Oggi è il ritmo dei cambiamenti che stupisce, rispetto a quelli ai quali eravamo abituati anche solo trenta, quaranta anni fa. E così, dicono gli storici, fu più veloce il Novecento dell'Ottocento, e quest'ultimo rispetto al Settecento. Si avviò proprio nel "Secolo dei Lumi" la Gran Corsa, rispetto ai secoli precedenti, nei quali regole assai "certe" sapevano reggere il peso d'una continuità pressochè inalterata nel tempo. Ebbene oggi, in questi ultimi pochi decenni il mutamento è tale che non riusciamo più, neppure come singole persone, ad evitare di stupirci ogni qual volta ritorniamo in un luogo conosciuto, che già lo vediamo cambiato. I cambiamenti sono ad ogni livello e grado: grandi strutture e infrastrutture cambiano il volto del mondo, facendo nascere nuovi paesaggi. ma anche il dettaglio cresce e sviluppa novità e cambia il significato delle cose. Un esempio di tal genere lo vediamo nella foto sotto al titolo ove un semplice pilone dell'alta tensione cambia forma, diventando "Sostegno Germoglio" nel disegno di Giorgio Rosental e di Hugh Dutton, mentre sopra al titolo ci rendiamo conto, all'opposto, di quale e quanto impatto sia possibile oggi nel paesaggio determinare tramite un ponte, ma anche quanto questo impatto sappia farsi "pura arte", e non più solo ingombro o bruttura, nei progetti di Norman Foster per il viadotto di Millau in Francia. Cambiano i paesaggi, ma ora non più necessariamente in peggio, se e quando la progettazione diventa mezzo di virtuose interpretazioni non solo dei bisogni, ma anche dei caratteri di un luogo, e di più leggeri e consoni modi di viverli. Qui sopra due immagini (interno e veduta zenitale esterna) della Stazione passante Berlin-LertherBahnhof del 2006, di GMP Architekten von Gerkan, Marg und Partners.
L'oggetto della grande e ben documentata mostra milanese alla Triennale, organizzata dalle associazioni nazionali dei costruttori edili in collaborazione con il Comune di Milano e con numerose istituzioni tecniche e scientifiche nazionali ed internazionali, è un escursus davvero ampio sulle modificazioni fisiche, ma soprattutto ideali e programmatiche che si sono verificate a partire dall'Europa e dall'America ai primi del '900 ad opera di pensatori, amministratori, architetti e costruttori che hanno saputo anticipare quanta e quale rivoluzionaria trasformazione la portata gigantesca che i nuovi modi di produzione, assieme alla creazione di nuove tecnologie, avrebbero potuto determinare di li a poco tempo.
Qui sopra alcuni degli esempi, che sono stati riportati nella mostra, di quanto agli albori del XX secolo, e durante tutta la prima metà di esso, l'attività di ingegneri e architetti abbia teso ad dare forma nuova e simbolica ai grandi interventi pubblici in campo urbano, specialmente quando trattavasi di infrastrutture ferroviarie e metropolitane, e relative stazioni, dotate queste ultime di iconoca riconoscibilità ed estensività territoriale: una architettura del mondo perciò, che partendo dalla grande città assurge alla scala territoriale attraverso una particolare evidenza sancita dalla forma e dalla speciale qualità che questa assume nell'adempiere a questo compito. Dall'alto: Vienna, la Stazione di Karl Plaz di fine ottocento, di Otto Wagner; Parigi, ingresso del Metro, 1898-1904, di Hector Guimard; Valle Ossola (Italia), disegno per la centrale idroelettrica di Crevola d'Ossola, 1923-25, di Piero Portaluppi; il triplo ponte di Lubiana, 1900-01, di Joseph Plecnik; disegni e progetti per Plan Obus-Algeri, 1930-31 di Le Corbusier; stazione d'aeroplani e treni ferroviari, 1914, di A. Sant'Elia; the Living City, 1958, di F. L. Wright.
La mostra, curata da Alberto Ferlenga, ha
inteso mostrare al pubblico la rapida evoluzione avutasi nel mondo, a
partire proprio da pochi e ben precisi segni di lungimiranza messi in
atto da pochi a cavallo tra il XIX e il XX secolo, tra questi e le
epocali opere che hanno davvero operato i più grandi cambiamenti nel
modo di vedere e di pensare l'ambiente, ma anche nel vivere gli spazi
geografici più ampi delle nostre terre e dei nostri paesaggi.
