Due distinti appuntamenti d'arte
di tardo ottocento sul Lago Maggiore
- Estate 2014 -
di tardo ottocento sul Lago Maggiore
- Estate 2014 -
Sopra al titolo: Daniele Ranzoni "Villa Dolgorukij", a Belgirate (detta Malgirata) (Belgirate 2014 Mostra "Magia del Lago");
Sotto al titolo: Arnaldo Ferraguti "Lavandaie", 1897 circa, olio su tela, cm 178x148 (Verbania Pallanza 2014, mostra "Genius Loci, i capolavori del Museo del Paesaggio a Villa Giulia");
Qui sopra: Andrea Zapelloni,"Bambina in rosso, 1903 (Belgirate 2014, Mostra "Magia del Lago")
Sotto al titolo: Arnaldo Ferraguti "Lavandaie", 1897 circa, olio su tela, cm 178x148 (Verbania Pallanza 2014, mostra "Genius Loci, i capolavori del Museo del Paesaggio a Villa Giulia");
Qui sopra: Andrea Zapelloni,"Bambina in rosso, 1903 (Belgirate 2014, Mostra "Magia del Lago")
Era da tempo che non vedevamo in mostra la pittura scapigliata. Naturalismi e verismi pittorici di tardo ottocento, neppure.
Rarissimo poi che due mostre d'arte, in contemporanea, e peraltro territorialmente vicine, trattino più o meno il medesimo tema, il medesimo contesto culturale.
Che sia tornata in auge un po' di voglia d'ottocento dopo le ubriacature moderniste e contemporaneiste nelle più recenti curatele d'Alta Italia?
A dire il vero lo scorso anno, a Milano, e successivamente a Roma, tra le tantissime mostre, ha trionfato la grande retrospettiva su August Rodin, intitolata "Rodin, il marmo, la vita (in Taccuini Internazionali scrivemmo una recensione dal titolo "Marmo caldo": http://taccuinodicasabella.blogspot.it/2013/11/august-rodin-marmo-e-sentimento-milano.html).
Guido Boggiani, "Il lago Maggiore dal Mottarone", 1881, cm 70x140. (Verbania Pallanza 2014, Mostra "Genius Loci, i capolavori del Museo del Paesaggio a Villa Giulia")
Ma l'ottocento scapigliato lombardo, quale emergenza e quasi vitale prorompenza delle componenti veriste e naturaliste, specialmente proliferanti a cavallo dell'arco alpino e dei suoi grandi laghi dalla seconda metà del secolo unitario fino agli albori di quello "breve", stentava da tempo a farsi ancora avanti (cadeva in disgrazia, perfino, il Museo che per eccellenza ad esso localmente era stato dedicato: il Museo del Paesaggio di Pallanza, chiuso per difficoltà finanziarie, ora coinvolto nella mostra di cui parliamo "Genius Loci"). Ricordiamo solo l'ultima grande antologica su Segantini alle Albere di Trento, del 1987.
Ma non crediamo che questa nuova voglia d'ottocento sia causata da riflussi conservatori. Se mai, al contrario, da un desiderio di ricominciare a studiare gli inizi d'una avventura che dovrà condurre, come sua logica conseguenza, all'esplosione del moderno attraverso tante fasi di sperimentazione, non necessariamente radicali, quali prove della già matura consapevolezza d'allora che l'arte stesse affrontando epocali cambiamenti, verso una innovazione stilistica tanto profonda da sfociare nella metamorfosi divisionista della realtà sensibile, come nuova via da percorrere per affermare una più profonda sensibilità conoscitiva della percezione visiva della realtà. D'all'altro, che l'arte dovesse anche farsi carico, specie nella sua componente verista, degli aspetti sociali più marginalizzati e sino ad allora poco conosciuti, era nell'aria da tempo. Certamente, entrambi gli aspetti, erano tendenzialmente già orientati verso quella tensione interpretativa del reale che definiremo meglio in seguito come "modernità".
