per una recensione sul Salone del Mobile 2013: "A Milano il mondo che abiteremo":
http://taccuinodicasabella.blogspot.it/2013/04/a-milano-il-mondo-che-abiteremo-saloni.html
L'ARTE DEL DESIGN D'ARREDO
FESTEGGIA LA SUA STORIA
50° SALONE DEL MOBILE
MILANO 12-17 Aprile 2011
Fiera Milano Rho e manifestazioni "Fuori Salone"
Sopra al titolo: una immagine pubblicitaria optical degli anni '60,
decennio-fucina della emergente arte del design d'arredamento, che ha iniziato a fondere tra loro arti, mestieri, oggetti e comportamenti quotidiani in un crogiuolo di nuove idee.
Sotto al titolo: un allestimento per il Fuori Salone in via Montenapoleone a Milano
Di Salone, o di Saloni (Salone del Mobile e dell'Arredamento, Euroluce), vi è stato scritto in passato e vi si scrive talmente tanto oggi tanto che anche Taccuini Internazionali partecipa ai festeggiamenti dell'evento del 50° Salone, quest'anno 2011, commentando alcune fotografie prese quasi a caso da Internet, aggiungendovi qua e là le foto di alcuni prodotti selezionati per l'occasione.
Ma questi commenti non pretendono d'essere altro che un cenno alla "storia" di una passione individuale per il design (collaterale ed in tono minore rispetto a quello per l'architettura), vissuta dal redattore di questo articolo con il convincimento costante che al loro interno stesse sviluppandosi qualcosa che avesse a che fare tout court con "La Storia".
Tokjin Yoshioka, tavoli per Kartel
"Prickly pair chairs"
Poltroncina naturale della designer messicana residente a Londra, Valentina Glez Wachley
Achille Castiglioni, "portafiori" per Zanotta
La dimensione ludica che caratterizza il design contemporaneo è stata introdotta da Achille Castiglioni sino dagli anni '70 e '80. La logica della sua creatività, essenziale e concreta, ma anche speso divertente, ha contagiato più generazioni di giovani designers in tutto il mondo; infatti, a partire dagli anni '90, anche designers e aziende non italiane hanno incominciato ad elaborare proposte essenzialmente basate sull'irrazionale e l'ironico
Certo trattavasi almeno di storia del costume, o della moda. O storia del gusto fattosi moda, per poi codificarsi in oggetti divenute icone, o, a vole ed anche più, comportamenti divenute icone, indotti dai prodotti stessi che, attraverso i saloni, ma poi anche attraverso le riviste specializzate e di settore si riversavano sui rotocalchi settimanali e sui quotidiani, si facevano standard di vita comune, e di tutti.
Eero Saarinen per Knoll
Hans Coray, sedia Landi-Spartana, per Zanotta
(collezione Casabella, foto di Enrico Mercatali)
Ludwig Mies van der Rohe, Poltrona Barcellona per Knoll International
Arne Jacobsen, Poltrona Egg per Fritz Hansen
(collezione Casabella, foto di Enrico Mercatali)
Gerrit Rietveld, Poltrona Utrecht, per Cassina
Le Corbusier, Chaise Longue per Cassina
Gio Ponti, Superleggera, per Cassina
L'eredità dei Maestri anni '20 -'50, e relative scuole di pensiero - Dall'alto verso il basso: Eero Saarinen, sedia Tulip e tavolo, 1956; Hans Coray, sedia Landi detta "Spartana" oggetto della collezione "bbcasabella"- foto Enrico Mercatali), 1938; Ludwig Mies van der Rohe, poltrona Barcellona, 1929; Arne Jacobsen, poltrona Egg, 1957, oggetto della collezione "bbcasabella" (foto Enrico Mercatali); Gerrit Ritveld, poltrona Utrecht, 1935; Le Corbusier (Chaise Longue, 1928), Gio Ponti, sedia Superleggera, 1957.
Oggi quasi tutti i prodotti dei Maestri vengono realizzati oggi, scaduto il monopolio di secolari originari diritti, in fedeli rieditate riproduzioni (non copie) in base ai progetti finalmente ritornati al pubblico dominio, che ne consente una produzione più democraticamente alla portata dei più.
