THE MAGAZINE OF THOUGHTS, DREAMS, IMAGES THAT PASS THROUGH EVERY ART OF DOING, SEEING, DISCOVERING

27 April 2013

Ermenegildo Zegna identità del Gruppo in mostra: "Evoluzione del marchio dal 1967 ad oggi"



Trivero Casa Zegna

Ermenegildo Zegna identità del Gruppo
in mostra:
"Evoluzione del marchio dal 1967 ad oggi"



Qui sopra: Manifesto della Seconda mostra sull'identità del Gruppo ed il suo marchio. 
Sopra al titolo: alcune opere esposte nella Prtima mostra sullo stesso tema, realizzate da Enrico Mercatali negli anni '30. Il manifesto a sinistra è uno dei primi che il Gruppo Zegna realizzò per diffonderne il marchio.



Dal 25 novembre 2012 alla fine di febbraio 2013 a Casa Zegna si è tenuta la la Mostra "Ermenegildo Zegna identità del Gruppo. Evoluzione del marchio dal 1967 ad oggi".
La mostra ha costituito il secondo atto seguìto alla prima mostra, di cui Taccuini ha effettuato un ampio resoconto:



Dal 25 novembre 2012 al 24 febbraio 2013, tutte le domeniche.

In occasione della XI Settimana della Cultura d’Impresa, iniziativa promossa da Confindustria e Museimpresa, domenica 25 novembre Casa Zegna inaugura la mostra “Ermenegildo Zegna, identità del Gruppo. Evoluzione del marchio dal 1967 ad oggi”.




La mostra segue a “Ermenegildo Zegna, primato di qualità. Evoluzione del marchio 1910 – 1967”, inaugurata in occasione della Settimana della Cultura d’Impresa nel novembre 2011, mostra alla quale ha collaborato Museo Mercatali, e della quale Taccuini Internazionali vi ha raccontato su questo magazione completa la storia del marchio Zegna, ripercorrendo cronologicamente il secondo mezzo secolo della vita del Gruppo Zegna, dalle prime conferme sui mercati internazionali al consolidamento di leader mondiale del lusso maschile.

L'evoluzione del Gruppo Zegna dalla fabbrica di tessuti a leader mondiale del total look di lusso è stata segnata anche dalla continua ricerca di marchi e di sistemi di comunicazione che rispecchiassero le trasformazioni dell'azienda. Il secondo mezzo secolo della storia dell'identità e della pubblicità Zegna è illustrata con immagini e oggetti originali provenienti dall’archivio, mai presentati prima, che testimoniano l’evoluzione del marchio Zegna dalla fine degli anni Sessanta a oggi.

Dalle geometrie optical di Franco Grignani, ai primi marchi della confezione Zegna (tra cui Gritti, Condotti, Cantara, Emilio Pucci by Ermenegildo Zegna), passando attraverso lo studio della “Z” e della prima corporate identity, disegnata dal celebre Bob Noorda, all’esperienza delle linee sportive e casual. La mostra si chiude con il perfezionamento della scritta “Ermenegildo Zegna” da parte dei più importanti Art Directors della nostra epoca e all’affermazione della “Three Brand Strategy”, declinata su “Ermenegildo Zegna”, “Zegna Sport” e “Z Zegna”, che rappresentano il Gruppo Ermenegildo Zegna oggi.




Sempre a Casa Zegna inoltre sarà possibile visitare l’Archivio storico Zegna e la mostra permanente “Ermenegildo Zegna, cent’anni di eccellenza. Dalla fabbrica del Tessuto alla fabbrica dello Stile”, che racconta una storia italiana di eccellenza di un’azienda che ha contribuito all’evoluzione dello stile italiano, fedele alle proprie origini biellesi ma sempre più cittadina del mondo.


Enrico Mercatali
Trivero, 1 marzo 2013

22 April 2013




Dagli archivi storici delle imprese italiane



M   U   S   E   I   M   P   R   E   S   A

Quando l' IMPRESA diventa CULTURA


Esposizione di scarpe realizzata per FERRAGAMO
 Sopra al titolo: un esemplare di motoscooter Vespa per PIAGGIO, anni '50


Assolombarda e Confindustria hanno allestito una bella mostra a Milano, nella prestigiosa sede del Palazzo della Ragione, che durerà tutta l'estate. L'idea non è nuova, anzi è da lunga pezza che, anche Triennale Museo del Design affronta, tematicamente, il problema di dare visibilità non solo cittadina, non solo nazionale, ma anche internazionale attraverso il turismo al Made in Italy. 

 


Disegno e modellini in legno per CAMPARI Soda, realizzati da Fortunato Depero negli anni '30


E' un atteggiamento non solo doveroso, in tempi di crisi non solo economica, e necessario a rimettere ordine nelle idee attuali, e nell'immaginario, oltre che nei piani e nei programmi delle persone che hanno a cuore il nostro Paese e la sua storia recente.



