatore si stupisce di imbattersi per strada nel corpo reale del filosofo che ha visto alla televisione».

FERRARIS
: «Non sono troppo sicuro del fatto che ciò che si chiama "virtuale" sia anche "immateriale". In fondo, se manca l´elettricità non c´è televisione, né computer, né telefonino. Direi, piuttosto, che si tratta di una diversa materialità, un po´ meno ingombrante (ma non dimentichiamo le discariche piene di vecchi computer). Una materialità che tuttavia è trattata ideologicamente - su questo sono d´accordo con te - come se fosse immateriale. Trovo però che tu idealizzi un po´ troppo l´ideologia dominante nel momento in cui la tratti come essenzialista. Da una parte, mi sembra che la smaterializzazione sia finalizzata non a un trionfo dell´idea o del concetto, ma piuttosto al suo contrario, alla costituzione di un terreno vago in cui non ci sono fatti, ma solo interpretazioni (purtroppo Nietzsche ha detto anche questo). D´altra parte, se devo giudicare da quel che vedo in Italia, direi che "il corpo, la carne, i desideri, le passioni, le pulsioni, la sessualità, l´edonismo, il godimento, la sensualità, il piacere" siano al centro del potere, non siano affatto rimossi in nome dell´idea».

ONFRAY
: «Esistono due usi dell´edonismo e due usi del corpo, che si accompagnano a due usi della vita. Da una parte, l´uso liberale e mercantile dei corpi, una celebrazione del piacere del possesso che produce la religione consumistica che, te ne rendo atto, oggi detta legge: avere, possedere, accumulare beni e ricchezze, essere perché si esibisce (casa, vestiti, macchina, donna/uomo, telefonino ultimo modello, gadget del momento – i-pad ecc.). Dall´altra, l´uso libertario e ludico dei corpi, una celebrazione dell´essere che si inscrive nella tradizione di Epicuro che invitava a sbarazzarsi delle vanità inseguite dai più: denaro, potere, onori, ricchezze. Epicuro invitava al "puro piacere di esistere", senza sofferenza, senza legami, senza obblighi, senza timori. Questi due modi d´essere suppongono due relazioni con il mondo: una relazione tanatofiliaca, nel primo caso, una relazione biofiliaca, nel secondo: amore della morte, amore della vita. Il corpo virile celebrato nello sport contemporaneo, il corpo platonico proposto nelle riviste di moda o nei magazine, è il corpo della religione consumista: deve essere bello, giovane, performante, in piena salute, abbronzato, scolpito dal body-building».

