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15 October 2013

V O L T I del '900 - Milano incontra Parigi. Dalla collezione del Centre Pompidou a Milano-Palazzo Reale (di Enrico Mercatali)



V   O   L   T   I



dal Centre Pompidou a Palazzo Reale
- Milano incontra Parigi -


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Sopra al titolo l'opera più bella e raffinata della nuova arte del Novecento, e sotto al totolo l'opera che è stata selezionate quale simbolo della mostra milanese di Palazzo Reale, per i suoi forti connotati iconici, e per la sua intrinseca provocatorietà. La prima, "La musa addormentata", bronzo del 1910, opera di Constantin Brancusi, eccelle per l'estrema sintesi formale dei suoi tratti, anticipando, col suo raffinato minimalismo plastico, quei caratteri salienti dell'arte nuova che si ritroveranno integri negli insegnamenti della Bauhaus e nelle opere dei suoi Maestri, architetti, pittori o scultori che fossero. La seconda, "Lo stupro", del 1945, è opera di René Magritte, olio su tela, è ascrivibile al movimento surrealista, di cui il maestro belga è stato tra i massimi esponenti, la cui matrice onirica ne pervade ogni opera, qui prodottasi in una trasfigurazione mente-corpo, e tratti somatici-attività della mente, che accomuna ritraente e ritratto entro una sfera tutta sessuale, che ne cancella i normali tratti anatomici per trasferirli totalmente entro l'anatomia del corpo nudo di una donna.


Molti dei volti qui rappresentati non hanno mancato il loro obbiettivo di scioccare, se non scandalizzare, chi per primi li ha visti, non appena prodotti dai loro autori. I più sono trasfigurati dalla immaginazione dell'artista, il quale, mentre dipinge il suo soggetto in carne ed ossa riesce anche a  penetrarne i segreti, ad estrarne gli umori interni dell'anima, sfregiandone le reali sembianze per mezzo d'una operazione sistematica di scavo nel flusso dei messaggi subliminali che dal loro incontro ne scaturisce, prima ancora di palesarsi nel suo reale aspetto. Alcuni sono accompagnati da una lettura forzosa e volutamente forzata dell'impatto col ritrattista, divenendo figura irriconoscibile. Tutti però, proprio tutti, sono oggetto d'una analisi psicologica che ne segna i tratti fisici superficiali al fine di alimentarne una descrizione immaginifica di quelli più profondi, i cui risvolti, nelle diverse  intrinseche peculiarità caratteriali, in rapporto all'artista, emergono fortemente. Il momento storico nel quale avvengono questi processi di intensa percezione e di esasperata rappresentazione è costituito dal diffondersi della nuova arte fotografica. Non possono certo sfuggire all'osservatore le enormi differenze che segnano il passaggio nell'arte figurativa del ritratto tra il prima e il dopo l'avvento della fotografia. Ecco che allora il ritratto eseguito dall'artista supera la sua essenza descrittiva, per farsi analitica.

La sezione intitolata "I misteri dell'anima", della quale fanno parte opere di artisti quali Auguste Macke, Albert Marquet, Emile othon Friesz, Henri Le Falconnier, Frantisek Kypka, André derasin, Amedeo Modigliani, Henri Matisse, Kees van Dongen, Suzanne Valadon, Pierre Bonnard, John Currin, introducono la mostra milanese mostrando la sua tesi, ovvero che nel ritratto moderno nulla vi è più di rappresentativo ed autoreferenziale come avveniva al tempo in cui il pittore veniva chiamato dal committente per rappresentare la sua figura nell'efficacia d'una rappresentazione ben accetta e coerente con l'oggetto dell'incarico.


  
Amedeo Modigliani, "Ritratto di Dédie", 1918, Olio su tela (92 x 60 cm)



John Currin, "La marocchina", 2001, Olio su tela (66,56 cm)



Frantisek Kupka, "Rossetto", 1910, Olio su tela (63,5 x 63,5 cm)


Superata la soglia che separa i due secoli del moderno, conclusesi le esperienze impressioniste, e con l'avvio della modernità matura, il ritratto incomincia a tessere il suo scavo psicologico, in cui l'artista è solo con il "suo" soggetto. Egli  intende mostrarlo interpretandone l'intero percorso simpatetico istauratosi tra lui e quello. Mentre avviene questo scambio tra individui, o tra l'individuo e sè stesso allo specchio, ovvero mentre l'opera si avvia, avviene appunto la rappresentazione di quel "mistero dell'anima" che consistre proprio quello che si disvelerà, ad opera finita, nei caratteri salienti che per sempre la marchieranno. Ed artista e soggetto, assieme, scopriranno cosa veramente c'è dentro a quella raffigurazione. Qui sopra abbiamo mostrato tre opere appartenenti alla sezione detta appunto "MISTERI DELL'ANIMA".

