THE MAGAZINE OF THOUGHTS, DREAMS, IMAGES THAT PASS THROUGH EVERY ART OF DOING, SEEING, DISCOVERING

31 July 2010

Casa Usellini, ad Arona, per la prima volta ospita un evento musicale, aprendo i suoi battenti al pubblico

Casa Usellini in Arona (No). La corte interna triporticata, aperta sul giardino retrostante, durante un concerto serale.




Lago maggiore Musica 2010 apre quest'anno le porte della Casa Usellini, giovedì 29 luglio, per un concerto di "Anima Quartet", quartetto d'archi vincitore del 1° Premio Concorso Internazionale " Franz Schubert" di Graz 2009.

La serata, che aveva in programma pezzi di Schubert, Beethoven e Cajkovskij, ha messo in luce la preparazione rigorosa, quasi severa, dei giovanissimi interpreti di San Pietroburgo, specializzati nel repertorio romantico ed in brani anche di grande difficoltà esecutiva.
Hanno intervallato l'esecuzione del Quartetto Op.post. D 703 in Do min. allegro assai di Franz Schuberft, il Quartetto in fa min. op. 95 n. 11, detto "Quartetto serioso" di Beethoven, e il Quartetto op. 30 n . 3 in Mi bemolle minore di Cajkovskij, brani scelti da "Notti Bianche" di Dostoevskij, letti con grande intensità e preparazione tecnica, da Corrado D'Elia, Premio Luigi Pirandello per il Teatro 2009, nonchè premio dell'Associazione nazionale dei Critici Teatrali 2010.

"Anima Quartet" in concerto - Arona, Casa Usellini, 29 luglio 201o (1° Premio Internazionale "Franz Schubert" di Graz 2009).

Una miscela di prosa e musica decisamente riuscita e piacevolissima, tanto da guadagnare lunghi applausi da parte del pubblico. Quest'ultimo, sufficiente a riempire tutte le sedie a disposizione entro il piccolo cortile interno della casa, aperto sul giardino retrostante, ha dimostrato interamente il proprio gradimento complessivo della serata.


A nostra volta siamo sempre entusiasti osservatori di eventi sperimentali di qualsivoglia genere, sia artistico, che interpretativo che logistico, ed anche questa volta una idea innovativa (l'apertura delle porte di Casa Usellini) ha fatto centro, rivelandosi di grande interesse culturale e artistico.


Entrambe le qualità, infatti, hanno primeggiato, sia nel contenuto del programma, ove l'accostamento di brani ben scelti di prosa e musica, peraltro di ottimo livello interpretativo, si è accompagnato alla qualità della sede, così intima e preziosa, così piacevole e accogliente.

Casa Usellini, Arona (No) - l'attore Corrado D'Elia (Premio Pirandello teatro 2009) recita brani da "Notti bianche" di Dostoevskij.

Eravamo abituati a vedere, infatti, di Casa Usellini, la sola facciata su via Pertossi, di imponente concezione tardo manierista pur nelle sue relativamente modeste dimensioni, ed avevamo perciò voglia di vederne anche la parte interna. Abbiamo perciò colto l'occasione della serata musicale, per fare la visita che da tempo attendevamo, ed anche per sbirciare nei locali del piano terra per avere un'idea degli arredi.




Casa Usellini, Arona (No). La corte interna, piccola ma riservata e ben proporzionata del bel palazzo cinquecentesco, si apre sul giardino retrostante. Per piccoli concerti da camera è una sede ideale. Perfino l'acustica, aiutata dalla parete di fondo della palazzina settecentesca, è risultata buona a tutti gli effetti.



Personalmente ho avuto rapporti fuggevoli, ma ricchi di pathos, in età giovanile, con il Maestro Gianfilippo Usellini, perchè eravamo, per così dire, "vicini di casa", quando io frequentavo il Liceo di Brera, ed ogni tanto uscivo dall'aula di "Ornato Disegnato" per entrare nel fascinoso suo studio personale, proprio accanto, quando egli insegnava Pittura all'Accademia.


Essendo poi stato anche amico della figlia, quando, negli anni immediatamente successivi alla Laurea, insegnavo in un liceo milanese, avendo lei come collega, avevo approfittato della sua naturale competenza in materia, per farmi accompagnare alla grande mostra personale postuma del padre, tenutasi alla Permanente di Milano, per visionarne l'opera omnia (centinaia di quadri che ancora non conoscevo).




Casa Usellini ad Arona (No). Uno degli ambienti della casa che prospettano sulla corte interna. Come supponevamo gli arredi sono di vario genere, orientati alla tradizione, con particolari degni di nota facenti parte di una raccolta formatasi nel tempo di generazioni.