L'acqua del lago, protagonista numero uno di questa produzione, se non altro perchè ha fatto da richiamo ai numerosi e talentuosi artisti che hanno dato vita a queste forme d'arte tardo ottocentesche, ritorna ad essere (come torna ad essere oggi anche per le nuove forme di turismo che attorno ad esse vi si spingono) motivo di riscoperta e di rivisitazione in queste opere di pittura (e di scultura), cui si collegano, per ragioni geografiche, anche i più diversi scorci di paesaggio e di vita nell'acrocoro alpino (la montagna, i paesi della vita contadina, gli alpeggi, la miseria di allora raffrontata alle nuove povertà di oggi, l'abbandono di quei villaggi alla ricerca di maggiore benessere, il ritorno ad essi per le curiosità turistiche, per la riscoperta di un mondo diverso e per taluni versi ancora più affascinante, ecc.).
I sottotitoli delle due mostre, casualmente allestite in contemporanea questa estate sulle sponde del Lago Maggiore, meglio spiegano le distinte intenzioni dei loro curatori e le diverse finalità ad esse attribuite, le quali, in una stagione di grandi pioggie quale da più di un secolo non se ne vedevano da queste parti in questa estate 2014, hanno offerto ai villeggianti in cerca di riparo, forse per questo, una doppia occasione in più del solito per attingere cultura:
Che sia tornata in auge un po' di voglia d'ottocento dopo le ubriacature moderniste e contemporaneiste nelle più recenti curatele d'Alta Italia?
A dire il vero lo scorso anno, a Milano, e successivamente a Roma, tra le tantissime mostre, ha trionfato la grande retrospettiva su August Rodin, intitolata "Rodin, il marmo, la vita (in Taccuini Internazionali scrivemmo una recensione dal titolo "Marmo caldo": http://taccuinodicasabella.blogspot.it/2013/11/august-rodin-marmo-e-sentimento-milano.html).
Ma l'ottocento scapigliato lombardo, quale emergenza e quasi vitale prorompenza delle componenti veriste e naturaliste, specialmente proliferanti a cavallo dell'arco alpino e dei suoi grandi laghi dalla seconda metà del secolo unitario fino agli albori di quello "breve", stentava da tempo a farsi ancora avanti (cadeva in disgrazia, perfino, il Museo che per eccellenza ad esso localmente era stato dedicato: il Museo del Paesaggio di Pallanza, chiuso per difficoltà finanziarie, ora coinvolto nella mostra di cui parliamo "Genius Loci"). Ricordiamo solo l'ultima grande antologica su Segantini alle Albere di Trento, del 1987.
Ma non crediamo che questa nuova voglia d'ottocento sia causata da riflussi conservatori. Se mai, al contrario, da un desiderio di ricominciare a studiare gli inizi d'una avventura che dovrà condurre, come sua logica conseguenza, all'esplosione del moderno attraverso tante fasi di sperimentazione, non necessariamente radicali, quali prove della già matura consapevolezza d'allora che l'arte stesse affrontando epocali cambiamenti, verso una innovazione stilistica tanto profonda da sfociare nella metamorfosi divisionista della realtà sensibile, come nuova via da percorrere per affermare una più profonda sensibilità conoscitiva della percezione visiva della realtà. D'all'altro, che l'arte dovesse anche farsi carico, specie nella sua componente verista, degli aspetti sociali più marginalizzati e sino ad allora poco conosciuti, era nell'aria da tempo. Certamente, entrambi gli aspetti, erano tendenzialmente già orientati verso quella tensione interpretativa del reale che definiremo meglio in seguito come "modernità".
Achille Tominetti, "Autunno" (Belgirate 2014 Mostra "Magia del Lago"). In questo quadretto dalle dimensioni ridottissime, nel quale è rappresentata una vista tipica del lago dai terrazzamenti boschivi di mezza costa, è evidente il processo di sintesi stilistica del nervoso pennello tominettiano, capace di appuntare precisamente una atmosfera autunnale, nelle trasparenze dei diversi piani, segnati da un accurato controllo dei chiaroscuri a macchia, e dalla limpidissima resa luministica tipica proprio del lago Maggiore.
