THE MAGAZINE OF THOUGHTS, DREAMS, IMAGES THAT PASS THROUGH EVERY ART OF DOING, SEEING, DISCOVERING

27 October 2012

I portici di Torino




I  portici  di  Torino 

fanno della città il salotto all'aperto 
più grande e accogliente d'Europa


Già nell'ottocento i portici costituivano la parte più accogliente delle aree pubbliche della città, la componente urbana che consentiva di passeggiare protetti dagli eventi atmosferici, ma anche di sentirsi come a casa propria, seduti comodamente ai tavolini del bar assieme agli amici, per trascorrere il tempo libero. I portici, in tal senso, facevano da filtro tra gli interni dei palazzi e la strada vera e propria. Essi sono il frutto di una concezione urbanistica davvero avveniristica, che ancor oggi possiamo apprezzare per i vantaggi umani e sociali che dà, rispetto alla tradizionale netta separazione tra interni privati ed esterni destinati puramente alla circolazione. I portici di Torino, inoltre, a differenza di quelli di tante altre città italiane, quali Bologna o Padova (ma assai più delle straniere), sono assai capienti, ariosi in altezza, e particolarmente ampi in larghezza, così da diventare, straordinariamente, anche contenitori di manifestazioni speciali, eventi particolari, luoghi di aggregazione talvolta eccezionali.


La città d'Italia e forse del mondo più adatta ai pedoni è Torino. Se le altre città hanno dovuto ricorrere ad isole pedonali quale unica soluzione possibile per far tornare a scorrere in esse flussi pedonali più che automobilistici, e per rendere più salubri e vivibili le loro bellezze, nel caso di Torino questa soluzione è stata risolta alla radice fin dall'epoca della costruzione dei suoi più importanti viali sette-ottocenteschi, dotati sui due lati di ampi marciapiedi porticati, a volte resi continui anche ove gli attraversamenti veicolari agli incroci li limiterebbero, mediante strutture continue, di fianco ai palazzi, e sopra gli attraversamenti stradali, dotati, questi ultimi, di terrazze accessibili dai primi piani degli stessi.


Anche piazza San Carlo, cuore della città, è interamente circondata da portici: il Salotto di Torino è ancor più accogliente e ricettivo, comodo e bello di quanto già non sia, dovuto alle sue ottimali dimensioni, ed alle proporzioni della sua architettura.


Coi suoi diciotto chilometri di portici Torino è una città veramente a misura d'uomo, e passeggiarvi in centro è divenuto motivo esso stesso d'attrazione da parte del visitatore, e del turista. Ben dodici di questi diciotto chilometri sono addirittura resi continui tra un palazzo e l'altro, e ciò diventa particolarmente utile in caso di pioggia: la città è ben vivibile quindi anche col maltempo, perchè sotto ai portici, davanti ai bar, i tavolini abbondano, ed è un vero piacere, specie d'estate, ripararsi anche dal sole, standosene seduti a riposare o a leggere il giornale. Spesso vi si organizzano perfino, come hanno fatto talune librerie, speciali vendite di "libri in bancarella".




Nessuna città d'italia e d'Europa ha fatto dei portici la sua stessa sigla, ed il marchio di fabbrica della sua concezione urbanistica, quanto ha fatto Torino. E' vero che altre città italiane sono famose per i loro portici, quali ad esempio Bologna, o Padova, ed è altrettanto vero che anche quelle città, come Torino, vivono i portici come elemento portante della componente pedonale del suo vivere, e del piacere di vivere la città più fuori che dentro, quando e se possibile. Ma mai come a Torino, che ne fece specialmente nel corso del XIX secolo il suo leit motiv tipologico, la specifica formula stereometrica di portici tanto ariosi anche per via della loro altezza che prende due piani, ed a volte perfino tre, il fenomeno ha assunto le dimensioni di un vero e proprio e imprescindibile principio costruttivo.



Luci ed ombre, spazi molteplici ed articolati, ricchezza di stimoli ma anche punti di comoda sosta negli storici e bar del centro, fanno dei portici torinesi il plus che fa della capitale del Piemonte un unicum di piacevolissimo transito ed ancor più attraente sosta. Una unità stilistica quasi generalizzata, ed una bellezza sobria e perfino austera, fanno dei portici torinesi l'oggetto uniformante e tipologicamente forte di quel carattere così riconoscibile che differenzia la città da tutte le altre del Paese, la cui specificità sta incominciando a marcare risultati significativi sul piano di un turismo ormai più che decollato.


