THE MAGAZINE OF THOUGHTS, DREAMS, IMAGES THAT PASS THROUGH EVERY ART OF DOING, SEEING, DISCOVERING

14 February 2014

Venini e Scarpa 1932-1947. Da Venezia-San Giorgio Maggiore (2012) al MoMa-New York (fino al 2 marzo 2014), 300 opere in mostra per narrare qualità e mestieri d'eccellenza italiana




Venini - Scarpa  1932-1947
 
S c a r p a   
d i s e g n a     V e n i  n i



da San Giorgio Maggiore - Venezia 
al  MoMa di New York






Carlo Scarla per Venini, esempio di vasi ottenuti con "Mezza filigrana", 1934-'36.
Sopra al titolo il giovane Carlo Scarpa è all'opera in fornace, all'inizio degli anni '30.
Sotto al titolo, esempio di vasi "Corrosi", del 1936-'38



Prima ancora che grande artista-architetto egli è stato supremo artista-alchimista per 15 lunghi anni alla direzione artistica di Venini, a Venezia-Murano, tra il 1931 e il 1947: una vera e propria avventura nel campo della sintesi formale tra impegno al rinnovamento del gusto e completa conoscenza d'un mestiere antico d'artigianali sapienze. La bella e completa mostra veneziana all'Isola di San Giorgio preparata con cura da Marino Barovier nel 2012, e corredata da un sontuoso catalogo a sua firma che ne mostra gli aspetti più alti e vistosi, è oggi al MoMa di New York, riproposta in grande stile nel tempio sommo della cultura artistica mondiale.




Carlo Scarpa per Venini, esempio di vaso ottenuto con la tecnica del "Sommerso", 1934-'36



Accade quindi oggi, quest'anno, che una moltitudine di persone, come è tutto ciò che viene veicolato nel campo d'osservazione della prestigiosa istituzione newyorkese, potrà vedere, ammirare, discutere ed approfondire questo particolare gusto del moderno che "l'artigianato artistico" del vetro muranese sà sfoggiare quando viene esaltato dall'intelligenza e dalla maestria d'un grande nome dell'arte e del design quale è stato quello di Carlo Scarpa in quella stagione, come già è avvenuto nell'estate-autunno dell'anno 2012 a San Giorgio Maggiore, in quella splendida mostra della quale anche noi abbiamo potuto godere, promossa dalla Fondazione Giorgio Cini e Pentagram Stiftung con "Le Stanze del Vetro", la più importante, impegnativa e prestigiosa che mai sia stata realizzata sull'arte vetraria del Novecento.



Carlo Scarpa per Venini, esempio di "Lattimi" del 1936. I Lattimi sono vetri opachi bianchi la cui materia si ottine aggiungendo nella massa vetrosa, in fase di fusione, una considerevole quantità di minuscoli cristalli. Questi, modificando l'indice di rifrazione dell'impasto ne causano la tipica "lattescenza". Questi vetri furono presentati con successo alla Biennale di Venezia e alla Triennale di Milano del 1936.



Sono più di trecento le opere in mostra oggi a New York, accompagnate da bozzetti, disegni in scala, foto e video che, in ordine cronologico, mostrano l'opera pionieristica di Carlo Scarpa per Venini. In quei 15 anni, durante i quali quasi quotidianamente presenziava, in qualità di direttore artistico, assieme agli artigiani soffiatori, alle attività della fornace, egli seppe rivoluzionare le tradizioni antiche di questa arte, portandola agli alti livelli di sperimentazione e di inventiva che ancora oggi la caratterizzano.




Carlo Scarpa per Venini, esempio di "Bollicine" del 1932-'33


Attraverso la costante indagine tecnica, realizzata con la pratica di laboratorio, unita alla volontà di raggiungere gli alti risultati estetici che il vetro sapeva coniugare con i caratteri espressivi tipici del prorpio tempo, Scarpa-alchimista andava scoprendo quante emozioni potevano offrire le "Bollicine" del 1932-'33, i "Sommersi" del 1934-'36, la "Mezza filigrana" del 1934-'36, le "Murrine romane" del 1936-'40, i "Lattimi" del 1936, i "Corrosi" del 1936-'38, i "Variegati zigrinati" e i "Rigati e tessuti" del 1938-'40, i "Laccati neri e rossi", i "Granulari" e gli "Iridati" del 1940, gli "Incisi" del 1940-'42, i "Battuti" del 1940-'46, le "Murrine opache" e le "Murrine trasparenti" del 1940, le "Pennellate" e le "Macchie" del 1942, le "Conchiglie" del 1942-'47, il "Filo continuo" del 1942 e il "Decoro a fili" del 1942-'47.




