Charlie Haden 2011 with Quartet West
at Stresa - Palacongressi, Lake Maggiore
L'evento,
programmato quest'anno nell'ambito del Festival di Stresa, e svoltosi al
Palacongressi (doveva svolgersi nel giardino di Villa Pallavicino, sede
poi spostata su richiesta degli artisti), ha visto la partecipazione
di un bel numero di fans, accorsi per l'eccezionalità dell'incontro,
che si annovera ormai tra i tanti di quella che è divenuta ormai tradizione, qui sul Lago Maggiore: d'avere tra i suoi ospiti, oltre che i più insigni esecutori e direttori della classica, anche i più grandi nomi del jazz internazionale.
Siamo ormai abituati da tempo ad avere incontri ogni anno d'altissimo livello, tra i più grandi protagonisti di questo genere musicale che ha assunto il ruolo di protagonista nell'ambitodelle espressioni artistiche contemporanee.
Già negli anni '50 egli avviava le sue "collaborazioni" che fecero gran parte della storia del jazz, allora con Art Pepper (sassofonista) e con Hampton Hawes (pianista), coi quali mise a punto il suo rapporto con lo strumento preddiletto, da che abbandonò per ragioni di salute la giovanile passione per il canto, appresa in famiglia. Ma l'imprinting più incisivo gli derivò dalla lunga ed intensa vicenda che lo vide assieme a Ornette Colemann, (sassofonista e compositore statunitense, tra i più colti e raffinati, creatore del free jazz, non appena fu lanciatio sulle scene da John Lewis del Modern Jazz Quartett) che tutt'oggi egli ricorda con dovizia di dettagli nei racconti dei ricordi di quell'esperienza che, con grande emotiva passionalità, non smette mai di ricordare quando parla con il pubblico.
Fu Ornette, infatti, che inquadrò la sua attitudine al perfezionismo nella direzione dei quell' "armolodia" che egli stesso gli trasmise, ovvero a quella capacità di argomentare con temi melodici tutto l'apparato ritmico delle sue composizioni, che seppe far diventare poi la sua stessa cifra stilistica, e la sua matrice più evidente nella attività anche di compositore.
Con Ornette Charlie stette parecchi anni, che culminarono con la produzione dell'album assai noto, "The shape of Jazz to Come", durante i quali apprese ad esercitare soprattutto quella che divenne la sua maggiore qualità d'artista, quella cioè di sperimentatore di generi musicali e di impasti timbrici atti a meglio descrivere situazioni ed atmosfere, a tradursi in perfette narrazioni d'ambiente, oltrechè di geniale organizzatore di proposte per eventi, per accostamenti, per collaborazioni sempre nuove.
Questa multiformità d'approccio alla musica che ha caratterizzato tuta la sua carriera, non solo riflette la sua enorme sensibilità musicale, spinta fino al più minuto dettaglio d'espressione, ma anche le sue più spiccate doti d'abbinamento dei migliori, degli artisti migliori che ciascuno strumento sapesse asprimere, il che lo portò ad essere talmente convinto di quanto faceva da diventare perfino produttore di sè stesso. Questa scalata di tappe sempre più alte ebbe inizio con la collaborazione col pianista Keith Jarreth, oggi tra i più grandi che conosciamo, del cui trio egli fu più volte membro, e con l'American Quartett, tra il '67 e il '76, assieme a Paul Motian (batterista e compositore armeno) e a Dewey Redman (sassofonista e clarinettista statunitense di free jazz).
Ma lo portò in seguito anche, tale volontà d'accrescersi, ad affiancarsi, per poi divenirne il leader, alla Liberation Music Orchestra, la cui sperimentalità intrinsecamente musicale faceva da sfondo ad una autentica propensione ad esprimersi anche per cause politiche, da cui le approfondite ricerche che fece di temi che furono caratteristici della guerra civile spagnola.
All'interno del passaggio tra questa e le prime esperienze con il Quartett West, che ebbero inizio nel 1987, ove sorse sempre più spiccata la tendenza di Charlie Haden a non affidarsi agli standard jazzistici più internazionalmente noti, bensì ai temi, da lui stesso ricercati e ricomposti, tratti dalla realtà che egli più assiduamente frequentava, prendeva anche corpo la spettacolare collaborazione con Pat Metheny. Fu con quest'ultimo che, dal 1996 ebbe inizio una serie di grandiosi tours internazionali, nei quali i due portarono alla conoscenza del mondo le più intense atmosfere della loro comune terra natia, il Missouri. Fu "beyond the Missouri Sky, short stories" l'Album che ne raccoglie il meglio, e che rappresenta uno dei più alti livelli di vendita raggiunti nel 1997 dall'etichetta Verve, (N.Y.C. 1996) del quale ricordiamo con particolare piacere il tema di "Cinema Paradiso (love theme)", del film di Giuseppe Tornatore, di Ennio Morricone, che Haden con Metheny eseguono con amoroso impegno.
