La nudità maschile nell'arte moderna e contemporanea
al Musée d'Orsay - Paris
(settembre - dicembre 2013)
Nelle due foto accanto al titolo: "Mercurio", di Pierre e
Gilles del 2001, e Yves Saint Laurent fotografato da
Sieff nel 1971.
Nelle due immagini della mostra, qui sopra, emergono le figure scultoree di Arno Breker, scultore aderente all'ideale ariano del regime allora al potere nella Germania nazista, "La Vie active", 1939, nella Sezione "Nudi eroici", e di Anonimo il "Fauno Barberini", tra il 1799 e il 1829, facente parte della Sezione "L'ideale classico" (foto E. Mercatali).
Le numerose opere di cui è composta la mostra "Masculin" sono suddivise in sezioni diversamente titolate che ne caratterizzano il progetto generale: "L'ideale classico", "Il nudo eroico", "Nuda veritas", "Al naturale", "Nel dolore", "Denudati ma non esibiti"(nudo maschile nell'arte americana), "L'oggetto del desiderio".
Nel catalogo sono presenti molto approfonditi saggi critici: di Guy Cogeval "Il superuomo", di Charles Dantzig "Il grande assente: l'uomo nudo in letteratura", di Claude Arnaud "L'uomo tutto fare", e l'intervista da parte dei commissari dell'esposizione a Pierre et Gilles, gli artisti le cui numerose opere in mostra assolvono al compito di rappresentare forse l'approccio più attuale al tema proposto, quello che meglio rende l'idea dell'uso contemporaneo, intrinsecamente pubblicitario, della nudità maschile, marcatamente androgina, quella maggiormante assunta e diffusa oggi dai media. Non a caso una di esse, il "Mercurio", è divenuta simbolo promozionale e manifesto della mostra. Nella edizione viennese dello scorso anno d'una mostra analoga, ma più ridotta in dimensioni, fu proprio ancora un'opera dello stesso autore (qui riportata più sotto) "Vive la France", a promuoverne in un manifesto l'esistenza. Ma allora quel manifesto ebbe vita breve, perchè la protesta dei cittadini, per un la foto che apparve ai più "scandalosa", la fece subito sparire dalle bacheche e dalle strade della capitale austriaca.
L'approfondimento critico della dimensione letteraria della nudità maschile, affidata alla penna di Charles Danzig, nel suo saggio che apre il bel catalogo della mostra, descrive ciò che maggiormente differenzia il ruolo, e naturalmente caratteri e generi (nudità femminili e nudità maschili), attribuendo a quella maschile una collocazione capace di trovare corrispondenza con quanto avviene nelle arti visive moderne e contemporanee, dimensione che in questa mosta forse più che in passato meglio sa definirsi. Nel saggio vengono richiamati esempi in cui è lo scrittore stesso che si fa ritrarre nudo, con ciò volendo dimostrare una valenza significativa della messa a nudo di se stesso nella propria opera, prosa o poesia che fosse, anche se derivante da un riconosciuto latente narcisismo portato ai suoi estremi più esibizionistici.
Nelle tre fotografie qui sopra riportate vi sono rappresentati: Truman Capote, scrittore, New York, 1955 (particolare) in uno scatto di Richard Avedon, Gabriele D'Annunzio, ripreso da Anonimo sulla spiaggia di Francavilla al Mare in Italia, verso il 1880, e Yukio Mishima, in una foto del 1069 di Kishin Shinoyama.
Il nudo maschile, si sa, è stato sempre presente nell'arte d'ogni tempo, ma è
pur sempre storia degli ultimi decenni una versione tanto veristica, esplicita ed esibita, priva di veli d'alcun tipo (reali o metaforici, passando dall'uso diretto delle foglie di fico a casuali mascherature con panneggi o altri artifici, oppure mediante attribuzione di significati "alti" attribuiti indirettamente alla realtà oggettiva), così come ne vediamo qui sopra al titolo,
il "Mercurio", un ritratto di giovane preso di schiena, di Pierre e
Gilles del 2001, e questo Yves Saint Laurent fotografato davanti, da
Sieff nel 1971 per pubblicizzare una linea di profumi.
Jean Delville
"La scuola di Platone" (particolare), olio su
tela del 1898, dimensioni 260 x 605 cm, Museo d'Orsay di
Parigi.