Sopra e sotto: esempi di "Murrime romane" e relativo disegno da fornace in scala 1:1, 1936-'40   (foto di E. Mercatali)





Carlo Scarpa per Venini, esempi di "Murrine romane", 1936-'40




Qui sopra: Carlo Scarpa per Venini, esempi di "Pennallati", del 1942, 
e "Battuti", 1940-'47   (foto di E. Mercatali)



Carlo Scarpa per Venini, studio di vaso "Inciso" con la tentazione di Eva, particolare, matita su carta, 35 x 50,2 cm. Archivio Carlo Scarpa, collezione MAXXI Architettura, conservato presso Archivio di Stato di Treviso.






Atrio bigliettaria della Stazione di Santa Maria Novella a Firenze (arch. Giovanni Michelucci), con sistema di illuminazione in vetro "Cordonato" di Venini (a stampo), realizzato sotto la direzione artistica di Carlo Scarpa, e brevettato il 23 giugno 1934, il 30 ottobre 1935. Foto da "Architettura", aprile del 1936.




Già Taccuini Internazionali si è occupato dell'opera di Carlo Scarpa,  documentando, nel novembre del 2012, lo show-room di Olivetti in Piazza San Marco a Venezia
Ne riportiamo qui il logo, realizzato dall'autore all'ingresso, utilizzando un linguaggio compositivo ed un assieme di materiali riconoscibilissimo ed assolutamente personale 
(foto di E. Mercatali)





Enrico Mercatali
Lesa, 15 febbraio 2014

08 February 2014

N O V A R A - Fucina creativa d'architettura contemporanea (di Eliana Frontini, con prefazione e postfazione di Enrico Mercatali)



N O V A R A


Fucina creativa 
di architettura contemporanea


di
Eliana Frontini

Prefazione e postfazione di
Enrico Mercatali


E' la città di Novara che ha visto, tra gli altri importanti nomi dell'architettura che qui hanno lasciato proprie testimonianze, quelli, il cui nome è oggi di maggiore risonanza internazionale, che risultano citati per primo e per ultimo in questo articolo firmato dalla giornalista e critico dell'arte novarese Eliana Frontini, ovvero coloro che maggiormente rappresentano ora l'architettura italiana contemporanea in Italia e all'estero, e che sono annoverabili tra i più noti architetti del mondo. Essi sono Vittorio Gregotti e Renzo Piano.  Per ragioni diverse Novara ad essi deve molto. Indipendentemente dalle rispettive differenti personalità e dai diversi apporti di ciascuno di essi alla storia dell'architettura contemporanea, Novara vede in Gregotti un suo cittadino che ivi è nato ed ha formato la propria personalità di architetto e pubblicista, formandovi il proprio primo studio professionale, associato agli architetti Ludovico Meneghetti e Giotto Stoppino, e lasciandovi le proprie prime importanti testimonianze architettoniche, attraverso le quali già possiamo leggere un percorso, uno stile, una sigla che andrà caratterizzandosi sempre più fino alle opere più mature, quelle prima  milanesi, poi europee, ed infine extracontinentali. La città di Novara vede, in diverso modo, in Piano l'architetto che vi lascia una testimonianza più matura, già coltivata in ambito internazionale, ma anche pronta a manifestare quel salto qualitativo che porterà il suo autore, a muovere passi da gigante, prevalentemente mediante la costruzione di edifici di grande scala, che lasceranno in tutto il mondo la testimonianza di una architettura italiana di elevata innovatività tecnologica, sensibile alle istanze della sostenibilità ambientale conseguita nella consapevolezza della necessità di mantenere sempre più alti i valori della cultura. Nella postfazione proveremo ad esporre un nostro particolare punto di vista critico che possa legare entrambi questi due grandi architetti, peraltro assai diversi tra loro sia nelle opere che nell' approccio teorico alle tamatiche d'una cultura urbana avanzata e consapevole, all'ambiente culturale metropolitano milanese ed al bagaglio di fattori che anche la città di Novara, nello specifico, ha saputo attribuire all'evoluzione della loro formazione.



