K A N
D I N
S K Y
Vassily Kandinsky, 1902, "Alte Stadt II (Città Vecchia II), olio su tela, 52x78,5 cm. Lascito di Nina Kandinsky 1987.
Sotto: ingrandimento della parte centrale del dipinto particolare.
La collaborazione che ormai si consolidata tra Palazzo Reale-Milano e Centre Pompidou-Paris ha prodotto un altro capolavoro espositivo: la mostra apertasi in questi giorni su Vassily Kandinsky, che rimarrà visitabile fino al 27 aprile 2014. Dell'artista russo, popolarmente noto come colui che ha inventato l'astrattismo, sono presenti in mostra alcune tra le sue più note opere. Il percorso artistico curato da Angela Lampe in collaborazione con Ada Masoero, permette al visitatore di ripercorrere per intero, ed in modo quasi didascalico, i passaggi fondamentali che hanno caratterizzato l'evoluzione dell'opera dell'artista dalle tre nazionalità (russa, tedesca e francese), generalmente influenzata dai cambiamenti di residenza dell'artista, costretto dagli eventi spesso tragici della sua esistenza a trasferirsi dalla Russia a Parigi, da Parigi a Monaco, poi in Russia, dalla Russia a Berlino e al Bauhaus di Weimar invitato da Walter Gropius, poi Dessau e poi a Berlino, ed infine, a causa della chiusura del Bauhaus da parte dei nazisti, ancora a Parigi. In ciascuno dei 3 paesi egli ha infatti assunto la cittadinanza. In ciascuna delle culture che nelle loro capitali fervevano, quando vi si è accostato, egli ha messo profonde radici, tanto da sentirne fortemente l'influenza.
Precedette questa, ed in qualche modo ne predispose i migliori semi, la sua lunga permanenza a Mosca quando dovette lasciare Monaco (ove anche lasciò la sua prima compagna di vita Gabriele Munter) allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, per ritornare in patria (1915). Qui Kandinsky creò un numero limitato di opere ma ebbe a rafforzare i lineamenti della propria personalità, nel corso delle numerose collaborazioni coi massimi esponenti della cultura rivoluzionaria moscovita, da Kazimir Malevic a Vladimir Tatlin, da Varvara Stepanova a Aleksandr Rodcenko. Con essi, ed in particolare con Rodcenko mise la maggior parte dei propri sforzi al lavoro organizzativo dei licei provinciali. E' stato questo il periodo in cui il suo amore per l'arte e l'artigianato popolare russo divenne per lui veicolo di nuovi approfondimenti e sintetiche astrazioni, attraverso una pratica artistica trasversale al Suprematismo e al Costruttivismo, movimenti assai diffusi nelle collettive di quegli anni alle quali anche lui partecipava. In quel periodo il suo non è mai stato il suo un identificarsi totale a questo o quel movimento, ma un profondo relazionarsi ad essi attraverso una propria visione che sapeva filtrare dal nuovo i propri e più intimi convincimenti che sarebbero sfociati in modo più maturo nel successivo periodo tedesco, nella scuola del Bauhaus.
Lo spirito speculativo e rigoroso del suo metodo didattico e cognitivo, assieme alla sua grande sensibilità di uomo e di artista, determinano, nella natura analitica e profondamente esplorativa del suo percorso, un susseguirsi di spostamenti nel tempo del suo approccio ai materiali dell'arte, all'inseguimento di verità e di riscontri sperimentali, tali da condurre ad una sorta di scienza dell'arte, che egli saprà condensare in scritti divenuti famosissimi, quali "Dello spirituale nell'arte" del 1912 e "Punto e linea nel piano", scritto nel 1926, nel periodo dell'insegnamento al Bauhaus.
Sopra al titolo: "Gelb-Rotr-Blau" (Giallo Roso Blu), 1925, Olio su tela, cm 128x201,5. Donazione Nina Kandinsky, 1976 al Centre Pompidou.