Fu proprio il Re Vittorio Emanuele I a volere i portici quando si trattò di selezionare i criteri costruttivi della futura grande Torino, quella dei grandi viali centrali realizzati alla maniera parigina, allora tanto in voga presso l'aristocrazia e l'alta borghesia cittadina. Fu lui che predilisse percorsi coperti per le sue passeggiate che, da Palazzo Reale, andavano fino a piazza Vittorio Veneto, e per gli spostamenti dei reali nei giorni di pioggia. Si consolidò, in seguito, tale sigla, quale fenomeno di continuità e contiguità, secondo un modello che davvero ancor oggi, o forse più che mai oggi, ancora affascina per l'estrema regolarità con la quale esso si è sviluppato ed esteso a buona parte del centro, fino alle cosiddette periferie storiche ove hanno sede le stazioni ferroviarie.




I "Portici di Carta" 2012 sono alla loro sesta edizione. Sabato 6 ottobre 2012 dalle 11 alle 23 e domenica 7 dalle 10,30 alle 21 a Torino ritorna la libreria più lunga del mondo, promossa dalla Città di Torino e dal Salone Internazionale del Libro: due chilometri di libri sotto i lunghi portici di via Roma, piazza San Carlo e piazza Carlo Felice.
Sessantaquattro librerie grandi e piccole e trenta piccoli editori sono presenti grazie al sostegno della Regione Piemonte. Ottanta bouquinistes del Libro Ritrovato. In totale 174 bancarelle che offrono decine di migliaia di volumi. Cinque sono gli spazi per gli eventi: Corner Piazza San Carlo, Spazio Bambini, Gazebo Sambuy, Gruppi di Lettura, Tram Sellerio.
Ma i Portici di Carta non sono solo questo. Esso è anche un festival culturale che quest'anno propone molte novità: un vero e proprio spin-off autunnale del Salone torinese di maggio. Il programma di incontri si apre ad esempio con la Costituente del Libro, il forum con i presidenti nazionali degli editori, librai e bibliotecari ed esponenti di spicco della filiera per fare il punto sulla situazione del libro in Italia oggi. Fra gli incontri in programma allo spazio di piazza San Carlo quelli con Sebastiano Vassalli, Salvatore Niffoi e il Premio Campiello Carmine Abate che presentano i loro nuovi romanzi.
Dopo le edizioni dedicate a Italo Calvino e Goffredo Parise, Portici di Carta 2012 offre quella che è forse la più importante retrospettiva nazionale nel centenario della nascita di Elsa Morante, con una mostra al Gazebo Sambuy di libri, ricordi, lettere e un convegno con studiosi, critici, testimoni e persone a lei vicine. Da Portici di Carta attraverso l'Ali - Associazione Librai Italiani e l'Aib – Associazione Italiana Biblioteche è partito l'invito a tutti i librai e alle biblioteche e d'Italia a dedicare nella settimana di Portici una vetrina alla scrittrice romana.

Portici dedica per la prima volta un'affettuosa e inedita monografia anche a un grande editore: Sellerio. Cento vetrine della centralissima via Roma sono personalizzate con altrettanti volumi storici e recenti scelti personalmente dall'editore, anche con abbinamenti tematici. E sul tram storico della linea 7 il sabato salgono gli autori Sellerio Francesco Cataluccio, Andrea Molesini, Paolo Di Stefano, Marco Malvaldi, Francesco Recami e Salvatore Silvano Nigro con i loro libri e i loro lettori.