L'acqua del lago, protagonista numero uno di questa produzione, se non altro perchè ha fatto da richiamo ai numerosi e talentuosi artisti che hanno dato vita a queste forme d'arte tardo ottocentesche, ritorna ad essere (come torna ad essere oggi anche per le nuove forme di turismo che attorno ad esse vi si spingono) motivo di riscoperta e di rivisitazione in queste opere di pittura (e di scultura), cui si collegano, per ragioni geografiche, anche i più diversi scorci di paesaggio e di vita nell'acrocoro alpino (la montagna, i paesi della vita contadina, gli alpeggi, la miseria di allora raffrontata alle nuove povertà di oggi, l'abbandono di quei villaggi alla ricerca di maggiore benessere, il ritorno ad essi per le curiosità turistiche, per la riscoperta di un mondo diverso e per taluni versi ancora più affascinante, ecc.).
I sottotitoli delle due mostre, casualmente allestite in contemporanea questa estate sulle sponde del Lago Maggiore, meglio spiegano le distinte intenzioni dei loro curatori e le diverse finalità ad esse attribuite, le quali, in una stagione di grandi pioggie quale da più di un secolo non se ne vedevano da queste parti in questa estate 2014, hanno offerto ai villeggianti in cerca di riparo, forse per questo, una doppia occasione in più del solito per attingere cultura:
Il primo sottotitolo, riferirto alla mostra verbanese "Genius Loci", realizzata a Villa Giulia di Pallanza, è: "I capolavori del Museo del Paesaggio a Villa Giulia". L'altro sottotitolo, "Magie del Lago", allestita dal Comiune di Belgirate in collaborazione con l'associazione culturale Pietro Borsieri nei locali della Biblioteca, recita invece: "Dipinti di Coppa Legora, De Fichard, Moretti Foggia, Ranzoni, Sala, Tominetti, Zapelloni".
Sopra: Guido Boggiani, "Il lago Maggiore dal Mottarone", 1881, cm 70x140 (sopra); Federico Ashton "Interno del villaggio Ceppomorelli in Valle Anzasca, 1883, olio su tela cm 124x198;
Sotto: Eugenio Gignous, "Fletschorn (sempione)", 1900, olio su tela cm 50x65 - (Verbania Pallanza 2014, Mostra "Genius Loci, i capolavori del Museo del Paesaggio a Villa Giulia")
Se la mostra verbanese è incentrata sull'intenzione di superare l'enpasse che sta vivendo il Museo del Paesaggio, attraverso le gravi difficoltà economiche che ne impediscono una normale esistenza, mostrando comunque al pubblico, principalmente per non disaffezionarlo, una selezione d'alta qualità delle opere che esso custodisce, costituite da capolavori pittorei e scultorei del tardo ottocento e dei primi novecento d'artisti ispirati dai paesaggi del Lago Maggiore, la mostra belgiratese, del medesimo crogiuolo culturale, ne addita subito alcuni, rappresentandone una interessante selezione del proprio migliore repertorio.
Sopra: Achille Tominetti, "Preghiera a sera"; Sotto: Mario Moretti Foggia, "Giornata serena Monte Rosa" (Belgirate 2014, Mostra "Magia del Lago")
Che la selezione effettuata per la mostra belgiratese sia ottima, oltre al nostro giudizio di piena conferma, dopo la rapida visita seguita all'inaugurazione, a dircelo è lo stesso Paul Nicholls, ovvero il critico che ne ha curato la presentazione su invito di Vittorio Grassi, curatore e creatore del catalogo. Dice Nicholls, non potendone riferire il nome per ragioni di riservatezza, che garanzia della qualità delle opere in mostra a Belgirate sia lo stesso proprietario il quale, in tanti anni, numerose e di ottimo livello ne ha collezionate, con la più grande dedizione e passione, essendo egli autentico cultore, sia per affinità di genere, sia per predilezione dei luoghi.