Sotto al titolo: "Bleu de ciel" (Azzurro cielo), 1940, Olio su tela, cm 100x73. Donazione Nina Kandinsky, 1976 al Centre Pompidou.
Vassily Kandinsky, 1902, "Alte Stadt II (Città Vecchia II), olio su tela, 52x78,5 cm. Lascito di Nina Kandinsky 1987.
Sotto: ingrandimento della parte centrale del dipinto particolare.
La collaborazione che ormai si consolidata tra Palazzo Reale-Milano e Centre Pompidou-Paris ha prodotto un altro capolavoro espositivo: la mostra apertasi in questi giorni su Vassily Kandinsky, che rimarrà visitabile fino al 27 aprile 2014. Dell'artista russo, popolarmente noto come colui che ha inventato l'astrattismo, sono presenti in mostra alcune tra le sue più note opere. Il percorso artistico curato da Angela Lampe in collaborazione con Ada Masoero, permette al visitatore di ripercorrere per intero, ed in modo quasi didascalico, i passaggi fondamentali che hanno caratterizzato l'evoluzione dell'opera dell'artista dalle tre nazionalità (russa, tedesca e francese), generalmente influenzata dai cambiamenti di residenza dell'artista, costretto dagli eventi spesso tragici della sua esistenza a trasferirsi dalla Russia a Parigi, da Parigi a Monaco, poi in Russia, dalla Russia a Berlino e al Bauhaus di Weimar invitato da Walter Gropius, poi Dessau e poi a Berlino, ed infine, a causa della chiusura del Bauhaus da parte dei nazisti, ancora a Parigi. In ciascuno dei 3 paesi egli ha infatti assunto la cittadinanza. In ciascuna delle culture che nelle loro capitali fervevano, quando vi si è accostato, egli ha messo profonde radici, tanto da sentirne fortemente l'influenza.
Vassily Kandinsky, 1914 "Quadro con macchia rossa", olio si tela, 130x130 cm. Donazione di Nina Kandinsky, 1976
Sotto: ingrandimento della parte del dipinto in alto a destra.
La mostra milanese mette assai bene in evidenza, anche al visitatore meno attento, quanto da tali eventi la sua pittura abbia potuto uscirne modificata, riportandone ben impresso il rispettivo marchio, al di là che dalle naturali evoluzioni dovute agli incontri più o meno profondi o sporadici, da lui avuti durante i numerosi viaggi in Africa del nord, in Nord Europa, o in Nord America. Un artista di alto calibro, Vassily Kandinsky, che ha saputo fortemente assorbire quanto gli proveniva dall'esterno e che, al contempo, ha sviluppato una propria autonoma rigorosa propensione a stabilire regole universali del fare arte, secondo i canoni della modernità da lui stesso propugnata, sia prima, che durante, che successivamente alla straordinaria esperienza del Bauhaus.
Sopra: Vassily Kandinsky, 1917, "Senza titolo", olio su tela, 23,5x33,5 cm,. Lascito di Nina Kandinsky, 1981
Qui sotto: Vassily Kandinsky, 1916, "Mosca, Piazza Rossa", olio su tela 51,5x49,5 cm.Mosca, galleria Tret'jako.
I due dipinti sono stati eseguiti a breve distanza di tempo l'uno dall'altro ed in entrambevi è una proponsione verso il fantastico: è lo spirito di Vassily che sembra euforico e pieno di aspettative dalla vita. E' un momento della sua vita in cui egli elabora i concetti sulla spiritualità nell'arte, in cui sembra contemporaneamente, e forse non casualmente, convergere l'idea di una pittura totalmente astratta, o le cui astrazioni espandano il senso dell'opera verso le infinità dalla mente e del suo bisogno di spiritualità.
