Renzo Mongiardino nel Moderno
ovvero
quando l'architetto dei VIP opera nei BBPR
ovvero
quando l'architetto dei VIP opera nei BBPR
e l'iconoclasta caparbiamente cerca
ritrovando l'oggetto che aveva distrutto
nel solco d'una riscoperta memoria.
Ingresso con scala alla zona notte
Si tratta in questo articolo di un arredo siglato Renzo Mongiardino nei locali agli ultimi piani di un palazzo progettato a Milano dai BBPR (Belgioioso, Banfi, Peressutti e Rogers, gli architetti della Torre Velasca) negli anni '60 (vedi: http://taccuinodicasabella.blogspot.it/2016/10/quando-io-iconoclasta-del-surreal-neo.html). Nel titolo se ne sintetizzano i contenuti, nei quali si racconta d'un cambio di destinazione d'uso dei locali (attico, superattico e giardino pensile) che ha comportato la demolizione dell'arredamento mongiardiniano per fare spazio ad una nuova configurazione architettonica degli interni che più corrispondesse alle nuove necessità abitative del proprietario. All'autore delle nuove sistemazioni, tra l'altro autore anche di queste note, a così tanti anni di distanza da quegli eventi demolitori, pare oggi, anno in cui una bella mostra al Castello Sforzesco tratteggia la geniale figura di Renzo Mongiardino, d'essere stato complice d'una azione iconoclasta.
Il cerchio che chiude un personale raggiungimento di scopo
lascia comunque il vuoto d'un documento perduto
che può ritenersi oggi di ragguardevole valenza artistica
Ingresso con passaggio al soggiorno
Quegli arredi griffati Mongiardino, andati in demolizione alla fine
dei '70 per raggiunti limiti di funzionalità d'un appartamento in uno
stabile realizzato nel centro di MIlano una quindicina d'anni prima dai
modernisti Belgioioso Peressutti e Rogers, era stato fotografato, poco
prima di quell'evento, allo scopo non già di documentare un'opera che
oggi vediamo almeno meritevole di memoria, quanto quello di rilevare,
con intento puramente tecnico, tutti gli elementi fissi di quegli
interni che potessero essere poi utili alla realizzazione della nuova
progettazione. Alcune di quelle fotografie, che qui vogliamo mostrarvi, sono
state realizzate dal sottoscritto, autore materiale anche di quella avvenuta demolizione oltre che della successiva riprogettazione, nel corso seconda metà degli anni
settanta, e ben descrivono i caratteri di quella abitazione, i suoi
stucchi e le sue modanature in gesso, gli encausti eseguiti in sito, le tappezzerie coordinate a parte della mobilia, le
componenti lignee fisse e mobili, le suppellettili selezionate
personalmente dal loro augusto autore, gli intarsi pavimentali e
quant'altro occorre a rendere unico e speciale il suo odierno dispiegarsi ai
nostri occhi.
Il soggiorno
L'opera di Renzo Mongiardino insegna che
dalla storia possano attingersi infiniti linguaggi,
la cui attualità può dirsi eterna
sia che si tratti di una rappresentazione teatrale,
sia che si tratti di una perfetta rappresentazione di sè
Sala da pranzo
Queste fotografie, che illustrano l'area di ingresso alla casa, con la scala lignea rettilinea che conduce al piano superiore destinato alla zona notte, l'ampio soggiorno, lo studiolo annesso all'area living con la sua pregiata boiserie, la sala da pranzo, sono state a lungo ricercate negli archivi del loro autore tanto da costituire un vero e proprio scoop il loro recentissimo ritrovamento, così potendosi ora esse aggiungere all'ormai davvero cospicuo materiale documentale dell'opera mongiardiniana, la cui parte più significativa è stata in questi mesi raccolta nel bel libro di Officina Libraria dal titolo "Renzo Mongiardino Architettura da Camera".
Oggi quindi, nell'anno in cui decorrono i cent'anni dalla nascita di Renzo Mongiardino ed in cui il Comune di Milano ha dedicato una bella mostra documentaria alla sua ampia produzione artistica, sia come sapiente architetto di interni che come scenografo di grande talento, i documenti ora ritornati alla luce costituiscono un prezioso contribito di conoscenza e di omaggio al loro autore. Nelle cinque immagini qui riportarte leggiamo la mano sicura di uno dei maggiori maestri d'interior design del XX secolo, il quale, in una delle sue rare apparizioni in veste di scrittore, ha definito il suo stile "surreal neobarocco".
Lo studiolo
In questo scritto, riportato all'interno del catalogo della mostra milanese, il maestro dell'"architettura da camera" prende le distanze non solo dal modernismo, pur essendo egli stato allievo di Gio Ponti e, per un certo periodo giovanile, anche estimatore di le Corbusier, ma anche dal postmodernismo, il cui atteggiamento ironico denuncia un complesso d'inferiorità nei confronti dell'antico, che ne limita il libero dispiegarsi del linguaggio secondo formule maggiormente e totalmente creative. Se ne deduce che il suo fluido e spontaneo appoggiarsi alla storia, piuttosto che alle incognite di un futuro tutto ancora da inventare, sia per lui il veicolo d'una più libera ma anche più sicura interpretazione degli intimi e talvolta occulti autentici desideri dei suoi committenti, il modo di creare uno sfondo alla loro personalità, fornendo loro un palcoscenico nel quale ben rappresentarsi.
Enrico Mercatali
Milano, 10 ottobre 2017
P.S.
L'ironia della sorte ha voluto che, se delle immagini della sistemazione mongiardiniana è avvenuto sia pure tanto tardivamente il ritrovamento, e la avvenuta loro pubblicazione, della sistemazione successiva, quella realizzata dal sottoscritto in quogo della precedente, non sono mai state ritrovate fotografie che ne potessero documentare quanto meno la riuscita del prodotto finale rispetto alle aspettative dei committenti, se non proprio la possibilità di un confronto tra un "prima" e un "dopo" così diversi tra loro.
E.M.
Lesa, 13/10/2016
P.S.
L'ironia della sorte ha voluto che, se delle immagini della sistemazione mongiardiniana è avvenuto sia pure tanto tardivamente il ritrovamento, e la avvenuta loro pubblicazione, della sistemazione successiva, quella realizzata dal sottoscritto in quogo della precedente, non sono mai state ritrovate fotografie che ne potessero documentare quanto meno la riuscita del prodotto finale rispetto alle aspettative dei committenti, se non proprio la possibilità di un confronto tra un "prima" e un "dopo" così diversi tra loro.
E.M.
Lesa, 13/10/2016
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