FERRARIS
: «Ti confesso che, potendo scegliere, non mi dispiacerebbe affatto avere un corpo "bello, giovane, performante, in piena salute", anche se non "scolpito dal body-building", e, quanto all´i-phone, lo trovo molto ricco (e istruttivo) anche dal punto di vista concettuale, tanto è vero che ho scritto una ontologia del telefonino. Ma, venendo al nocciolo della questione, mi sembra che tu sia troppo tranchant quando distingui tra liberale e libertario, o tra tanatofilia e biofilia, il mondo – è il meno che si possa dire – è più complicato».
ONFRAY : «Per l´i-phone (anch´io ne ho uno), so quanto è utile questa tecnologia, e sono convinto della necessità di una ontologia e di una fenomenologia del telefonino, ma credo che un tecnofilo debba dotarsi di una saggezza prudenziale: la tecnologia deve obbedirci, non l´inverso. Per il corpo: non si può scegliere tra un corpo che non si ha e il corpo che si ha, ma si ha la scelta di vivere il proprio invecchiamento e la propria morte in maniera filosofica, altrimenti a che serve la filosofia?».
FERRARIS : «Sono pienamente d´accordo sul fatto che la filosofia deve aiutarci a fare i conti in modo realistico e coraggioso con l´invecchiamento e la morte. Oggi invece nel discorso pubblico si assiste a qualcosa di radicalmente antitetico. Da una parte, c´è un culto della vita a qualunque condizione, come se la vita senza memoria, pensiero, speranza, potesse essere ancora tale. Dall´altra, c´è la promessa (giocata anche in termini politici) di una vita prolungata sino a 120 o 150 anni, un modesto surrogato di immortalità in un´epoca scettica rispetto alle cose ultime, una quasi-immortalità per censo, di fatto una sorta di mummificazione».
ONFRAY : «Questo sogno di immortalità o di quasi-immortalità che rovina la vita quotidiana di tanta gente si radica nel sogno di una vita eterna in cui non c´è più tempo, invecchiamento, entropia, sofferenza. La filosofia, diventata universitaria, elitista, elitaria, nascosta, professorale e istituzionale, ha per modello la scolastica, e ha cessato di curarsi dell´esistenza, che viceversa era l´unico programma della filosofia antica. Oggi esiste anche una "filosofia" che propone una vaga saggezza destinata alle riviste femminili. Per quel che mi riguarda, rifiuto in filosofia la duplice tirannide dell´università e del giornalismo, ecco perché da nove anni ho istituito l´università popolare di Caen, per insegnarci venticinque secoli di pensiero esistenziale misconosciuto, dimenticato, travestito».
FERRARIS: «Non sarei troppo severo né con la filosofia sulle riviste femminili (sono sempre meglio che i giornali per soli uomini, e quella filosofia è sempre meglio dell´astrologia), né con la filosofia nelle università, che non è così astratta, se si considera che l´università, in Italia, è la bestia nera del populismo. Ma sono convinto – e su questo sono molto severo – che quando la filosofia dice addio alla realtà e alla verità rinuncia ad essere uno strumento di liberazione».
ONFRAY : «Possiamo scegliere di rifiutare questa religione nichilista per preferirle una saggezza immanente. Continuo a credere che Epicuro e Seneca siano nostri contemporanei, e che il loro messaggio sia di una impressionante attualità. Bisogna dunque ritornare alla filosofia, ma non al nichilismo degli anni Settanta, per il quale tutto ciò che rompeva con l´antico era buono, né ai filosofi che ci si appellano ancora (e sono tantissimi). Credo che Diogene e Aristippo, Democrito ed Epicuro, Lucrezio e Leucippo siano più moderni di Lacan, Sollers o Bernard-Henri Lévi. Solo la filosofia materialista (e atea) può spiegare come e perché siamo iscritti nel tempo che si manifesta nella perpetua metamorfosi delle connessioni atomiche, dove la morte non è che una di queste metamorfosi».
FERRARIS : «Non sono certo che si possa davvero "imparare a morire". Ma cercare di imparare a morire, cercare di conciliarci con il nostro destino, è forse il più grande insegnamento che ci viene dal materialismo (o, meglio, dal realismo, dal rifiuto del nichilismo), se non altro perché, come scriveva Montaigne, "chi ha imparato a morire ha disimparato a servire". A queste condizioni la filosofia può essere davvero uno stile di vita».
ONFRAY : «Credo che gli uomini possano cambiare e che una conversione filosofica sia possibile. Parlo per esperienza, ho avuto una infanzia difficile, quattro anni in un orfanotrofio di salesiani pedofili e tre anni di collegio, prima di lasciare la famiglia a diciassette anni per provare a volare con le mie ali. Inutile dire che dopo quelle prove ero più tanatofilo che biofilo, sono diventato biofilo grazie alla scoperta, l´uso e la pratica della filosofia antica, poi grazie alla decisione di condurre una vita filosofica. Sartre ha ragione quando dice che "siamo ciò che facciamo di ciò che hanno voluto fare di noi"».


Nella foto accanto il filosofo francese Michel Onfray ritratto da Valerio Adami per una riproduzione sul gadget regalato ai partecipanti


















A fianco: lo striscione
della Fondazione Europea del disegno con un disegno di Valerio Adami in occasione del Seminario intotolato "Del disegno La quuestione dello stile", al quale sono stati invitati numerosi filosofi.




Meina, 16 luglio 2010

Enrico Mercatali
(Le foto sopra riportate sono di Enrico Mercatali)

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