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20 January 2013

Grandi capolavori milanesi traslocano. Pietà Rondanini e Quarto Stato, redivivi (di Enrico Mercatali)



Pietà Rondanini e Quarto Stato
opere redivive


Milano cerca più appetibilità
resuscitando intanto le sue eccellenze sepolte
...

Ma occorrerà ripartire dal progetto "Grande Brera-Sterling"
per un riordino complessivo capace di fare centro


In attesa di un Expo che sappia materializzare tutti i sogni che i milanesi hanno fin qui fatto circa le promesse in termini di ripresa economica e di ritrovato benessere che attorno ad esso si sono sentite, tra le grandi opere strutturali che necessariamente e direttamente lo dovranno riguardare, vi si sono annidate altre, certamente meno onerose e meno essenziali, ma altrettanto significative al fine di rinvigorire l'immagine meneghina nel mondo. Sono di segno altamente positivo in tal senso, queste due di cui vi vogliamo parlare, anche se ci rammarichiamo che esempi di tal genere non siano più frequenti in una città che vuole cambiare, che vuol migliorare ed ancor più prosperare ormai da tempo.



Una visione frontale del gruppo marmoreo michelangiolesco della Pietà, l'ultima da lui realizzata. In tale opera, secondo Vittorio Sgarbi, il Maestro esprime le sue profonde meditazioni sull'arte e sull'esistenza, maturate negli anni che precedono la sua morte. Il gruppo è stato acquistato dalla Città di Milano nel 1952 grazie ad una sottoscrizione. Nella fotografia è visibile il semplicissimo sfondo, costituito da una muratura in blocchi, che il BBPR, gruppo di architetti milanese autore, tra l'altro, della Torre Velasca, realizzò quale parte integrante ma non protagonista dei suoi più importanti lasciti teorici e concreti: la ristrutturazione museografica del Museo del Castello di Milano.


Si tratta di due importanti traslochi, quello dellultima Pietà michelangiolesca, ora ancora come la misero nelle sale del Museo del Castello i BBPR, nell'immediato dopoguerra, e quello del Quarto Stato di Pelizza da Volpedo, ora ancora nell'infelicissima posizione che già denunciammo non appena fummo tra i primi recensori dell'apertura del Museo Novecento, nel dicembre del 2010, entro il quale, ad opera dei suoi autori Italo Rota e Fabio Fornasari, prese posto entro un angustissimo e marginalissimo, inappropriato spazio, quello che, tra i quadri novecentisti, rappresenta forse il più eccelso dei simboli cittadini.



Le due opere non potrebbero essere di genere più diverso, ma hanno qualcosa in comune: entrambe appartengono all'eccellenza del mileu artistico pubblico della città, conosciutissime nel mondo, posseggono una fortissima carica attrattiva, ed è una cosa fantastica che finalmente ora le autorità cittadine se ne sia accorte, cercando di correre ai ripari proprio in vista dell'evento milanese del secolo, l'Expo appunto.



Giuseppe Pelizza da Volpedo, il Quarto Stato, 1901, intitolato inizialmente "Il cammino dei lavoratori". Realizzato con tecnica divisionista è opera-simbolo del XX secolo, che rappresenta il contributo che l'artista ha voluto attribuire alle cause socialiste del popolo lavoratore in sciopero. Sotto: un particolare.


La città le vorrebbe ora ricollocare dando loro una più attuale ambientazione, più consona all'importanza loro meritatamente attribuita, e più utile a catturare l'interesse dei suoi visitatori.





Le rispettive storie  già le hanno viste protagonista di vicende d'alto rango, essendo state entrambe oggetto d'attenzione particolare nell'ambito delle fasi d'avvio di due grandissime istituzioni cittadine, sia pure in epoche tanto differenti: per la Pietà di Michelangelo si è trattato di un inserimento nel Museo cittadino del Castello, realizzato per la mano del famoso gruppo di architetti milanesi autori, tra l'altro, della Torre Velasca, i BBPR (Belgioioso, Banfi, Peressutti e Rogers), incaricati nel 1956 del restauro complessivo delle strutture di uno dei suoi più importanti monumenti, entro cui si era scelto di collocare le sue preziose collezioni, d'arte, di armi e di strumenti musicali. 




Il Museo ha rappresentato per più di mezzo secolo un punto di riferimento per la moderna museografia, e la Pietà, pur non evendo avuto in esso una posizione preminente, ne ha ricavato sino ad oggi una degnissima ambientazione, sia pure nello stile, ora un po' datato, dei suoi autori. Giustamente oggi si sente l'esigenza di riconsiderarne una collocazione più propria, più completa e moderna, più visibile e prestigiosa. Oltre ai lavori di restauro in corso, che verranno ultimati entro il 2012, è stato approvato un progetto integrato che, grazie alla rimodulazione dei fondi già stanziati da Cariplo, prevede un riordino delle collezioni storiche e la creazione di nuovi poli artistici entro il Castello, con la valorizzazione di presenze entro le mura sforzesche di alcuni straordinari interpreti della storia dell’arte e della cultura milanese: Michelangelo Buonarroti, Leonardo da Vinci, il Bambaia e il Bramantino. E con la creazione di uno spazio museale completamente dedicato alla Pietà Rondanini”.
Nella "rimodulazione delle linee di indirizzo", approvate dalla Giunta della Città nel 2008, per dare vita a nuovi interventi museografici ed ai nuovi relativi e più moderni servizi al pubblico nel l'area del Castello Sforzesco, con un importante finanziamento della Fondazione Cariplo, verrà completamente rinnovato l’ex Ospedale spagnolo, entro la grande corte restaurata da Luca Beltrami,  già realizzato nel corso del XVI secolo ed utilizzata durante la peste che in quel periodo colpì la città, per ospitare un vero e proprio museo dedicato alla Pietà Rondanini, opera incompiuta del Maestro della Sistina,  alla quale vi lavorò negli ultimi trent’anni di vita, senza mai completarla. Nell'attuale struttura dell'Ospedale spagnolo verranno realizzati appositi laboratori di documentazione e  divulgazione. Inoltre vi si affiancherà una caffetteria e di altre aree destinate a servizi per il pubblico, oggi pressochè inesistenti. In questo quadro la Sala degli Scarlioni, nella quale la Pietà Rondanini è stata ospitata dal '56 ad oggi, entro il Museo del Castello, sarà meglio disponibile per un riassetto dell'intera raccolta della scultura lombarda della prima metà del Cinquecento e particolarmente per dare risalto al suo massimo interprete: Agostino Busti detto il Bambaia, sino ad oggi relegato in posizione dimessa. I lavori, che verranno realizzati con l'impegno di salvaguardare il progetto originario dei BBPR, che resta in ogni caso un importante monumento esso stesso della città – saranno ultimati entro l’estate 2014, al costo complessivo di circa sei milioni di euro.

