THE MAGAZINE OF THOUGHTS, DREAMS, IMAGES THAT PASS THROUGH EVERY ART OF DOING, SEEING, DISCOVERING

31 May 2014

"It’s always the right time for Pavesini” - The icon-cookie that united Italy on its motorway net



Pavesino


From Novara (Piedmont - Lake Maggiore)
the icon - cookie that united Italy
on its motorway net






Sixty years have passed since the birth of the icon-cookie, whose name is linked to the Italian economic boom. The Pavesino cookie has witnessed and labeled a period of modernization and enrichment Italy would be very unlikely to handle today. The Piedmontese company producing the brilliant cookie, with its first factories in Novara, near Lake Maggiore, advertised it with the motto: “it’s always the right time for Pavesini”, and with twelve cookies placed on a clock. In 1953 in Milan, by notary deed, a whole economic empire was born. The famous “snack” produced by factories all over Italy and advertised by Carosello on TV was in fact nothing more than the traditional cookie of Novara city, produced by Mario Pavesi since 1937 on a much smaller scale.







Starting from 1950 the Piedmontese company spread its brand on a national scale and built its famous Autogrill service areas, as the new Italian highway system was taking shape. With their bridge-like structure across the carriages, they displayed the unmistakable shape of the cookie along with the Pavesi logo. And this really was the best advertisement ever, since the insisting commercials broadcasted by Carosello on TV could not endure in time like an Autogrill service area. 




Neither could they be as concrete to the public as a true rest stop, under which a fast and promising traffic showed that Italian society was heading towards modernization, wealth and suppression of the historic differences between North and South. This process was under everybody’s eyes, especially those who could afford a breakfast on the Pavesi bridge, on the way to their deserved holidays.









The first Autogrill service area was built on the Milan-Turin highway in 1950. Taccuini Internazionali has already covered the topic of Italian modernization through its highway system and Autogrill areas, whose structure was able to catch the attention of the public from both sides of the highway. On the  bridge you could even enjoy a meal, thus fulfilling many aspirations of the time: taking a break from the long journey, feeling part of a community, citizen of a country whose new “way of life” was making everybody equal and wealthy. Not only could you own a car, but also get all the services and luxuries linked to it, and things would only get better: this was the general feeling in Italy right after the Wars and their atrocities. 













Today Pavesi is owned by Barilla Group, which bought 100% of its block of shares 20 years ago. The founder Mario Pavesi (1909-1990) is still commemorated at the entrance of the factory, with one of its aphorisms: “Arrivare prima degli altri” (“Be the first to arrive”): its an artist-like motto, since it means that primogeniture is what counts most. Being the first to say certain things, promote and support certain values, in order for everyone to benefit from them. 






He was the first one to produce the cookie of Novara industrially, to make it a “snack”, to stand out in Autogrill service areas, to invent  crackers, then stuffed cookies (Ringo) in 1967. A story of success which made it possible to invest 150 millions for the factory in Novara, where 400 people are currently employed and where steam cooking was invented, as a way to eliminate fats by 30%.







Year 1950, Topolino, Fiat 600 and 1100, Giulietta Alfa Romeo, Alfa 1900: different cars for different people, temporarily united in the same Pavesi parking lot for a break. Rich (a little more sober) and poor (no-longer-so-poor) Italian citizens in a moment of relax after the long journey.  Some were leaving the working North to visit their family in the South and vice versa. This Italy knew well where to go, and how to get there. 





A well-determined Italy, ready to do anything in its power to promote itself and reach its destination (not only metaphorically). A hopeful and resolute Italy, which was not yet acquainted with those odd behaviors that would jeopardize its economically virtuous path. 



Enrico Mercatali

Lesa (Novara),  23 September 2013
adapted and translated on May 31, 2014
(translation from italian by Penelope Mirotti)
 

29 May 2014



Massimo Vignelli

Salutiamo Massimo Vignelli, scomparso ieri a New York City





Grafico di altissimo profilo, designer raffinato e colto, interprete eccellente del nostro tempo, è divenuto famoso per aver aiutato i suoi concittadini ad orientarsi nella Grande Mela. Sua è la mappa della metropolitana newyorkese, del 1970-71, icona della città, invenzione grafica poi ripresa da altri, in numerose diverse occasioni




Alcuni esempi dell'opera grafica di Lella e Massimo Vignelli, per il proprio studio newyorkese, per Knoll International, per Heller, per la metropolitana della Grande Mela, per American Airlines, per Blumingdale


Massimo Vignelli era uomo e artista tutto d'un pezzo: mai compromessi, mai debolezze o deviazioni dal credo fermo che contraddistingueva il suo pensiero e la sua azione. Milanese di nascita, egli ha presto capito che la città che doveva adottarlo, nella quale eleggere definitivamente la sua resiodenza, era New York. Ma milanese comunque restava con il ricordo e col sentimento, perchè amava la sua città d'origine nella quale aveva avviato i più saldi rapporti coi maggiori personaggi della cultura di quella città: Gae Aulenti, Vittorio Gregotti, Aldo Rossi, Maldonado... ma conobbe in seguito anche Mies, il cui carismatico porre minimalistiche certezze lascio su di lui segni indelebili.