Precedette questa, ed in qualche modo ne predispose i migliori semi, la sua lunga permanenza a Mosca quando dovette lasciare Monaco (ove anche lasciò la sua prima compagna di vita Gabriele Munter) allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, per ritornare in patria (1915). Qui Kandinsky creò un numero limitato di opere ma ebbe a rafforzare i lineamenti della propria personalità, nel corso delle numerose collaborazioni coi massimi esponenti della cultura rivoluzionaria moscovita, da Kazimir Malevic a Vladimir Tatlin, da Varvara Stepanova a Aleksandr Rodcenko. Con essi, ed in particolare con Rodcenko mise la maggior parte dei propri sforzi al lavoro organizzativo dei licei provinciali. E' stato questo il periodo in cui il suo amore per l'arte e l'artigianato popolare russo divenne per lui veicolo di nuovi approfondimenti e sintetiche astrazioni, attraverso una pratica artistica trasversale al Suprematismo e al Costruttivismo, movimenti assai diffusi nelle collettive di quegli anni alle quali anche lui partecipava. In quel periodo il suo non è mai stato il suo un identificarsi totale a questo o quel movimento, ma un profondo relazionarsi ad essi attraverso una propria visione che sapeva filtrare dal nuovo i propri e più intimi convincimenti che sarebbero sfociati in modo più maturo nel successivo periodo tedesco, nella scuola del Bauhaus.
Lo spirito speculativo e rigoroso del suo metodo didattico e cognitivo, assieme alla sua grande sensibilità di uomo e di artista, determinano, nella natura analitica e profondamente esplorativa del suo percorso, un susseguirsi di spostamenti nel tempo del suo approccio ai materiali dell'arte, all'inseguimento di verità e di riscontri sperimentali, tali da condurre ad una sorta di scienza dell'arte, che egli saprà condensare in scritti divenuti famosissimi, quali "Dello spirituale nell'arte" del 1912 e "Punto e linea nel piano", scritto nel 1926, nel periodo dell'insegnamento al Bauhaus.
Vassily Kandinsky, "Auf weiss II" (Su bianco II), 1923, olio si tela 105x98 cm. Donazione Nina Kandinsky 1976. Lo stesso quadro alla parete del soggiorno di casa Kandinsky a Dessau.
Sotto: di fotografo sconosciuto, Vassily Kandinsky e Paul Klee a Dessau nel 1926, davanti all'edificio progettato da Walter Gropius, nel quale risiedevano entrambi nei loro distinti appartamenti, destinati agli insegnanti del Bauhaus.
Questo modo di intendere e praticare l'arte induce Kandinsky ad attivare
un processo di avvicinamento e di ingrandimento della realtà che lo
porta ad esplorare la materia stessa di cui sono fatte le cose, in un
primo tempo in quanto espressione squisitamente visiva della luce,
secondo le linee guida già indicate dai primi maestri
dell'impressionismo, ed in un secondo tempo in quanto manifestazione
dello stesso processo fisico di scomposizione delle parti, ma
successivamente anche come scientifico approccio al microcosmo
invisibile ad occhio nudo, fatto di particelle piccolissime di varia
natura e dimensione, tipo e movimento, come anche emerso dalle recenti
acquisizioni della teoria della struttura atomica, formulata nel 1913
da Niels Bohr, che hanno aperto la via a suggestioni speculative tanto
nuove da oltrepassano la percezione d'ogni realtà visibile così come
fino a qual momento si era data all'esperienza delle persone, per
dischiudersi a mondi tutti ancora da esplorare entro una dimensione più
prossima allo spirito.
Vassily Kandinsky, "Schwarzer Raster" (Griglia nera), 1922, olio su tela 96x106 cm. Lascito di Nina Kandinsky 1981
La grande avventura del Bauhaus, che Kandinsky ha condiviso con alcuni
tra i più grandi artisti dell'epoca per merito dell'incarico
attribuitogli da Walter Gropius, dopo che Lazlo Moholy-Naghy ne aveva
chiesto la collaborazione per i laboratori di fotografia e tipografia,
in un epoca purtroppo non destinata a fortune di lunga durata, ha però
segnato il suo momento più fecondo, quello nel quale la sua impostazione
pittorica, basata su tentativi di analisdiscientifica della produzione
artistica, diventa regola trasmissibile per concetti universalmente
validi, e che per questo assume una più semplice e fluida leggibilità,
ponendosi come icona d'un tempo e rappresentazione di una tappa
dell'arte moderna storicamente molto significativa.