Sopra: Guido Boggiani, "Il lago Maggiore dal Mottarone", 1881, cm 70x140 (sopra); Federico Ashton "Interno del villaggio Ceppomorelli in Valle Anzasca, 1883, olio su tela cm 124x198;
Sotto: Eugenio Gignous, "Fletschorn (sempione)", 1900, olio su tela cm 50x65 - (Verbania Pallanza 2014, Mostra "Genius Loci, i capolavori del Museo del Paesaggio a Villa Giulia")
Se la mostra verbanese è incentrata sull'intenzione di superare l'enpasse che sta vivendo il Museo del Paesaggio, attraverso le gravi difficoltà economiche che ne impediscono una normale esistenza, mostrando comunque al pubblico, principalmente per non disaffezionarlo, una selezione d'alta qualità delle opere che esso custodisce, costituite da capolavori pittorei e scultorei del tardo ottocento e dei primi novecento d'artisti ispirati dai paesaggi del Lago Maggiore, la mostra belgiratese, del medesimo crogiuolo culturale, ne addita subito alcuni, rappresentandone una interessante selezione del proprio migliore repertorio.
Sopra: Achille Tominetti, "Preghiera a sera"; Sotto: Mario Moretti Foggia, "Giornata serena Monte Rosa" (Belgirate 2014, Mostra "Magia del Lago")
Che la selezione effettuata per la mostra belgiratese sia ottima, oltre al nostro giudizio di piena conferma, dopo la rapida visita seguita all'inaugurazione, a dircelo è lo stesso Paul Nicholls, ovvero il critico che ne ha curato la presentazione su invito di Vittorio Grassi, curatore e creatore del catalogo. Dice Nicholls, non potendone riferire il nome per ragioni di riservatezza, che garanzia della qualità delle opere in mostra a Belgirate sia lo stesso proprietario il quale, in tanti anni, numerose e di ottimo livello ne ha collezionate, con la più grande dedizione e passione, essendo egli autentico cultore, sia per affinità di genere, sia per predilezione dei luoghi.
Sopra: Paolo Troubetzkoy, detto da molti "scultore impressionista", "Ritratto di Giovanni Segantini", 1896 bronzo, cm 113x72x46 (foto di E. Mercatali); Al centro: "Dopo il ballo o Adelaide Aurnheimer o Madame Hoernheimer", 1897, gesso patinato rosa chiaro, cm 54x69,5x71,5; Sotto: "Dopo il ballo o Adelaide Aurnheimer o Madame Hoernheimer", 1897, gesso patinato rosa chiaro, cm 54x69,5x71,5, particolare.
Qui sotto, di Pierre Troubetzkoy, "Ritratto di Mery Alice Francfort, 1882, olio su tela, cm 68x48,5 (Verbania Pallanza 2014, Mostra "Genius Loci, i capolavori del Museo del paesaggio a Villa Giulia").
Qui sotto, di Pierre Troubetzkoy, "Ritratto di Mery Alice Francfort, 1882, olio su tela, cm 68x48,5 (Verbania Pallanza 2014, Mostra "Genius Loci, i capolavori del Museo del paesaggio a Villa Giulia").
Nella mostra belgiratese, "Magia del Lago", troviamo riuniti i migliori nomi che hanno caratterizzato la produzione artistica d'area lombarda, e specialmente milanese e del Lago Maggiore, tra gli anni '70 e '90 dell'800, una produzione per molti versi omogenea sia nello stile che nelle tematiche trattate, realizzata da artisti che si muovevano tra l'Accademia di Brera e gli ambiti locali della sponda piemontese del lago, ai quali, per ragioni anagrafiche o di villeggiatura, offriva loro splendidi spunti paesaggistici o tratti di vissuta quotidianità. Quest'ultima spaziava tra i più umili e aspri aspetti della vita contadina e gli scenari della agiata spensieratezza aristocratica od alto borghese nelle cui ville e nei cui giardini si rappresentava la vita dei sui villeggianti, amanti essi stessi, sia pure in diverso modo, di quei dolci paesaggi offerti dalla natura.
Andrea Zapelloni, "Davanti a una croce", 1902 (Belgirate 2014, Mostra "Magia del Lago")
Era giocoforza che la maggior parte di questi artisti si trovasse a dover bilanciare la propria vita, spesso fatta di stenti e povertà tanto spesso rappresentate nei loro quadri, con quei mondi lussuosi presso i quali poter mettere a frutto i propri talenti, sia nella ritrattistica che nelle rappresentazioni di genere e paesaggistiche, altrettanto molto richieste.