E' con West Quartett che tuttora egli si esibisce sulle platee di tutto il mondo, ovvero con quei poderosi artisti, presi uno per uno, che sono Ernie Watts (sassofono), Alan Broadbent (piano) e Larance Marable (drums), che egli seppe trovare e mettere in gruppo alla fine degli anni '80, e che che ancora dopo vent'anni sanno dargli l'idea d'essere giunto nel migliore dei porti possibili, e dai quali forse non più sapra distaccarsi.
I quattro, assieme, sono una esplosione di creatività espressiva all'ennesima potenza, sia nelle singole peculiarità assai ben assaporabili durante i numerosi assoli, sia nella coralità, ove ogni dettaglio è sinonimo di perfetta cura espressiva d'una lunga e corrisposta frequentazione reciproca, fatta d'intese perfette, di grandi sintonie d'intenti. L'assieme, specie nei lenti, e nei "piano", ne dà i migliori frutti. Il bis richiesto a gran voce dalla standing ovation finale del pubblico stresiano, ma anche di appassionati provenienti da più lontano, ne è stata la migliore riprova.
La grande soddisfazione anche degli artisti, resasi evidente a conclusione dell'evento, ha fatto capire a tutti che vale senz'altro la pena di continuare su questa strada, in futuro, nella organizzazione delle Settimane Musicali, così da rendere quanto mai esplicita l'idea che ormai si va formando che non esista luogo migliore, in Alta Italia, per fare buona musica, ma anche in particolare il miglior jazz, che non sia proprio il Lago Maggiore.
Stresa, 29 maggio 2011
Enrico Mercatali
per Taccuini Internazionali
Da oltre cinquant'anni sulla scena internazionale, segna ormai da un paio di decenni la sua
stagione più matura con il gruppo Quartet West quello che è considerato,
se non il più grande contrabbassista esistente, certamente tra i più talentuosi, soprattutto per l'eclettica multiformità delle numerose
collaborazioni, con le più note stars mondiali del jazz.
Quartett West: da sinistra Alan Broadbent (piano), Ernie Watts (sax), Charlie Haden (bass), Larance Marable (drums), sul palcoscenico del Palacongressi di Stresa il 29 maggio 2011
(foto Enrico Mercatali)
E così questa volta è toccato al mito di frontiera, a colui che ci ha abituato, sia pure in ascolti trasversali, alle estese atmosfere americane delle grandi pianure, ma anche a quelle più intime della grande stagione hollywoodiana che dal cinema del dopoguerra ha innescato il più potente processo di diffusione del suo sound più tipico ed originario, fatto di musica nera, prevalentemente, in un primo tempo, ma poi, attraverso il fascinoso apparato melodico che caratterizzava l'intensa vita notturna dei locali cubani e messicani, fatto anche di musica a volte allegra, ma altre volte anche sognante e melanconica, intrisa delle potenti e variopinte miscele culturali che solo la musica afro americana sapeva fornire.
Già avevamo sentito Haden, una dozzina d'anni fa a Verbania, nell'ormai pluriacclamato tour internazionale in coppia con Pat Metheny, nel corso del quale i due seppero divulgare, assieme, e in grande sintonia di coppia, i migliori motivi tipici della loro comune terra natale, il Missouri, che si tradusse poi uno tra i più venduti albums dalla produzione jazz, "beyond the Missouri Sky - short stories", per l'etichetta di Verve.
Già avevamo sentito Haden, una dozzina d'anni fa a Verbania, nell'ormai pluriacclamato tour internazionale in coppia con Pat Metheny, nel corso del quale i due seppero divulgare, assieme, e in grande sintonia di coppia, i migliori motivi tipici della loro comune terra natale, il Missouri, che si tradusse poi uno tra i più venduti albums dalla produzione jazz, "beyond the Missouri Sky - short stories", per l'etichetta di Verve.
Già negli anni '50 egli avviava le sue "collaborazioni" che fecero gran parte della storia del jazz, allora con Art Pepper (sassofonista) e con Hampton Hawes (pianista), coi quali mise a punto il suo rapporto con lo strumento preddiletto, da che abbandonò per ragioni di salute la giovanile passione per il canto, appresa in famiglia. Ma l'imprinting più incisivo gli derivò dalla lunga ed intensa vicenda che lo vide assieme a Ornette Colemann, (sassofonista e compositore statunitense, tra i più colti e raffinati, creatore del free jazz, non appena fu lanciatio sulle scene da John Lewis del Modern Jazz Quartett) che tutt'oggi egli ricorda con dovizia di dettagli nei racconti dei ricordi di quell'esperienza che, con grande emotiva passionalità, non smette mai di ricordare quando parla con il pubblico.
Charlie Haden, oggi
(foto Enrico Mercatali)
Fu Ornette, infatti, che inquadrò la sua attitudine al perfezionismo nella direzione dei quell' "armolodia" che egli stesso gli trasmise, ovvero a quella capacità di argomentare con temi melodici tutto l'apparato ritmico delle sue composizioni, che seppe far diventare poi la sua stessa cifra stilistica, e la sua matrice più evidente nella attività anche di compositore.