Ecco perchè allora di questo mio interesse ed attaccamento alla figura di Usellini, ed alla sua opera, così fantasiosa e poetica, così surreale ed ironica al contempo, interesse ed attaccamento che sono poi maturati quando ho incominciato a frequentare assiduamente Arona ed il Lago Maggiore, suo luogo di residenza, divenuto in seguito anche mio.


Casa Usellini, Arona (No). Fronte della palazzina settecentesca che fronteggia il triportico terrazzato del palazzo cinquecentesco. Tra loro il piccolo giardino. Il tutto costituisce un unicum davvero particolare, dato che ci troviamo nel cuore del centro storico di Arona, proprio sotto la famosa Rocca borromea, tanto cara al pittore.


L'evento è stato inserito tra gli articoli segnalati da TACCUINI INTERNAZIONALI perchè l'apertura di una nuova sede per gli appuntamenti estivi del nostro territorio è e deve essere considerato un evento in sè stesso, in quanto frutto di creatività e di "culturale spirito d'avventura", aspetti che Taccuini persegue e manifestamente incentiva.

Vedi anche nella pagina: "Icone", di Gianfilippo Usellini, l'Allegoria di Arona.
Enrico Mercatali

Arona, 30 luglio 2010

(le fotografie sono di Enrico Mercatali)

30 July 2010

VIVERONE LAKE: BETWEEN IVREA, BIELLA AND VERCELLI, A COAST BETWEEN THE PRECIOUS “ERBALUCE” HILLS. CALM AND SERENITY, FAR FROM EVERYDAY ANXIETY




VIVERONE LAKE: BETWEEN IVREA, BIELLA AND VERCELLI, A COAST BETWEEN THE PRECIOUS “ERBALUCE” (*) HILLS. CALM AND SERENITY, FAR FROM EVERYDAY ANXIETY -->

Above: lakeshore walk in Viverone. The recent arrangement looks well-made, both in terms of project and realization. It invites to enjoy the lake waters’ calm, and the gentleness of the falls cultivated with Erbaluce grapes. The whole appears extremely relaxing.

Here above: a small rustic church on a dug up track, with a porch and a coloured statue of saint inside a niche into the facade.
Wright: a strange construction stands out at the core of the meadow next to Viverone Lakeside’s landing stages: a House-Church with sundial, of unusual look.


In an atmosphere of the past, little is left today of the gold age, when beaches were mobbed by swarms of Olivetti’s workers, in lidos equal to the ones become legendary in the town, signed by the greatest age architects, in which Ivrea’s entrepreneurship of the ‘60s produced advanced technology in vanguard design. At that time, workers’ holidays were sober but with the inkling of a new wellbeing coming, never known in those places before. Today, around the peaceful small lake’s shores, a new-style wine growing is on the scene, in the pursuit of a grapevine that is gaininga lot of interest: the Erbaluce.


Here on the left:

A news kiosk along the walk promotes the local wine production, constituted by Erbaluce, harvested and ready to be tasted in the neighboring wine cellars (social cellar of Piverone, in front of Viverone lake, Caluso's Erbaluce DOC Favaro Cellars, Erbaluce Passito by Pastoris Massimo in Viverone, Viale di Pianezza DOCG Cellar).



We visited Viverone lake following an interested but not particularly enthusiastic invitation of a friend from Novara, after a long time spent waiting for a day that could look favourable, not particularly convinced about the trip.
Looking at the touring map 1:200 the lake looks almost circular, like it was a volcanic lake similar to the ones in central Italy, little similar to the big lakes in our northern provinces' panoramas. And it's so small, even if it's part of a triad of even smaller lakes, together with Candia lake, in Caluso, at South-East, and Bertignano lake, at North-East, so small that I wouldn't even have discovered it on the map without using a magnifying glass.

The original idea of visiting all three of them in one time has decayed because Viverone lake has pleasantly welcomed us all day long, taking away the time for visiting its smaller brothers. In fact, it appears really beautiful in its hill setting, with vineyards coming down towards its basin, nice and pleasant, touched lightly by the lukewarm half-morning sun.


From Viverone's built-up area we went down to the Lido, the only welcoming spot in the remaining verdant nature of its shores, quiet impervious because of beds of reeds and uncultivated shores.

The Lido seems to be careful to the needs of the ones who don't want to swim and, least of all, go fishing or practicing a nautical sport: a beautiful and wide public walk welcomes the visitor captured more by the surrounding vineyards than by the lake elements, such as small equipped beaches, small bars, modest eating houses, some hotels. That day, the whole was half uninhabited, since it was a midweek and almost summer morning.

