Addio Anni 70
Cultura e Arte a Milano 1969 -1980
Sopra al titolo: uno degli artisti che stavano emergendo alla fine dei Sessanta in America era Allan Kaprow. Lo ritroviamo a Milano in quel periodo, nelle manifestazioni organizzate dalle autorità cittadine, in collaborazione con il consolato milanese degli States, e coi maggiori galleristi milanesi che avevano fatto della città una delle mete più attrattive del mondo in fatto d'arte, una delle quali è stata una performance per le strade del Quartiere Comasina. Qui nella foto: Allan Kaprow his Environment “Yard,” 1967 Pasadena edition with participants. Photo copyright Julian Wasser. AFC Associate Editor Karen Archey’s latest piece at Art in America
Online discusses the opening of Hauser & amp; Wirth’s first gallery in
New York City. The teaser below.
Sotto al titolo: "Il corpo è tuo", da Re Nudo (rivista nata e prosperata negli anni '70, tipico prodotto editoriale di quegli anni a grande diffusione trasversale tra generazioni di giovani "contestatori" ed i loro maestri "intellettuali di sinistra"), qui in una immagine di anni più recenti, "Il ciclonudista".I settanta, il decennio in mostra a Milano "Addio anni 70 - Arte a Milano 1969 - 1980", sono stati anni veramente diversi, nuovi e difficili, complessi da viversi e da riviversi oggi, in quanto contraddittori, a volte fin troppo espliciti, ricchi di verità gridate ma anche a volte poco soddisfacenti per i risultati ottenuti. Questa di Milano è una mostra davvero densa di contenuti, piuttosto dispersiva, ma inevitabilmente tale per la grande varietà di cose da dire, da raccontare, da mostrare, certo spesso non si carta patinata, e quindi scomoda da affrontare, alternativa in tutto nel particolare ma infine priva di un suo genere o filo conduttore. Milano e la sua attuale amministrazione hanno voluto regalare questa storia alla città che ne ha principalmente condotto la principale trama, facendola gratuita alla visione dei concittadini, coerentemente con gli assunti che l'hanno legata a quella storia per molti dei suoi tratti e facendola anche ampia il più possibile. Putroppo però incompleta, come del resto non poteva che essere, data la mole dei temi da trattare, dei personaggi da raccontare, delle cose da dire e delle opere da mostrare. Numerosi infatti i buchi, e i vuoti non colmati.
Tutto si riassume nei Settanta sotto il segno del rapporto tra personale e politico. Anzi il motto "personale è politico" si fa strada nel fermento rivoluzionario che trasforma eventi sporadici come fossero traguardi definitivi. Cassa di risonanza è il nuovo rapporto tra università e fabbrica, e di questo tutta la citta ne viene investita. La grande festa organizzata al Parco Lambro, memore dei grandi raduni americani od inglesi, in realtà fallisce. Ma di tali fermenti giovanili ogni ambito culturale, compresi quelli istituzionali, ne diventa tramite. Così ne diventano cassa di risonanza La Triennale, il Piccolo Teatro, almeno in parte, l'Università nel suo complesso. Molti poeti e letterati, uomini di cultura, galleristi e critici ne diventano i cantori, o quanto meno, gli accreditati speakers: Italo Calvino e Umberto Eco, Nanni Balestrini e Vittorio Gregotti, Arturo Schwarz e Guido Le Noci. L'editoria alternativa si fa spazio così come anche librerie alternative che diventano centri di lettura, di ritrovo e propaganda. Primo Moroni (qui sopra nella foto gialla ne è un esempio con la sua "Calusca" e, prima ancora, con il suo Club di via San Maurilio, ove si organizzava teatro sperimentale, letture collettive e dibattiti, gite fuori porta). Gli artisti, che partecipavano attivamente all'organizzazione culturale di quegli anni, davano testimonianza diretta con opere non sempre d'alto livello culturale. Qui sopra alcuni esempi: Nanni Balestrini e Daniel Spoerri (di quest'ultimo, e del suo Nouveau Realism, nella mostra vi è stata allestita una enorme sala piena di "tavoli a fine pasto").
Più che di opere d'arte infatti, pur trattandosi di una mostra d'arte milanese che già nel titolo si precisa in argomento e cronologia, di argomenti vi si narra, e dei personaggi di fama che ne hanno fatto parte o in veste di artisti autori delle opere, o di galleristi che ne hanno lanciato il nome, o di critici e o filosofi e o storici che ne hanno parlato, o di figure dello spettacolo, della moda, del teatro, della musica, del costume che ne hanno fatto da sfondo nei più svariati modi. E' un intreccio di fili, infatti, che formano la matassa della mostra, ovvero quel coacervo di cose accadute e ricordate dalla stampa dell'epoca, oppure divenute note perchè riprese dai maggiori fotografi che di quel periodo sono riusciti a farne un palcoscenico di grande ineteresse e complessità. le opere quindi non costituiscono nella mostra che le punta d'un iceberg assai più ampio che vi sta sotto e attorno, e che a volte, diventa più interessante perfino delle opere, più necessario alla ricostruzione storica, più accattivante materia di racconto.