Sesta edizione per Portici di Carta. Sabato 6 ottobre 2012 dalle 11 alle 23 e domenica 7 dalle 10,30 alle 21 a Torino ritorna la libreria più lunga del mondo, promossa dalla Città di Torino e dal Salone Internazionale del Libro: due chilometri di libri sotto i portici di via Roma, piazza San Carlo e piazza Carlo Felice.
Sesta edizione per Portici di Carta. Sabato 6 ottobre 2012 dalle 11 alle 23 e domenica 7 dalle 10,30 alle 21 a Torino ritorna la libreria più lunga del mondo, promossa dalla Città di Torino e dal Salone Internazionale del Libro: due chilometri di libri sotto i portici di via Roma, piazza San Carlo e piazza Carlo Felice.
Sessantaquattro librerie grandi e piccole, indipendenti e di catena, generaliste e specializzate. Trenta piccoli editori presenti grazie al sostegno della Regione Piemonte. Ottanta bouquinistes del Libro Ritrovato. In totale 174 bancarelle che offrono decine di migliaia di volumi. Cinque gli spazi eventi: Corner Piazza San Carlo, Spazio Bambini, Gazebo Sambuy, Gruppi di Lettura, Tram Sellerio.
Ma Portici di Carta non è solo questo. È anche un festival culturale sempre più ricco, che quest'anno propone molte novità: un vero e proprio spin-off autunnale del Salone torinese di maggio. Il programma di incontri si apre ad esempio con la Costituente del Libro, il forum con i presidenti nazionali degli editori, librai e bibliotecari ed esponenti di spicco della filiera per fare il punto sulla situazione del libro in Italia oggi. Fra gli incontri in programma allo spazio di piazza San Carlo quelli con Sebastiano Vassalli, Salvatore Niffoi e il Premio Campiello Carmine Abate che presentano i loro nuovi romanzi.
Dopo le edizioni dedicate a Italo Calvino e Goffredo Parise, Portici di Carta 2012 offre quella che è forse la più importante retrospettiva nazionale nel centenario della nascita di Elsa Morante, con una mostra al Gazebo Sambuy di libri, ricordi, lettere e un convegno con studiosi, critici, testimoni e persone a lei vicine. Da Portici di Carta attraverso l'Ali - Associazione Librai Italiani e l'Aib – Associazione Italiana Biblioteche è partito l'invito a tutti i librai e alle biblioteche e d'Italia a dedicare nella settimana di Portici una vetrina alla scrittrice romana.
Sesta edizione per Portici di Carta. Sabato 6 ottobre 2012 dalle 11 alle 23 e domenica 7 dalle 10,30 alle 21 a Torino ritorna la libreria più lunga del mondo, promossa dalla Città di Torino e dal Salone Internazionale del Libro: due chilometri di libri sotto i portici di via Roma, piazza San Carlo e piazza Carlo Felice.
Sessantaquattro librerie grandi e piccole, indipendenti e di catena, generaliste e specializzate. Trenta piccoli editori presenti grazie al sostegno della Regione Piemonte. Ottanta bouquinistes del Libro Ritrovato. In totale 174 bancarelle che offrono decine di migliaia di volumi. Cinque gli spazi eventi: Corner Piazza San Carlo, Spazio Bambini, Gazebo Sambuy, Gruppi di Lettura, Tram Sellerio.
Ma Portici di Carta non è solo questo. È anche un festival culturale sempre più ricco, che quest'anno propone molte novità: un vero e proprio spin-off autunnale del Salone torinese di maggio. Il programma di incontri si apre ad esempio con la Costituente del Libro, il forum con i presidenti nazionali degli editori, librai e bibliotecari ed esponenti di spicco della filiera per fare il punto sulla situazione del libro in Italia oggi. Fra gli incontri in programma allo spazio di piazza San Carlo quelli con Sebastiano Vassalli, Salvatore Niffoi e il Premio Campiello Carmine Abate che presentano i loro nuovi romanzi.
Dopo le edizioni dedicate a Italo Calvino e Goffredo Parise, Portici di Carta 2012 offre quella che è forse la più importante retrospettiva nazionale nel centenario della nascita di Elsa Morante, con una mostra al Gazebo Sambuy di libri, ricordi, lettere e un convegno con studiosi, critici, testimoni e persone a lei vicine. Da Portici di Carta attraverso l'Ali - Associazione Librai Italiani e l'Aib – Associazione Italiana Biblioteche è partito l'invito a tutti i librai e alle biblioteche e d'Italia a dedicare nella settimana di Portici una vetrina alla scrittrice romana.



Tre immagini del medesimo punto della città, presso piazza Castello. La prima, più in alto, è un acquarello ottocentesco, la seconda una fotografia scattata ai nostri giorni, la terza una foto d'arte che ne fa risaltare i forti chiaroscuri. Il crocicchio è interessante perchè apre, come fosse un palcoscenico, sul teatro della città, quella componente così viva e simbolica costituita appunto dalla piazza Castello, quella parte di città che ha origini fin dalle memorie romane, per attraversare fino ad oggi ogni epoca con avvenimenti significativi e nuove aggiunte. Da sotto l'angolo composito di questo palazzo d'ottocento, coi suoi portici tanto alti e ariosi e le sue belle e ornamentali lampade sospese, si vive tutto ciò dalla particolare angolazione che ne inquadra i principali simboli, Palazzo Madama, nelle sue torri medievali, e l'eccelsa guglia antonelliana


 
 

Una carrellata di immagini, questa sopra,  che mostra un vissuto di veri piaceri, offerto ai torinesi, e, da qualche tempo, anche ai turisti che finalmente accorrono più numerosi da quando hanno capito che Torino è realtà che vale la pena di conoscere. Piaceri della sosta colloquiale e della gola, piaceri di cultura e arte, piacere d' acquisti raffinati e ben selezionati, il piacere d'un vissuto urbano complessivo fatto di lentezza e assaporamento, guardandosi attorno, soffermandosi ove occorra, il piacere di sperimentare una città, un'architettura fatta per l'uomo più che per la macchina.