Sopra e sotto: Vittorio Gregotti, Ludovico Meneghetti, Giotto Stoppino: Cameri (Novara), Filatura Bossi, 1968. Fin dalla metà degli anni 50 Gregotti vi ha progettato le strutture di produzione, le case per gli impiegati e gli uffici. I nuovi uffici sono del 1980, progettati da Gregotti Associati International.




Il Novecento ha prodotto nella città di Novara esempi architettonici di grande rilevo. Senza avere pretese di esaustività, davvero impossibili da soddisfare data l'amplissima gamma di begli immobili realizzati in questa città negli ultimi decennni, vogliamo proporre con questo articolo una carrellata degli edifici che, più di altri, hanno contribuito a fare di Novara una importante vetrina dell'architettura contemporanea.
Negli anni '60 a Novara è stato molto attivo il gruppo di architetti "Gregotti, Meneghetti, Stoppino". Tra loro emerge una personalità poliedrica di grande spessore, quella di Vittorio Gregotti, uno dei pochi architetti italiani, con Renzo Piano, definibile, sia pure con termine abusato, una "archistar" (ovvero architetto di fama che, un po' come i personaggi dello show business, è al centro dell'attenzione pubblica per i propri spettacolari progetti, con che il loro stesso nome finisce per diventare un marchio).
Iniziamo un itinerario di visita degli edifici dei maggiori architetti contemporanei novaresi da Piazza Cavour, ove Vittorio Gregotti ha progettato il monumento ai partigiani Vittorio Aina, Mario Campagnoli, Emilio Lavizzari e Giuseppe Piccini, in questo luogo uccisi il 24 ottobre del 1944, ed il palazzo adiacente al monumento. Proseguendo per via Gaudenzio Ferrari raggiungiamo via San Gaudenzio, ove al numero 17 c'è il palazzo progettato da Gregotti nel 1960.



Vittorio Gregotti, Ludovico Meneghetti, Giotto Stoppino: Novara, palazzo per uffici in via San Gaudenzio, 17, realizzata nel 1960. Al piano terra vi sono gli spazi di un istituto bancario ed ai piani superiori, studi professionali e uffici.


La facciata dell'edificio fonde forme e strutture moderne con un impianto volumetrico e un equilibrio dello spazio architettonico classico. Qui la classicità è intesa in senso atemporale poichè c'è la volontà di creare un  ordine, una misura, una modulazione (tramite il mosaico dei vetri) che rende le forme architettoniche chiaramente percepibili e corenti tra loro, cioè parti di una stessa unità. All'incrocio con via Negroni sorge la sede della Banca Popolare di Novara, realizzata dagli architetti Cesari, De Amicis, Forges Davanzati e Renzani, inaugurata nel 1988, con l'interessante gioco dinamico delle finestre a specchio, che riflettono la vecchia sede della BPN, situata proprio di fronte, a la cupola, simbolo di Novara. Vi si legge qiuondi la volontà di privilegiare, nella lettura di questo progetto, la forte continuità fra la tradizione e la modernità dell'edificio, nonchè il legame con il territorio. Andando poi, di qui, verso piazza Puccini, raggiungeremo via Solaroli, ove si trova l'albergo Italia, prpogettato dall'architetto Massimo Fortis. Nato a Novara nel 1944 Fortis si è laureato nel 1969 presso il Politecnico di Milano. Il suo interesse primario sta nel rapporto architettura-città-territorio, articolato attorno ad alcune questioni classiche riguardanti la relazione tra l'analisi urbana e la progettazione architettonica, nel filone di una consuetudine scientifica radicata nella cultura accademica e ampliata all'indagine dei fenomenoi legati al divenire delle aree extra metropolitane e all'ipotesi di nuove centralità. Nei pressi dell'Opedale Maggiore, andando verso viale Roma, si incontra il particolare edificio de La Rotonda, eretto nel 1971 su progetto dell'ingegner E. Bollettino. La costruzione rapporesenta una icona della città, nota a tutti i suoi abitanti. Dal nome di per sè eloquente, l'edificio si presente come una arena del nuovo millennio, progettata con l'intenzione di coniugare la Novara di ascendenza romana con la città contemporanea, sempre attenta alle innovazioni tecnologiche. Andando invece verso Piazza Martiri, in direzione del Mercato Coperto, vediamo l'interessante soluzione dei due palazzi all'inizio di via Andrea Costa, edificati su progetto di Luciano Gallarini. L'architetto ha dovuto inserire le due consistenti volumetrie moderne in una piazza caratterizzata da edifici di diversi caratteri stilistici, quali casa Fiorentini, esempio di Liberty del 1902,  il Mercato Coperto, interessantissimo esempio di architettura razionalista anni '30, e l'edificio ottocentesco ad ampi portici. La soluzione adottata è stata quella di proporre questi due edifici quali  moderni propilei del maestoso accesso alla città da Nord-Ovest, posti a contraltare dell'ottocentesca Barriera Albertina sull'altro capo di via XX Settembre, già accesso ottocentesco alla città, identificato con "porta Torino". Nelle vicinanze di via Alcarotti, in via Sottile 18, c'è un altro interessante edificio progettato dagli achitetti Renzi e Gallarini.