Vassily Kandinsky, "13 rettangoli", 1930, olio su cartone 69,5x59,5. Lascito di Nina Kandinsky, 1981
Il mondo nel quale questa pittura germina ed incomincia a dare gustosi frutti, divulgandosi
come un verbo potente, è particolarmente confacente peraltro alla
indole del suo creatore, di sperimentatore lucido e razionale dei propri sentimenti,
nonchè della propria imperativa volontà di dare ad essi una forma intelliggibile e
rappresentabile. In ciò gli sono stati di grande aiuto le collaborazioni
interdisciplinari di quella scuola nella quale insegnava e viveva circondato del massimo fervore d'una consapevolezza collettiva d'essere perfettamente dentro al proprio tempo, ed in particolar modo dell'amico
Paul Klee, con il quale divide quei momenti, che sono stati i più importanti della sua vita
artistica.
Vassily Kandinsky, 1940, "senza titolo", acquarello e inchiostro di china su carta, 48,7x31,2 cm. Donazione Nina Kandinsky 1976
Con Klee, tra l'altro, mette al contempo in comune le rispettive scene
familiari negli interni della villa che aveva appena realizzato Gropius
per loro, con ciò condividendo, oltre alla didattica e all'arte, anche
uno stile di vita. I loro due appartamenti affiancati, completamente
arredati con suppellettili e mobili disegnati da Gropius e con opere
d'arte prodotto in quella fucina, nei quali i due amici con le
rispettive mogli condividevano tutto, dalle serate colloquiali, alle
passeggiate nei boschi, dalle discussioni accese sulle rispettive
ricerche ed opere, ai momenti mondani, rappresentavano già l'estrema
formalizzazione di quel razionalismo modernista che doveva permeare di
sè, oltre alla tragica parentesi nazista che ne negò l'esistenza, tutto
il secolo a venire.
Il periodo parigino di Kandinsky, iniziato nel 1933 (data nella quale egli si è trovato a dover scegliere se emigrare negli Stati Uniti d'America oppure in Francia per scappare dal nazismo) ha dato ragione al suo istinto che lo spingeva verso la città più ricca d'arte che ci fosse allora nel mondo, nonostante che le sue apparizioni oltre atlantico fossero già state piuttosto numerose. A Parigi egli visse per l'intero resto della sua vita, incontrando e dialogando coi maggiori artisti del momento: Piet Mondrian, Hans Arp, Fernand Léger, Le Corbusier, Marcel Duchamp, Tristan Tzara, Paul Eluard, Joan Miro'. Egli, già molto noto al suo arrivo nella capitale francese, esercitò probabilmente più influenza sull'arte che era allora in mostra nei grandi circuiti dell'arte parigina, di quanta ne subì. Fu però molto attratto da Miro', del quale divenne anche molto amico, al punto da acquisire dalla sua pittura, generalmente prodotta su gigantesche tele, un irresistibile fascino. Tutte quelle forme zoomorfe, biomorfe, e botaniche che le popolavano finirono per riversarsi anche sulle sue, anche perchè vi corrispondevano, in termini di sentimento e di carattere. In quelle tele, di entrambi i grandi maestri di quegli anni, non vi era più alcuna separazione tra genere figurativo ed astratto. Esse sembrano placare definitivamente quella forte contrapposizione che fino ad allora divideva costantemente i produttori dell'arte, che fossero critici, galleristi, enti di cultura oppure artisti. Questa fu l'ultima delle grandi stagioni vissute dall'uomo che, forse più e meglio di altri, seppe esprimere, nel corso del XX secolo, l'idea stessa della modernità, e che ancor oggi, trascorso un secolo dalle sue prime mature produzioni, esercita un fascino indiscutibile e irripetibile.
Tutte le opere qui illustrate sono in mostra a Milano fino al 27 aprile 2014.
Enrico Mercatali
Milano, 18 dicembre 2013