Quando io, iconoclasta
del "surreal neobarocco"
Renzo Mongiardino
massimo interprete del gradimento abitativo
delle più elevate classi sociali al mondo
maniacale assertore di un decoro storico
che parli una lingua sempre attuale
Appartamento all'interno del palazzo Odescalchi, Roma, 1969. Sala da pranzo e salotto.
Poi, inviati alle discariche tutti quei preziosi manufatti in legni pregiati, a suo tempo realizzati dalla miglior artigianalità italiana oggi scomparsa, riccamente impreziosita da fregi scultorei dorati, dettagli decorativi realizzati su misura, diedi avvio alla realizzazione di un algida, razionalista e minimale veste a quegli spazi costruiti sulle istanze d'una funzionalità domestica tutt'affatto diversa ed estranea alle esigenze rappresentative di uno status griffato, quanto improntata alle più severe mode che l'interior design di quel periodo stava imponendo.
e strenuo avversatore
dell'ironia post-moderna
Sala di lettura a finte tarsie della casa di Philip Sharp a New York,
ho cancellato una autorevole testimonianza
d'una orgogliosa critica al moderno
Renzo Mongiardino
Verso la fine dei settanta, senza averlo deciso di persona, tuttavia con un certo sensibile piacere, ho vissuto l'esperienza di ordinare la demolizione, entro una casa d'appartamenti costruita dai BBPR nel centro di Milano, di un arredamento su tre piani (con attico, superattico e giardino pensile) che qualche anno prima era stato realizzato, nientemeno che (così penso oggi) da Renzo Mongiardino.
Proprio ora Milano, al Castello Sforzesco, ne celebra la figura d'artista, architetto e scenografo in una mostra a lui dedicata nel centenario dalla nascita, la quale, come fa ogni buona mostra commemorativa, ne analizza e ne divulga le qualità.
Quell'arredamento di cui ho accennato più sopra, spazzato via ormai quasi cinquanta anni fa, definitivamente cancellato dalla futura memoria, eseguito nello stile inconfondibile "surreal-neo barocco" del suo autore, come lui stesso amava definirlo, se fosse stato conservato dai suoi proprietari anzichè sostituito da un altro dallo stile totalmente diverso e per quel tempo in un certo senso assai più "accademico", del quale io stesso sono stato l'autore, sarebbe forse oggi anch'esso annoverato in quella mostra milanese, o pubblicato nell'ampio volume "Architettura da camera", che Officina Libraria ha pubblicato per l'occasione.
Proprio ora Milano, al Castello Sforzesco, ne celebra la figura d'artista, architetto e scenografo in una mostra a lui dedicata nel centenario dalla nascita, la quale, come fa ogni buona mostra commemorativa, ne analizza e ne divulga le qualità.
Quell'arredamento di cui ho accennato più sopra, spazzato via ormai quasi cinquanta anni fa, definitivamente cancellato dalla futura memoria, eseguito nello stile inconfondibile "surreal-neo barocco" del suo autore, come lui stesso amava definirlo, se fosse stato conservato dai suoi proprietari anzichè sostituito da un altro dallo stile totalmente diverso e per quel tempo in un certo senso assai più "accademico", del quale io stesso sono stato l'autore, sarebbe forse oggi anch'esso annoverato in quella mostra milanese, o pubblicato nell'ampio volume "Architettura da camera", che Officina Libraria ha pubblicato per l'occasione.
massimo interprete del gradimento abitativo
delle più elevate classi sociali al mondo
Sopra al titolo: Renzo Mongiardino a Potsdam nel 1991.
Qui sopra: allestimento della mostra dedicata a Renzo Mongiardino (Milano Castello Sforzesco, Cortile della Rocchetta, 28 settembre - 11 dicembre 2016). Espositore-zigurrat disegnato da Michele De Lucchi. Sullo sfondo un affresco recentemente scoperto e restaurato del Bramantino, al centro della sala lampadario disegnato dagli architetti BBPR per il restauro del Cortile della Rocchetta nel 1963.
Qui sopra: allestimento della mostra dedicata a Renzo Mongiardino (Milano Castello Sforzesco, Cortile della Rocchetta, 28 settembre - 11 dicembre 2016). Espositore-zigurrat disegnato da Michele De Lucchi. Sullo sfondo un affresco recentemente scoperto e restaurato del Bramantino, al centro della sala lampadario disegnato dagli architetti BBPR per il restauro del Cortile della Rocchetta nel 1963.