A meno di non
risalire all'età classica, di derivazione atletico-eroica o mitologica,
ed agli esempi ad essa riconducibili allorchè la classicità fu
riscoperta e riprodotta, non vi è mai stata una proliferazione continua
al femminile, che in tutte le epoche ne ha segnato la preminenza e
l'ampio successo, sia presso le corti che le dimore private dei principi
della chiesa. Un genere se non altro non abusato, questo nel quale il
maschio espone se stesso privo di vesti, che i tempi hanno reso maturo
per farne addirittura un oggetto specifico da mettere in mostra. E'
quindi venuto il momento di farne oggetto, in se stesso, di pura arte,
non finalizzata ad altro che ad una ricerca estetica.
In queste tre diverse immagini, cronologicamente separate l'una dall'altra da un bel numero di anni, riaffiora il desiderio da parte dell'artista di connotare una postura tipica e naturale del corpo maschile, che rappresenta uno stato di riposo ma anche di concentrazione pensosa. A partire dalla figura rappresentata in alto, la più antica, 1836, colta da Hippolyte Flandrin quale studio per un corpo giovane e ben modellato alla maniera accademica tipica di quegli anni ("Giovane uomo seduto sul bordo del mare, studio"), Wilhelm von Gloeden, sperimentatore attento delle potenzialità offerte dalla nuova arte fotografica, nel 1913 dopo un originale eseguito nel 1900, ritrae in analoga posizione "Caino, Taormina", richiamandosi al celebre dipinto di Flandrin esposto al Louvre, attratto anch'egli dalla nudità maschile rapportata alla natura. Ad altrettanti anni di distanza, nel 1981, un altro fotografo, divenuto noto per la sua maniacale precisione nelle tecniche di stampa in bianco e nero che lo porta ad ottenere effetti sorprendenti di incisività e dettaglio, Robert Mappelthorpe, ama soggetti puramente naturali (fiori e corpi umani) messi a nudo nei loro apparati riproduttivi, specialmente maschi di pelle nera, come in questo "Ajitto". La sua sensibilità di uomo e di artista lo portano a privilegiare soggetti ad alto tenore di realismo, specialmente quando entrano in scena, senza falsi pudori, i dettagli anatomici che accentuano i loro contenuti più marcatamente erotici. La mostra non indulge su tali aspetti, e difatti pochissime sono le opere di Mappelthorpe in essa presenti, ma piuttosto tende a far propria l'idea che dell'erotismo, talvolta perfino confinante con la pornografia, si sia fatto ampio uso nella contemporaneità specialmente nelle forme d'arte più direttamente coinvolte nei processi di marketing, così anche facendosi veicolo ed espressione dei più ampi fenomeni sociali di liberazione dei costumi, che vedono sdoganarsi ed anche autodivulgarsi le istanze gay di ampi strati di popolazione resesi consapevoli di diritti finalmente acquisiti.
E' Masculin
una grande, ricca esposizione di pezzi, sia scultorei che pittorici e
fotografici, rappresentanti il maschio messo a nudo, e la prima di
tal genere nei musei occidentali (in oriente da centinaia d'anni esistono forme artistiche che non rinunciano a rappresentare i dettagli dell'amplesso), se non ve ne fosse stata un'altra analoga ma assai più modesta in
dimensioni, lo scorso anno al Leopold Museum di Vienna. Creata
quest'anno dal Museo d'Orsay di Parigi, che ne scandaglia gli aspetti e
gli effetti, non solo eminentemente estetici e artistici, ma anche
sociali e di costume, se non proprio scandalistici, come si è potuto anche riscontrare dalle eco pervenuteci dalla stampa, essa si propone senza veli un un pubblico assai maturo (molti, tra i visitatori, anche i più piccini, accompagnati dai loro genitori, i quali, anche di fronte ad immagini molto veristiche, commentano ogni dettaglio senza imbarazzo alcuno. Tempo fa sarebbe stato impensabile. Ma non sono tanto le opere dell'ottocento a destare imbarazzo, quanto quelle più recenti, le quali trattano il sesso, e quello maschile in particolare, argomentando a 360° su ogni genere di intimità di esso possa prodursi e mettersi in scena a fini artistici, al fine perciò di prospettarne una estetica.