Archivio e Museo storico SAME, fabbrica di trattori. Nella foto la sala dei disegnatori, negli anni '60, e un tecnigrafo con un disegno tecnico a china d'epoca su lucido di un trattore SAME


Molte in Italia sono le imprese che hanno fatto tesoro dei loro prodotti, della storia che li ha accompagnati, dei risultati che essi hanno avuto nei mercati nazionali e internazionali e quindi nei riscontri positivi sull'economia dell'intero Paese. Attraverso questi prodotti la storia che va raccontata però non è solo economica, perchè essa ha riguardato e riguarda anche ogni aspetto del fare che ad essa si lega, del sapere che ne ha costruito la fortuna nel diffondersi e nell'essere apprezzati, e nell'essere visti talvolta come vere e proprie icone delle nostre capacità.


 Macchina per caffè da bar, di FAEMA, degli anni '50


I principali protagonisti di tali fatti sono proprio i prodotti, in se stessi, ancora presenti nella memoria di tutti coloro che ne hanno fatto uso, o che, non potendoseli permettere, come talvolta accade con certe automobili prestigiose, che ne hanno ammirato la forza, la potenza d'immagine, la bellezza. Inoltre, se non vi sono più i prodotti in quanto tali, danno l'idea oggi di quanto sia stato nel tempo che fu i manifesti pubblicitari che ne hanno esaltato le qualità, o diffuso il marchio, oppure prototipi e modelli d'officina, gli stampi, le fotografie, gli ambienti di lavoro nei quali esi sono stati prodotti, gli operai ed i tecnici che ne hanno discusso i dettagli, modificate le forme, i designers che ne hanno intuito le nuove possibili funzioni, ed i conseguenti caratteri stilistici che ne potessero essere veicolo di apprezzamento individuale e collettivo. 


Manifesto pubblicitario degli anni '70 della birra PERONI


Molti sono i nomi delle imprese che hanno fruttato fama e notorietà all'Italia nel mondo: aziende alimentari o automobilistiche, industrie della moda o dei prodotti per l'ufficio, fabbriche di pneumatici piuttosto che di elementi di arredo. Alfa Romeo, Birra Peroni, Borsalino, Branca, Olivetti, Kartell, Ferrari, Bracco, Ferragamo, Pirelli, Barilla o Alessi, sono tutti nomi che evocano subito il loro prodotto, nomi conosciuti da tutti, nomi capaci da soli di evocare situazioni, comportamenti, azioni, sentimenti.



 Modello in legno a grandezza naturale realizzato negli anni '60 per ALFA ROMEO "Giulietta"


E' attraverso gli oggetti che ad essi la mostra ci riconduce che meglio conosciamo la nostra storia, la nostra stessa cultura. E' con essi che la cultura oggi si sa riproporre con nuovi argomenti, con nuovi quesiti, con diversi e rinnovati interessi, e con nuove speranze.
Bene si fa oggi a diffonderne il messaggio, per farne conoscere meglio i dettagli, gli aspetti meno noti, quelli a volte più interessanti, quelli che ancora possono suscitare idee e rinnovati propositi.


Enrico Mercatali
Milano, 18 aprile 2013

21 April 2013

Hybrid - Istallazioni in Statale - Salone del Mobile - Milano 2013 (fotografie di Enrico Mercatali)





"HYBRID"
Istallazioni in Statale
Salone del Mobile 2013

(fotografie d Enrico Mercatali)



Un confronto tra artisti, quello che ha visto in Statale a Milano la presenza di Hybrid, forti istallazioni nei suoi cortili in occasione del Salone del Mobile, che è sembrato più tra scultori che tra archtetti. Tra le diverse realizzazioni di Hybrid spiccano, per dimensione e particolare spattacolarità di inserimento, entro la grande corte filaretiana centrale, quelle di Luca Scacchetti, in visibilità e dirompente tipologia, di Michele De Lucchi, di Daniel Libeskind, e, nella corte minore, del "Giardino Settecentesco", quella di Steven Holl: un "innesto fecondo" tra forme e materie, tra culture e visioni. Con aziende di grande immagine gli architetti hanno proposto inoltre un confronto tra moderno ed antico, innestando segni del mondo contemporaneo nelle cornici quattrocentesche milanesi dell'ex Ospedale Maggiore, oggi Università Statale.

Tra le opere dei designers presenti certamente quella che ci ha emozionato di più per il suo discreto inserimento, che vorremmo potesse restare tanto adatto alle dimensioni dell'ambiente originario che l'ha accolta, è quella dell'americano Steven Holl. Quest'ultima anche, quella che appare come l'opera di un grande scultore, piuttosto che quella di un grande architetto, quale è in realtà l'autore americano di "Parallax", uno dei saggi di teoria architettonica di maggior interesse degli ultimi anni. 



 Sopra: l'istallazione di Steven Holl in Statale (Milano 2013) costtuta da 6 sculture in pietra leccese, che si specchiano nell'acqua assieme ai prospetti della corte quattrocentesca del "Giardino Settecentesco"

(Continua)
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16 April 2013

Young italian art-stars. Nuove stelle dell'Arte Italiana. "LIFT", by painter Elena Borsato, is the title of her last exhibition in Milano, whose review of Taccuini Internazionali is now also available in English, by Enrico Mercatali



 
"Taccuini Internazionali has already dedicated an article to the italian painter Elena Borsato, about “LIFT”, her recent exhibition in Milano:


This choice was aimed at introducing to the international  public the quality of her picture, which particularly aroused our interest in the series named “Lift”.