A small bar welcomed us in the shade of a big willow tree with a strange construction behind, half small building half church, without any particular aesthetic and artistic value, but original enough to establish a good relation with our curiosity.

This allowed us to spend a couple of hours reading the newspaper, chatting with some children who were playing with an improvised craft, getting an aperitif.

Up ahead, a beautiful walk along unknown shores, equipped with furnishings of recent look, some piers where numerous small boats are docked, many of them made out of plastic, a few of wood.
Here and there, some small beaches with free access, some benches and some broken chairs abandoned on the waterline.
Then again, Marinella Lido, which seems the largest and best organized one, with a bar and a small restaurant, some small hotels, without trace of human being, even if you look a bit around.






We decided to use the car to try going around the lake, which wasn't even easy to find since every pedestrian street looked immediately impassable.

After some minutes we arrived to an area that appeared recently realized, constituted by small terraced houses, with a small private access to the lake and to the piers full of small boats.
Couldn't they be second houses belonging to Ivrea's people, lovers of navigation? Or owned by Biella and Novara's inhabitants looking for coolness during the weekend? We doubt wether those little houses could appeal people coming from farther away.

Here above: another panoramic view of the equipped Lakeside in Viverone.

Higher above: various images of the small realities of lidos, hotel and small bars. Going around the lake, you can see a small rustic church on a dug up track, with a porch and a coloured statue of saint inside a niche on the facade.


Anyhow we found, between the meadows, the small street that allowed us to reach Azeglio, and then the way to come back to Viverone. Along the track, a small rustic church from the late 16th century, with a porch and a statue of saint on the facade. And there, a perfect place for a packed breakfast and a serene nap. Another couple of hours without seeing a person passing by.

Well, we convinced ourselves that it's always a pleasure when you discover new Italian corners, and you didn't even know about their existence before. Even a day like this could be considered a small vacation; and it's way better than a day in an over-visited museum, that can definitely wait till a less crowded period. A peaceful day leaving your mind free to think, and maybe even to dream.

Viverone, June 2010
Enrico Mercatali (review and photos)
(dedicated to Eli F.)
(translation from italian by Penelope Mirotti)

28 July 2010

Nei dintorni di Arona cercando antichi oratori campestri: SAN MARCELLO, a Puruzzaro, con i suoi splendidi e ben conservati affreschi





Chiesa di San Marcello a Paruzzaro, presso Arona, coi bellissimi affreschi tre - cinquecenteschi che in essa sono custoditi, che ne decorano quasi interamente le pareti dell'unica navata e l'abside


La piccola chiesa di San Marcello, a Paruzzaro, presso Arona, risale alla fine del X secolo, oggi è parte del recinto del camposanto. Essa risale ad epoca tardo antica ed ha un bel campanile romanico, ancora in buone condizioni di conservazione.
Gli affreschi in essa custoditi, che appartengono a cicli distinti tra il '300 e la fine del '500, sono assai ben conservati e rappresentano, per i cicli completi delle storie della croce, un prezioso documento locale di arte medioevale e rinascimentale.



La chiesa è stata la Parrocchiale di Paruzzaro sino alla sua riedificazione, negli anni 1591-1595, dedeicata a S. Siro. Oggi è interna al piccolo cimitero del paese, sempre aperta al pubblico negli orari di apertura del camposanto.




Essa ha un bel campanile romanico e, internamente, vasti cicli di affreschi che ne ricoprono quasi per intero le pareti, creando un effetto altamente suggestivo in chi la visita.



Quasi tutti gli affreschi appaiono ancora in discreto stato di conservazione, ed alcuni, i più recenti, sono di tale squisita fattura, sia in senso stilistico che in termini di tecnica pittorica, da lasciarci perfino stupiti, in taluni casi, di quanto tiepido interesse essi abbiano suscitato nell'ambito sia delle pubblicazioni specialistiche, sia nella pubblicistica destinata alla promozione turistica locale. Noi di Taccuini desideriamo invece segnalare la loro presenza al pubblico, affinchè se ne aumentino le visite e se ne possano apprezzare sia la ricchezza iconografica che i valori stilistici.
Vorremmo anche che si approntasse, al suo ingresso, una migliore ricettività del pubblico, mediante uso di audiovisivi in più lingue e materale stampato in vendita.



Si, perchè noi crediamo che una gita alla chiesa, anche di passaggio, nel corso dei più consistenti programmi effettuati ad Arona e dintorni, possa apparire piacevole anche ai non spasimanti dell'arte, dato l'ampio materiale d'arte e cultura che essa conserva al suo interno, capace di competere anche con mete più rinomate.