 

L'esperienza di vivere i portici di Torino, come mostrano queste fotografie d'arte, durante giornate di sole e bel tempo, attraversati da forti sbalzi di luce, evidenzia quanto importante sia lo spazio dell'architettura torinese d'ottocento e dei suoi portici, nelle sue infinite articolazioni, con i suoi molteplici punti di vista, capaci di esaltare ogni dettaglio della scena urbana, offrendolo in maggiore evidenza e più a lungo al nostro interesse di fortunati pedoni di una città fatta prevalentemente per noi.





Nell'ambito dell'iniziativa di FAI-Marathon, che, a partire dal 21 ottobre 2012, in 70 città italiane si è marciato a piedi alla scoperta di bellezze urbane fatte di storiche molteplicità, sia nell'ambito dell'antico, sia in quello del moderno, anche i portici torinesi hanno svolto un ruolo da protagonisti, meritevoli di essere posti nella massima evidenza, da ora in poi, nei baedeker del turismo internazionale al fine di promuovere la città come una delle più importanti mete di visita per chi transita o decide d'andare per le strade del Nord Ovest italiano.

Enrico Mercatali
Torino, 25 Ottobre 2012

21 October 2012



Milano - FaiMarathon 
il 21 Ottobre 2012 in 70 città d'Italia

per la campagna

"Ricordati di salvare l'Italia"


a Milano si cammina lungo un itinerario di architettura, arte, e cultura, per conoscere, apprezzare, divulgare le bellezze cittadine



Milano: Villa Necchi Campiglio (esterno e, sopra al titolo, un dettaglio della sala da pranzo interna) oggi facente parte del patrimonio FAI, realizzata negli anni '30 dall'architetto Piero Portaluppi, sede di una pregevole raccolta di dipinti e sculture appartenuti alla famiglia di industriali che ne sono stati proprietari, che hanno ispirato la storia raccontata dal regista Guadagnino nel suo film dal titolo "Io sono l'amore" (fotografie di Enrico Mercatali)


Oggi in 70 città italiane il Fai (Fondo per l'Ambiente Italiano), in appoggio alla campagna "Ricordati di salvare l'Italia", ha organizzato una maratona non competitiva intesa ad unire in un percorso significativo le bellezze cittadine, uniche ed originali in ciascuna delle città coinvolte nell'iniziativa, con finalità divulgativa di carattere culturale. 






Milano: casa Galimberti, magnifico esempio di architettura Liberty, la cui facciata è interamente ornata da fregi scultorei, maioliche dipinte con figure femminili, floreali ed animali, e notevoli ferri battuti di pregievole fattura



Ciò che si scopre lungo ogni percorso sono gli eventi architettonici più importanti che hanno segnato le tappe della costruzione cittadina, le opere d'arte, pittoriche e scultoree che in esse vi si possono trovare, i luoghi storici antichi o del moderno che vi spiccano per bellezza, i parchi ed i giardini che vi hanno fatto da sfondo, particolarmente importanti nel tessuto cittadino.




Milano: Complesso polifunzionale in corso Buenos Aires, realizzato su progetto
di Piero Bottoni del 1946




Milano: Torre Lancia, realizzata negli anni '30 su progetto degli architetti Lancia e Gio Ponti presso i Giardini Pubblici di corso Venezia



A Milano il percorso individuato toccherà molte delle opere che hanno già coinvolto il FAI, o per acquisizione diretta, o per interesse alla gestione, o per correlazioni con la storia dei loro autori o con gli eventi cittadini. Tra queste, a far da tappe, nella FaiMarathon, vi sono il Palazzo dell'Archivio di Stato in via Senato, il Palazzo Fidia e la Villa Necchi Campiglio, l'ex-Trotter "Casa del Sole", il complesso polifunzionale realizzato in corso Buoenos Aires da Piero Bottoni, il Teatro Elfo-Puccini, la Torre Lancia e il Planetario, casa Galimberti.



Milano: manifesto e dettaglio architettonico del parco Ex Trotter "Casa del Sole", divenuto Giardino dell'Infanzia e sede scolastica specializzata




Milano: Palazzo Fidia, angolo e dattaglio finestre. L'edificio si trova di fronte alla Villa Necchi Campiglio in via Rizzoli



E' un percorso ricco e articolato, storicamente significativo nella storia di Milano, riproponibile ad ogni turista che intenda trascorrere una giornata nella città meneghina, per conoscerla ed apprezzarla in qualche sua piega meno nota, ma non meno importante delle tappe di rito che ogni Baedeker immancabilmente riporta nelle sue pagine.
Questo il motivo che ha indotto Taccuini Internazionali a farne un articolo che ne rammenti i luoghi che oggi costituiscono lo specifico oggetto della maratona.