Negli anni '50 e '60 famosi architetti come Marco Zanuso (sopra poltrona Lady, 1951) e Vico Magistretti (sopra lampada Eclisse, 1967) hanno fatto scuola disegnando prodotti che hanno determinato il gusto dell'epoca, dalle linee semplici e razionali, capaci di una riproducibilità su larga scala a costi contenuti, atta a raggiungere ampi strati di utenti
Fu il fenomeno Ikea ad aver divulgato nel mondo occidentale, a partire dagli anni '80, il gusto per il design da parte di tutti, mentre i saloni continuavano a sfornare prodotti sempre meno accessibili, ed a volte perfino, sempre meno appetibili, divenendo vetrine per i soli addetti ai lavori, e neppure più a tutti loro, come invece era stato nel lontano passato degli anni '50 e '60, quando un buon prodotto sapeva imporsi perchè era appunto un buon prodotto, se non a portata delle tasche di tutti, almeno quale prodotto da desiderare, in quanto buono.
Tra la fine degli anni '50 e l'inizio dei '60 la cultura del mobile "svedese" e del design nordico d'Europa, penetra in Italia, trovando il massimo interprete nel talentuoso Joe Colombo, la cui arte si manifesta subito in numerosi oggetti di arredo che fanno subito scuola. Attraverso le riviste Domus, Casabella e, particolarmente, Interni incominciano a diffondersi i nuovi criteri di una produzione integrata, che si avvale della componentistica plurima dei cosiddetti contoterzisti, il cui montaggio finale in fabbrica crea il prodotto finito, capace di una qualità complessiva prima inimmaginabile
L'inizio della corsa all'arredo moderno, così come all'oggetto di buon design, avvenne mentre veniva coniata la stessa parola "design", che ne designava il percorso progettuale che, attraverso l'industria, sapeva diventare prodotto seriale, e magari "di massa".
Franco Albini, Poltrona Tre Pezzi, per Cassina
Achille Castiglioni, sgabello Mezzadro, per Zanotta
(collezione Casabella, foto di Enrico Mercatali)
Marco Zanuso, sedia, per Zanotta
Franco Albini, 1938, libreria Veliero (unico prototipo)
I "Maestri" italiani firmano oggetti che diventano "icone", così come dagli anni '30 ai '50 i Grandi Maestri mondiali hanno dettato al mondo il loro stile, attraverso aziende quali Knoll International o Cassina, vantanti diritti di lunga durata: ora sono i Franco Albini, gli Achille Castiglioni (la fotografia allo sgabello "Mezzadro" -appartenente alla collezione bbcasabella- è di Enrico Mercatali), i Marco Zanuso a fare scuola, pronti a dare fiato a nuove aziende emergenti, che si svilupperanno poi nel corso degli anni a venire fino a diverntare assi portanti della nostra economia
Il crescente numero di nuove famiglie che avevano il problema di arredare casa ex novo, ovvero senza ricorrere alla vecchia mobilia della nonna, tramandata da generazioni, faceva sì che si vedesse crescere, in parallelo, un artigianato seriale, capace di avviarsi presto a diventare piccola, media o grande industria del mobile e dell'arredo. Fu particolarmente in Brianza, ovvero nel territorio immediatamente a Nord di Milano, te ra Milano e Como, ove questo processo lo si potè vedere particolarmente fervido.
G, Drocco e F. Melio, 1972, Cactus, per Gufram
Piero Gatti, Cesare Paolini e Franco Teodoro, 1968, Poltrona Sacco, per Zanotta
Mario Cananzi e Roberto Semprini, 1989, divano da centro stanza Tatlin, per Edra
Jasper Morrison, 1986 "the Thinking Man's Chair per Cappellini
(collezione Casabella, foto di Enrico Mercatali)
Nuovi materiali e nuove tecnologie riescono ad ispirare nuove idee, e così, poco alla volta, la ragione cede il posto alla fantasia, la logica al sentimento: così un cactus diventa attaccapanni, un sacco diventa poltrona, una panca si fa spirale mettendosi al centro dell'attenzione, diventando protagonista e "diva", una sedia di ferro diventa comoda e morbida perchè il piano di seduta è formato da balestre, ed offre perfino due vassoietti per il bicchiere o il posacenere...