L'edificio presenta una struttura romanica, con una facciata a capanna e una navata ad unica aula che termina con l'abside semicircolare. Chiesa e campanile sono costruiti interamente con conci di pietra a spacco. Sul fianco nord della chiesa s'innalza elegante e snello il campanile le cui superfici sono suddivise da cornici formate da archetti pensili, secondo il tipico stile romanico di scuola comasca.



L'edificio esiste fin dall'ottobre del 1034, come da un documento reperito a Gozzano, che ne notifica una donazione eseguita in favore della Chiesa di San Marcello di Paruzzaro
Nei secoli la chiesa ha subito numerosi crolli e rifacimenti i quali, tuttavia, non ne hanno modificato l'impianto e l'aspetto generale che oggi vediamo. Intatta è rimasta la struttura del campanile costruito verosimilmente tra il 1050 e il 1075, con murature nelle quali non si trova materiale di recupero, ma solo pietra spaccata, messa in opera secondo corsi orizzontali. L'alta costruzione è suddivisa in più piani dalle arcate cieche e dalle aperture che alleggeriscono l'edificio. Le finestre che si aprono sulle pareti sono di grandezza crescente: si parte dalle feritoie dei piani inferiori, per passare poi alle bifore di grandezza sempre maggiore salendo.


Anche l'abside semicircolare ha mantenuto intatta l'originale fisionomia romanica, con la sua superficie esterna decorata da archetti pensili e lesene, e con le tre finestre molto profondamente strombate.


L'interno è caratterizzato da una unica aula rettangolare ricoperta con tetto ad ampi cassettoni. L'abside appare assai larga e luminosa, così da sembrare parte integrante della restante navata unica.


Le pareti sono quasi interamente affrescate con storie del vangelo, con rappresentazione di santi e aujtorità religiose dell'epoca. La ricchezza di tali apparati pittorici fa pensare ad una comunità religiosa assai assidua entro la chiesa ed a frequenti e consistenti donazioni finalizzate alla sua decorazione.
Gli artisti che vi hanno messo mano sono certamente, almeno alcuni di essi, di grande talento così da far pensare ad una particolare importanza che l'edificio rivestisse negli
anni successivi alla sua edificazione ed a quelli per i quali ci si è dedicati alla sua decorazione interna.
L'apparato di pitture ad affresco che ornano, all'interno della chiesa, le pareti della navata e dell'abside fu realizzato nel corso del XV secolo, sino ai primi decenni del secolo successivo.
Numerose sono le notizie storiche sulla chiesa che derivano dalle visite pastorali del Vescovo di Novara. Nella sua visita del 1595 il Vescovo Bescapè, sempre attento al decoro delle chiese de
lla sua diocesi - ordinò di sostituire il vecchio soffitto fatto di tegole a vista con una copertura a cassettoni. L’opera, tuttora visibile, fu realizzata nel 1608 ad opera della bottega di "Mastro Marcello Merino" di Paruzzaro.
Alcuni frammenti pittorici rinvenuti durante i restauri, posti nella parte bassa della parete sud vicino alla Crocifissione ed alle immagini limitrofe di santi, testimoniano l'esistenza di affreschi ancora precedenti, risalenti al 1300, poi ricoperti dalle pitture successive.



Gli affreschi più antichi che si sono conservati sono quelli che ricoprono interamente la parte superiore della parete sud: si tratta di una grande raffigurazione delle Scene della Passione da leggere da sinistra verso destra percorrendo l'intera navata, come un grande libro fatto di immagini che si offre - anche per la grande massa degli illetterati a quel tempo presente tra i fedeli - alla meditazione sul racconto dei vangeli.
La evidente intenzione pedagogica del ciclo è da riferirsi verosimilmente alla predicazione francescana incentrata sulla "Imitatio Christi".
Gli affreschi sono databili tra il 1450 e il 1470. Il loro autore è stato identificato con il così detto " Maestro della Passione di Postua, il cui nome convenzionale è legato ai dipinti presenti nella chiesa di San Sebastiano a Postua (provincia di Vercelli), nonché a quelli dell’ex oratorio di San Quirico a Sostegno (ora staccati e ricoverati
alMuseo Borgogna)
Il linguaggio pittorico del "Maestro della Passione di Postua" è caratterizzato da modi del gotico internazionale, espressi in forma ingenua e popolare, ma assai efficace nelle posture delle figure e nella comunicativa dei gesti.
Di grande interesse storico, sulla parete nord della navata, è il dipinto che raffigura una Madonna del latte, seduta in trono con a fianco San Grato e San Rocco: si tratta infatti di un'opera datata del 1488 e firmata dal pittore Giovanni Antonio Merli, uno degli esponenti più importanti all'altezza delle ultime decadi del Quattrocento in terra novarese. Si tratta di un artista nel quale si avverte l'attenzione per le novità artistiche del rinascimento lombardo. L'affresco costituisce verosimilmente un "ex voto" della gente del paese come ringraz iamento per lo scampato pericolo della peste degli anni precedenti (come attesta la presenza della figura di S. Rocco.