We would now like to provide an english version of the article, as we always do with subjects of international significance. Our aim is to highlight meritorious italian productions in general but also those new names emerging in the international scenario, like Elena Borsato, who deserves to be renowned in the artistic field for the significant and up-to-date peculiarities of her message and language. These elements value a new form of historical continuity, between the classical standards of modern aesthetic tradition and the use of instruments of subjective analysis drawn from literature, cinema, photography, drama, poetry. Since Elena Borsato proposes a learned, complete and captivating art, we considered it useful to spread her name even beyond our national borders”. 

New italian young Art-Stars
(Nuove stelle dell'Arte Italiana)

"L      I      F      T"
Sensual Microcosmos in Logical Sequences (*)
 A vision by Elena Borsato 


(*) Originally title in english

Elena Borsato’s pictorial creations, "olismi frammentati", stand out like tiny bright jewels in the scenario of great upcoming exhibitions in Milano ("Da Pollock alla Pop Art", "Modigliani e gli artisti di Montparnasse", "Piero Manzoni, retrospettiva"), a city which seems to be awakening from its lethargy and focusing on art in a joyful, party atmosphere.       
The event, which we think deserves attention, was inaugurated on 19th May, 2013 in the exhibition room of the Association APRITI-CIELO, in via Spallanzani 16 (MM1-Venice) and will last until February 2. 




Taccuini Internazionali, having appreciated Elena Borsato’s latest creations (currently exhibited in Milano), proposes to its readers some “frames” of her “sequences” by showing some pictures of her paintings. We also report some fragments of texts recently realized by critics, kindly granted by our magazine and published with the author’s approval, which are part of her “secret” correspondence with both the evaluators of her painting and the art critics who have followed her journey so far.
 Here is an alternation of images and texts that we have selected for you and arranged in random order:

“Thinking about you, Elena, about your paintings and your description of them, about the sensation we drew from your quivering presence while we watched them and from your comments about them, we suddenly remembered the highlights of our artistic and intellectual experience. Now we want to relate to them in order to show your work.
I believe that “Lift” (Elevator), one of the latest series of your painting, is the achievement of a full maturity; the main message conveyed, besides the intense symbolic contents immediately clear in the figures, is the insistent rhythm of its fragmented multiplication, which becomes a content itself, especially for those who have the chance to see the complete series in the current Milanese exhibition.
I would say that the results of the series Lift are to be considered and observed as a whole, because only an overall view can convey their intrinsic message and their full experience of communication. Who knows whether one day the paintings of Lift will constitute the only outlet of a mega-installation comprising all of them, within an only “open work”! I would love to see them like that...”



The painter Maria Elena Borsato during the inauguraton of  her exihibition. She is explaining her paintings to the public  arrived for the event, finished on Feb 4th.


“The critical path that can improve our understanding of “Lift” as a sequence of images belonging to a culminating moment of your experience as a woman and paintress is a bit winding; a cross-message that highlights communication more than content and helps us recognize “other” values in the complete work, joining all the high qualities of each single element”.




“It may seem odd, but I think that most of what boils inside “Lift”, if we perceive the motion more than the single pauses, has its origins in the far past; anyone who can remember Malina and Beck of “Mysteries and Smaller Pieces” (1965, Milano, Durini Theatre), and the emotional peak they were able to reach through multiple and consecutive scans, by using the actors’ and their bodies, will recognize some of these elements. 


That lesson, once promoted through theatre, brought a big change in every other form of art! This theatrical current leads to Bob Wilson, passing through Tadeuz Kantor; the insistent rhythm of his “actions” broke the play into different parts, disconnected and sequenced until an indescribable enchantment was reached, just as you are doing with your paintings, by walking backwards in the logic of art! 



Elena Borsato, serie"Lift", 2011,  4  different paintings  in a casual sequence, 
from above to belowe,  impasto per base - acrilico, 60 x 120 cm

 In the far 60’s, theatre gave all the arts a strong shake. Scanned rhythms for repeated images characterized also the striking pictorial sequences of Francis Bacon; he would juxtapose them on every painting, marking the different versions of his characters, all constantly searching for themselves into a window of the soul they perhaps would have preferred not to look at. But this lesson was aesthetical rather than analytical. Although being analytical, the purpose of Elena Borsato’s “photographic” sequences is worth for its method more than for the exhibition of subjects with psychotic deforming effects, as occurred in Bacon.