Con Ornette Charlie stette parecchi anni, che culminarono con la produzione dell'album assai noto, "The shape of Jazz to Come", durante i quali apprese ad esercitare soprattutto quella che divenne la sua maggiore qualità d'artista, quella cioè di sperimentatore di generi musicali e di impasti timbrici atti a meglio descrivere situazioni ed atmosfere, a tradursi in perfette narrazioni d'ambiente, oltrechè di geniale organizzatore di proposte per eventi, per accostamenti, per collaborazioni sempre nuove.
Questa multiformità d'approccio alla musica che ha caratterizzato tuta la sua carriera, non solo riflette la sua enorme sensibilità musicale, spinta fino al più minuto dettaglio d'espressione, ma anche le sue più spiccate doti d'abbinamento dei migliori, degli artisti migliori che ciascuno strumento sapesse asprimere, il che lo portò ad essere talmente convinto di quanto faceva da diventare perfino produttore di sè stesso. Questa scalata di tappe sempre più alte ebbe inizio con la collaborazione col pianista Keith Jarreth, oggi tra i più grandi che conosciamo, del cui trio egli fu più volte membro, e con l'American Quartett, tra il '67 e il '76, assieme a Paul Motian (batterista e compositore armeno) e a Dewey Redman (sassofonista e clarinettista statunitense di free jazz).
Ernie Watts (sax), Charlie Haden (bass)
(foto Enrico Mercatali)
Ma lo portò in seguito anche, tale volontà d'accrescersi, ad affiancarsi, per poi divenirne il leader, alla Liberation Music Orchestra, la cui sperimentalità intrinsecamente musicale faceva da sfondo ad una autentica propensione ad esprimersi anche per cause politiche, da cui le approfondite ricerche che fece di temi che furono caratteristici della guerra civile spagnola.
All'interno del passaggio tra questa e le prime esperienze con il Quartett West, che ebbero inizio nel 1987, ove sorse sempre più spiccata la tendenza di Charlie Haden a non affidarsi agli standard jazzistici più internazionalmente noti, bensì ai temi, da lui stesso ricercati e ricomposti, tratti dalla realtà che egli più assiduamente frequentava, prendeva anche corpo la spettacolare collaborazione con Pat Metheny. Fu con quest'ultimo che, dal 1996 ebbe inizio una serie di grandiosi tours internazionali, nei quali i due portarono alla conoscenza del mondo le più intense atmosfere della loro comune terra natia, il Missouri. Fu "beyond the Missouri Sky, short stories" l'Album che ne raccoglie il meglio, e che rappresenta uno dei più alti livelli di vendita raggiunti nel 1997 dall'etichetta Verve, (N.Y.C. 1996) del quale ricordiamo con particolare piacere il tema di "Cinema Paradiso (love theme)", del film di Giuseppe Tornatore, di Ennio Morricone, che Haden con Metheny eseguono con amoroso impegno.
E' con West Quartett che tuttora egli si esibisce sulle platee di tutto il mondo, ovvero con quei poderosi artisti, presi uno per uno, che sono Ernie Watts (sassofono), Alan Broadbent (piano) e Larance Marable (drums), che egli seppe trovare e mettere in gruppo alla fine degli anni '80, e che che ancora dopo vent'anni sanno dargli l'idea d'essere giunto nel migliore dei porti possibili, e dai quali forse non più sapra distaccarsi.
Alan Broadbent (piano), Charlie Haden (bass),
(foto Enrico Mercatali)
I quattro, assieme, sono una esplosione di creatività espressiva all'ennesima potenza, sia nelle singole peculiarità assai ben assaporabili durante i numerosi assoli, sia nella coralità, ove ogni dettaglio è sinonimo di perfetta cura espressiva d'una lunga e corrisposta frequentazione reciproca, fatta d'intese perfette, di grandi sintonie d'intenti. L'assieme, specie nei lenti, e nei "piano", ne dà i migliori frutti. Il bis richiesto a gran voce dalla standing ovation finale del pubblico stresiano, ma anche di appassionati provenienti da più lontano, ne è stata la migliore riprova.
La grande soddisfazione anche degli artisti, resasi evidente a conclusione dell'evento, ha fatto capire a tutti che vale senz'altro la pena di continuare su questa strada, in futuro, nella organizzazione delle Settimane Musicali, così da rendere quanto mai esplicita l'idea che ormai si va formando che non esista luogo migliore, in Alta Italia, per fare buona musica, ma anche in particolare il miglior jazz, che non sia proprio il Lago Maggiore.
Charlie Haden (bass), Larance Marable (drums)
(foto Enrico Mercatali)
Stresa, 29 maggio 2011
Enrico Mercatali
per Taccuini Internazionali