Per quanto riguarda invece il Quarto Stato si trattaterà soltanto di una correzione, sia pure di non poco conto, dell'errore incorso solo tre anni fa, allorchè la grande tela fu spostata dal Museo d'Arte Moderna di via Palestro entro le mura del nuovo Museo Novecento, realizzato da Italo Rota e  Fabio Fornasari nelle rinnovate sale dell'Ex Arengario di Piazza Duomo. 




Pietà Rondanini di Michelangelo, particolare delle due braccia destre del Cristo,  soluzioni che entrambe l'artista vagliò, cambiando idea durante l'esecuzione dell'opera.


Pur nelle analoghe condizioni d'entrambe le opere, che le vedono entrambe alla ricerca di uno spazio nuovo e più adatto anche alla promozione simbolica della città, i loro destini ancora molto si differenziano tra loro: una, la Pietà del Maestro fiorentino, prima di raggiungere la sede definitiva, i cui lavori sono già stati avviati nell' ex Ospedale spagnolo entro il Castello, dovrà transitare prima nel Panottico di San Vittore, entro il quale vi si tratterà per quasi un anno per mostrarsi parsimoniosamente a groppi di trenta persone per volta, e poi in Duomo dopo assere passato anche per il Palazzo di Giustizia, a partire dal Natale del 2013 fino alla primavera del 2014. In questo periodo si prevede debbano concludersi i lavori per la definitiva collocazione. L'altra, opera, il Quarto Stato, dovrà invece solamente trasferirsi in altra sala, entro il medesimo museo che già la ospita. Abbiamo capito che trattasi di rivoluzionare gli accessi e l'uscita del Museo Novecento, mutando il posizionamento delle entrate e destinando alla immensa tela di Pelizza da Volpedo la più ampia sala del Piano Terra, accanto ai nuovi punti di accesso su Piazzetta Reale, entro la quale finalmente respirerà nuova vita per una visione più ampia,  personale e calibrata, esattamente come noi stessi avevamo proposto già 3 anni fa (vedi Taccuini Internazionali: http://taccuinodicasabella.blogspot.it/2010/12/visita-al-museo-del-novecento-di-milano.html).

In entrambe i casi le collocazioni saranno attente ad ottenere l'auspicato effetto, non solo di una loro più adeguata fruizione da parte del pubblico, ma anche quello di dare loro un risalto del tutto particolare onde far sì che il maggior richiamo non sia dovuto  tanto ai loro rispettivi musei, bensì alla loro univoca e speciale presenza in città, quali massimi esempi artistici dei rispettivi periodi, riuscendo a "catturare" maggiori moltitudini di ospiti, italiani e stranieri, in città, rispetto a quanto sino ad oggi non sia avvenuto.



Odierno atrio di ingresso al Museo del Castello, bellissima opera dei BBPR del 1956. Appare però del tutto insufficiente il complesso dei servizi al museo (book-shop, caffetteria, servizi igienici), a quell'epoca non ancora ritenuto necessario quanto oggi.


Un'opera di risalto ad hoc, dell'opera singola, i cui caratteri la città ha già da anni sperimentato da quando ogni anni mette in mostra, a Palazzo Marino, singoli eccelsi capolavori, come è accaduto ad esempio quest'anno con "Amore e Psiche" (Canova-Gerard). Un veicolo, quest'ultimo, che funziona bene, specie quando l'opera costituisce da sè un potente richiamo. E' quanto avviene a Milano, ad esempio, con l'Ultima Cena leonardesca.



 La facciata del Museo del Novecento in piazza del Duomo, allestito nel 2010 nell'ex Arengario


Ma è anche certo che il risultato complessivo desiderato, d'avere maggiori flussi di turismo anche e soprattutto straniero in città, potrà dirsi raggiunto quando a Milano potrà un giorno dirsi inaugurato il suo più grande progetto d'arte, quello mezzo secolo fa voluto da Franco Russoli, e mai realizzato, quello della Grande Brera. Le grandi risorse necessarie hanno rinviato da sempre il progetto. Ma solo un coraggioso atto di volontà e speranza potrà indurre gli amministratori odierni a creare la rete necessaria per una raccolta di forze. Già James Stirling, nei lontani '70, ne tracciò le linee architettoniche. E' da lì che vorremmo ripartire anche perchè si trattò di un favoloso progetto che potrebbe ancora fare invidia oggi ai vari Max, Maxxi, Mart, che in corsa lo han superato, pur senza essere architetture eccelse, ma restituendo comunque alle loro città gli effetti auspicati con la loro apertura.


Enrico Mercatali
Milano, 19 gennaio 2013

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