Renzo Piano Building Workshop (R. Piano, B. Plattner, A. Vincenti):  Novara, Istituto per la ricerca sui metalli leggeri in via Bovio 6, 1985-87.


Qualche breve incursione periferica ci consentirà di ammirare in zona Sud, in via Lualdi e al villaggio Dalmazia, le splendide chiese realizzate dall'architetto novarese Carlo Ravarelli. Nato a Lomello nel 1923, dopo aver frequentato a Torino il corso di pedagogia e psicologia sperimentale, è costretto a rifugiarsi a Canelli, a causa dei bombardamenti che hanno devastato la città. Lì lavora come insegnante all'Istituto Professionale Agrario. Si laurea in architettura al Politecnico di Milano nel 1957. Insegna per 25 anni all'Istituto Bellini, entra a far parte della Commissione Edilizia del Comune di Novara nel 1960. Prosegue per resto della sua vita l'attività professionale che spazia nei campi dell'urbanistica, del restauro, della progettazione di edifici residenziuali, commerciali, pubblici, nell'arredamento e, a partire dagli anni '80, riprende nel tempo libero a dedicarsi alla pittura, sua antica passione coltivata fin dai tempi del liceo. Ad uso pubblico progetta, a Novara e provincia, scuole, case di riposo per anziani, palestre, oratori, teatri e chiese. Di Ravarelli, tra le opere piuù significative edificate a Novara, vi sono appunto le chiese del Villaggio Dalmazia e quella di San Francesco alla Rizzotaglia. Di questi progetti così ha parlato lo stesso architetto: "E' crollata la chiesa degli stucchi, dei timpani, delle trabeazioni,  e la gente ha cominciato a comprendere la vacuità di queste forme puramente epidermiche. E' crollata la chiesa dei diaframmi, delle separazioni, del falso mistero e la gente ha sentito che poteva realizzarsi come assemblea e come comunità solo in spazi diversi, capaci di determinare un autentico rapporto liturgico e cristiano". Ravarelli ha quindi scelto di articolare lo spazio poligonale, unitario e non frazionato,dove il tempo diventa, semplicemente, la casa della comunità. "Ascoltando la gente del Villagio Dalmazia ho rilevato la condizionew di una comunità di profughi che è stata sradicata dal suo ambiente e profondamente delusa in tutte la sue aspettative. Essi chiedono null'altro che un luogo ove, lontano dall'arrivismo di una società intrigante, possano sentirsi fratelli e ricostruire in pace, nel calore della carità, l'anima della loro comunità lacerata".