Milano: Palazzo dell'Archivio di Stato e relativa stampa d'epoca, con gli approdi della Cerchia dei Navigli di via Senato




Planetario, opera portaluppiana collocata nei Giardini Pubblici di corso Venezia a Milano


Iniziative come queste hanno il pregio di far diventare patrimonio culturale di tutti ciò che è stato per anni una esclusiva di alcuni, cultori, studiosi o addetti ai lavori. In ogni città vi sono aspetti noti e meno noti che necessitano d'essere, se non esplicitamente tutelati e restaurati, almeno promossi affinchè, col tempo, entrino a far parte d'un quadro complessivo ambientale che, della città stessa, sia perno, ossatura e struttura in senso non solo storico-artistico, ma anche aneddotico e popolare. Non sono solo i monumenti pubblici, le chiese, i palazzi più rappresentativi infatti a svolgere tale funzione, ma anche i bar storici, i giardini o i cortili privati, le ville o i palazzi talvolta poco visibili dalle vie cittadine principali, meritevoli di interesse e conoscenza, se non talvolta perfino di interventi atti a farli diventare parte stessa della museografia cittadina. Questo è accaduto ad esempio a Milano, per opera del FAI, per la Villa Necchi Campiglio, divenuta uno dei suoi principali luoghi museali, per la particolare bellezza dell'edificio modernista degli anni '30, opera di Piero Portaluppi, e per il notevole interesse che la raccolta d'arte in essa contenuta ha, costituita da dipinti e sculture novecentiste (vedi anche l'articolo di Taccuini Internazionali: http://taccuinodicasabella.blogspot.it/2010/08/version1_1442.html).

Enrico Mercatali
Milano, 21 ottobre 2012

18 October 2012

Il nuovo Museo del caffè nasce a Binasco (Milano)



M      U      M      A      C
Nuovo Museo a Binasco (Milano)


Il Museo del Caffè


Per iniziativa di Cimbali, che festeggia ora il centenario dalla fondazione (1912 - 2012) apre i battenti un nuovo museo lombardo, quello dedicato al caffè italiano e alle famose macchine per prepararlo, che hanno contribuito a diffonderlo in Europa e nel mondo. Nei giorni scorsi si è inaugurato  infatti il MUMAC, il museo delle macchine per il caffè. Ora è possibile vedere, e toccare con mano, quella chge è stata definita la "collezione più ricca e completa a livello internazionale di macchine per caffè." 




M      U      M      A      C

Nuovo Museo a Binasco (Milano)



Il Museo del Caffè



Per iniziativa di Cimbali, che festeggia ora il centenario dalla fondazione (1912 - 2012) apre i battenti un nuovo museo lombardo, quello dedicato al caffè italiano e alle famose macchine per prepararlo, che hanno contribuito a diffonderlo in Europa e nel mondo. Nei giorni scorsi si è inaugurato  infatti il MUMAC, il museo delle macchine per il caffè. Ora è possibile vedere, e toccare con mano, quella chge è stata definita la "collezione più ricca e completa a livello internazionale di macchine per caffè."

Il Gruppo Cimbali ne è stato il committente, che lo ha voluto per celebrare i suoi 100 anni di attività, e per continuare a promuove il suo prestigioso marchio.  Il museo è stato allestito in un moderno spazio di circa 1700 mq presso la storica fabbrica di Binasco. L'operazione ha richiesto una moderna addizione ed un recupero industriale, secondo un progetto di assieme di notevole  interesse architettonico. 




Con questa decisione, ora giunta al suo compimento, l’azienda, tuttora leader del settore, ha inteso creare un polo di attrazione espositivo, permanentemente aperto al pubblico, in grado di dare una panoramica completa della sua storia, approfondone i caratteri specifici, ma anche contribuire a diffondere la cultura e il design della macchina per il caffè espresso. In tal senso, essa non si è sottratta dal percorso di una moda, avvertita anche però come esigenza, che vede ogni grande azienda italiana partecipare alla costruzione di una più moderna cultura dell'impresa, specie quando questa ha radici storiche, attraverso lo strumento museale. Questa raccolta delle macchine per il caffè rappresenta infatti, il contributo alla tutela del patrimonio italiano in questo settore negli ultimi cento anni, oltre al contributo alla catalogazione e alla conservazione di un patrimonio collettivo di storia, fatto di tecnologia e sapere, di artigianato e di serializzazione industriale. La tecnologia e il design italiano vi vengono infatti raccontati attraverso criteri di conoscenza multimediale, fatto di stimoli audio-visivi, compendiati da una documentazione ricca di dettaglio, dai contenuti storici ed umani di grandissimo interesse.

Auspicando che nascano nel nostro Paese numerosi altri racconti d'analoga completezza, in forma di musei (così come Taccuini ha già riferito circa altre analoghe esperienze monomarca quali il Museo del Vino, il Museo dell'Automobile, il Museo del Tessuto in Lana, il Museo del Design,  e numerosi altri), ne consigliamo l'immediato inserimento entro i circuiti del turismo nazionale, che ti tali iniziative è famelico.