Fu in Brianza perciò, forse tra i luoghi più emergenti in tal senso in Europa, che tale fenomeno ebbe a diventare creatore di capacità e grandi professionalità tecnologiche, nonchè attrattore di interesse creativo e di geniali potenzialità professionali. Il sodalizio tra le due componenti (ottime capacità tecniche e creatività progettuali) fece esplodere nel nostro paese quella che ne divenne una tra la sue principali potenzialità: arredo, moda, design, e tutte le possibili varianti che fecero immagine forte del nostro prodotto d'esportazione.
Gaetano Pesce, 1969, della Serie Up, Up5 (metafora di donna con la palla al piede)
per B&B Italia
Marc Newson, 1992 Wooden Chair
... oppure una poltrona diventa il corpo di una donna, oppure ancora, si fa "ricciolo"
Erano le grandi personalità dell'architettura e del progetto d'interni a porre la propria firma agli oggetti che attraevano le grandi folle nei Saloni dagli anni '50 ai '70, negli stand sempre più lussuosi e attrattivi delle migliori aziende italiane, quelle che avevano già la capacità commerciale di aprire belle vetrine nei luoghi più centrali delle città mondiali. Sulla scia tracciata dai loro padri pionieri italiani e stranieri (Le Corbusier, Mier van der Rohe, Jean Prouvee, Figini e Pollini, Gio Ponti, ecc.) i giovani Marco Zanuso, Vico Magistretti, Ignazio Gardella, Achille Castiglioni, e poi Joe Colombo, Gae Aulenti e tanti altri lavoravano incessantemente con le aziende che incominciavano a vantare grandi numeri di vendita, quali Knoll International, Arflex, Kartell, Cassina, Flos, Artemide, ed ancora tante altre.
Tra gli anni '80 e '90 la "Strada Novissima" che Paolo Portoghesi ha imposto al mondo dell'immagine, dalle sale della veneziana Biennale Architettura, avviando così la cosiddetta "post-modernità" (padre fondatore Bob Venturi attraverso il suo saggio "Complexity and contraddiction") muove, primo tra gli altri paesi, l'Italia con le proposte di Alessi, Memphis, Zanotta e altri. Qui sopra la libreria disegnata da Ettore Sottsass (Charlton, 1981), la Parigi Chair di Aldo Rossi e il tavolino di gae Aulenti ("Tour", 1993)
I Saloni vedevano in questi anni incrementare vertiginosamente le partecipazioni italiane e straniere, e così anche il numero dei visitatori da tutto il mondo, che li facevano diventare i più importanti al mondo in questi settori. Già all'inizio deli '80 la maggiore esplosione era avvenuta, e da lì incominciava un più lento, ma sempre inesorabile incremento, specialmente del fenomeno parallelo e collaterale dei "Fuori Salone", ovvero di tutti quegli indotti economici esterni, fatti di intenso marketing contemporaneo a quanto avveniva ai padiglioni della Fiera di Milano, in giro per le strade dei quartieri più alla moda dalle città, ed all'interno non soltanto dei migliori show rooms della città, ma anche dentro a spazi di risulta, della città post-industriale, che davano la dimensione di quanto interesse si aggirasse anche attorno alle più spettacolari e improvsisate istallazioni, la cui creatività andava coniugando capacità artistiche a nuove emergenti imprenditorialità, all'inizio prevalentemente italiane, per poi diventare, mano a mano, anche straniere, coinvolgendo soprattutto i giovani designers di tutto il mondo, attratti da professionalità capaci di promettere sogni a buon mercato.
Sopra e sotto: oggi tutto si fa più fluido e leggero: ogni scherzo
può essere accolto nel novero della nuova proposta. Ogni anno le aziende
propongono al Salone i prototipi, i quali verranno messi in produzione
in base all'accoglienza da parte del pubblico. Ogni frivolezza può
accattivare il pubblico dei nuovi fruitori, tra cui non più solo i
privati, ma tutto il contract, l'accoglienza, la ristorazione, l'arreddo
urbano, ecc.