Gli affreschi eseguiti come decorazione dell'arco trionfale e dell'abside, nonché quelli presenti nella fascia inferiore della parete sud sono opera di una delle più impostanti botteghe novaresi attive all'inizio del XVI secolo, quella dei Fratelli Cagnola.
L'elevata qualità artistica riscontrabile in molte parti di tali dipinti, hanno convinto la critica a ritenerle opera di Sperindio Cagnola, il più dotato dei fratelli, che poté valersi di un importante collaborazione con Gaudenzio Ferrari.
Si ritiene che gli affreschi siano stati eseguiti tra il 1514 e il 1524, dunque proprio all'altezza degli anni di apprendistato presso Gaudenzio Ferrari.
Di grande effetto visivo, per cogliere subito l'attenzione di chi entrava in chiesa, sono gli affreschi dell'abside, con la figura del Cristo Pantocratore posta al centro del catino e circondata dai simboli dei quattro evangelisti. Nella raffigurazione un po' ieratica degli Apostoli, ciascuno recante un cartiglio con un verso del Credo, si avverte uno sforzo di connotazione psicologica dei soggetti.
Nello zoccolo alla base del tamburo absidale sono raffigurate le Opere di Misericordia in conformità ad una scelta iconografica assai diffusa in quell'epoca nel territorio di Novara. In tali scene il pittore riesce a tradurre il precetto morale del soccorso alle persone più umili in scene improntate ad un naturalismo nordicizzante, nel quale si intravede la lezione gaudenziana.
Nel ciclo di affreschi qui realizzato, Sperindio esprime la sua migliore qualità artistica nella rappresentazione escatologica del Giudizio Universale, rappresentazione che occupa un ampio spazio della parete sud. Si tratta di una composizione complessa, che dovette essere a lungo discussa con il committente, ricca di insolite suggestioni iconografiche.
Vi si osserva la figura Dio Padre che reca in una mano la spada della Giustizia e con l'altra regge una fiaccola accesa che rivolge in basso ad alimentare le fiamme eterne dell'Inferno. Alla sua destra è posta la Madonna, inconsuetamente rappresentata con i seni scoperti, e dietro di lei una fitta schiera di sante e santi (vi si riconoscono Santa Caterina di Alessandria con la ruota, San Pietro, Sant'Orsola e San Francesco, ed altri); in fondo alla schiera è posta la figura di San Pietro, simbolo della Chiesa, che aiuta le anime salvate a salire in Paradiso. Alla sinistra del Padre, inginocchiate e rivolte verso di lui, sono raffigurate le figure di Gesù e di San Giovanni Battista contornate da angeli che recano i simboli della Passione. Al di sotto del regno dei beati, sulla destra, si osserva , l'Arcangelo gabriele che pesa le anime e che ne decreta il destino con l'aiuto di un altro angelo. Alla sinistra i dannati che vengono introdotti, da un altro angelo vestito con corazza, nella mostruosa Porta dell'Inferno, nella cui raffigurazione si fondano tra loro inquietanti figure di animali. Tra le fiamme eterne, alimentate dalla fiaccola del Padre, si osservano le anime dannate tormentate dai diavoli.
Testo e foto di Enrico Mercatali
Paruzzaro, luglio 2010

26 July 2010

ORTISSIMAPERCORSIDORTA2010 - RABARAMA



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Events of summer 2010 - The monumental sculptures by Paola Epifani,
stage name Rabarama, in Orta San Giulio (Novara)