Elena Borsato, serie "Lift", acrilic on paper,  30 x 50 cm


The term “modern” (anything but disused) seems to me appropriate for Elena Borsato’s method, and also for her precise and extremely personal technique. This term evokes something really far from weak thought, from any anarchical subjectivity or any possible postmodernism which favours only subjective views and interpretations, and therefore far from any possible “trans vanguard”.
We believe that “modernity” is still much needed today: that’s why we admire the works of Elena Borsato! They remind us that the culture of modern requires a structure and a logic, although it’s lost in the pursuit of feelings: Living Theatre as Kantor, but also Stravinsky as Ghirri, from serial to arranged Pop, from theatre to music, and again to photography, whenever the rigorous collecting of fragments, broken down and recomposed, produces ubiquity and diversity, transversality and multiplicity, even though the structure’s purpose is a methodical reconstruction of a simple “atmospheric human feeling”, like in these “Lift”. Only a certain kind of art could and can still translate such events, following a Dewey-like logic, in a structure for research that manages to suspend judgment until everything is acknowledged. 




These are just some hints to explain the effect Lift had on us. Just some examples that make a device (more than a manuscript) out of Elena Borsato’s pictorial qualities. This perfect imaginative mechanism leads to precision and completeness, which are both extremely necessary to the current artistic thought and practice: after the hangover from hyper subjectivity, a return to reason and sense of reality is strongly needed (cfr. Umberto Eco "Rational aesthetics"- Congress of Bonn, March 2012). A methodical version of knowledge, as long as analytical and introspective, obtained through the filter of art, is becoming useful and actually compulsory again. A modernity that doesn’t give up techniques of other arts or disciplines, especially the scientific ones, thus becoming, through its links with them, a vehicle of total knowledge and representation.”
“The painting proposed by Elena, although expressing to the limit an obsessively experimented delirium, manages to become a personal training, on the basis of a logic past. It is structured following analytical modalities, striking but precise, rational, controlled; it adopts a refined and careful technique, without any approximation, scruffiness or impulsiveness, and it’s definitely modern (in as much as modernity has a precise meaning today) and full of promised objectivity, as if it represented a new and more straightforward conceptuality.”...





That day when you agreed to be interviewed while we were taking a look at your paintings, I realized I could not avoid writing a profile of them: while you were trying to find the right words to describe them, I caught a glimpse of your emotions in your suddenly watery eyes. In that very moment I understood the reason why your paintings aroused great interest in me, giving me at the same time the pleasant perception of how strong the link between author and artwork could be.
“These consequences strengthened my previous idea of your passionate painting, and I can say that the time spent with you and your art was crucial for my further criticism of it; it opened my mind on its internal dynamics, on the intense relationship between you and your works, but also on the thought horizon it aroused in me, since I had not seen this kind of connection between artist and artwork for a long time”.



“Great interest was aroused in me during the whole day: the bare intensity of your workspace, its tidiness, the rigour of your method. Everything was already a prelude to what I was about to see in Lift: it recalled the obsessive sequentiality of your works and it was scanned by the repetition of equal situations and rhythmical mysterious appearances; it seemed like it was aimed at focusing, through elements extracted from a careful and slightly inquisitive film, on the intangible and vaguely erotic climate deriving both from the environment and the anatomical details appearing in the framings, all intentionally partial.” 



In other paintings, not belonging to the same series but certainly to the same mind and hand, considering their analogy with the overall structure of your work, the touching and wise aesthetic and chromatic synthesis of natural fragments is almost a comforting pause; it belongs to a more aesthetic than introspective perception, characterized by a descriptive parsimony which almost becomes a rarefaction of the sign and a pure stream of tickled senses and physical pleasure of the observer.
Everything I saw and felt the day we saw your paintings, everything that surrounded us and everything you said, with careful and precise arguments for each detail described, experienced by you as it still belonged to the creative moment of its conception, everything told me about love, a desire for love, an adventure of love and almost an obsession with love, so much this factor dominated every other.”
"Everything in your paintings, every aspect we saw told us about the most elevated human feeling. Everything that was portrayed consisted in love events, love details, mental translations of a love story or many gathered love stories; every movement was drawn from love, in a vortex that involved both the figures portrayed and the invisible figure who remembered them, had fixed them on the canvas, observed them in that very moment. The atmosphere was so filled with love, and the paintings showed such a reiteration of those subjects that everything became an obsessive climax, an obstinate research of what, although being absent, was still alive in that story; an obsession that the author and her method had been able to translate in tiles of moments slipping away.  Everything was depicted in sudden sequence-levels, in scattered and partly lost frames of an adventure lived and now “mentally” filmed, in framings drawn from a storyboard that the event and its circumstances still recalled, arousing pleasure and suffering at the same time.” 