L'ingegneria e l'architettura delle grandi trasformazioni urbane e territoriali, oltre a diventare, nel corso del XX secolo, sempre più grandi, tendono anche a qualificarsi e a personalizzarsi, così che, prendendo una loro forma peculiare, possano così rendersi più accettabili perchè riconoscibili. Questo loro processo di identificazione nulla toglie, ovviamente, all'impatto visivo, che diventa veicolo stesso di ampia trasformazione quantitativa e qualitativa di quella scena che chiamiamo paesaggio, nella quale la vita dell'uomo si lega indissolubilmente, per darsi un senso e per sentirsi collettivamente partecipe. Gli esempi che, nella mostra, vengono in tal senso riportati vanno, qui sopra dall'alto, dalla londinese Battersea Powert Station, del 1929-34, di Gilles Gilbert Scott; alla Teleferica di Medellin, presso Bogotà (Colombia); dalle stazioni della Metropolitana di Mosca di Viktor A. Vesnin degli anni '30, ai progetti di Rino Tami per l'autostrada ticinese Chiasso-San Gottardo, dal '63 all''83. Sono esempi molto diversi e distanti tra loro, ma rappresentano il tentativo, in ognuno di essi presente, di dare forza di persuasione all'opera in quanto tale mediante interventi formali, presi dalla contemporaneità oppure dagli stili della storia, tesi a convincere della bontà del mezzo, all'utilità della funzione. In Battersea Station e nelle stazioni della Metropolitana di Mosca sono forme classiche, stilemi del passato, a dare significato collettivo all'opera pubblica. Negli altri due esempi sono le tecnologie o le forti geometrie della semplificazione semantica a convincere il fruitore. Sono sempre i paesaggi puliti e facili da decriptare ad avere la meglio sul caos: questo il messaggio della qualità del moderno, a questo approdano sia il messaggio storicista che quello della contemporaneità.
Assai più disorganici ed episodici, come fece notare Bruno Zevi in un articolo apparso nel 1961 sull'Espresso, confrontandoli con quelli dell'autostrada ticinese di Rino Tami, gli interventi dell'Autostrada del Sole, che comunque costituirono un momento di enorme trasformazione territoriale in Italia a partire dal 1960. L'intervento cambiò completamente il nostro Paese, sia a livello fisico che nella percezione complessiva degli italiani, e lo rese più unito e praticabile. Inopltre segnò l'avvio di una vera e propria turisticizzazione di massa dei suoi territori. Numerosi furono i punti cruciali el suo territorio orograficamente assai complesso, ricco di montagne e vallate. Enormi furono i lavori che comportarono alcuni viadotti, e prestigiose le firme degli strutturisti che vi lavorarono. Fu quella la scuola dell'ingegneria italiana, divenuta famosa nel mondo di quegli anni: Riccardo Morandi, Pierluigi Nervi, Silvano Zorzi, Aldo Favini, Angelo Mangiarotti, Sergio Musmeci sono i nomi dei progettisti italiani più conosciuti, che hanno operato anche in altri paesi europei ed extraeuropei. Se l'"Autosole"non è stata solo una infrastruttura, ma opera capace di dare proiezione al futuro a un'intera economia d'un paese, essa è anche stata, come anche altri interventi autostradali in Italia, a volte, ed in non pochi casi, anche un vero e proprio "mostro divoratore di paesaggio". La scarsa attenzione che in taluni tratti di essi si è verificata, in incontaminate vallate appenninico, o in ambiti urbani già densamente abitati, ha stravolto l'ambiente in modo irrimediabile, causando diseconomie e notevole spreco di riserse.
Una infrastuttura di recente realizzazione ad Albisola, in Liguria: una vecchia galleria ferroviaria ad un solo binario, da tempo in disuso, è stata trasformata in una moderna pista ciclabile e pedonabile
Nello scorcio dell'ottocento appena indistrializzatosi progettisti
geniali hanno tracciato i primi segni fondamentali di quel cambiamento
che sarebbe divenuto tumultuoso nella sua seconda metà del XX secolo e
travolgente a partire dal nuovo secondo millennio. L'intuizione fu
quella d'aver segnato consolidati tessuti urbani con edifici o
infrastrutture capaci di far intuire cambiamenti di scala, o già di
sperimentare, di questi, gli effetti. Nella mostra disegni e plastici
riconducono ai primordi di questa attività facendo intuire quanto questi
primi approcci alla grande scala facessero presagire il vero grande
fisico cambiamento che è oggi sotto gli occhi di tutti, specialmente al
centro delle aree metropolitane più grandi e dense del mondo, ma anche
talvolta sul territorio, quando investito dalle grandi trasformazioni
dovute all'infrastrutturazione, ai grandi eventi necessitati dalla
ricerca di nuove fonti energetiche, alle opere che regolano i grandi
fenomeni geo e meteo-dinamici.
Esempi di progettazione alla scala territoriale, riportati nella mostra di Triennale, che, traendo spunto da un singolo intervento di totale riconsiderazione d'un impianto urbano (come nel caso del progetto di Kenzo Tange per la baia di Tokyo, o nel recupero della newyorchese High Line - ex linea ferroviaria dismessa, in un nuovo parco lineare urbano del 2009-11), oppure anche da un solo edificio dall'alto valore simbolico e fortemente impattante nellp skyline o nella fisionomia della città o del territorio (come nel caso di Linked Hybrid di Steven Holl a Belijung in Cina -2009, o nel Millennium Dome di Richard Rogers a Londra del 2000, o nel progetto per la stazione TAV ad Afragola-Napoli di Zaha Hadid, o nell'Università della Calabria di Vittorio Gregotti del 1973, o nella centrali ENEL di Porto Corsini presso Ravenna e di Priolo Gargallo presso Siracusa, di Michele De Lucchi).
