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11 February 2012

Nesso forte tra storia del cinema e storie del cinema, nel passaggio tra topografia del cinema e sceneggiatura della Storia - di Enrico Mercatali





Nesso forte tra Storia del cinema e storie del cinema,
ovvero cinema nel cinema
dalla topografia alla scena

"Hugo Cabret"

Martin Scorsese, Parigi e Georges Méliès 
come Giovanni Pastrone, Torino e George Kleine
di   Enrico Mercatali



 
Sopra al titolo: Martin Scorsese nei panni di Georges Méliès, grande cineasta francese che ha intensamente lavorato a Parigi a cavallo tra il XIX e il XX secolo, omaggiato da  Scorsese nel suo Hugo Cabret, fantasmagorico film uscito nel 2012, ricco di effetti speciali in 3D, che ne ricostruisce la vicenda umana e storica, contestualizzandola nella stazione parigina di Montparnasse, ricostruendo in essa e di essa ogni minimo dettaglio e azione.
Qui sopra: Giovanni Pastrone, grande cineasta italiano che ha lavorato a Torino al primi del secolo,  raggiunge il culmine della sua attività di creatore e produttore di film spettacolari a Torino con "Gli ultimi giorni di Pompei" e "Cabiria" del 1914. Per quest'ultimo film egli ha grandi ambizioni promozionali e culturali: ricorre a Gabriele D'Annunzio per le didascalie e a Ildebrando Pizzetti per il commento musicale (celebre la "Sinfonia del fuoco") e al grande tecnico operatore e regista spagnolo Segunto De Chomon per gli "effetti speciali". 
In "Cabiria" il suo grande contributo inventivo è il "carrello", in cui la macchina da presa non è più fissa al terreno, ma libera di muoversi tra gli attori. Fino ad ora la macchina da presa creava una scena fissa in cui gli attori entravano in campo, recitavano e ne uscivano con un effetto simile al teatro. Il carrello permise anche di passare dal campo lungo ai primi piani senza "stacco" di ripresa.


E' particolarmente vivo in noi l'interesse per il cinema quando in esso vi siano forti spunti del legame tra esso, la sua creazione, i suoi luoghi, specie quando questi siano parte stessa dell'architettura, del sito e dell'ambiente fisico e culturale che li hanno prodotti. Già in altre pagine di questo magazine vi sono stati approcci ai temi che legano la storia del cinema a quello dell'architettura, alle sue icone, ai loro nessi nella cultura contemporanea onnicomprensiva e onnivora di nessi, sovrapposizioni, stretti legami, ispirazioni e aspirazioni alle mescole più intricate.


Fotogramma fantastico tratto da un film di Méliès, riprodotto nel film di Scorsese



Fotogramma di Cabiria, di Giovanno Pastrone, Torino 1914


Il fantastico, anzi, fantasmagorico film che Martin Scorsese ha proposto in quest'ultima stagione della sua fervida fantasia di cineasta che si nutre di storia, e naturalmente, primariamente di storia del cinema, ovvero Hugo Cabret, ha saputo catturare di nuovo la nostra attenzione proprio per le ampie mescole di nessi, riferimenti e ammiccamenti alla storia dei luoghi narrati, delle idee, e delle favole che muovono attorno alle icone che fanno del film, al di là delle spettacolari tecniche moderne messe in scena, uno tra i più ricchi della filmografia del regista, ma anche del cinema tutto.





Fotogramma del Film Hugo Cabret, di Martin Scorsese, scene di Dante Ferretti. La veduta di Parigi col suo monumento simbolo, la tour Eiffel, attraverso il grande orologio della gare du Montparnasse, sta all'immaginazione del piccolo protagonista del film quanto le memorie della vita parigina della belle epoque, tratta dall'iconografia dell'arte e della tecnica dell'epoca,  sta all'immaginazione del regista che ne rivive l'esperienza attraverso le grandi carrellate del cinema muto e dei suoi multiformi stereotipi


Appassionanti ci sono parsi tutti i riferimenti che la pellicola ci ha proposto, sia in termini iconografici, nel trattare il materiale che Dante Ferretti ha accuratamente riproposto della documentazione del gusto, dell'arte, della caricatura, della moda, della colorita e variopinta ambientazione a Parigi-Montparnasse a cavallo tra XIX e XX secolo, sia in termini cronachistici di quanto realmente accadde in quella stazione. Ma altrettanto appassionanti i richiami alla precisa ricostruzione, ricondotta sempre al piacere del racconto ironico e favolistico, arguto e un po' canzonatorio, ma autenticamente e profondamente sentito, dall'autore del film, dello spirito che all'epoca del muto aleggiava sui sets cinematografici, tra l'ingenuo e il circense, tra la pantomima e il ridicolo di un divertimento che solo collettivamente fruito pur sempre  restava fatto di puro spettacolo, fatto per divertirsi, fatto per lo svago, e non ancora capace di generi diversi da questi.