Maria Elena Borsato, 2011, "serie Lift", acrilico on paper, 21 x 30 cm


“All the aspects of our mental involvement so far described were centred on the essence of your paintings, and they concerned all those artistic aspects able to distill every sensitive reality which produced them and turn it into a new and placid descriptive dimension. They seemed to us in last analysis like the rational, clean, precise result of a self-organization, occurred during the process of investigation and “cataloguing”, which has no longer any trace of emotional tumult, since all the residual expressions of sensuality have been compressed during interiorisation. This pictorial documentation is in fact strongly introspective, able to follow a dream in the distance, no matter how desperate it is, without ever falling into delirium but maintaining a lucid ability of analysis instead. The techniques used manage to overcome pure pictorial matter and trespass into the most diverse modes of expression.”
“All those scans, breaks and combinations created a set that could be defined as theatrical, even though the term might be misleading. But I truly believe that this is a possible interpretation of Elena Borsato’s works. Besides, they include all the three elements that make up the success formula of any performance, be it theatrical or literary, photographic or cinematographic: sex, mystery and adventure.  They belong to a literary story more than to pure painting, since they’re devices used in theatre more than in graphics: breaks, jumps, fragments and cuts are more frequently parts of cinematographic art. Perceiving them together with the author’s lymph convinced me that the essence of Elena’s deliberately biographical works lies in performing arts, and that it should be displayed to the public not divided in single parts but rather in wide thematic sections; better still if the author is present, she talks about them or sinks into them, and she can decide on the meticulous arrangement of each single part, maybe applying significant movements and changes during the public’s “fruition”.”




“Today, since art has already experienced any possible transversality and intersubjectivity, since painting has turned into theatre and performance into movie, installation has crossed photography and “Ready Made”, theatre has become a visual art by supporting the idea of steadiness, performance has evolved into installation and the latter has entered the computer world, a careful “savoir-faire” has eventually become necessary and topical, also according to the most ancient forms of historical expression. But only on condition that these manage to find a sense of reality, able to examine every side of a phenomenon and to explain it, beyond any subjectivity, with a new concreteness, which is useful to shape even what didn’t look shapeable at all.  An attitude that, through concreteness, wants to give interpretability and universal readability to a collective behaviour, but also to a “lump in the throat” which has become the cause of a discomfort, and contains a past which, though being unique, has left an eternal trace”.




“What happens in Elena Borsato’s lift we will never know, for sure she will never tell us. Mystery becomes suspense. The more all the moments of her lucid description become dense and precise, the less information we obtain. But we still feel an atmosphere, a heartbeat, an anxiety, we perceive sounds and smells, we discover fragments of a circumstance able to moan endlessly, scream endlessly, in a thousand similar situations, within a wider psychological, sociological, anthropological cataloguing. Seems like we can already see a Lift on the cover of a Jan McEwan’s best seller.
And the vehicle of this painting is the stone on which everything said so far is indelibly sculpted.”




This panting of Maria Elena Borsato, titoled "Soffione", 2010, is an acrilic on paper , 38 x 56 cm., and the other, showed belowe, titoled "Il bacio" (the kiss), 2009, acrilic on paper, 50 x 70 cm, are produced before the "Lift" series presented in this review, were exposed in an exihibition in Milano during the second half of the last january. It's so clear the big difference between Lift and what preceded it


Enrico Mercatali
Milano, 16th January 2013
(updated 27th January 2013)
Translation from italian 2013 April 15th
by  Penelope Mirotti 

14 April 2013

La Milano del futuro riavrà i Navigli e le sue chiuse. Solo così potrà essere una città veramente moderna, attraente e completa

Angelo Inganni, "Il Naviglio, presso la chiesa di San Marco"- 1830


Tra breve  potrà  tornare  ad essere così ?
Non è poi così utopico quanto siamo indotti a pensare



 Nuova bellezza e prosperità d'una Milano capace di ridare futuro al suo passato, 
riportando in vita i suoi Navigli

di Enrico Mercatali


Il naviglio Grande attraversa il territorio del Comune di Robecco S/N, 
presso villa Gromo e la "Sirenella"



I leonardeschi congegni idraulici del trasporto economico, quasi integralmente demoliti tra il 1929 e il 1960 da insipienza e cecità, possono trasformarsi in bellezza e prosperità per la città di domani


La carrellata qui sotto riportata di vecchie fotografie in bianco e nero, che ci illustrano alcune parti della città di Milano tra '8 e '900 nelle quali dominavano tratti di Naviglio, con la loro serenante presenza d'acqua che lentamente scorre da nord a sud, muove sì sentimenti di nostalgia, così come del resto fanno anche i numerosi dipinti pervenutici da pittori illustri e meno illustri, i quali ancor più delle fotografie riescono a commuoverci con le loro attente descrizioni di momenti di vita, generalmente povera, che vi si svolgeva lungo le rive. 

(Continua)
...

09 April 2013

"LA SEDIA" - Storia di una sedia... (l'antesignana della "Superleggera" giopontiana- di Enrico Mercatali




" La  Sedia  "
storia di una sedia



"Superleggera ante litteram"


La madre di tutte le sedie
che sarebbero poi diventate le famose

"Superleggere"


firmate da Gio Ponti, per Cassina





E' stato un lascito di mia madre, questa sedia tanto prestigiosa, unica al mondo, credo (per quanto io ne sappia ora), della cui storia lei mi parlò, essendole appartenuta fin da quando fu realizzata. 
Poi essa diventò presto "mia", da quando incominciai ad occuparmi di architettura, fin da ragazzo, e di arredo, e più tardi ancora di design e di storia del design, da quando mia madre me la diede. per arredare la mia camera, dicendomi: "Questa sedia l'ha disegnata Gio Ponti per lo zio Pinetto".