Vittorio Gregotti, Ludovico Meneghetti, Giotto Stoppino: Novara, Case d'affitto V.G.F. di via San Francesco, 1957


 Vicino, in via Montre San Gabriele 60, troviamo il Seminario diocesano di Giuseppe Bronzini, che, del suo progetto, ci dice: "Il seminario, in tutte le sue forme, prima che essere un luogo, uno spazio materiale, rappresenta uno spazio spirituale, un itinerario di vita, un'atmosfera che favorisce ed assicura un processo formativo".



Gregotti Associati International: Cameri (Novara), fabbrica tessile Bossi - i nuovi uffici, 1980.
Addizione esterna. Veduta di un interno.


Nella zona nord della città , in corso Risorgimento 96, il 5 dicembre 1963, venne posata la prima pietra della nuova chiesa di Sant'Antonio, progettata dall'architetto Diego Boca, due anni dopo inaugurata con la celebrazione della Messa di Natale. Presso il corso della Vittoria possiamo andare a vedere il Villaggio San Rocco, progettato dal gruppo di ingegneri Bollettino, cazzola, Gruppi, Tocco, Turchelli, guidati dall'ing. Daverio. In zona ovest è invece il nuovo Stadio, edificato nel 1965 su progetto dell'IMpresa Nervi e Bartoli di Roma.




Istituto per la ricerca sui metalli leggeri, Novara via Bovio 6,  Renzo Piano Building Workshop, 1985-'87.  Dettagli delle scale interne ed esterne


Ma è proprio nell'ultimo edificio che prendiamo in esame che si riserva una sorpresa: nel 1984 l'ing. Ferdinando Palazzo, presidente della MCS/Efim, di cui fa parte la società novarese Allumina, gruppo leader nel settore dell'alluminio, incarica l'architetto Renzo Piano di progettare e realizzare la nuova sede di via Bovio 6, nella zona sud della città, traversa di corso Trieste, per l'Istituto Sperimentale dei Metalli Leggeri. L'Istituto si sviluppa su due edifici. Quello principale, composto da tre piani, ha una lunghezza complessiva di 85 metri e presenta una facciata modulare realizzata, in maniera allora innovativa, con le vetrate semplicemente incollate e non fissate meccanicamente alla struttura di alluminio. Il complesso, realizzato tra il 1985 e l'86 dagli architetti R. Piano, B. Plattner, A. Vincenti, anche grazie alla messa in evidenza delle scale esterne di sicurezza e degli spazi speciali per le istallazioni di servizio, prelude l'impostazione del Beaubourg di parigi, anch'esso progettato da Renzo Piano, con Richard Rogers e Gianfranco Franchini tra il 1971 e il 1977. I tre architetti avevano vinto il concorso internazionale per la realizzazione del Centre Gearges Pompidou (noto come Beaubourg, considerato il manifesto dell'architettura high-tech) di Parigi battendo gli altri 681 concorrenti provenienti da 49 paesi diversi, con un progetto molto audace, dalla poprtata molto audace per l'epoca. dal 2001 la neonata Fondazione Novara Sviluppo ospita al suo interno il suo Polo Scientifico e tecnologico Isml Spa, la facoltà di farmacia e il Corso di laurea in Scienze dei materiali dell'Università Amadeo Avogadro, e quattro nuove aziende attive nella ricerca, facendo coesistere per la prima volta laboratori privati e universitari.




Istituto per la ricerca sui metalli leggeri, Novara via Bovio 6,  Renzo Piano Building Workshop, 1985-'87.  Dettagli delle facciate