Qui sopra, e sopra al titolo, il nuovo Museo del Caffè, visto dall'esterno, realizzato su progetto di Paolo Balzanelli e Valerio Cometti. Il Museo è direttom da Andrea Kerbaker. L'edificio rosso è visibile anche la notte dall'autostrada A7.





Sopra e sotto: alcune sale del museo: tra gli oltre 100 modelli di macchine per il caffè, delle varie epoche, spiccano quelli più celebri, realizzate secondo le mode dell'epoca. Altri 100 pezzi di alto valore sono nei magazzini, per i quali si prevede ogni anno una rotazione, che renderà il Museo mutevole nel tempo. Tra le macchine per il caffè manifesti d'epoca, pubblicità, documenti e fotografie che arricchiscono i percorsi della visita. Segnaliamo tra tutte la splendida macchina " Bellezza Poligonale", del 1930, in stile Art Deco. Inoltre la "Pavoni Diamanti" del 1956, disegnata da Enzo Mari e Bruno Munari, le cui linee ricordano quelle di una Cadillac dell'epoca. Di Gio Ponti invece si potrà vedere la più piccola "Lilliput 55", del 1955. Infine, di Castiglioni, un "Compasso d'Oro", la "Cimbali Pitagora", del 1962.




- il Museo è a Binasco, via Pablo Neruda 2 (visite su prenotazione)

Enrico Mercatali
Lesa, 16 ottobre 2012

09 October 2012

About scyscrapers





A
b
o
u
t


S
k
y
s
c
r
a
p
e
r
s





Above the title "The Shard", or better "Shard London Bridge", since the new skyscraper delivered by Renzo Piano to the Londoners in time for the 2012 Olympics stands right close to the London Tower Bridge.
We have reviewed its unveiling in Taccuini Internazionali, with the article "The Piano Shard starts her life on July 4th 2012" (http://taccuinodicasabella.blogspot.it/2012/06/taccuini-internazionali-programming.html), in which we have highlighted the beauty and elegance that make this building a product of extremely high architectural quality, especially if compared to “The Gherkin” by Norman Foster, of pretty homely style despite its innovative conception, like all the buildings designed by the English architect, who is probably the only real competitor of the most well-known Italian architect in the world.  


We have chose the slim figure of The Shard caught from below as the opening image of this article dedicated to the “Skyscraper”, suggested to us by the widespread discontent towards this architectural typology, which has been really disputed lately due to numerous theories about decrease, energy saving and low finances.


The skyscraper typology needs to be brought into question, not because it’s outright obsolete (no trend has decreed it yet) but because many people would like it to be, and they even think it should be banned forever, despite its continuous flourishing (like in the case of The Shard), which leads to important and innovative solutions aimed at making the skyscrapers more active in the improvement of the urban environment. The Shard (320 meters high, 87 floors entirely covered with glass) already represents a model able to express a positive balance, which allows us to assert that the time hasn’t come yet to ban its typology, like its current detractors would like. They are quite numerous but definitely ill-informed: they divulge the new tendencies about energetic conservation and sustainable development, but they haven’t caught the enormous headway made over the last few years in cost write off or containment by the most advanced contemporary construction industry developing in height.  But most of all they haven’t realized the necessity of following some criteria of environmental adequacy and architectural quality, which should never mean a total renunciation of the languages of modernity – through an anti-historical attitude - and neither a nostalgic return to past. If they believe that this is possible, or rather desirable, it means that they haven’t understood anything of the challenges ahead of us, which require more updated and sophisticated researches, real development horizons for our habitat, courageous actions aimed at revealing what really counts in the improvement of our lives.


We can be sure of one thing: Renzo Piano, author of the Shard in London (in the picture above), would have never built a skyscraper in Venice, and least of all the highest of Italy. He would have certainly suggested something else, by adopting the aesthetic canon inspired by the lagoon and dictated by measure and sense of history.