L'Italia può mettere in luce, quale proprio apporto all'evoluzione mondiale della infrastrutturazione del pianeta quanto ha realizzato sul proprio territorio specialmente a partire dagli anni '60, con la realizzazione, tra i primi stati del mondo, del sistema autostradale che ha avvicinato il Mediterraneo alla Mitteleuropa, col suo complesso sistema di viadotti e gallerie, alcuni di questi tra i più arditi al mondo, realizzati da ingegneri che si sono distinti anche all'estero per la loro creatività ed altissima professionalità. Al sistema autostradale è stato affiancato, in epoca più recente, un sistema ferroviario per l'alta velocità tuttora in fase di realizzazione. Nel corso di tale processo di marcata integrazione territoriale si sono prodotte opere importanti, ma si sono anche operate scelte a volte anche assai deleterie quanto ad inserimento ambientale e ad impatto urbano, i cui errori sono ora difficilmente rimediabili.
Impianto di produzione di energia elettrica con pannelli solari in Spagna
Nel complesso di tali interventi il territorio italiano è stato punteggiato anche da opere di importante significato simbolico il cui peso architettonico, sia civile che industriale, ha saputo dare pregio ai luoghi senza nulla togliere alla bellezza preesistente del paesaggio. Una sensibilità particolare in tal senso è oggetto di interesse da parte della mostra "Architettura del Mondo, Infrastrutture, Mobilità e Nuovi Paesaggi. Vi vengono riportati centinaia di esempi in tutto il mondo che la breve dimensione di questo scritto rende impossibile ricordare. Tale sensibilità, specie dimostrata dalle più giovani generazioni di architetti, è oggi riscontrabile in opere anche di modeste dimensioni, quali ponti ciclo-pedonali, pensiline alle fermate di tram e autobus, passeggiate recuperate ai vecchi tracciati ferroviari, scale-mobili all'interno di centri storici, torri-osservatorio, punti di osservazione, teleferiche e cabinovie, stazioni della metropolitana, centrali idroelettriche, sottostazioni elettriche, ecc. Alcuni di tali esempi abbiamo riportato in foto in questo testo, ma poche ancora sembrano le realizzazioni sul territorio italiano che siano capaci di imporsi per forza simbolica e capacità di segno, come invece avviene ormai ovunque in tanti esempi stranieri.
Alcuni esempi di una progettazione su ampia scala pianificata, di strutture dalle dimensioni epocali che hanno segnato la storia dei Paesi che ne hanno intrapreso i lavori, sono costituiti, per quanto riguarda l'Italia, ad esempio dal Progetto Mose (dighe mobili) per Venezia, che da lunghi anni opera nel tentativo di preservare la laguna dalle acque alte, o dai tentativi intrapresi in Africa e Asia per arrestare l'avanzata dei deserti, o il Prairie States Forestry Project, quale sistema frangivento attraverso gli Stati Uniti d'America lungo 3.200 chilometri, che è stato varato da Raphaerl Zone (vedi sopra un manifesto dell'epoca e la foto del suo promotore) nel 1935, col fine di ridare slancio ad una delle zone agricole più importanti ed estese del mondo.
L'utilità della mostra è quella di mostrare quanto potrebbe una progettazione, che tenesse conto della grande rete mondiale delle informazioni (non casulamente l'ultima stanza della mostra evidenzia una grande rete luminosa che fascia e riempie il vuoto del locale - vedi foto sopra), quanto potrebbero in essa le buone idee, e quanto potrebbe una lungimirante politica di opere pubbliche se anche nel nostro Paese si intraprendesse il buon principio d'una maggiore attenzione alle preesistenze, a tutto ciò che forma il paesaggio che ci è stato tramandato dai secoli, a quanto tutto ciò significhi per la nostra identità nazionale ma anche per il migliore sviluppo di una risorsa che forse per noi è la maggiore, e la più importante, quella del turismo. Una attenzione a quanto le più grandi opere compiono quando irrompono nell'ambiente ma anche una attenzione al dettaglio che ogni cosa nuova si faccia sia appropriato e significativo, anzichè totalmente avulso, come ancora troppe volte avviene, dalla logica dell'assieme, dalla uniformità linguistica del contesto, e dalla sua valorizzazione.
Una bella ed istruttiva mostra, questa in Triennale, forse fin troppo densa di esempi e proposte per essere facilmente capita e ricordata.
Enrico Mercatali
Milano, ottobre 2012
Aggiornato 18 dicembre 2012