THE MAGAZINE OF THOUGHTS, DREAMS, IMAGES THAT PASS THROUGH EVERY ART OF DOING, SEEING, DISCOVERING

04 October 2012

Mostra di disegni di Aldo Rossi alla galleria Jannone di Milano




Ricordato da una mostra di disegni alla Galleria Jannone
(a quindici anni dalla scomparsa)


A L D O    R O S S I


milanese, inventore di uno stile originale e senza tempo,
amata e controversa figura d'artista e teorico dell'architettura



Sopra al titolo: Aldo Rossi '73,  "Progetto per il cimitero di Modena", litografia 12/30 (acquistata in galleria Jannone nel corso di una mostra di "Disegni di Aldo Rossi" negli anni '80). Sotto al titolo: Al polso Aldo Rossi porta un orologio da lui stesso disegnato per Alessi (Omegna - Lago Maggiore)




Qui sopra un disegno di Aldo Rossi dedicato a Milano, al suo Duomo, ai suoi grattacieli. In primo piano il monumento al Presidente Pertini, da lui progettato e realizzato nel cuore della città,  tra via Montenapoleone e via Manzoni. Vi fanno da corollario le panchine, gli alberi di gelso, i lampioni, che completano l'arredo della piazzetta. Appena realizzato il progetto fu fortemente contestato dalla cosiddetta Milano da Bere che, in quegli anni, stava iniziando a snaturare lo spirito della città e la società italiana tutta. Il monumento rossiano, all'opposto, con il personaggio al quale era dedicato, costituivano elemento di forte resistenza a tale genere di cambiamento, riferendosi ai valori forti che hanno fatto la città, costituendone i più autentici caratteri.


Architetture fantastiche, le sue, e disegni di architetture improbabili attinte da un mondo personalissimo dallo stile inconfondibile.

Frutto d'oniriche visioni, incentrate su figure mentali, talvolta semplicemente ludiche, dei suoi ricordi d'infanzia, le opere di Rossi diventano, nella messa in scena dei suoi schizzi e dei disegni, sogni ad occhi aperti di progetti urbani capaci di inventare, nelle estatiche riflessioni d'una teoria che sa cogliere sempre il nesso preminente tra luoghi e  cose,  icone di città nuove, pur se immerse nella storia, di edifici in bilico tra modernità e passato, di oggetti simili a vecchi giochi da tempo riposti in soffitta, e ricollocati in una teca fatta di meditazioni forse nostalgiche.



Aldo Rossi-Luigi Ghirri, paesaggio a Modena, con la neve e il cubo rossiano dell'addizione dell'ampliamento del cimitero di San Cataldo. La sottile poesia ghirriana spesso ha tratto ispirazione all'architettura di Rossi. Anche questa fotografia ne testimonia, con la particolare atmosfera invernale e la nitida purezza dell'aria che vi ha saputo ritrarre, la particolare ed unica forma poetica trasmessa da Rossi e dalle sue architetture , specialmente quando immerse nel paesaggio piatto della Pianura Padana.

Architetto mai veramente amato dai suoi concittadini Aldo Rossi fu decisamente più apprezzato all'estero, specie in quell'amata mitteleuropa nella quale egli stesso forse si sentiva a maggior suo agio che in Italia, ed in cui anche a lungo fece pratica di insegnamento, crescendo stuoli di discepoli. A Milano, nella sua città, costruì molto, sia nelle estreme periferie che nei luoghi canonici della sua amata città storica, all'interno della quale pure egli aveva casa e studio, all'ombra del grattacielo Velasca dei BBPR.



Milano: quartiere Gallaratese
Arona, Modena e Milano: Statua del San Carlone, Cimitero San Cataldo, quartiere Gallaratese
Venezia: Basilica della Salute, Teatro Scientifico
Pavia, Duomo e sua nuova facciata
Torino: Edificio in Viale Giulio Cesare e Mole Antonelliana



Tra tutti i suoi lavori milanesi amiamo ricordare il centralissimo monumento a Pertini, collocato all'incrocio tra via Manzoni e via Montenapoleone. Esso costituì l'esempio più tipico  di quante e quali potessero essere le tensioni attorno alla sua opera:  quando fu realizzato esso  fece infastidire la  "Milano da Bere" tanto che per protesta venne preso a picconate da un consigliere comunale di minoranza, Tommaso Staiti Di Cuddia il quale volle in esso vedere oltre che una provocazione artistica anche un vero e proprio insulto materializzato di politica avversa. Il tempo poi smorzò le polemiche ed anche il monumento, che davvero portava in sè qualcosa di ostico e poco commestibile, riuscì a passare in seguito quasi inosservato.