Vasti spazi della mostra sono stati dedicati agli artisti qui sopra rappresentati: Pino Spagnulo, Emilio Tadini, Alik Cavaliere, Valerio Adami, Enrico Castellani e Fausto Melotti. Di Spagnulo, Cavaliere e Melotti vi sono stati posti alcuni pezzi entro le sale reali d'arredo piermariniano, così che potessero trovare adeguato contrasto con i relativi lussuosi arredamenti. Le opere scelte non sono certo le loro migliori. Ma soprattutto non ritenuamo che essi possano considerarsi gli esponenti di maggiore rappresentatività degli anni Settanta. Altri artisti lo sono assai di più nella descrizione complessiva che la mostra intende dare, specialmente legando le opere al contesto socio-economico e politico. Ma certamente le loro opere hanno il pregio dell'opposto, ovvero esse sanno rappresentare forse più di altre il distacco che vi fu tra certi movimenti d'arte e di cultura ed il lavoro più silenzioso, ma altrettanto cospicuo in risultati, di altri. Nel complesso tali opere mostrano esattamente (e forse questo stava a cuore ai curatori Francesco Bonami e Paola Nicolin) quanto contraddittorio sia stato l'intero decennio, non lineare, ricco di scosse, ma anche di più tranquillo costrutto, specie a livello internazionale. Non fu un caso il fatto che la città di Milano visse il decennio dei Settanta come l'ultimo nel quale essa primeggiava nel mondo per arte e per cultura, prima di un suo smorzarsi sino a divenire poca cosa rispetto a fenomeni diversi e meno apparscenti, a volte perfino più provinciali e chiusi.
Diventa arte, ed aspressione d'arte, specialmente nei Settanta, anche la pura carta stampata, la cui grafica diventa essenziale e comunicativa, con le sue illustrazioni, le sue vignette, la sua satira continua. Diventa espressione d'arte l'estrema povertà del prodotto editoriale, che non doveva contraddire il contenuto fortemente proletarizato, tendente ad essere espressione d'una politica di massa, e di una intellettualità totalmente asservita agli interessi delle classi lavoratrici. L'arte pura non sempre ne raccoglie i frutti, o ne sà esprimere i principi e gli ideali. Nasce l'arte povera, che spesso è povera negli stessi materiali che usa ma che non sempre rimane tale in quanto linguaggio povero e alla portata di tutti i palati. Emerge infatti anche un'arte, sì al limite della povertà dei mezzi, ed essenziale nel suoi tratti e nella scarsità linguistica adottata, ma anche assai colta e raffinata, al limite anche elitaria. Accanto ai Christo, ai Kounellis, ai Beuys emergono, specie a Milano, i nomi di Castellani, i Melotti, i Tadini, i Mari, i Mulas che non possono dirsi proprio proletari...
Allan Kaprow, attivissimo creatore americano di happenings d'arte, fotografato a Milano da Maria Mulas alla fine degli anni 60, in un prato del quartiere Comasina, assieme a Ida e Luciano Mercatali che per lui hanno organizzato per l'happening "Print-out", di cui alla locandina nelle mani dell'autore. L' "azione" di Kaprow prevedeva: "Guidando delle macchine in un prato aperto fino a che queste traccino una strada"- "Dipingendo la strada di bianco fino a venga cancellata" - "Segnando una strada asfaltata con una linea bianca" - Guidando delle macchine sulla linea fino a che venga cancellata".
Nel novero dei grandi fatti che dettero rilievo internazionale alla città nei Settanta la mostra ricorda, e qui noi pure segnaliamo con immagini, personaggi di spicco che le dettero lustro e dei quali ogni momento si parlava, e non solo nei salotti. Tra questi John Cage, del quale ricordiamo un famoso "concerto" che diede personalmente al Teatro Lirico, durante il quale non fu udita una sola nota musicale, ma solo lunghi ed estenuanti silenzi da parte sua, solo sul palco, ed in seguito le urla di un pubblico in preda alle più diverse reazioni, compresa quella di lanciargli addosso ogni genere di oggetto e di insulti: Inoltre la coppia Ettore Sottsass e Fernanda Pivano, che, da quell'epoca in poi, proseguirono separatamente le reciproche attività d'impronta creativa internazionalmente apprezzata. Poi ancora Ugo Mulas, del quale, morto prematuramente, la mostra espone le famosissime "Verifiche", ultimo contributo del fotografo alla grande produzione artistica mondiale (qui autoritrattosi nella foto con la moglie Nini). Poi Joseph Beuys, Forse "talento del secolo", che ebbe un rapporto speciale con Milano, forse suo approdo naturale per il legame che ebbe con Lucrezia Di Domizio Durini, critico d'arte e grande collezionista nell'immenso open space di via Mecenate, assieme alla quale fece assurgere il piccolo borgo di Bolognano a fama internazionale, compiendovi le performance e costruendovi le istallazioni che più lo resero famoso nel mondo, tra cui "Piantagione Paradise".