La sua storia oggi è sicuramente di interesse collettivo (almeno per gli addetti ai lavori), essendo con tutta certezza, questa sedia, la madre di quella che verrà successivamente chiamata dal suo creatore, Gio Ponti appunto, la "Superleggera", mitico oggetto d'arredo, che diverrà presto anche oggetto di culto  in quanto icona  di  quella nuova arte, metà invenzioni d'artista e metà oggetto seriale della produzione indistriale, che verrà universalmente chiamata di lì a poco con il termine di "design".
La nostra sedia perciò è una delle madri del design, delle ormai poche rimaste madri (un po' prototipi, e un po' "prime serie"che nel mondo gli architetti amanti della modernità incominciano ad incensare come donatrici di vita  ad oggetti che hanno fatto storia, la storia del design. Questa è storia intimamente connessa peraltro alla storia dell'architettura moderna, i cui segni alle varie scale sono divenuti linguaggio visivo dell'ambiente nel quale noi tutti oggi viviamo. E sono tali segni che completano ed a volte determinano l'ambiente domestico che viviamo, indissolubilmente legato ai nostri comportamenti quotidiani, e all'esibizione che talvolta di essi facciamo in termini di status simbol, economico o culturale, ma più spesso all'uso anche continuo e inconscio per il nostro benessere non solo fisico (legato all'uso), ma anche psicologico, quando  diventano "panorama" della nostra vita di tutti i giorni, per il piacere estetico che da essi sappiamo trarre.



Sopra e sotto al titolo: l'antenata della superleggera vista dall'alto e dal davanti.
Più sotto: la stessa sedia vista di 3/4.
(collezione Casabella, foto di Enrico Mercatali)


Pezzo probabilmente unico in noce massello disegnato da Gio Ponti nel 1949 per l'azienda chiavennasca "Ex Persenico". Qui sopra la stessa sedia vista da dietro. Lo stile giòpontiano in essa è inconfondibile, già descrive totalmente alcune delle teorie che il giovane architetto e artista incomincia a divulgare dall'anno precedente sulla nuova rivista "Domus", da lui fondata e diretta, ed inoltre prelude a quanto vi sarà richiamato nel capolavoro giòpontiano  assoluto per gli interni, ovvero la "Superleggera" (le fotografie della "Superleggera ante litteram" sono state realizzate da Enrico Mercatali. La sedia fa parte della collezione di Casabella (Casabella-Lesa-Lago Maggiore)

 
La mamma, perciò, insieme alla sedia, mi ha lasciato in eredità la sua storia (che mi sono preoccupato di certificare), fatta di tempi, di persone, di aziende, di ricordi personali che a quella sedia erano legati. Questa storia parte dal matrimonio della mamma, la quale ebbe, quale regalo di nozze da parte dello zio Giuseppe Mosca, allora Sindaco di Chiavenna (Sondrio), proprio quella sedia, quale pezzo di un assieme costituito dalla "camera da letto", con tanto di letto matrimoniale, armadio a due ante, tavolo per il trucco, e due sedie. Oggi di tutto ciò non rimane che una delle due sedie, essendo stato poco alla volta smantellata, da parte della mamma, l'unità della camera, avendo lei regalato nel tempo ad amici o conoscenti, un pezzo qua e un pezzo là, l'intero assieme.
Sono orgoglioso però della sedia giòpontiana, del 1944, che mi è rimasta appresso, chissà come, fino ad oggi.

Gio Ponti, era un caro amico dello zio Giuseppe Mosca, detto Pinetto. Questi, essendo negli anni prebellici un facoltoso industriale, avendo fatto fortuna con l'estrazione in sud america di un materiale chiamato "carborundum", necessario alla produzione della carta vetrata, aveva  costituito un piccolo impero fatto anche di numerose dimore, tra cui una bella villa con parco a Chiavenna, con tanto parco con alberi secolari, nella quale da bambino io stesso mi trovavo coi cugini a giocare lungo tutto l'arco dell'estate. Con la casa c'era il "crotto", e annessa falegnameria sul fiume Mera. La falegnameria era in realtà una vera e propria fabbrica che lo zio aveva riconvertito, dopo averla acquistata dalla ex Persenico, che vi produceva gli sci (sport, lo sci,  assai praticato fin da allora tra quelle montagne), in piccola industria del mobile. Fu chiamato allora da lui il giovanissimo  amico Gio Ponti,  già affermato e noto professionista per i suoi progetti milanesi e internazionali fin dagli anni '30, a disegnare le nuove serie del mobilio che sarebbe servito, nei progetti dello zio, alle numerose nuove famiglie italiane dell'immediato dopoguerra, che, dopo la ricostruzione, avrebbero anche dovuto arredarle le loro case.