Abbiamo citato questo esempio per sottolineare quanto il grande riconoscimento dell'opera di Rossi fosse esclusivamente un fatto di critica più che di pubblico. Se per il solo Monumento a Pertini vi furono atti di intolleranza che travalicavano il semplice scontento, per tutte altre opere, specie quelle destinate ad abitazioni (quali il complesso del Gallaratese), non mancarono mai lunghissime polemiche, trascinatesi per anni, dovute allo sconcerto che la loro pura forma, e non altro,  aveva saputo determinare, per la quale non tutti erano preparati ad accoglierne la portata, e che pochi davvero sapevano capire ed apprezzare.
 




Dobbiamo riconoscere che è dai suoi disegni, più ancora forse che dalla stessa architettura realizzata, che emerge quella speciale aura di metafisica atmosfericità, che ne sigla l'appartenenza, e che ne costituisce l'intrinseca coerenza, fatta di mezzi e di linguaggio. In essi non sono particolarmente gli edifici, le loro piante, o i loro prospetti, ad essere protagonisti della scena, come neppure  sono i colori, sempre diluitissimi e trasparenti, a dare essenza ai caratteri che ne sono preminenti; forse neppura la tecnica grafica adottata, quasi sempre rapidamente schizzata secondo quanto sovviene alla memoria dell'autore durante il suo farsi, in prospettiva o più semplificata che sia, espressa in assonometria o in alzato quel tanto che basti a farla diventare architettura in senso operativo, quanto piuttosto una contestualizzazione più complessa, fatta di tanti oggetti, che siano essi di pura fantasia geometrica, quanto una stratificazione di precedenti suoi progetti, coi semplici riferimenti monumentali, come fatti primari, del contesto urbano trattato. Molto di frequente appaiono nella scena oggetti di produzione industriale che Rossi stesso ha progettato, oppure assunti, dal contesto della sua memoria, tra quelli  che hanno avuto per lui un particolare significato personale.




Schizzo per la caffettiera di Alessi, in accio inox, coeva del Teatro Scientifico veneziano, come evincesi dal coperchio troncoconico, di analoga fattezza, e dal suo fregio sferico di coronamento.


La produzione grafica rossiana è davvero sterminata. Egli fu prolificissimo sia professionalmente che come puro artista. La distinzione non è canonica, in quanto generalmente si ritiene che i disegni costituiscano il corpus progettuale d'ogni singola opera realizzata, che documenti il percorso che va dall'acquisizione dell'incarico, alla progettazione vera e propria, al completamento dell'opera. In realtà la produzione di Rossi evolveva parallelamente ai progetti ed agli incarichi di curatela, tanto da diventare materia a sè del suo autoalimentarsi, nell'alimentare la ricerca in sè stessa dell'analisi che egli svolgeva per puro diletto. Essa si traduce in pura arte, nel corso della professione di architetto,  anche perchè Rossi già ben sà che già esiste un mercato fiorente, di quei suoi disegni, che evolve a   modo suo, del tutto indipendentemente da quello dell'architettura costruita, ed egli lo alimenta nei ritagli di tempo, e nel contesto stesso della vicenda professionale, solo perchè a lui piace davvero disegnare, inventare disegnando, sognare disegnando, più di ogni altra cosa, anche se nel frattempo crescono a milioni i metri cubi costruiti sotto la sua firma, in tutto il mondo. Ma a lui questo sembra poco importare.


Manifesto della mostra: Antonia Jannone "Disegni di Architettura"


L'architettura costruita, specie negli ultimi anni della sua vita, purtroppo terminata prematuramente per un incidente accaduto proprio nella regione sua più amata, quella del Lago Maggiore, ha avuto ritmi convulsi, tanto intensa è stata la domanda di una sua presenza in ogni angolo del mondo. Ma, nonostante questo, e nonostante egli fosse supportato da un ampio staff di collaboratori, egli affrontava ogni progetto come lo affrontava all'inizio della sua carriera, come quando fece la fontana di Segrate, per il Municipio di Canella, studiando e disegnando a mano libera lo spirito del luogo, i suoi riferimenti nel contesto,  i fattori di interesse preminente, più che non i singoli elementi costruttivi, dei quali egli avrebbe fatto, di certo, volentieri a meno.





Enrico Mercatali
Milano, 1 ottobre 2012

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