Qui sotto abbiamo fotografato l'opera che rappresenta la mostra,
scelta dai curatori per il suo manifesto e la sua promozione, ricca di
ambiguità ed ironia, poetica ed ingegneristica al contempo: Alfa Castaldi, "La machine à manger les huitres", Milano.
Carla Cerati, foto dal libro "Nudi" edito nel 2007. La sua principale attività di fotografa risale agli anni 70, e nella mostra vi sono esposti alcuni suoi "nudi", stampati in grande dimensione originale. Il nudo più sopra è stato scelto per la copertina del libro di Francesco Piccolo "La separazione del maschio", per Einaudi
Una grande parete della mostra ospita l'immenso olio di Arduino Cantafora, dal titolo "La città analoga", già esposto nell'atrio del Grattacielo Pirelli, che, assieme, a "La città analoga" di Aldo Rossi, 1976, serigrafia su carta, proposta per la prima volta alla galleria Antonia Jannone, propone una particolare lettura della città: Milano viene scansita e visualizzata secondo i parametri aldorossiani di "L'architettura della città", in cui si fanno simulacri della storia urbana i suoi più significativi monumenti che ne hanno determinato l'immagine e la forma, tra i quali compaiono pariteticamente il Lazzaretto e le case popolari del Quartiere Gallaratese.
Quando Christo venne a Milano per la prima volta divenne assiduo frequentatore di Guido Le Noci e della sua galleria Apollinaire, una delle emergenti negli anni 70 nella "città con più gallerie d'arte al mondo", propensa verso le avanguardie più estreme. Vi conobbe i vertici dell'intellighenzia critica cittadina, famosi galleristi ed altri artisti. Anche Pierre Restany, con lui frequentò in quel periodo la città, mettendo a segno numerosi interventi sulle riviste d'arte e di architettura più autorevoli di allora. Uno dei progetti di quel periodo dell'artista riguardò proprio il centro cittadino, con la famosa impacchettatura del monumento a Vittorio Emanuele II, in piazza del Duomo, per il quale riportiamo qui un bozzetto presentato alla mostra "Addio anni 70"
MM
Sospesi tra lo sguardo del testimone e il “senno di poi” del curatore, la mostra coinvolge direttamente anche alcuni protagonisti del tempo,
come per esempio Nanni Balestrini, Gianni Emilio Simonetti, Sergio
Dangelo con Arturo Schwarz e Daniel Spoerri con Gino Di Maggio, chiamati
a curare alcune delle sale della mostra sulla base di esperienze che
hanno vissuto in quel periodo.
In questo senso si muove anche il progetto editoriale concepito come integrazione della mostra, di uguale importanza e rilievo nella economia del racconto. Il libro che accompagna l’esposizione, realizzato da Mousse, è infatti un’antologia di testi e immagini d’epoca, selezionati e ristampati per l’occasione. Si tratta di documenti introvabili, provenienti da archivi, gallerie, fondazioni e biblioteche, utile punto di partenza per chiunque fosse interessato ad ulteriori sviluppi e analisi della storia artistica milanese.
In questo senso si muove anche il progetto editoriale concepito come integrazione della mostra, di uguale importanza e rilievo nella economia del racconto. Il libro che accompagna l’esposizione, realizzato da Mousse, è infatti un’antologia di testi e immagini d’epoca, selezionati e ristampati per l’occasione. Si tratta di documenti introvabili, provenienti da archivi, gallerie, fondazioni e biblioteche, utile punto di partenza per chiunque fosse interessato ad ulteriori sviluppi e analisi della storia artistica milanese.
Apre e chiude il percorso una reading room, progettata grazie alla collaborazione di Artek e Domus e realizzata con tavoli e sedie di Enzo Mari, legate all’esperienza dell’Autoprogettazione che egli presentò per la prima volta alla Galleria Milano nel 1974. Nella sala saranno visibili anche le interviste a critici e protagonisti del decennio realizzate appositamente per la mostra insieme alla documentazione editoriale d’epoca. Completa l’esposizione una sezione dedicata al libro d’artista e alle riviste indipendenti, allestita, dal 22 giugno 2012, nella sala degli Archivi Gianferrari del Museo del 900 a cura di Giorgio Maffei.
Da mercoledì 30 maggio la mostra è aperta gratuitamente al pubblico: un segno di coerenza coi contenuti espositivi e con gli impegni presi coi cittadini da parte della Giunta milanese.
Enrico Mercatali
Milano, 7 giugno 2012
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