La produzione più recente, quella progettata dopo l'anno 2000, qui sopra rappresentata con alcuni oggetto per l'arredo interno ed esterno, rispetto a quella che ha preceduto la svolta "storica" del Postmodernismo, appare esile, asciutta, quasi esangue. Quest'ultima, rappresentata qui sotto con alcuni pezzi selezionati casulamente in internet, non riesce, rispetto alla prima, ad essere suficientemente "leggera", dando di sè connotazioni fortemente funzionaliste non prive di una certa corposità. Questi ultimi pezzi, nella loro spinta esigenza d'essere, e d'apparire, facilmente operative rispetto alla funzione che svolgono, traggono linfa dagli insegnamenti dello spirito razionalista e poi funzionalista che l'architettura è andata insegnando dagli anni '30 agli anni '50. I pezzi precedenti, che oggi inondano i mercati (e i Saloni) traggono la propria linfa da uno spirito minimalista, potenzialmente derivato dalle avanguardie artistiche concettuali: le loro sono forme d'una teatralizzazione dei comportamenti quotidiani di un pubblico eterodirezionato dai media, generalmente inconsapevole.
Furono questi gli anni in cui, mentre si impoverivano in europa e nell'intero mondo occidentale le politiche sociali per la casa e mentre le più ottimistiche visioni d'una progettualità ottimistica verso il futuro andavano deluse, l'architettura stentava a dare convincenti risposte in tal senso, portando i modelli della cosiddetta postmodernità, il design si andava affermando quale risposta di più immediato e facile consumo per il soddisfacimento di bisogni più a portata di mano. Si imposero in quegli anni i sogni radical di Memphis, le opere di Ettore Sottsass e Alessandro Mendini, ma anche, sia pure su versanti diversi, i nuovi linguaggi di Aldo Rossi e di Paolo Portoghesi. Incominciavano ad essere importati, sopratutto dalla filosofia Alessi, ma anche Driade, nomi di designers e architetti stranieri, quali Bob Venturi, Michael Graves, e tanti altri. Si impose poi la forte personalità di Philippe Stark, capace di divorare tutto ciò che toccava con mano, trasformandolo secondo il suo certamente forte talento.
Achille a Piergiacomo Castiglioni, 1960, lampade in cocoon per Flos
Joe Colombo, Poltrona Multichair design , per Bline
Franco Albini, 1939, Poltrona Fiorenza per Cassina
Gli oggetti che attraverano tutto il cinquantennio '60-2010, quelli più amati e diffusi, ma anche quelli che hanno imposto criteri progettuali nuovi od inediti, sono diventati man mano oggetto di interesse da parte delle attività di modernariato ed antiquariato, oggetti di culto, a volta ottenibili solo, se originali, a prezzi molto elevati Qui sopra oggetti di Joe Colombo, Vico Magistretti, Achille Castiglioni e France Albini
Negli anni '90 e poi 2000 emergevano infine i nuovi talenti che sapevano, più di quanto i primi non avessero ancora imparato a fare, interpretare i bisogni propri delle aziende, le loro necessità produttive, distributive e promozionali, divenendo essi stessi strumenti forse più docili dei primi in mano alle esigenze, dettate dai mercati mondiali globali assai più sfaccettati ed articolati di quelli che li avevano preceduti, quindi necessitanti una duttilità prima inesistente, e di una pervasività d'immagine intrinseca più alla pubblicità degli stessi prodotti, che ai prodotti stessi. L'imperativo primo diventava vendere, e vendere molto, indipendentemente dalla qualità estetica o tecnologica intrinseca, che doveva identificarsi soprattutto con la pulsione rapida al consumo da parte del compratore, cosa che certo non caratterizzava la più parte dei prodotti, ed il loro rapporto col pubblico, che hanno rappresentato il design nei mercati dei primi anni dei Salon. Forse allora il prodotto funzionava principalmente come status symbol, mentre ora funziona di più l'eclettica stravaganza, il divertente stupore.
Milano, 12 aprile 2011
Enrico Mercatali
Il fenomeno Philippe Stark, a partire dalla fine degli anni '80, satura di sè momentaneamente il mercato dando nuovo slancio ad una creatività diversa dalle precedenti, più teatrale, performantica, glamour, fascinosa, eclettica, trendy, capace di catturare interesse da parte del pubblico (dei fans), dei produttori, dei media. Egli resta un fenomeno potente, ma isolato