Manifesto del film "Un viaggio sulla luna", nei suoi colori originali del 1902. Il colore "filmico"a quell'epoca non era ancora stato inventato, e le pellicole, quando non lasciate in bianco e nero, venivano dipinte a mano. L'immaginario collettivo viene sollecitato da immagini satiriche  assai ingenue, capaci tuttavia di catturare la fantasia dei più piccoli ma anche degli adulti. Lo spettacolo cinematografico è allora il rito del divertimento collettivo, come avviene con l'arte circense, ma ora filtrato dall'aura miracolosa d'una tecnica che evolve nel continuo progresso.




Un manifesto di "Cabiria", di Giovanni Pastrone, della torinese Itala Film, prodotto nel 1914, che vanta Gabriele D'Annunzio quale creatore dei testi. Le musiche invece erano di Ildebrando Pizzetti. Per la prima volta si cerca di dare autorevolezza allo spettacolo collettivo utilizzando le firme più note della cultura del tempo. Il film diventa così, per la prima volta, un'opera d'arte.





Sopra in alto: le due fotografie rappresentano la sala di posa della casa di produzione di Georges Méliès, in alto all'epoca della straordinaria e cospicua produzione cinematografica del creatore e regista francese (l'inquadratura assiale è stata ripresa, in originale, e ricostuita nel film Hugo Cabret di Martin Scorsese. In basso: il complesso delle sale di posa di Méliès, presso Parigi, in stato di abbandono, poco prima che venissero demolite. Questa sala di posa è straordinariamente simile a quella voluta a Torino da Arturo Ambrosio e George Kleine, e costruita a Grugliasco presso Villa Boriglione, per le produzioni congiunte di Itala Film e di Photo Drama Producing Company of Italy tra il 1912 e il 1914. Qui sotto: il padiglione in ferro e vetro di Torino, quale sala di posa della compagnia Photo Drama sopracitata, ebbe vita breve per lo scoppio della prima guerra mondiale. Anch'esso come quello di Georges Méliès, è stato demolito. Restano però, a Grugliasco (Torino), a testimonianza del grande sforzo produttivo congiunto italo-americano, certo tra i più ingenti della cinematografia mondiale di allora già globalizzata, alcuni importanti edifici, ora visibili  perchè ristrutturati e finalizzati ad attività culturali, appartenuti all'industria del cinema italiano all'epoca del muto, capaci di mostrare il notevole livello di organizzazione produttiva del tempo. Attorno a quella che fu la sala di posa in ferro e vetro per le riprese a luce naturale, al centro,  si affiancavano gli uffici di rappresentanza della casa cinematografica, nell'ex villa Boriglione, gli ambienti per le attività scenotecniche, i camerini degli attori, le lavanderie e le stirerie, i guardaroba, la mensa,  i laboratori per lo svuluppo e per la stampa delle pellicole, le costruzioni in stile alpino svizzero e tedesco per le riprese contestualizzate. In primo piano il grande padiglione vetrato ed in fondo a sinistra lo Chalet Allemand, costruzione in stile alpino. Sotto la grande area recintata che fu sede, purtroppo per soli due anni, di una delle più ampie e organizzate compagnie cinematografiche mondiali all'epoca del muto, oggi sede di attività culturali teatrali, espositive, musicali, di danza e circensi.