La mostra, dopo tanti anni di totale indifferenza critica, è stata allestita proprio al fine di omaggiare, restituendolo alla curiosità degli studiosi ed all'intera collettività professionale che fin lì lo aveva snobbato,
colui che ha creato gli spazi dentro ai quali si sono così ben
rappresentati tutti i personaggi d'altissimo bordo quali i Rotschild,
gli Agnelli, i Thyssen-Bornemisza, gli Hearst, gli Heinz, che avevano affidato alle sue cure gli ambienti delle loro case. E così come questi anche gli
Onassis (epoca Jacqueline Kennedy), e quindi poi anche Maria Callas,
Gianni Versace, Giorgio Armani, Franco Zeffirelli e così via
comprendendo Elisabeth Taylor e Richard Burton, Rudolph Nureyev,
Valentino, e così dimenticandone chissà quanti altri. Gradimento da
parte di una committenza tanto in vista che è divenuto esso stesso fattore discriminante, per l'alta peculiarità di status
di quella committenza, ed attraverso le campagne di stampa all'uopo concepite, delle intrinseche qualità di un'opera così capabiamente convinta d'avere una propria legittimità, pur totalmente estranea come era allora al binario tracciato dalla storia del moderno nello scorcio del XIX secolo ed agli inizi del XX, ed una propria ragione, nel ritagliarsi uno spazio nel quale ha giustamente preteso di poter esistere, e che anche la critica d'oggi le assegna senza più traumi ideali nè reticenze.
Nello scorrere dei '70, dopo le avvenute battaglie di potere e di cultura dentro alle università, e dopo gli anni di piombo che hanno portato nelle strade molta volenza scaturita proprio dai forti elementi di contrapposizione che la società stava sempre più evidenziando, il giovane neolaureato quale io allora ero ha aderito con piacere all'idea, che l'occasione professionale sottendeva, di oltreppassare le "anticaglie" del maestro milanese proponendo tagli più moderni ed attuali degli spazi che Mongiardino aveva allestito
per i medesimi committenti alcuni anni prima, totalmente estraniandosi dagli
insegnamenti delle nuove leve dell'architettura che, dagli stessi BBPR
avevano preso le mosse coniugando le avanguardie storiche alle nuove
esigenze urbane post-sessantottine. In quel
clima, in una fase in cui ampia diventava sempre più la forbice che
divideva gli strati sociali molto elevati da quelli medi, pochi si
accorgevano dell'esistenza di artisti quali Mongiardino, che a quel
tempo agivano silenziosi su di un segmento della scena internazionale,
peraltro modesto in dimensioni, e totalmente privo di divulgazione teoretica
massiva.
maniacale assertore di un decoro storico
che parli una lingua sempre attuale
Appartamento all'interno del palazzo Odescalchi, Roma, 1969. Sala da pranzo e salotto.
Poi, inviati alle discariche tutti quei preziosi manufatti in legni pregiati, a suo tempo realizzati dalla miglior artigianalità italiana oggi scomparsa, riccamente impreziosita da fregi scultorei dorati, dettagli decorativi realizzati su misura, diedi avvio alla realizzazione di un algida, razionalista e minimale veste a quegli spazi costruiti sulle istanze d'una funzionalità domestica tutt'affatto diversa ed estranea alle esigenze rappresentative di uno status griffato, quanto improntata alle più severe mode che l'interior design di quel periodo stava imponendo.
e strenuo avversatore
dell'ironia post-moderna
Sala di lettura a finte tarsie della casa di Philip Sharp a New York,
ho cancellato una autorevole testimonianza
d'una orgogliosa critica al moderno
L'opera mongiardiniana della quale avevo ordinato la demolizione, se fosse stata conservata anzichè definitivamente cassata da un appartamento del centro di Milano alla fine dei '70, oggi avrebbe certamente potuto arricchire la mostra che questa città ha dedicato al Maestro dell' "Architettura da Camera". Ma anche priva di quel contributo la mostra certamente riuscirà ad arricchire un dibattito, forse solo agli inizi, che renderà ragione al raggiungimento odierno d'una pluralità linguistica del messaggio architettonico, con buona pace anche dei più assertivi archistars del moderno. Questo, tra presente proiettato al futuro e passato quale materiale sempre vivo nel presente, può indicare ancor più compiutamente all'uomo di oggi la strada di un domani forse più confacente al suo spirito più profondo e alla sua reale e contestuale idea di benessere.
Enrico Mercatali
Milano, 1 ottobre 2016
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