Gio Ponti, come dicevo,  si era già fino dagli anni '30 messo in luce con opere di grande d'ingegno, sia in architettura   (complesso Montecatini in Milano, 1936, capolavoro mondiale assoluto e summa tecnologica e stilistica della modernità urbana attinente il lavoro, ed i luoghi nei quali esso viene praticato), che in produzioni di serie (ceramiche Richard Ginori, 1923-30; oggetti per Christofle, 1926; elementi d'arredamento per la "Domus Nova", 1929) , mostrando non solo una elevatissima abilità progettuale e organizzativa, ma anche un raffinato gusto moderno per tutto ciò che costituiva l'ambiente domestico, sia in Italia che all'estero.



Gio Ponti, Superleggera del 1955, disegnata per Cassina, qui nella versione "positivo-negativo".
Della Superleggera ne sono state fatte diverse versioni, tutte appartenenti allo stesso ceppo ideativo originario. 

Fu allora che lo zio Pinetto gli fece comporre una serie di mobili in legno di noce massello, essenziale nelle linee, le cui concrete forme dovevano essere semplici e veloci da realizzare, in qualche modo già orientate alla serialità, pur avendo ancora necessità, per le tecnologie di allora, d'uno spiccato contributo di capace ed esperta manualità, che le maestranze acquisite con l'acquisto della Ex Persenico di Chiavenna certamente possedevano, essendo abituate a lavorare l'articolo dello sci, allora in legno, il quale, per eccellenza, doveva possedere doti di perfezione formale e di estrema duttilità e flessibilità materiale.



 






















L'armadio a due ante qui sopra illustrato fa parte della "camera da letto" della quale la sedia che qui raccontiamo faceva parte integrante. Alcuni dettagli evidenziano i caratteri costruttivi che  documentano l'appartenenza di questo oggetto industriale alla nascente cultura italiana della serialità e della conseguente necessaria standardizzazione modulare delle parti pre-fabbricate prima del montaggio (fotografie di Enrico Mercatali)



Gli arredi che completavano la serie per "camera da letto" erano costituiti da un letto matrimoniale, da un tavolo per il trucco e da un armadio a due ante. Solo di quest'ultimo abbiamo conservato delle fotografie, che mostrano lo stato dell'arte della progettazione del legno della fine degli anni '40, ove Ponti cercava di abbandonare lo stilismo tipico degli arredi da lui progettati subito prima della guerra, tra la fine degli anni '30 e l'inizio dei '40, nei quali la cifra stilistica consisteva in forme esili, ma ancora vagamente architettoniche, non prive di nicchie, mensole, accennati frontoni o cornici. 




Gio Ponti, sedia Superleggera del 1955, in una versione impagliata. 
 Le parti in legno risultano più grosse, i raccordi più arrotondati, ma non manca l'evidenza della medesima matrice, che prevede sezioni ad andamento conico.
 

Ciò che ora, forse anche sotto la spinta pragmatica e di sano realismo affaristico che lo stesso zio Pinetto andava chiedendo, egli andava sperimentando erano forme di razionalizzazione delle prime tecniche di produzione in serie, le quali, non dimentiche delle necessità decorative che la pura e semplice superficie piana ancora richiedeva, si spingevano a realizzare serialmente singole parti, ancora in legno di noce massello, che sarebbero state successivamente tra loro assemblate (vedi ad esempio il piano di seduta della antenata chiavennasca della Superleggera realizzato in bacchette larghe e sottili, dai bordi arrotondati, tra loro distaccate per creare una texture di pieni e vuoti, piacevolissimi alla vista ed al tatto, così come anche all'impatto della luce). 




Le superfici, che già nel '50, ossia un anno dopo, Ponti affida alla decorazione pittorica di P. Fornasetti, qui (e ciò si vede particolarmente nelle lavorazioni dell'armadio, ancora vengono realizzate a doghe, predisposte tutte tra loro uguali, e capaci, per come realizzate in sezione, di perfettamente incastrarsi l'una nell'altra, a formare un disegno a strisce, così come, già nel 1938 (vedi appartamento Vanzetti, a Milano), le superfici di una boiserie venivano rese plasticamente e matericamente decorate con la giustapposizione di bacchettine di legno accostate l'una all'altra. 




I principi di standardizzazione e di moltiplicazione in serie venivano così sperimentati, per preludere a quanto nel design si sarebbe in seguito sviluppato, per come oggi lo intendiamo, entro il contesto d'una integrata visione del rapporto arte-tecnica-produzione, che di lì a pochissimi anni sarebbe esploso. Complici in questo processo dirompente di elaborazione concetuale e di sperimentazione costante e concreta, saranno proprio le riviste specializzate che lo Stesso Gio Ponti fonderà, proprio in questi prossimi anni,  "Domus" nel 1928 e "Stile" nel 1941.








Negli anni successivi la Superleggera è stata variamente e liberamente interpretata, in numerosissime varianti cromatiche e di materiale, diventando icona della modernità, così come icona della modernità è diventato il grattacielo che Ponti ha realizzato per Pirelli di lì a pochissimi anni a Milano, la cui cifra stilistica è riassumibile nella medesima leggerezza ed esilità di forme e di segno, complice Pier Luigi Nervi per la progettazione strutturale, così come tutta la straordinaria equipe che il Maestro ha chiamato a raccolta per un incarico tanto prestigioso, e tanto sapientemente interpretato.