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Wonderful is, we think, the idea coming from Penotti Ubertini Palace’s organizers (with the cooperation of Orta San Giulio and Omegna cities, and with the contribute of Piemonte Region and Lake District) of opening the doors to Art, not only of the Palace that rises in Orta’s downtown, but also of the whole town, in such an unusual and effective way, like it’s happened for three years through the exposition of big sculptures in all the squares and the streets in front of the downtown, and on the lake itself.
At the beginning of the good season, this initiative has made us used to seeing the town of Orta San Giulio full of sculptures, sometimes gigantic, of arcane and mysterious figures, of monumental shapes little familiar but really interactive with the context; their silhouettes stand out, sometimes, on the lake or the ancient houses’ walls in the splendid medieval village, in a definitely suggestive way.
All the various exhibitions to the public, which in the past three warm seasons has shown so much interest, don’t leave any doubt about this operation’s success, since it has had the best returns, both for the attendance to the exhibitions inside the prestigious site of Albertoletti street, and for the flows, definitely growing, to the town itself.
After three years of successful experimentation in this way, we can now draw the best omens for the future, which, we hope, will manage to get the same or a greater success for all the organizational efforts and the courageous choices of artists and exhibitions, which have portrayed the greatest moments of our growing lake tourism; lastly, for the global conception of the initiative and for the scenic and environmental solutions adopted, sometimes really ingenious.
Two years ago, between the artists considered suitable for the operation, Arnaldo Pomodori was called; last year, Mimmo Paladino attended the event, while this year it’s been Paola Epifani’s turn, whose stage name is “Rabarama”.


What can we say about the choices made by the exhibitions’ curators, who have selected these three artists’ names, all internationally popular, but so different from each others in a stylistic and cultural way? What goals have caused this choice, and what impact have they provoked on the village’s touristic public, which has seen them without knowing anything about their existence despite the great adverti
sing given to the initiative? Let’s try to understand, giving an answer to these questions, by expressing our opinion about the works shown in the exhibition, about their setting on Orta’s streets and squares, and about their impact on public.

We have a high regard for Pomodoro and Paladino, got stronger especially after their events in Orta, because of the works’ choice and the perfect harmony, in dimension and meaning, with the spaces used; however, the exhibition by Rabarama hasn’t left us equally satisfied, although it has caused in us a certain interest for the setting (confirming the validity of the original idea). It hasn’t given us particular emotions, leaving us confused about the relation between the works’ look, definitely little serene, and the lively context that characterizes the utilisation of this small town’s urban spaces, especially in its summer touristic version.
We have in fact heard a lot of criticism by visitors, tourists and common passers, who, in front of there figures (essentially always equal to each others beyond the different texture colouring and the posture), have expressed little convinced and ambiguous opinions. Few of them have been able to give a sense to the connection between their presence in that place and the place itself. We see these characters made by Rabarama as always focused on themselves, agonized and agonizing (also for the mysterious and future connotation of their skin, so similar to scary comics characters); they’re sometimes apparently engrossed in circus activities, sometimes in winged triumphal expressions devoid of any sense you would want to attribute to them.



The explanations that their creator has given about the meaning of her works, haven’t looked to us enough and convincing. She explained them during an interview shown to public, at the entrance of an exhibition about lake paintry in the 19th century, in Penotti Ubertini Palace, which hosts some of her other small sculptures. Here the dimension changes, but not the substance, which actually, in the impact with the serene lake and alpine atmospheres between the 19th and the 20th century (of the Exhibition “The Lake, 19th century’s paintry between Piedmont and Lombardy” which hosts them) , it seems to show their insufficient connection to the context.
Personally, I would have seen the monumental Rabarama’s sculptures better at the entrance of an International exhibition about science-fiction cinema, rather than in Orta’s summer. Less grave appears the placement of a feminine figure at the entrance of Villa Crespi’s garden, because of some age connections that could recall one the other!




But there isn’t just a matter of evident clash with the context, in this Rabarama’s project. And it isn’t even a matter of contrasts, which art itself is always a useful carrier of. I believe that is Paola Epifani’s work itself that cannot match history’s complexity and places imbued with history. What’s more, it doesn’t look like you could give any possible evolution to such formal and graphic repetition, which could look devoid of outlets or any possible metamorphosis.

This of Rabarama still remains, though, an experience for Ortissima, made with courage and with all due respect to the original idea we talked about above, which instead has a great future in prospect! In a future, i would favour less sector-based and more extensive choices. In the past three years, Orta has reached really high levels in the relation between these initiatives and urban context. Definitely not risky would be making comparisons with the high levels reached in the past by other italian places, like Burri’s “Cretti” in Gibellina 1968, or Moore at Forte Belvedere, 1972 in Firenze, or Kunellis in 2004 in Sarajevo, or even Koons 2004 in Bilbao, events that have been able to make their way through history, because they were themselves made out of historical depth.