Una sequenza di fotogrammi utilizzati da Scorsese nel suo film, presi a caso dalla cinematografia dell'epoca, alcune in bianco e nero, altre a colori dipinte a mano, alcune delle quali dello stesso George Méliès, riprodotte o ricostruite in modo fantastico ed appassionato nelle ricostruzioni fatte dal regista italo-americano nella seconda parte del film Hugo Cabret, proposte con gli effetti speciali in 3D, a memoria dei caratteri peculiarmente spettacolari, illusionistici e soprattutto sempre sbalordenti dell'epopea cinematografica d'inizio secolo, basata prevalentemente sul gioco, sugli effetti di magia, sullo stupore che, per allora, la sola realtà rappresentata in movimento, generava nello spettatore. Tutte le mercanzie adottate per l'ottenimento di una spettacolarità dell'effetto garantito, basata sulle torte in faccia, sul futuribile (incontro coi marziani ed altri esseri abominevoli e sconosciuti), sull'ipnosi e su un illusionismo da circo crea lo spunto, nel film di Scorsese, per l'invenzione del negozietto alla stazione di Montparnasse dentro a cui lavora il vecchio Georges Méliès, non più capace di produrre quei sogni cinematografici, di cui fu capace in gioventù qui sotto nella scena che ne rappresenta il riscatto da parte del bambino, protagonista del film, il quale ne provocherebbe la rinascita a seguito di un patto che vedrà avverarsi alla fine del film il sogno di entrambi.





Circo, teatro e avanspettacolo  si fondono ora sulla pellicola cinematografica. I suoi manifesti promuovono spattacolarità dagli effetti garantiti basati sull'effetto miracolistico, sul facile stupore che gli stessi effetti dinamici e "cinematici" provocano nello spettatore avvolto dal buio della sala. Recitazione, balletto, comicità, teatralità, musica ed effetti sonori, luci ed ombre, colori e abbagli, costumi e scene grandiose e stupefacenti, tutto contribuiva a creare l'effetto che ognuno si aspettava.


Nelle due foto qui sopra si mostrano le analogie che possono descrivere effetti simili in contesti diversi, alla ricerca delle genesi topografiche tra loro confrontabili delle due massima realtà urbane cinematografiche all'epoca del cinema muto. Entrambe città che hanno subìto un travolgente sviluppo nel corso dell'ottocento, entrambe segnate da icone monumentali a forte spicco verticale realizzate nel cuore dello stesso secolo. L'immagine in alto rappresenta la Parigi rappresentata da Scorsese nel suo film Hugo Cabret, così come vista, dall'alto della sua postazione, dietro al grande orologio della stazione di Montparnasse, dal suo giovane protagonista. L'immagine qui sopra rappresenta Torino come appariva ai numerosi cineasti che agli inizi del secolo scorso vi impiantavano le più importanti case di produzione cinematografiche di allora. Entrambe le città, riconoscibili attraverso le rispettive icone monumentali che vi dominano incontrastate, sono divenute simbolo stesso del cinema all'epoca del muto. In Torino, perfino, vi si è oggi predisposto, se non il più bello, uno dei più bei musei del cinema oggi esistenti. Proprio dentro alla Mole antonelliana il bellissimo e modernissimo museo che vi è allestito fa rivivere l'ebbrezza degli spettacoli di allora, che lasciavano "senza fiato" i suoi spettatori, spettatori prima di tutto della storia che evolve, della tecnica che produce miracoli, capaci di  rendere partecipi i suoi spettatori di "eventi epocali" quali quello della "nascita del cinema", che Martin Scorsese vuole ricordare oggi con la commozione e l'affetto che un simile evento sa meritare.



Qui sopra nella foto un famoso disastroso evento che vide protagonista, ai primi del secolo XX, una vecchia locomotiva, la cui corsa non ebbe termine alla fine del binario, ma solo dopo aver sfondato la facciata della stazione ferroviaria. Riportiamo questo evento in quanto, pur nella sua tragicità, esso è stato ludicamente ripreso da Martin Scorsese, per creare una delle sue numerosissime scene, dentro al film, da effetto speciale, nella quale l'avvenimento è stato ricostruito, in ogni particolare, in tutta la sua sbalorditiva e spettacolare dinamica



L'automa, oggetto protagonista del film "Hugo Cabret", rappresenta "l'arcano tutto meccanico" che incarna la magia che la tecnica sapeva suscitare nell'epoca in cui, alla  Sigfried Giedion,  "The meccanizzation thakes command", la quale, a differenza dell'odierna elettronica, lascia ancora ad un ragazzo intelligente e capace, la facoltà d'addentrarvi





Castelletto Ticino (No),  5 febbraio 2012
Enrico Mercatali

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