    Lesa, 16 aprile 2011
    (Aggiornato il 9 aprile 2013)

    Enrico Mercatali 
    (dedicato a Mina M.)

 




06 April 2013

Saloni del Mobile 2013 : " a Milano il mondo che abiteremo", Fiera Rho Milano e "Fuorisalone" - Il Salone propone - Anticipazioni




Salone  2013  propone
"A Milano il mondo che abiteremo" 

Anticipazioni

 

 Salone internazionale del mobile

Salone internazionale del complemento d'arredo

Euroluce

Salone Ufficio

Salone Satellite

Dice il nuovo presidente di Cosmit-Salone del mobile, Claudio Luti (presidente Kartell): "Dai momenti di crisi non si esce tagliando, ma investendo, e noi stiamo guardando all'estero". In effetti, da quanto ci si prospetta, secondo i programmi pronti per la prossima apertura, ogni cosa sembrerebbe cresciuta, rispetto alle precedenti edizioni. "Abbiamo investito moltissimo nella promozione per portare da tutto il mondo quanti più buyer possibili e per rendere il salone ancora più bello. Le aziende italiane meritano una vetrina adeguata alle loro capacità". "Nessuno ci sta alla pari in fatto di creatività e ricerca, innovazione, imprenditorialità, voglia di assumere rischi, dalla grande industria al piccolo artigiano". "Semmai abbiamo il problema di fare sistema, di sviluppare il marketing, di controllare i canali distributivi e di espanderci all'estero", mentre la competizione globale oggi si fa sempre più dura. "In Asia sono ancora poche le aziende che vendono bene. Complessivamente il settore esporta il 35%: troppo poco. Bisogna superare il 50%. Noi, in Kartell, da anni vendiamo all'estro il 75-80% del prodotto" "Certo, non per tutti è facile internazionalizzare il business, ma si possono trovare soluzioni: per esempio costruire squadre di aziende che, come una sorta di nazionale di calcio,  vadano in tournée nel mondo, magari con l'appoggio del Salone".

Programmazione sempre più integrata con la città che, per l'occasione, si internazionalizza totalmente. Salone e Fuorisaloni: dal 9 al 14 aprile e si intitola "A Milano, il mondo che abiteremo", presentato giovedì 7 febbraio al settimo piano dell'avvenieristica Unicredit Tower (arch. Cesar Pelli) a due passi dalla Stazione Garibaldi (piazza Gae Aulenti). 

 

"Online": il design d'autore e la lavorazione artigianale a portata di mouse. "Internoitaliano": sistema di produzione e vendita di arredi ideato da Giulio Iacchetti. Nasce così, per portare queste due eccellenze italiane sul mercato grazie al web. Qui sopra marino Molteni, che ha realizzaqto il tavolino "Fano", disegnato da Iachetti: Tutta la collezione è esposta nello spazio di Loveeethesign (via Mecenate 76/85)

L'appuntamento è fissato per la settimana che va dall'9 al 14 aprile - con apertura al pubblico solo il 13 e 14 aprile - nel quartiere fieristico di Rho con le proposte dell' "Arredo casa" a cui si aggiungono le biennali "Euroluce" e "Salone Ufficio". Per la prima volta è previsto un biglietto integrato valido per l'accesso alla fiera e ai mezzi pubblici. Gratis per una settimana i musei civici.

Sono attesi in città circa 300.000 visitatori, da circa 160 paesi, pronti a conoscere le proposte di circa  2500 espositori.
Due le novità forti di quest'anno: la partnership fra Salone del Mobile e ATM che consentirà ai visitatori, grazie ad un biglietto integrato valido per l'accesso alla fiera e ai mezzi pubblici, e l'ingresso gratuito in tutti i musei civici, per l'intera durata della fiera. Coinvolti nell'iniziativa, fra gli altri, il Museo del Novecento, i poli espositivi del Castello Sforzesco e della Galleria d'Arte Moderna.




Qui sopra: "Ombre cinesi": potrete spostarlo come volete, lui starà sempre in piedi. Con i suoi quattro distinti elementi, il separé  "Opto", di Katarina Lorenz e Steffen Kaz, per la produzione di Colé, ruotano fino a formare patterns diversi. La struttura è in legno e i pannelli sono disponibili in diversi colori. I decori sono in realtà dei tagli che proiettano giochi di luce e ombre nella stanza. "Mikado", lampada da soffitto di Roberto Giacomucci per Marchetti Illuminazione. La "Custom Armchair", realizzata a mano dal piccolo produttore artigianale inglese Bark Forniture. La struttura, in legno di noce, è rivestita in lana di Bute Fabrics, in Scozia (ourgreenroom.co.uk). "Critter", cucina mobile per indoor o outdoor per Skytsch, capace di soddisfare ogni esigenza funzionale legata al mondo del cibo, in uno spazio estremamente contenuto. "2D Led Pendant", Lampada da soffitto by Ding 3000, di Moco Jobs per Skytsch.

(Continua)
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