Alcune creazioni di design industriale dello styudio Lella e Massimo Vignelli, per Venini, per Poltrona Frau


Conobbe ancora giovanissimo la donna che divenne sua moglie Lella e la sua inseparabile, unitissima socia in affari, con la quale andò prima in Massachusetts, per seguire i primi incarichi di lavoro, ed infine nella Grande Città della cultura americana per eccellenza, entro quella Grande Mela che ne consacrò, agli inizi degli anni '70, il primo grande successo, con il prestigioso incarico di progettare l'immagine della sua rete metripolitana. Fu quello il suo primo grande balzo in avanti, che consegnò la coppia alla storia d'una grafica essenziale, priva di tutto ciò che non fosse strettamente necessario ad una comunicazione immediata e facile, a tutti comprensibile, ad una immagine "senza tempo". Nei cartelloni che riportavano sinteticamente la sua rete segnaletica multicolore essa inventò segni tanto innovativi, da essere poi imitati ovunque si dessero situazioni analoghe.




Alcune oggetti di design progettati dallo studio Lella e Massimo Vignelli, per Heller



Il lavoro dei Vignelli diventò sinonimo di praticità, rapidità, essenzialità, ma anche eleganza, stile, bellezza. Esso, profondamente legato al linguaggio essenziale e minimale che fu del movimento moderno di architettura, e quindi a quello che, nella grafica, fu di Albe Steiner, di Max Uber, ma anche di Thomas Maldonado, si identificòpresto con l'immagine stessa della città nella qualòe veniva prodotto, New York, città di immediata percepibilità, città iconica per eccellenza, città di rapidi scambi e di moderna lettura. Città giovane e scattante. Città, per tutto questo, molto amata. Fu proprio questa città, la sua città d'elezione che organizzò all'Istituto Italiano di Cultura la grande mostra sui Vignelli "Timelessness", così sintetizzando quel mondo senza tempo dal loro lavoro perfettamente rappresentato, una assenza di tempo capace di contribuire fortemente alla crescita in qualità. Per Massimo Vignelli non pensava che il design potesse cambiare il mondo, ma credeva fermamente che esso fosse una delle componenti di una vita migliore.




Alcuni progetti per l'editoria dello studio Lella e Massimo Vignelli


Il lavoro di Massimo Vignelli, sempre unitamente a quello della moglie, spaziò dalla grafica al disegno industriale, includendovi con una certa frequenza quello dell'architettura di interni. Significative sono state particolarmente le collaborazioni con Knoll International e Poltrona Frau, dalle quali emersero veri e propri capolavori, perfettamente in linea con i caratteri essenziali della loro arte.




Lella e Massimo Vignelli, arredi interni a Saint Peter’s Church at Citicorp Center, New York




Il motto dei Vignelli è "Design is one", ovvero, se sai disegnare un oggetto, ne puoi disegnare mille, affrontando ogni genere di problema. Insomma la qualità è varia, ma quando sai ottenerne una, il mondo intero può essere di qualità, scaturendo dalla tua matita.


Lella e Massimo Vignelli


Enrico Mercatali
Lesa  (Lago Maggiore - Italia), 28 maggio 2014

26 May 2014

Gino Sarfatti, creatore di luce e imprenditore designer




G i n o   S a r f a t t i 

Creatore di luce e imprenditore designer
(Venezia 1912, Gravedona 1985)



 Per il centenario della nascita Triennale Milano ha dedicato a Gino Sarfatti una mostra di 200 degli oltre 600 oggetti prodotti da Arteluce, azienda da lui fondata nel 1939, gran parte dei quali da lui stesso disegnati fino alla data del 1973, anno di cessione a Flos, dando anche alle stampe un ricco e completo catalogo.
 



Gino Sarfatti, lampadario 2095/12 appeso al centro del corpo-scala a spirale disegnato da Giovanni Muzio, e, sullo sfondo, la Torre Littoria disegnata da Gio Ponti, in occasione della mostra organizzata da Triennale sulla sua opera.



Il brillante creativo-imprenditore veneziano, operativo per quasi tutta la sua vita a Milano, ottenne due volte il massimo premio del design, il Compasso d'Oro, il primo dei quali nel 1954, col modello 559 del catalogo Arteluce, ed il secondo nel 1955 con il modello 1055/S. 


Quest'ultima fu la prima lampada che veniva fornita smontata entro una confezione formata con il kit completo per il suo montaggio, il cui design integrava cioè al prodotto finale anche lo stesso package: una formula che ebbe successo.