La sezione "AUTORITRATTI" è quella che annovera le opere che l'artista compie guardandosi allo specchio (anche in senso figurato): egli si vede così, come l'opera finita appare. Lo specchio dell'anima, questa volta forma un circuito chiuso, nel quale l'immagine di sè viene portata sulla tela. In questa sezione vi sono opere di Robert Delaunay, Maurice de Vlaminck, Gino Severini, Léonard Fujita, Franbcis Bacon.



Gino Severini, "Autoritratto", 1912/1960, Olio su tela (55 x 46,3 cm) 



Léonard Fujita, "Ritratto dell'artista", 1928, Olio e guache si tela (35 x 27 cm)



Francis Bacon, "Autoritratto", 1971, Olio su tela (35,5 x 30,5 cm)


Nella sezione "IL VOLTO ALLA PROVA DEL FORMALISMO" il curatore della mostra affronta il tema del volto umano quale soggetto interessante per l'artista da un punto di vista formale: quando si avvia l'esplorazione del moderno l'artista indaga gli aspetti formali della rappresentazione, seguendo percorsi, prima inconsciamente e poi consapevolmente, che verranno successivamente riferiti dalla critica a questo o quello stile. Egli, in taluni casi, scegli il volto umano come campo di sperimentazione formale. Sono le opere di Frantisek Kupka, Juan Gris, Jacques lipchitz, Henry Laurens, Julio Gonzales, Rober Delaunay, Fernand Léger, Richsrd >Lindner, Pablo Picasso, Valerio A dami, Constantin Brancusi, André Derain, tra gli altri, ad esprimere questo preciso aspetto del problema formale. Non a caso vi sono qui concentrate le opere di numerosi scultori, per i quali la fisica tridimensionalità costituisce la più concreta parte della formalizzazione d'una idea. Qui sotto ne riportiamo gli esempi di Constantin Brancusi, di Pablo Picasso e di Valerio Adami, in opere tra loro distantissime, la prima e l'ultima agli estremi della modernità matura, e quella intermedia al centro geometrico della ricerca e della sperimentazione frenetica ed entusiastica del secolo XX, ed al centro anche del personaggio che più di tutti ne espresse la creatività e la innovatività. Il volto brancusiano è tra le opere più raffinate dell'essenza simbolica delle nuove arti che il secolo stava annunciando, magnifica ed estrema sintesi formale dell'arte come pura interpretazione dello spirito. Il picassiano ritratto di donna già cerca nuovi lidi all'espressività ribelle e ribollente del Maestro del Cubismo, comunicando esigenze d'apertura a nuove regole e a nuove distruzioni di regole, così come il secolo impone ormai di fare a ciascun artista che voglia dirsi tale. L'adamiana ricerca d'una purezza del tratto grafico, e del disegno quale filosofico modo d'approcciare il senso stesso del reale che circonda l'individuo contemporaneo, approda, in questa grande tela, a un risultato d'equilibrato classicismo, volutamente disgregatosi proprio nel farsi forma, entro logiche tutte riassumibili nell'istintiva e indecifrabile, intima  personalità del suo autore.