Di Daniele Ranzoni, uno dei nomi di punta della pittura scapigliata d'area lombarda, ha fatto la sua apparizione in mostra, a Belgirate, un quadretto di ridotte dimensioni (che apre questo stesso articolo), che rappresenta appunto una di queste ville della cittadina lacustre, detta "Malgirata" per il suo anomalo orientamento rispetto al lago, che apparteneva alla famiglia russa Dolgorukij. L'artista la frequentava, ed ha lasciato di quel soggetto colto di scorcio una testimonianza stilistica altissima, particolarmente per quei caratteri già presenti in tutta la sua pittura, che molta parte avrebbero avuto, a detta della critica che ne ha sostenuto la figura d'artista, nel precorrere la modernità impressionista e futurista, in cui la grande novità costituita dalla divisività cromatica ha dato i suoi più cospicui frutti.
In occasione dell'inaugurazione della mostra, Nichols ha sottolineato quanta parte abbia avuto, in questo quadro di piccole dimensioni, l'uso del giallo e del viola nel particolare tocco da bozzetto che caratterizza i suoi così speciali effetti luminosi, nell'intenzione del suo autore di cogliere, in modo tanto fresco e repentino, quella cristallina luminosità che solo le belle giornate sul lago Maggiore sanno offrire. E' certamente un nuovo modo, questo di Ranzoni, di percepire la realtà nel fuggevole volgere di qualche istante, un incredibile passo avanti nell'arte della rappresentazione visiva, nell'interpretazione dell'umano sentire, e vedere.
Achille Tominetti, "Aratura a Miazzina", 1901 circa (Verbania Pallanza 2014, Mostra "Genius Loci, i capolavori del Museo del Paesaggio a Villa Giulia")
Ma un altro modo di "vedere, e di sentire" il nuovo, in quegli anni, stava prendendo piede, entro un crogiuolo di contrasti, tra valli alpine e grandi metropoli industriali, lombarde e piemontesi, e si stava incaricando d'esporre in modo vivo e fulgido, quasi epico, il proprio manifesto fatto d'una rappresentazione disincantata di scene vere della vita di ogni giorno, ove la sofferenza della povera gente, e la mestizia della umile vita contadina, ancora non preludono ai segnali della ribellione, che di lì a poco si sarebbero mostrati, così nella società anche nell'arte, con tutta la propria virulenza.
E' questo, come già anche in Segantini dell'Engadina svizzera, l'apporto di Achille Tominetti, alla pittura di quel periodo, pronto ad incaricarsi di ciò. Questo grande artista lombardo (il cui ritratto nella mostra di Pallanza viene rappresentato così efficacemente, ed altrettanto "scapigliatamente", in una scultura di Paolo Trubeskoij, qui sopra da noi riportata), originario di Miazzina, è assai legato alla cultura contadina e pastorale nella quale vivono i suoi famigliari, tanto da ricorrere spesso, con la sua pittura formatasi a Milano all'Accademia di Brera, ai temi della povera esistenza di quelle anonime figure che popolano i suoi quadri, dalle fatiche del loro eterno lavoro nei campi, alle meste rappresentazioni iconiche del loro riposo senza speranza, nella preghiera. Il tema dell'aratura a Miazzina è stato provato e riprovato in numerose varianti dal grande pittore (se ne conoscono sei, le a più bella delle quali, secondo noi, è proprio quella del Museo del Paesaggio, qui riprodotta), nel contrappunto, in ognuna di esse ricercato, tra la bellezza del paesaggio e la miseria delle umane fatiche, che in esso vivono di leggendarie ritualità nel loro dispiegarsi, e perfino di arcaizzante eroicismo, che nelle posture dei personaggi ripresi di spalle, rifulge in controluce radente, dipanando tramonti non contemplabili durante la conduzione dell'aspro e troppo lungo lavoro d'ogni giornata.