Georger Paul Leroux, "I bagnanti del Tevere", 1909
Nello scandagliare, entro le varie sezioni della mostra, le diverse funzioni, ed in esse i diversi caratteri assunti, nell'opera artistica, dalla presenza del corpo maschile, ed in particolare quella del nudo maschile, dando per scontata ogni impronta tramandataci dai canoni classici di perfezione, di musura, di simbolicità, di sensualità, i curatori hanno principalmente puntato sulla tesi che, nella modernità, l'essenza maschile dell'arte, a differenza di quella femminile assai più indagata e perfino scontata in ogni epoca storica, marca una differenza principalmente erotica, che sottende proprio quell'ampio ventaglio dei comportamenti maschili, innati o indotti, ed ancor oggi non completamente manifesti, che riguardano la sfera della sua specifica sessualità, vissuta dal maschio in modi suoi propri qualunque sia il suo ruolo nella scena, più latenti ma anche più esasperati e sottilmente percepibili così come l'autore li coglie dalla realtà, li studia e poi li rappresenta, sia in ambito sociale che in quello interpersonale, facendoli veicolo di una proposta d'arte.
Numerosi dipinti che la mostra espone presentano nudità maschili collettivamente esibite durante il bagno. E' un tema questo che ricorre negli interessi artistici del novecento, da quello di Cezanne "Bagnanti" del 1890, di Edvard Munch "I bagnanti" del 1915, di Ludwing von Hofmann "Ragazzi al bagno" del 1908.
Per questo ampia, e ampiamente indagata nella mostra, la componente del
desiderio omosessuale e delle pulsioni ad esso delegate, le quali,
ancorchè presenti in ogni sezione, ha avuto particolare risalto nella
sezione "Oggetto del desiderio", che trae ogni suo obbiettivo di
progetto da quanto freudianamente sta nella sublimazione, veicolata dalla
violenza intrinseca del gesto artistico, una sublimazione che rivela le deviazioni formatesi in fase infantile della originale indeterminatezza sessuale, che corrisponde alla bisessualità originaria.
Di Egon Schiele, "Autoportrait agenouillé", 1910, e di Francis Bacon, "Figure allongée, 1969. Entrambi i dipinti del XX secolo, ma distantissimi per cronologia e stile, sono compresi nella sezione della mostra intitolata "Dentro al dolore". Essi infatti sono accomunate dalla condizione d'una nudità evocata come estrema solitudine e sofferenza introspettiva, per la quale entranmbi gli autori hanno fortemente patito nel corso della loro vita. Il corpo nudo rappresenta la privazione dell'individuo di ogni cosa che gli appartenga, e la condizione del dolore è la completa assenza perfino degli affetti.
Per questo Freud aveva preso in prestito il mito platonico androgino riscoperto dal simbolismo fin de siecle,
così ben rappresentato nella mostra dalla grande tela di Jean Delville
"La scuola di Platone", qui riportata più sopra in dettaglio, (olio su
tela del 1898, dimensioni 260 x 605 cm, appartenente al Museo d'Orsay di
Parigi), ove i corpi maschili sono totalmente privi delle loro caratteristiche virili, risolte in movenze e caratteri fisici fortemente effeminati.
Le due opere qui sopra rappresentano un medesimo soggetto, costituito da una coppia di uomini abbracciati. Il primo è di Jean Broc, "La Mort d'Hyacinthe" del 1901, e la seconda di Pierre et Gilles "David et Jonathan (Jean Yves et Moussa)", 2005. Essi fanno parte della sezione della mostra intitolata "L'oggetto del desiderio". Più di 200 anni le separano. Più di altre, forse maggiormente rappresentative o anche solo più belle del medesimo tema, esse risultano altamente iconiche, agli estremi dell'oggetto in mostra ora a Parigi, destinato a lascire traccia di sè nel prossimo futuro. I corpi qui rappresentati risultano staccati dall'ambiente immaginario che fa loro da sfondo ma non li accoglie. Le loro nudità sono finalizzate a mettere in mostra l'attaccamento fisico, l'atteggiamento amoroso che li lega. La loro unione omosessuale, che non conosce limiti di etnia, diventa oggetto da cartolina.
Se le forme corporee femminili sono state oggetto di costante e
indagatoria attenzione nella letteratura di tutti secoli passati, dalle
leggende fino ai romanzi d'ottocento ed ai giorni nostri, nel teatro, in
poesia, nella canzone, nella prosa, nelle cui pieghe non è mai stata tralasciata e ben descritta ogni parte del corpo, dai piedi alle ginocchia, dal ventre ai seni, dalle
spalle alle guance, ogni loro anfratto o fessura, il sesso, gli occhi, i
capelli, ogni dettaglio cantato, blasonato, messo in versi, o
raccontato, drammatizzato, liricizzato con finalità amorose, oppure
materne o figliali, passionali o accuditorie, o erotiche che fossero,
quelle maschili hanno avuto invece un ruolo decisamente diverso.