Enrico Mercatali
(dedicato ad Alba F.)
Orta San Giulio, giugno 2010
More photos on the same italian text, at the Home
(photos by Enrico Mercatali - translation from italian by Penelope Mirotti)


23 July 2010

"Presente ed esperienza del passato". Una grande mostra di scultura internazionale nel parco del Castello di Racconigi (CN), curata da Luciano Caramel




Sopra: Le 4 stele di Arnaldo Pomodoro poste di fronte all'entrata del Castello di Racconigi per dare avvio alla Mostra di Scultura Internazionale 2010.
Sotto: Annamaria Gelmi, "Oltre la soglia", 2005. Si staglia ai margini del Grande Prato che fronteggia la facciata guariniana interna del Castello questa solida struttura, che ne segnala la solida architettonica sterieometria, pur presentando al proprio interno, nella grande fascia rossa che lambisce il prato, un momento di levità, che ne disvela l'elemento poetico.




Taccuini Internazionali ha voluto documentare questo importante evento dell'estate 2010, costituito dalla grande Mostra Internazionale di scultura, curata da Luciano Caramel, ed allestita entro lo splendido Parco del Castello di Racconigi (CN). La molteplicità e la varietà di opere, oltre alla fama degli artisti che le hanno proposte, ne fanno una mostra di notevole livello ed interesse, che non può non essere segnalato quale esposizione temporanea tra le più importanti della stagione in Italia.

Sopra: Igor Mitoraj (Italia): "Torso di Ikaro, 2002". Entro i canoni di una ispirazione classica dell'antico, lo scultore di origine polacca fa emergere, anche in questa scultura, come in tante sue altre, una modernità raffinata e colta che tutte le unisce, derivante dalla formazione parigina, perfezionatasi a Pietrasanta, e resasi densa di signficato durante le collaborazioni con il suo maestro di stile e di vita, Tadeusz Kantor. Da quest'ultima esperienza egli ricava una interpretazione profonda dei sentimenti umani e la tragica visione d'una realtà mascherata, che svuota internamente gli individui, come simbolicamente anche in questa scultura avviene per descrivere il mito antico di libertà, per evidenziarne la sola epidermide, pur piena di forza e bellezza.


Nel corso del torrido luglio 2010, sia per interesse personale per la scultura, specialmente nella sua versione monumentale all'aperto, sia per un a visita al parco del castello di Racconigi, che non avevamo mai visto, abbiamo deciso di trascorrere un giorno feriale dedidaco a tale scopo. In realtà, una volta giunti sul posto, dopo aver varcato la soglia dei cancelli della corte anteriore, ed esserci imbattuti nella monumentale scultura a quattro stele di Arnaldo Pomodoro, l'abbacinante luce solare meridiana che da essa rifletteva su di noi un caldo infernale, nonchè l'irraggiamento diretto su di noi, ci ha convinto a posticipare la visita al parco per seguire un percorso guidato all'interno più fresco del castello, ed approfittare per vedere anche quello, che a sua volta mancava nel nostro bagaglio conoscitivo.



Paolo Borghi (Italia)
: "Le Alpi", 2003. In questa splendida interpretazione figurativa della catena montuosa maggiore in Europa, la frastagliata cresta di sinuose e fluttuanti acque da cui emergono le due figure mitologiche che sembrano tratte dalla tradizione etrusca, ne emerge in quanto simbolo di Italianità. L'artista, che lavora nel comasco utilizza magistralmente le tecniche del metallo, apprese dal padre che ne era un famoso cesellatore. E' particolarmente attraente, in questa figurazione monimentale, la metamorfosi degli arti delle figure, in elementi della natura, i monti rocciosi e le fluide acque fluviali.



La visita fu interessante, istruttiva, piacevole anche se non propriamente rilassante, date le numerosissime sale, tutte dense di reperti ed avventure storiche da ascoltare dalla voce della guida, ed i due piani con tanto di scalone d'onore e le interrate cucine, degne per dimensione d'un albergo di 200 camere. Ma non avervamo messo in conto che tanto pur piacevole diversivo comportava al contempo l'accumularsi d'una stanchezza che mal si sarebbe accordata al successivo programma nel parco.


Ci fu detto poi, all'inizio dello scultoreo giro , che occorreva percorrere circa sei chilometri per raggiungere la Malgaria con La Grande Serra, ove peraltro era custodito il maggior numero di sculture nell'ambito della mostra in corso, ed altri sei naturalmente a tornare.



La calura era tale che quasi nessuno si avventurava in tali "gironi". Io decisi di affrontare il disagio perchè ero troppo attratto da quanto stavo andando a vedere, ed a quel punto mi pareva davvero sciocco rinunciarvi. Per farla breve mi occorsero quasi tre ore di faticosissimo cammino nel solleone peggiore della giornata, tutto solo perchè non ho incontrato anima viva lungo il percorso, sorpreso a un certo punto dall'idea che non ce l'avrei fatta e che non mi sarebbe rimasto che soccombere là, senza che nessuno potesse neppure saperlo.