Fu per molti versi innovativo e fascinoso il percorso di Gino Sarfatti, sia per le innate capacità da lui espresse fin da quando, giovane e intraprendente rampollo di una famiglia ebrea veneziana, giunse a Genova per studiare ingegneria aeronavale, voglioso di fare ma ancora incapace di decidere il destino della sua vita. 




 L'occasione gli fu data quando, lasciati al quarto anno gli studi per il trasferimento a Milano della famiglia, e iniziando a rappresentare le vendite di un vetraio, trasformò quasi per caso un vaso di vetro in una lampada, così soddisfando un cliente molto esigente. Fu in quel momento che capì d'avere un talento per le luci, abbinando tra loro diversi materiali in modo semplice ma efficace. Iniziò a produrre in proprio degli oggetti facendo nascere Arteluce, che divenne presto fiorente azienda, attorno alla quale si muoveva il giro delle migliori firme milanesi di allora in fatto di arte e design: Gio Ponti, Lucio Fontana, Franco Albini, Albe Steiner, solo per citarne alcuni.


 

Sopra: un "barattolo pieno di luce", questa lampada di Gino Sarfatti, degli anni '60, prodotta in molti colori non primari ed in vari formati, estrema semplificazione tecnica della plafoniera, è entrata in una miriade di case di quel periodo.
Sotto: forse nel prodotto più riuscito di Gino Sarfatti questa idea di unire la rarefazione funzionale (cavo elettrico, portalampade tecnico e lampadina) alla foggia di un lampadario in vetro di murano (allora totalmente fuori moda e poi tornata in auge allo scadere del secolo), ha raccolto amplissimi consensi di critica e di pubblico.





La produzione era partita attorno all'idea di semplificare al massimo, secondo i dettami del Bauhaus,  ma anche secondo una intuizione che guidò sempre Gino Sarfatti lungo tutto l'arco della sua attività, l'oggetto-lampada, orientandolo alle principali ed esclusive funzioni che doveva svolgere nelle diverse camere di una casa. L'unica concessione al gusto del tempo, che pure contribuì a determinare, è stato l'uso dei colori puri in talune realizzazioni, che prima di lui non ancora s'era visto adottare.









Sopra: Un'altra idea vincente di Gino Sarfatti fu quella di semplicemente appoggiare una boccia di vetro all'interno di un supporto circolare di circonferenza di poco inferiore. Il successo di questa semplicissima e banale intuizione seppe fare grandi numeri, come si può evedere dalle foto sottostanti. Tra gli anni '60 ed '80 di queste lampade da parete o da soffitto, se ne vendettero a cascata.
Sotto: lampadari nati dall'idea della "boccia appoggiata". Il sistema poteva avere infinite varianti, come fu dimostrato nell'allestimento prestigioso, voluto da Carlo Mollino per il Teatro Regio di Torino, coautore dello stesso con Gino Sarfatti, definito "Nuvole di luce".




Ogni suo prodotto era perciò basato su criteri di sottrazione tali, da giungere a smaterializzare, a volte, l'oggetto in una semplice autorappresentazione formale della funzione, come la rappresentazione compositiva determinata dal semplice moltiplicarsi di una lampadina a vista e del suo portalampada, sostenuto da una "tige" o ancor più semplicemente appesa al suo cavo elettrico.
Questo principio, assai a lungo studiato, ha contribuito a determinare i suoi prodotti di maggior successo, quali quelli che vennero in seguito adottati, negli arredamenti della motonave Andrea Doria, purtroppo inabissatasi, oppure, assieme a Carlo Mollino, nei progetti di allestimento dell'illuminotecnica dei foyers del Teatro Regio di Torino.


 Aspetti della Mostra in Triennale, settembre 2012



Importanti punti di incontro di Arteluce con il pubblico milanese e coi professionisti della città italiana più all'avanguardia in fatto di stile, moda, arte e architettura negli anni '50 e '60, sono stati i due negozi-vetrina che Gino Sarfatti fece realizzare, il primo da Marco Zanuso, in corso Littorio, poi divenuto Matteotti, ed il secondo da Vittoriano Viganò in via della Spiga.

Contestualmente all'apertura della mostra in Triennale è uscito un volume sull'opera di Gino Sarfatti dal titolo "Il design della luce", stampato da Corraini. Un altro volume di oltre 500 pagine, curato da Marco Romanelli, aiutato nelle ricerche da Sandra Sarfatti, contenente tutte le 650 opere dell'imprenditore-designer, uscito successivamente, è ora pubblicato da Silvana Editoriale. Spendida opera, veramente completa di uno dei protagonisti più attivi nel panorama del design novecentista, ed il più attivo sull'intera filiera che porta dall'idea al prodotto finito.






Enrico Mercatali
Lesa, 23 settembre 2012
(aggiornato 26 maggio 2014)