Every time a new building giant – able to break the world records of height, or at least to surpass the surrounding buildings – rises in a big city (even though it doesn’t happen really often), the movement of “building enemies” troubles itself, through some of its quite numerous members, in order to curse the event as if it decreed the death of human kind.
The skyscrapers have basically been on trial since their existence. They have always been marked by a principle of preservation of the status quo, which can only be explained as a tendency to radicalize a human inalienable component: the inability to set a limit in our rushing to the new, in the surpassing of ourselves and our competitors, in our “flying high”.
This impulse already existed in the medieval towered towns and is even stronger today, because of the crucial role played by technologies both in safety and innovative performances.
Since we are talking about skyscrapers, as we could do with any other subject of architectural debate, we would like to use this occasion not to talk about the destiny of architecture (as some catastrophists periodically do) but rather about the factors able to determine a renounce to a real architectural quality and the preference for an indistinct and colorless mediocrity, or at worst an amalgam of real vileness. The problem is another one: the real issue of environmental sustainability is not only a quantitative factor but a qualitative one. This is the hardest thing to distinguish for all those who don’t have a deep knowledge of these practices and prefer to condemn indiscriminately, wishing for the advent of a past that is no longer possible. The matter is in fact mainly linked to quality, since it has been proved that the problems of energetic containment, induced traffic and pollution (typical of our age and finally acknowledged) have been fully solved as far as usable technologies or can be positively faced by the most modern constructions developing in height in the biggest cities of the world. 
The problem today is administrative more than technical, in other words it concerns the urban policies linked to their development more than to their growth. The Shard represents a model of how a skyscraper should be built today, not an obstacle to the cities balanced development. Obviously, it is always necessary to distinguish between the different cities and the needs of man depending on climate, latitude, culture and history.
In the big cities, especially the historical ones that are not of recent formation, the problem is linked to some needs of qualitative-aesthetical nature, good functioning of citizens, workers or tourists’ lives more than to pure cultural ties. This is why the construction of high structures often brings solutions rather than new problems, provided that the environmental impact is taken into consideration and the planning process is worked out carefully; this concerns in particular the creation of wide surfaces for the citizens’ services on the available ground, which are going to substitute all the disused parts of the city.
All that has accompanied the carrying out of The Shard in London, which has followed some strict criteria of energetic autonomy as well as the absolute autonomy from private traffic; this allowed to avoid any traumatic change of what already existed around the tower, and any impact on the private vehicular traffic in the city sector usually affected by it.



The Swiss Re Tower, also known as "Il cetriolo" (“The cucumber”) because of its unusual shape, is the work of Norman Foster and his ex associate Ken Shuttleworth.



The skyscraper, in such contexts, is unpopular because it’s connectable to the ganglia of a system that nobody feels part of, and it’s an icon of powers that everyone wants to destroy. Besides these remarks, which can be described as pre-political, we must admit that sometimes the skyscraper detractors are simply annoyed by the changes it causes in the surrounding and long range places, thus contradicting and disfiguring the skyline they had grown fond of, thanks to a romantic view of reality.



Above: a crayon drawing by Frank Lloyd Wright of his project (never realized) for the “mile-high skyscraper”. It was in all probability a utopia at the time it was designed, both economically and technologically. In fact, the construction of an over 600-700 meters high structure (about half the size of Wright’s skyscraper) would be complicated even today. There is a certain similarity in Renzo Piano’s outline for The Shard and the one imagined by F.L Wright for this work in the state of Illinois. It’s no accident: architectural quality has its aesthetic rules, which can in some way surpass the fashion and culture of the moment. Of course the quality determined by Piano in his recent realization goes beyond pure aesthetics and involves all the aspects of life quality that modern techniques have been able to express, including those linked to energy saving. Today, in fact, great importance is given to those factors able to decrease rather than increase certain numbers: as everybody knows, there are very few places for cars at the base of The Shard (only the ones strictly necessary for security) and this will discourage the use of private means of transport in favor of public ones when reaching and leaving the building. Looking at Wright’s project in Illinois, you can clearly see the huge parking lots arranged at its base (times weren’t ripe enough to imagine this counter-revolution).


We posted, above the title, an effective picture from below of “The Shard”, the new cement, steel and glass structure inaugurated last week in London by its designer Renzo Piano. We wanted to use it as the opening picture of these considerations for a double reason:  first of all because, among the skyscrapers proposed by the history of architecture so far, the one by Piano (which is certainly going to go down in history) is one of the most beautiful ones (the theme of beauty in architecture has many different roots and, despite its specific autonomy, it can be assimilated to every other field); the second reason is what drove us into these considerations: the new debate we want to propose about the “skyscraper” topic, searching for those things in common able to match all the pros and cons, in a view many people can agree on. We would like to do that because the matter seems to divide, more than in the past, both public opinion and the experts; the enthusiasm towards the “Race to the skies” was greater then, and everybody thought this issue involved only cities like New York, Chicago, Hong Kong, Tokyo, and not all the cities worldwide, which believed to be immune from this “disputable event”. In this connection we recently recorded (see Torre Pierre Cardin: http://taccuinodicasabella.blogspot.it/2012/08/ennesimo-sciagurato-progetto-per.html) and we are posting an image here too: even Venice, if the wretched project won’t be avoided, has become a breeding ground for one of the biggest skyscrapers of Europe, as a demonstration that the qualities of a skyscraper involve both its architectural content and its contextuality (which, in fact, is true for any other architectural subject. But in the case of a skyscraper or any other building with unusually big proportions, it requires a widespread and inalienable sharing).
 