In sintesi, con questo aneddoto ho voluto dire che, al di là delle opere in mostra che , tra quelle che ho visto, certamente erano di un ottimo livello, l'organizzazione che le supportavano era quanto di peggio io abbia potuto sperimentare negli ultimi hanni, e mi ha dato l'idea di quanto futile spreco di denaro, pubblico e privato, si faccia ancora nel nostro paese, nell'allestire mostre gigantesche come questa, con tanto di apparato promozionale diffuso ampiamente ai diversi livelli del turismo locale, nazionale ed internazionale, nella quale non un cane c'era quel dannato giorno d'estate a vederla. Io, l'unico, almeno tra le 12,00 e le 17,00, perchè non ho incontrato una sola persona se non nei pressi della biglietteria e del book shop (quest'ultimo peraltro vuoto di pubblicazioni di sorta, se non due o tre cartoline della mostra medesima).



Mi è stato detto che normalmente si può andare in auto alla Margaria (sul lato opposto del parco) e da lì vedere comodamento almeno la parte di mostra ivi allestita, ma qual giorno (non essendovi nessuno) quell'ingresso era chiuso. Mi è stato detto che si poteva prenotare un calesse (?), ma, almeno quel giorno, di esso neppure una traccia.



Forse bastava noleggiare qualche bicicletta (una convenzione col ciclista locale?), oppure qualche macchinetta elettrica di tipo golfistico (non sembrano cose particolarmente difficili nè da pensare, nè da mettere in pratica).



Così non muore soltanto l'arte e la cultura. Così muore un paese!



La stessa identica mostra, in un giorno di primavera o d'autunno sarebbe stata certo tutt'altra cosa, e così oggi, ricordandola, ce la vogliamo immaginare. Si, perchè è una bella mostra davvero! Belle sculture, tutte, o quasi tutte, in un contesto magnifico di giardino all'inglese, quale è il Parco del Castello di Racconigi.


Allora, incominciamo dal contesto, dallo sfondo naturale che è stato pensato dal curatore di questa mostra, Luciano caramel, facendovi qualche cenno tanto per ambientarvi le nostre sculture.



Il percorso lungo il quale ogni opera è stata istallata si snoda, a partire dal Castello, in modo da sorpassare il grande prato antistante la guariniana facciata interna per ivi collocarvi le opere più scenografiche, bisognose di fondali neutri. Di lì il tracciato segue zone variamente alberate circostanti aree a prato fino ad accostare il grande lago centrale., per poi entrare nei viali che conducono al giardino della margaria ed alla Grande Serra, che ne ospita la componente dimensionalmente minore, entri i suoi locali interrati. Ogni opera nel parco gode di un proprio spazio autonomo, essendovi state appositamente poste le opere vicine ad una distanza non inferiore mai ad 80- 100 metri. Si ha modo così di vedere ogni opera entro il contesto, anche girandovi attorno, osservandola da ogni lato senza interferenze d'ltri messaggi che non fossero quelli del tempietto neocloassico, della dacia russa, della grotta del Mago Merlino o delle esemplari alberature dei salici, dei liriodendri, dei platani, i quali, di tanto in tanto, costituiscono altrettante sculture naturali da ammirare a lungo. Tra queste e le prime corre un forte contrasto che non guasta alla fruizione d'entrambe. Davvero anche il verde un poco sbiadito e rinsecchito dalla calura estiva del bel parco all'inglese viene ravvivato dalla presenza di queste belle sculture, capaci d'infonderci perfino, stanchi, anzi affranti quali siamo in quel contesto climatico, un po' di coraggio, e qualche speranza d'uscirne vivi.



Tra gli altri, molti sono i pezzi che perfino inquietano, nella loro astratta biologica immobilità, quasi esseri d'altri mondi, degli ufo poco serenanti, nei quali il visitatore si abbatte appena girato l'angolo del bosco, o appena vede allargarsi un prato di fronte a sè: pseudo meduse giganti, funghi sproporzionati, frutti abnormi nati dal nulla... sembra quasi che una parte degli artisti di oggi preferisca una temibile scorciatoia dell'incognito, piuttosto che una fredda disamina del reale. Ma non solo di ciò s'alimenta un'idea di futuro, e soprattutto un'idea dello stile. Sembrano ancora in auge, invece, rimembranze d'un passato classico, rivisitato nell'interpretazione teatrale di esso, come maschera di nuovi possibili letture geroglifiche, in torsi decapitati (Mitoraj), piuttosto che in elmi d'antiche elleniche guerre (Paladino), o nella ritrattistica funeraria etrusca

Racconigi, luglio 2010

Enrico Mercatali