Max de Fichard, "Strada di campagna" (sopra); "Lago Maggiore" (al centro); "Betulle sul lago" (sotto) (Belgirate 2014 Mostra "Magie del Lago"
In entrambi questi filoni di interesse e di pensiero, lo stile di questi pittori rimane invariato. Essi lavorano a macchia, e a punta di pennello, mediante tocchi veloci di preciso colore, ricercando atmosfere di limpidezza nei toni chiari e forti contrasti con le zone d'ombra, mediante gli scuri, in ciò prevalendo l'interesse per la scomposizione cromatica nelle tinte primarie, che meglio sapevano rendere tersa l'aria d'alta quota e più ricca l'analisi del dettaglio, attraverso la luce. La lezione dei macchiaioli toscani sa diventare, in questi pittori e in questi luoghi alpini e prealpini, quasi una frenesia dell'istinto, preludendo in taluni casi alla tavolozza simbolista di Previati, e in taluni altri perfino a quella futurista, di Russolo e Boccioni (il quale pure realizzò ritratti e paesaggi nel corso di un suo soggiorno pallanzese), che non a caso sfocia, per alcuni di loro, in esperienze di viaggi avventurosi, come accadde a Guido Boggiani, che a lungo girovagò per l'Africa e l'America Latina, o ai Troubetzkoy, in particolare Pierre, che cambiò spesso luogo di residenza in diversi paesi e continenti, senza però mai smettere di lavorare come ritrattista di personaggi dell'alta società alla quale egli stesso apparteneva.
Daniele Ranzoni, "Ritratto della principessa Margherita di Savoia", 1869-70, olio su tela, cm 42x32, e "Ritratto di Agostino Rossi (particolare), 1862, olio su carta, cm 22,5x17 (Verbania Pallanza 2014, Mostra "Genius Loci, i capolavori del Museo del Paesaggio a Villa Giulia")
Tutte vite per lo più tranquille, quelle dei nostri pittori lombardo-piemontesi, a differenza di quelle dei macchiaioli toscani, che spesso erano coinvolte in attività di propaganda o di partecipazione politica, a quel tempo assai pericolose. In questo scorcio di secolo, alla limpida trasparenza delle acque del lago e all'ombra dei boschi alpini, invece, l'arte è vissuta spesso come un passatempo, in solitudine o in compagnia, di giornate di riposo o di vacanza, divenendo routine, ed anche un modo per dedicarsi all'astrazione contemplativa di sè, nel rapporto con quel paesaggio tanto serenante, oppure per concentrarsi senza sforzo nel ricercare minuzioso ed attento del dettaglio naturale, riprodotto veristicamente in modi che rasentano spesso la maniera.
Certamente nella magnifica villa di Ghiffa, proprietà dei Troubetzkoy, ove, oltre ai membri della numerosa famiglia, erano ospiti numerosi amici artisti, tra cui Daniele Ranzoni, Achille Tominetti, Eugenio Gignous, Filippo Carcano, la vita scorreva tranquilla in conversazioni, in passeggiate distensive al seguito del proprio onnivoro cavalletto, o in infervorate dissertazioni sull'arte, intervallate da feste ed allegri convivii.
Giovanni Cappa Legora, "Mattino. Tetti di Stresa" (sopra), "Sole d'inverno" (sotto) - (Belgirate 2014, mostra "Magia del Lago")
Gli scorci più ameni, nella maggior parte dei dipinti di "puro paesaggio" presenti in entrambe le mostre che oggi vediamo sul lago, rivelano un interesse molto accentuato per questo tema tanto da farlo diventare, per la prima volta forse (dopo i manifesti pittorici di Lorrain oppure di Turner, fatti per travolgere lo spettatore nei misteri della natura, come soggetto per molti aspetti ancora sconosciuto), protagonista della scena, e non solo fondale, oggetto d'una contemplazione a volte incantata, scandita su piani di profondità, d'una bellezza ben conosciuta perchè fortemente interiorizzata, costituita dai luoghi delle proprie radici, della propria memoria, ed anche del proprio disimpegnato "passare del tempo". Un paesaggio, quindi, inteso come soggetto amato, ed anche come prima presa d'atto d'un bene da dover preservare, perchè conosciuto e fruito attraverso la conoscenza integrale delle sue stagioni, i suoi cambiamenti di sostanza e di colore nell'arco dell'anno. Una forma ante litteram di indagine d'un patrimonio comune da finalizzare alla salvaguardia.