Constantin Brancusi "La musa addormentata", 1910, bronzo (16 x 27,3 x 18,5) 




Pablo Picasso, "Ritratto di donna", 1938, Olio su tela (98 x 77,5)



Valerio Adami, "Thorvaldsen", 1980-1981, Acrilico su tela (198 x 148 cm)


"VOLTI IN SOGNO" è la sezione che, più delle altre, indaga nel subconscio. Quello della persona ritratta, ma anche quella della persona ritraente, perchè è chiaro che si instaura un rapporto biunivoco tra i soggetti dell'evento artistico. Trattasi già quasi di una sorta di performance, quella di cui si parla, nella quale all'azione si contrappone una reazione, tessendosi così un andirivieni di stimoli, durante l'esecuzione dell'opera, che, nel loro svilupparsi, la realizzano. Difficile dire se quanto vediamo in queste opere sia una rappresentazione dell'animo del ritratto o del ritrattista. Assai spesso è più quello del ritrattista, che deforma a modo suo la realtà fino a concretizzarne un'altra, che a volte è assai più reale del reale. Da questa fase evolutiva della modernità matura, fino ai giorni nostri, la lezione di Sigmund Freud viene assunta dagli artisti come un invito ad una liberatoria istintività d'espressione, attraverso la quale potervi riconoscere i simboli dell'inconscio. Ogni libertà è ammessa, ogni paradosso possibile, ogni segreto disvelato soprattutto quando l'artista coglie l'attimo fuggente dalla propria immaginifica istintività. Emergono così nuove realtà. Nascono le "surrealtà": ecco il SURREALISMO. Sono di questa sezione della collezione del centre Pompidou, esposte a Milano,  bellissime opere di René Magritte, Joan Miro', diMaz Ernst, di André Masson.



Qui sopra: René Magritte "Lo stupro", 1945, Olio su tela (65,3 x 50,4)
Max Ernst, "L'imbecille", 1961, Bronzo ( 70 x 31 x 25 cm)
René Magritte "Ritratto di georgette con biboquet", 1926, Olio e matita su tela, incisioni (55x45cm)
Juan Miro' "Testa maschile", 1935 (106 x 75)


La sezione "CAOS E DISORDINI O L'IMPOSSIBILE PERMANENZA DELL'ESSERE" raccoglie, tra le altre,  opere di maestri come Pablo Picasso, Jean Foutrier, Alberto Giacometti, Antonio Saura, Jean Dubuffet, Francis Bacon. Essa espone, rappresenta, mostra il disagio, il quale non si sa se possa attribuirsi al ritratto o al ritrattista. La sindrome appare chiaramente dalla inafferrabilità della immagine stessa che sia l'artista che il soggetto mettono in scena. La forma ne è sconvolta e la personalità del soggetto profondamente disturbata. Al disordine formale corrisponde un disordine emotivo dal cui trapela uno stato d'animo inquieto, una situazione di malessere, ancorchè espressa nei modi ironici o comici del maestro di Guarnica. Di questa sezione ne riportiamo qui sotto due esempi, uno di Pablo Picasso, ed un altro di Francis Bacon.



Qui sopra: Pablo Picasso, "Donna con cappello", 1935, Olio su tela (60 x 50 cm)
Francis Bacon "Ritratto di Michel Leiris, 1976, Olio su tela (34 x 29 cm)


Nella sezione intitolata "DOPO LA FOTOGRAFIA" si concentrano le opere che più forse assomigliano alla ritrattistica premoderna, prefotografica, essenzialmente celebrativa, ma che, a differenza di quella, esprimono un mondo interiore, dell'artista o del soggetto ritratto, che ne supera la staticità realistica secondo strade diverse, e le più varie, che possono andare dalla forte introspezione psicologica del personaggio al suo inquadramento entro una messa in scena, fino alla pura rielaborazione dei tratti somatici secondo tecniche di deformazione grafica, quasi che un ipotetico  diaframma si frapponesse tra ritratto e ritrattista così da renderne più difficile lo scambio comunicativo. Opere, in questa sezione, di artisti quali Tamara de Lempicka e Chock Close, dei quali qui sotto ne riportiamo due esempi.



Tamara de Lempicka, "Kizette al balcone", 1927, Olio su tela (130 x 80,8 cm)
Chuck Close, "Arne", 1999-2000 ( Olio su tela (259,1 x 213,4 cm)

Una ultima sezione, intitolata alla "DISINTEGRAZIONE DEL SOGGETTO", propone alcune opere di più recente realizzazione (dal 1960 sino al 1972), la cui tematica evocherebbe, secondo il curatore, quanto sta proprio nel suo titolo. Vi si annoverano opere fotografiche sperimentali e multimediali, di autori quali Kurt Kren, Peter Campus e altri.

Enrico Mercatali
Lesa, 15 Ottobre 2013


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