Above, a day view of the advanced state building site at the “Ex Varesine” of Milan, near Porta Garibaldi Train Station, which includes some new skyscrapers; it’s the work of the italo-american architect Lee Polisano, of the architecture study Kohn Pedersen Fox, assisted by Paolo Caputo.

Also, a rendering of the structures in a night version. Below: examples of Milanese projects of skyscrapers, already nicknamed by the inhabitants “crooked skyscrapers”, at the core of the ex Fiera Campionaria (Trade Fair) area, now being completely rebuilt after the demolition of the Fiera in 2010. The three skyscrapers have been planned by three names of international architectural fame:  Zaha Hadid, Daniel Lebeskind and Arata Isozaki. 

The reported examples say a lot about the indirect correspondence between quality of the architectural product and importance of its designer’s name. The latter, in fact, is not necessarily a warranty. All these projects come from recent decisions of the Moratti administration, which preceded the current one. It was characterized by risky choices in the urban and building policy, to such an extent that it massively raised the buildable volumes in the central areas of the city, and assigned professional responsibilities without opening any public debate at least on those works that were going to influence the city’s image forever. Unfortunately, many of the realizations in the Ex Varesine area are almost completed, showing their squalid legacy of pompous vacuity and gigantic formal weakness, thus determining a widespread drop in attraction that the city with its culture had always forged around its great historical cycles.


Even the Italian people, who tried harder than other countries to balance their modern cities’ structure with the models of their ancient cores – as if they could function as antibodies against every incongruous structure – recently experienced, in Milan for example (but also in other Central European cities), the appetites of the ones who build and rule; they produced, in a few years, epoch-making changes in the altimetric, volumetric and qualitative standard of architectural production, which gave birth to out-and-out monsters in the city center, unable to excite the same pride felt by the Milanese people for the Pirelli skyscraper by Gio Ponti and the Velasca by BBPR, both perfectly blended in the city. 



Now more than ever, instead, vulgar pettiness and ugliness have got the upper hand. All that is unbearable. All that leads to an incalculable loss of beauty, a decay of the liveliest economies of the city and consequently a decay of promotion in business world, fashion, art, design, tourism. All that gets poor, around those squalid volumes of ugliness, every aspect of city life loses weight and self-consciousness. The city economy misfires, losing the momentum of its original pride.  



Pier Cardin would like to realize this tower in Venice within a couple of years; it is one of the worst examples of good architectural contextualization and one of the most miserable examples of historical-environmental ignorance ever put forward in the history of architecture of all times, especially in Italy. A tribute to the pure “image of the product” and to merchandising as the only existential horizon. An offense to sense of history and society represented in the appropriate environment for its community. A scorn for everybody’s heritage and for the will of conveying values before impressive images. Its construction keeps looming over the city even after the publicity launch that filled the newspapers in these days, and only the voice of all those who have the unique lagoon city’s destiny close to their heart can foil its realization.
See:  (http://taccuinodicasabella.blogspot.it/2012/08/ennesimo-sciagurato-progetto-per.html).


In spite of all, we believe that every big city worldwide shouldn’t stop building skyscrapers. Because, as each good skyscraper designer must (or should) know, as well as each citizen who would like to give an assessment, every single situation must be analyzed in its specificity. And so, if on the one side the presence of a skyscraper like The Shard in London is fair, we are not of the same opinion about Dubai City being built in the same way since the last decade: the structure that is about to be completed, 800 meters high, appears to be completely inappropriate, even though its shape recalls in some way Wright’s archetype and, consequently, the London Shard of Renzo Piano, also born from the same roots. Considering each aspect described so far, the inappropriateness derives in the first place from the extreme weather conditions to which the structure is subjected given its proximity to the desert; secondly, and most importantly, from its being way far from the cultures ruling over those lands until a couple of decades ago, who pursued the “magnificence of the West”, very attractive for the upper classes whose wealth derived from oil exports in the West. We could say that small countries like Hong Kong or Montecarlo have every reason for building in height, given the scarce ground surfaces available; however, this can’t lead to the construction of building complexes of such density that they become unacceptable for every human being. It happened way too often, and you can judge this phenomenon yourselves from this last picture we are showing you. 




The latest skyscraper built in Dubai, 800 meters high. Even its shape recalls Wright’s archetype. Below, a nightmare image: a sky fragment between a group of skyscrapers in Hong Kong 



A nightmare image: a sky fragment between a group of skyscrapers in Hong Kong 


We can be sure of one thing: Renzo Piano, author of the Shard in London (in the opening picture), would have never built a skyscraper in Venice, and least of all the highest of Italy. He would have certainly suggested something else, by adopting the aesthetic canon inspired by the lagoon and dictated by measure and sense of history.


Enrico Mercatali
Lesa, 6th August 2012
tradotto in inglese da Penelope Mirotti
english edition 9th October 2012

  in