Non è un caso che molti di questi nostri artisti si siano cimentati non solo con le bellezze canoniche dei luoghi, dalle isole alle località più note del Verbano, ma anche con le più sperdute realtà dell'insediamento umano, e con le porzioni di quel territorio meno accessibili. La loro capacità di cogliere non solo le forme, i colori, le atmosfere, ma anche, e sempre più accuratamente, lo spirito dei luoghi, rende esplicita ogni argomentazione circa il sentimento di forte appartenenza che in ciascuno di loro si rafforzava, di dipinto in dipinto, anche proprio attraverso il filtro dell'arte. Tra i più significativi esempi in tal senso sono stati ravvisati, anche a detta del critico Paul Nicholls, nei dipinti di Giovanni Cappa Legora, ed in particolar modo in quel "Sole d'inverno", che qui sopra riportiamo (facente parte della Mostra "Magia del Lago" in Belgirate 2014), nel quale magnificamente luminosa è la rappresentazione dei piani-sequenza, che fanno risaltare, per trasparenze sempre più velate verso il fondo, proprio il soggetto meno dichiarato e facilmente distinguibile, eppure il più noto, costituito dall'Isola Bella delle Borromee, come in questo "Mattino" qui riportato, sostanziatosi quasi per incanto tra le quinte a più strati dei boschi cedui e delle betullaie.
Sophie Browne, "Eva", 1898 circa, pastello su carta applicata su tela, cm 52,5x152,5 (Verbania Pallanza 2014, Mostra "Genius Loci, i capolavori del Museo del Paesaggio a Villa Giulia")
Episodi paralleli quanto a stile, e pur sempre molto radicati nella cultura aleggiante sul lago negli ultimi anni dell'ottocento, sono costituiti dalle produzioni pittoriche o scultoree di artisti appartenenti a famiglie altolocate, impiantatesi sul lago ma provenienti da lidi lontani, quali i Troubetzkoy o i Brown, e le rispettive discendenze.
Abbiamo riportato qui due tele, una di Pierre Troubetzkoy, e l'altra di Sophie Browne, entrambe aventi per soggetto ritratti femminili. Il primo, ritraente Mary Alice Francfort, eseguito con tecnica scapigliata, di derivazione tominettiana (non casualmente Pierre apprrese i rudimenti della pittura proprio dal Maestro miazzinese. Il secondo, facente parte di un trittico conservato nel Museo del Paesaggio, con Ninpha e Flora, raffigurante Eva, in uno stile assai vicino al simbolismo neo-medioevalista inglese.
Vorrei far notare quanto queste due diverse forme d'espressione pittorica fossero in realtà vicine di casa: entrambe nate in due splendide limitrofe ville alla Castagnola di Pallanza, divenute centri di fervida vita culturale a cavallo dei secoli XIX e XX. Una delle due ville, realizzata da Peter Brown nel 1859 divenne in seguito villa San Remigio, a cura della nipote di questo Sophie Brown, che elesse a propria residenza-studio dopo averla integralmente trasformata ed arredata, dedicando particolari cure al giardino. I numerosi ospiti illustri della villa testimoniano quanta parte essa ebbe nella cultura dell'epoca e quale alto livello di interesse ebbero allora le sponde del Lago Maggiore. Tra questi i pianisti Clara Wieck Schumann, Emil von Sauer, Eugen d'Albert, Wilhelm Kempf, i compositori Hugo Wolf e Ferruccio Busoni, lo storico George Brandes, gli scrittori Carmen Sylva, Isolde Kurz, Richard Voss, Gabriele D'Annunzio, l'Artista Umberto Boccioni. Quest'ultimo, nel 1916 eseguì qui, tra gli altri 8 dipinti, proprio durante un soggiorno estivo, il famoso "Ritratto di Ferruccio Busoni" (oggi alla galleria d'Arte Moderna di Roma).
Paolo Sala, "Lago Maggiore" (Belgirate 2014 Mostra "Magia del Lago")
Enrico Mercatali(Belgirate, Verbania Pallanza 1 agosto 2014)
Monumento a Daniele Ranzoni posto negli ultimi anni sul lungolago di Intra (Verbania)