Ciò che in qualche modo lega le figure professionali di Vittorio Gregotti e di Renzo Piano, le quali come già più sopra abbiamo detto assai distanti tra loro sia sul piano teorico che pratico, crediamo stia nella loro formazione giovanile universitaria nel clima culturale che caratterizza la metropoli lombarda tra la fine degli anni '50 ed i primi anni '60, periodo nel quale in città si produce poca ma buona architettura, ma soprattutto ferve una notevole attività nel campo culturale e artistico, teatrale e musicale, clima del quale risente anche la vita universitaria interna alla facoltà di architettura del Politecnico di Milano almeno fino ai primi tentativi di svecchiamento dei programmi ministeriali che hanno poi sfociato nella contestazione studentesca a partire dalla metà degli anni '60. Tali fermenti culturali costituiscono un terreno di coltura che accomuna certamente la formazione di entrambi gli architetti di cui parliamo, dei quali certamente anche la città di Novara risente, essendo questa città il principale polo urbano della cintura metropolitana milanese. Entrambe gli architetti si sono nutriti della tradizione dell'architettura moderna novecentesca che sale fino a Rogers e ai BBPR del Castello Sforzesco e della Torre Velasca, i quali hanno in Milano, e nella facoltà di architettura in particolare, il loro primario centro produttivo, ma che sale anche fino a Ponti del grattacielo Pirelli che fa di Milano la città di punta del nuovo design europeo e della moderna immagine della città nel mondo la cui architettura diventa il suo principale veicolo promozionale. Se Gregotti su queste basi sa maggiormente interpretare quella che Kenneth Frampton ha chiamato, proprio parlando di lui, "La ricerca della regola", entro le basi teoriche della tradizione mitteleuropea, solcata dalle figure di Perret, Behrens, Wagner e Gropius, facendone principio assoluto, anche teorizzato nel corso della sua direzione alla rivista Casabella, di una costruzione logica della città moderna, dalla piccola scala fino alla scala metropolitana, Piano invece legge, nella traccia fondativa della lezione pontiana il ruolo dei nuovi orizzonti tecnologici, finalizzati a costruire in leggerezza e trasparenza le nuove infinite possibilità di interpretazione di una nuova forma architettonica, ispirata indifferentemente sia alla regolarità modulare come principio matematico che anche alle logiche più flessibili della natura.



Vittorio Gregotti, Ludovico Meneghetti, Giotto Stoppino: Novara, Case d'affitto V.G.F. di via San Francesco, 1957. Dettagli dei tamponamenti vetrati visti dall'interno.



La città di Novara ha dato al primo anche i natali, ma ad entrambi la possibilità di sperimentare tali loro istanze più sentite, fornendo al primo incarichi di prestigio nel cuore della città storica, a pochi passi dalla cupola antonelliana, ed al secondo un incarico che già in se stesso propone e presuppone  uno spiccato spirito di ricerca nella direzione d'una regola costruttiva che contenga levità, chiarezza, nitidezza, luminosità. 




Renzo Piano Building Workshop, 1985-'87. Istituto per la ricerca sui metalli leggeri, Novara via Bovio, 6.  Dettagli meccanici dei tamponamenti


Le opere novaresi di Vittorio Gregotti già possedevano in nuce quei caratteri che ritroveremo decenni dopo a Lisbona-Behlem o Milano-Bicocca , mentre quelle di Renzo Piano suggerivano, appena realizzate, quegli aspetti che avrebbero suscitato l'interesse di tutto il mondo per il Beauburg di Parigi, o anni dopo per i grandi musei di Atlanta, di Basilea, di Dallas, di San Francisco, oppure  per il Lingotto di Torino o lo Shard di Londra. Realizzazioni, queste, che illustrano la straordinaria carriera internazionale dei due progettisti, entrambi formatisi al Politecnico di Milano e cimentatisi a lungo nell'ambito culturale d'una città come Novara, si di provincia, ma dalle spiccate capacità di dialogo col mondo dalle propensioni fortemente innovative.



I due edifici qui sopra, di Gregotti Associati International, 2001-'03, e di Renzo Piano Building Workshop, rispettivamente riferite a Pirelli Bicocca RE - uffici - ex torre di evaporazione, e Centre Pompidou a Parigi, detto Beauburg, 1971-'77,  illustrano la straordinaria carriera internazionale dei rispettivi progettisti, entrambi formatisi al Politecnico di Milano e cimentatisi a lungo nell'ambito culturale di Novara, città di provincia dalle spiccate propensioni innovative. Analogamente quelli qui sotto: di Gregotti è il Centro Culturale di Behlem a Lisbona, del 1988 , e di Piano il Museo Paul Klee di Berna, del 2005.




Eliana Frontini
Novara, gennaio 2014
(articolo apparso anche su "Nuovo Sestante" - n.74, Febbraio 2014)

Prefazione e postfazione per Taccuini Internazionali di Enrico Mercatali
Lesa, 7 febbraio 2014