Questa opera (una fotografia dipinta) di Pierre et Gilles, del 2006, intitolata "Vive la France (Serge, Moussa et Robert)", che rappresenta una visione frontale con tre calciatori di varia etnia, totalmente nudi se non con calzettoni e scarpette da footbal, era stata scelta dall'organizzazione della mostra viennese dello scorso anno, quale sua immagine-manifesto, ma ritirata dopo qualche giorno dall'apertura per le troppo numerose proteste dei cittadini.
Il corpo del maschio
ha ispirato ideali di forza e di volontà, d'amor patrio o sacrificio
collettivo, la volontà d'immolarsi per questa o quella causa, ha
rappresentato l'istinto battagliero, eroismo, invincibilità, ed, oltre a
tutto ciò, anche ogni genere di lascivia quando esso fosse stato
assunto come esercizio di pura pornografia. In quest'ultimo caso però
anche possono marcarsi delle diffenenze tra i generi, capaci di
ribaltarne, all'occorrenza, un significato.
Due opere, qui sopra, e due qui sotto, tutte facenti parte della sezione "L'oggetto del desiderio": di Alexandre Deinaka, "la doccia dopo la battaglia", 1944 (olio su tela), di David Hokney "Bagno di sole" 1966 (acrilico su tela), di Paul Cadmus ""Il bagno" (particolare) del 1951, e di Jean Cocteau "Le Sommeil, illustraction pour Querelle de Brest de Gean Genet", 1946-47 (disegno a matita su carta). Opere di artisti tra loro lontani rispettivamente, Unione Sovietica, Gran Bretagna (poi trasferitosi definitivamente in California), Stati Uniti, Francia, ma rappresentative delle rispettive cifre stilistiche. Tutti e quattro non hanno tralasciato di descrivere nella loro arte l'universo gay al quale erano per natura attratti, con la sola esclusione del primo di loro, che non poteva rendere esplicito il carattere omosessuale delle sue scelte pittoriche in quanto appartenente ad una stretta osservanza politica di regime, ed i soggetti non trascurano mai di rappresentare il nudo maschile quale veicolo di vissuti erotici tra uomini.
Non a caso, in mostra,
compare
anche un piccolo dipinto della Orlan (1989-2012) raffigurante il sesso
maschile esibito in faccia al pubblico, come fu con analoga baldanza al
femminile, quello celebre di Courbet dal titolo "L'origine du monde",
1866), intitolato colpevolisticamente "L'origine de la guerre".
Solo
negli ultimi anni i nudi di entrambi e sessi hanno mostrato a volte
valenze meno tra loro distanti, come accade ad esempio nelle opere in
mostra di Pierre et Gilles, le quali, forse proprio perchè alludenti
all'universo gay, oggi che è stato totalmente sdoganato, mostrano di miscelare
effetti e ruoli di genere e di comportamento in modo meno sessista, così fornendo, ad un pubblico meno distratto da aspetti superficiali e certamente più maturo in termini di moralità, una visione non solo più tollerante rispetto ad un uso della nudità più disinvolto e disinibito, ma anche e soprattutto più osmotica circa i ruoli espressivi del corpo da parte dei generi, che conduce tutta la stessa produzione artistica ad indagare maggiormente nel privato, piuttosto che nella rappresentazione simbolica dei grandi temi civili.
Richard Avedon "Andy Warhol ed alcuni membri della Factory, 30/10/1969"
(particolare), 1969
Mettere lui a nudo, nella società contemporanea, anzichè la donna, serve
a renderlo più prossimo ai compiti diversi che la società nel suo
assieme oggi gli riserva, rispetto a quelli ai quali era destinato negli
antichi miti, si, ma anche nella stessa società borghese fin tanto chè
non fosse travolta dalla rivoluzione informatica tuttora in atto che ha
fatto strame d'ogni differenza sociale ancora in essere tra i sessi. Se
ciò ancora non è dato di vedere nella società, negli usi e nei costumi,
esso è però ben presente nella produzione artistica, come la mostra
parigina ben riesce a porre in evidenzia. E' l'arte ancora una volta ad
anticipare, a fare il solco dentro al quale porre dei semi.
Enrico Mercatali
Parigi, ottobre 2013